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VEDA:
Nel contesto dei Veda, ,l’idea del karma e della metempsicosi
le più antiche scritture sacre dell'Induismo
(reincarnazione) sono assenti.
Quanto al termine "karman" si riferisce esclusivamente a "azioni rituali" e "sacrifici".
Tuttavia, l'autore sottolinea che le tendenze alla base della dottrina del karma emergono già in questa
fase iniziale della tradizione, sottolineando due punti chiave:
● la trasformazione degli dei vedici ( in concetti
vedici sono le divinità venerate nella religione vedica)
astratti
● Negli inni più antichi si incontra l'idea di un ordine cosmico (rta) al quale sia gli dei che gli
uomini sono sottomessi. Ma che, D'altra parte, possiede un significato morale poiché
garantisce Una compensazione agli atti umani e alle azioni rituali (Karman)
● L'apparizione della dottrina del Karma è in parte fondata sulle rappresentazioni vediche
riguardanti l'immortalità dell'uomo.
Questa immortalità però quando è intesa come una sorta di "vita piena" sulla terra, deve essere
guadagnata compiendo azioni precise, essenzialmente compiendo sacrifici (karman) oppure offrendo
doni (daksinā) ai ministri del culto e così via.
BRAHMANICO:
Successivamente, nel periodo brahmanico (che si situa fra quella dei Veda e quella delle
Upanishads), queste tendenze si evolvono conducendo alla dottrina del karma.
Nel periodo brahmanico, i sacrifici rituali acquisiscono significato assoluto e sono considerati come
atti magici che garantiscono risultati attraverso una forza invisibile chiamata Adrsta.
L’ordine cosmico persiste acquisendo un significato centrale e l’immortalità, oltre che dalle azioni
rituali, inizia a dipendere anche dai meriti personali.
Proprio da questo comincia a crearsi il primo “ concetto” di Samsara in quanto: Alla morte di un uomo
che non è provvisto di tali meriti personali si unisce ai suoi «padri», ribaltato nel «mondo» dove vivrà
per qualche tempo prima di morire definitivamente di una «seconda morte».
E se qualche cerimonia, compiuta dai suoi discendenti, può allungare la sua vita nell’aldilà, rimane il
fatto che non sarà mai in grado di ottenere l’immortalità definitiva. Un’autentica immortalità nel
«mondo degli dei» non si ottiene che compiendo durante la vita delle adeguate azioni rituali.
UPANISHADS
Nelle Upanishads pre-buddhiste, successive alle fasi dei Veda e del periodo bramanico,vi è un
cambiamento significativo nella percezione del mondo.
Sotto l'influenza di un pessimismo ascetico (Al contrario con l'ottimismo scintillante della vita che
percorreva le epoche precedenti), sorgono le idee del karma e del samsara.
Il karma non si limita più alle azioni rituali ma include tutte le azioni umane:
→ abbraccia tutti gli atti
→ l'immortalità si presenta come una catena di esistenze senza fine, (È una catena senza inizio né
fine: il Samsara nel quale la “ seconda morte” diviene una nuova nascita e così via)
→ e l'"immortalità" diventa una sorte funesta, diventa ora una condizione fatale per ogni essere
"agente", evidenziando così un'inversione di prospettiva rispetto alle tradizioni precedenti.
→Un elemento distintivo è l'ateismo dei bramani e la convinzione che l'azione del karma sia
automatica e senza difetto.
Tuttavia, si ammette la possibilità di evitare la sofferenza dell'immortalità attraverso la conoscenza e
la fede, ottenute mediante uno sforzo considerevole e il rifiuto dei desideri mondani.
III
L'insegnamento delle Upanishads Sulla dottrina del Karma E sul Samsara, così come la loro maniera
pessimista di rapportarsi col mondo, assumono un ruolo centrale nel pensiero filosofico- religioso
indiano, e soprattutto nel pensiero buddista.
La dottrina del Karma è il cuore di tutte le concezioni buddiste del mondo, Tanto che i buddisti quando
parlavano del Karma consideravano come infami, eretici e orribili peccatori ( esseri quasi inumani)
coloro che Respingevano o rifiutavano questa idea.
PROCESSO DEL KARMA-SAMSARA-NIRVANA
Il termine "samsara" è strettamente legato alla dottrina del karma, che stabilisce che le azioni
compiute in una vita influenzano il destino delle future esistenze.
Secondo il buddhismo, ogni essere vivente è coinvolto in un ciclo incessante di nascite e morti
Attraverso il quale gli esseri viventi Sono intrappolati, chiamato samsara.
Gli esseri viventi rinascono in diverse forme di esistenza, come esseri umani, animali, spiriti o dei, a
seconda delle azioni/ atti compiuti ( o meglio karma) compiute nelle vite precedenti.
Questo ciclo di esistenza è caratterizzato dalla sofferenza In quanto ogni forma di esistenza è e il
intrinsecamente caratterizzata dall'insoddisfazione, dalla malattia, dalla vecchiaia e dalla morte,
termine stesso samsara significa "vagare" o "errare".
La condizione del Samsara è vista anche come un ciclo di perpetuo desiderio poiché gli esseri viventi
cercano costantemente la felicità in esperienze transitorie e impermanenti.
L'obiettivo fondamentale del buddismo e della dottrina del Karma implica che per raggiungere la vera
beatitudine, un individuo deve sfuggire al ciclo del Samsara e raggiungere il Nirvana.
