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SPAZIO ESPOSITIVO = MEDIUM FREDDO
Lo spazio espositivo che accoglie opere fondate sul tempo è invece freddo poiché rende inutile e persino impossibile il restare intenti su un oggetto singolo. La contemplazione fredda non ha lo scopo di esprimere un giudizio estetico o promuovere una scelta, è semplicemente la reiterazione permanente di un gesto con cui si osserva, nella consapevolezza della mancanza di tempo per sviluppare un giudizio competente attraverso una riflessione esauriente. L'arte fondata sul tempo mostra così la "cattiva infinità" del tempo sprecato ed eccessivo, quello che non può essere assorbito dallo spettatore. Al tempo stesso però affranca la vita contemplativa dalla passività cui è stata a lungo associata.
Per concludere: la documentazione dell'arte fondata sul tempo cancella ogni differenza fra vita d'azione e vita di contemplazione, trasformando la mancanza di tempo in tempo.
eccedente emostrandosi collaboratrice e compagna del tempo: una vera contemporanea.Universalismo debole
Al giorno d'oggi tutto può essere arte, o meglio, tutto può diventare arte nelle mani di un artista. Quindi è poco probabile che uno spettatore sappia distinguere un'opera d'arte da un semplice oggetto basandosi semplicemente sull'esperienza visiva. Per riuscirci dovrà anzitutto sapere che l'utilizzo di quell'oggetto rientra nella pratica dell'artista. Ma chi è questo artista e come lo si può riconoscere da un non-artista?
Intanto la critica d'arte istituzionale vanta una lunga tradizione (collezionisti, curatori, sovrintendenti, galleristi, direttori di museo e critici d'arte).
Ma gli artisti quale ruolo ricoprono? Chiaramente saranno una figura istituzionale, motivo per cui riconoscono che le loro critiche muovono da dentro il sistema. L'artista contemporaneo non è altro che un
1. De-professionalizzare l'arte
Joseph Beuys affermava che "chiunque è artista". Questa affermazione condensava il pensiero di una lunga tradizione ricollegabile al primo marxismo e all'avanguardia russa. L'umanità, attualmente composta in larga misura da non-artisti, in futuro si comporrà integralmente di artisti.
Oggi in questa massima si legge un messaggio inverosimile, ma non utopico. L'ipotesi di una società in cui tutti si investono del titolo di artista, in cui tutti saranno produttori di contenuti con la pretesa che gli siano riconosciuti e quindi esposti alle varie biennali, non è un'utopia, ma una vera distopia, un incubo.
Beuys interpretava la figura e il ruolo dell'artista in base a un
retaggio romantico e utopico che oggi consideriamo superato. La tradizione entro cui si collocano il mondo dell'arte contemporanea e le sue istituzioni si è formata in seguito alla Seconda Guerra Mondiale, costituendosi a partire dalle pratiche dell'avanguardia storica e da quanto di queste pratiche è stato ricodificato e rinnovato durante gli anni '50 e '60. L'impressione è che da allora questa tradizione non sia cambiata molto, salvo il fatto che si è consolidata e progressivamente istituzionalizzata. Così, le nuove generazioni di artisti professionisti riescono a entrare nel sistema passando per una rete di istituzioni che negli ultimi decenni è andata uniformandosi su scala globale. Si impone lo stesso canone incentrato sulle avanguardie che prevale nelle altre istituzioni artistiche contemporanee e include ciò che è stato realizzato successivamente proseguendone la tradizione. La modalità dominanteLa produzione di arte contemporanea è la tarda avanguardia accademicizzata. Quindi, per poter rispondere alla domanda "chi è l'artista?", dovremmo riconsiderare la genesi delle avanguardie e guardare al ruolo dell'artista come fu definito allora.
Prima delle avanguardie, il ruolo delle accademie delle belle arti era ben definito e riguardava i fondamenti tecnici di pittura, scultura e altri media. In certa misura, le scuole di arte odierne fanno rivivere questa concezione, soprattutto nell'ambito dei nuovi media. Fotografia, cinema e arte digitale effettivamente richiedono competenze artistiche che queste scuole possono certamente insegnare. Ma è anche vero che l'arte non può essere ridotta a un insieme di abilità tecniche. Per questo motivo, oggi si ripropone il discorso sull'arte come forma di conoscenza; è un discorso inevitabile quando si insegna arte.
L'arte religiosa voleva mostrare le verità.
teologiche in forma visiva, al fine di rendere i suoi postulati comprensibili a tutti; una vera e propria arte mimetica. Queste pretese furono respinte dall'avanguardia storica che rifiutò anche i paradigmi tecnici delle relative tradizioni.