Per sfuggire dal Samsara bisogna rifiutare di compiere atti che porterebbero a nuove esistenze.
Raggiungendo il Nirvana sia in uno stato di completa Liberazione e cessazione del ciclo delle rinascite
e con una completa estinzione della sofferenza.
ATTI- FRUTTI-FEDE IN DIVINITA’- MORALE BUDDHISTA
Il termine karman (nella letteratura post-vedica) indica generalmente un "atto" o "azione", ma nel
contesto buddhista, il karma è un atto che porta un "frutto" sotto forma di retribuzione, come gioia o
sofferenza, in una vita futura.
Al cuore di questa dottrina si trova una convinzione Antica del regno veda, secondo cui certi atti,
possono o devono avere una compensazione precisa e fissa che sia funzione del loro valore morale.
Inoltre venne ritenuto che questa compensazione interveniva dopo la morte fisica e talvolta questa
convinzione andava di pari passo con la fede in Dio o in una divinità che era garante della Giustizia o
dell'immutabilità della retribuzione.
gli atti compiuti nel corso della vita sulla terra condizionano il carattere della vita seguente: le gioie e
le pene provate in questa nuova vita sono il frutto degli atti compiuti nella vita precedente e solo
Quando tutto sarà stato provato fino al suo termine, quando il frutto sarà interamente consumato,
Allora Si verificherà una nuova morte.
malgrado ciò nella nuova vita sono stati compiuti dei nuovi atti Allora questi ultimi condizioneranno a
propria volta un'altra nascita e una nuova vita e fino al momento in cui esisteranno degli atti e i loro
frutti si andrà avanti così.
Essi negavano rigorosamente l'esistenza di un Dio della Giustizia e della punizione. loro definivano il
karma come un qualcosa di assolutamente primordiale e di fondamentale, e andava da sé con il suo
Modus operandis incomprensibile ( tanto che Nei testi buddisti il karma è dichiarato come un mistero),
ma che agiva in modo perfettamente automatico e che l'atto indipendentemente da ogni altra causa
esteriore portava un frutto ad esso rigorosamente associato.
I buddhisti svilupparono una dettagliata classificazione degli atti e dei loro "frutti", formando una
morale buddhista degli atti Che insegna il modo in cui agire per ottenere l'esistenza Futura più
felice o più esattamente la meno penosa.
MA ogni azione è karma? e se non lo è Allora quali sono e perché?
Esiste una distinzione tra "atto" (karma nel senso stretto) e altre forme di agire che non portano un
"frutto". Non tutte le azioni sono considerate karma.
Ci sono quattro grandi gruppi fondamentali di azioni che non sono comprese nella categoria di
karma:
● I movimenti inorganici (involontari): Il karma deve essere un atto cosciente,Tutte le azioni
che sono riflesse o involontarie, senza un pensiero che le preceda, non sono considerate
karma.La presa di coscienza è essenziale per classificare un'azione come karma.
● gli atti riflessi: Quando si dice che un'azione è il risultato del Karma precedente, Questo
significa che essa è il frutto di un atto compiuto in precedenza, frutto che si produce in modo
automatico. quindi l'azione non è altro che una compensazione per l'atto commesso e per
quanto tale essa non può necessitare di una nuova compensazione.
● Azione che si presenta esclusivamente come il risultato di quelle precedenti: Gli atti che
sono dirette conseguenze di atti precedenti non sono considerati karma nel senso
proprio. L'idea è che un atto debba essere indipendente e spontaneo, senza dipendenza
diretta dagli atti passati.
● e infine le azioni che conducono alla Liberazione ossia al Nirvana
Vediamo alcune delle definizioni e delle delimitazioni essenziali riguardanti il karma:
1. Il karma deve essere un atto cosciente,Volontario e Libero e può essere compiuto solo
da esseri viventi (animali, uomini, dei, ecc.). deve essere ossia “ coscientizzato” quindi
deve implicare una decisione consapevole, una intenzione (Cetana).
2. L'atto è sempre stato compreso come libero dai buddisti, e prende origine da un'analisi del
concetto di “Cetana” e dall'esame della dottrina dei “ cattivi principi”:
→ il primo termine può essere tradotto con VOLIZIONE poiché si tratta di un atto di
intenzione ( l'intenzione coscientizzata) che condiziona il pensiero e l'atto e fa sì che il gesto
sia buono o malvagio.
→ Al contrario quando parliamo del “ ruolo dei cattivi principi” facciamo riferimento alle
predisposizioni della manifestazione di karma. il karma non può maturare e quindi non può
portare un frutto senza la presenza di cattivi principi come ad esempio la sete di essere,
l’upadana ( ossia il prendersi cura) e i vizi radicali ( quali: errore, odio, Passione e amore).
Senza questi “ vizi” non esisterebbe alcun atto.
3. I buddisti distinguono tre categorie principali di karma: atti mentali, vocali e corporali.
Secondo la letteratura canonica ogni atto è un pensiero che si esprime in un atto mentale e che ha
come conseguenza gli atti vocali e corporali che sono una manifestazione esteriore del pensiero.
Successivamente, i buddisti successivi distinguono ciò che è un atto mentale e L'atto fattualmente
compiuto, riconoscendone dipendenza del