Grazie all'avanguardia il mestiere dell'artista viene de-professionalizzato. La de-professionalizzazione dell'arte ha messo l'artista in una situazione di impaccio in quanto viene considerato non-professionale. Ma questo non è corretto. In realtà questa la de-professionalizzazione dell'arte ha stravolto in primis la pratica dell'arte in generale, prima ancora di far regredire il singolo artista a livello originario di non professionalità. In questo senso è un'operazione estremamente professionale. Per de-professionalizzare l'arte sono necessarie conoscenze e abilità tecniche.
2. I segni deboli dell'avanguardia
Giorgio Agamben ricorre all'esempio di San Paolo
Per descrivere il tipo di conoscenza e di capacità necessarie per diventare un apostolo professionista. Ciò implica la conoscenza della fine del mondo così come lo conosciamo e la cognizione del contrarsi del tempo, quindi la conoscenza di un tempo insufficiente, caratterizzato da una scarsità che sopprime le professioni, proprio perché la loro pratica esige una prospettiva a lungo termine, con una durata del tempo e una stabilità del mondo normali.
La professione dell'apostolo consiste quindi nel praticare "l'incessante revocazione costante di ogni vocazione". La si potrebbe anche chiamare la "de-professionalizzazione di ogni professione".
L'artista dell'avanguardia è come un apostolo ateo, un messaggero che porta al mondo la notizia della contrazione del tempo, annunciandone la scarsità e persino la mancanza.
La modernità diviene l'era della perdita del mondo familiare e delle
condizioni di vita tradizionali. È l'era del cambiamento permanente, delle fratture storiche. Vivere la modernità significa non avere tempo, soffrirne stabilmente la penuria, una deficienza marcata dal fatto che i progetti della modernità sono quasi sempre abbandonati prima di essere realizzati. Ogni generazione infatti sviluppa i propri progetti assieme alle tecniche e alle professioni per poterli attuare, ma poi tutto questo viene ripudiato dalla generazione e dagli avanzamenti tecnologici successivi. La modernità ha visto condannare al declino tutte le tradizioni e gli stili ereditati. È il regno dell'effimero. Siamo spesso scettici verso l'attualità e non crediamo che mode, espressioni e mentalità del presente avranno alcun effetto duraturo; sappiamo che la loro scomparsa è già imminente e inevitabile. L'avanguardia è sovente associata al progresso, soprattutto tecnologico. Numerosi artisti eteoricidel periodo entrarono in polemica con i conservatori e si scagliarono contro l'esercizio delle prassi artistiche tradizionali. Ma queste innovazioni furono vissute come un mezzo di distruzione meccanica e permanente sia del vecchio mondo, sia della stessa civiltà tecnologica moderna. L'avanguardia non si prefiggeva come obiettivo l'arte del futuro, bensì un'arte trans temporale per tutte le epoche. Eppure l'avanguardia artistica cercava di salvare l'arte, non l'anima, e ciprovava attraverso la riduzione dei segni culturali ai minimi termini. A furia di ridurre, gli avanguardisti iniziarono così a creare immagini che reputavano così povere, deboli e vuote, da poter sopravvivere alla storia. Quando nel 1911 Kandinskij scrive "Lo spirituale nell'arte" e parla di riduzione della mimesi pittorica e della rappresentazione del mondo, affermando che i quadri altro non sono che accostamenti di forme e colori, eglivuole così garantire la sopravvivenza della sua visione adispetto delle possibili trasformazioni culturali del futuro, comprese quelle più rivoluzionarie. Il mondo rappresentato in un quadro (non astratto) può scomparire, ma la combinazione di forme e colori da cui è composto no. Kandinskij non intendeva tanto caratterizzare un suo stile individuale, quanto usare i propri quadri per educare lo sguardo dell'osservatore, insegnandogli a riconoscere le invarianti nella varietà delle composizioni artistiche e la ripetizione di certe trame. Aveva capito che la sua arte sarebbe stata senza tempo. Con il suo "quadrato nero" Malevič intraprese una semplificazione ancora più radicale dell'immagine, riducendola a mera relazione tra immagine e cornice, tra oggetto contemplato e campo della contemplazione. Fuggire al quadrato nero è impossibile: qualunque immagine ci vedremo sarà sempre un quadrato nero. L'arteDell'avanguardia produce immagini trascendentali nel senso kantiano del termine, ossia che manifestano le condizioni per cui qualunque altra immagine possa emergere ed essere contemplata.
Quella avanguardistica è l'arte dell'UNIVERSALISMO DEBOLE: si palesa mediante immagini deboli, nel senso che la loro visibilità è scarsa e quando fanno parte di immagini forti con un alto livello di visibilità, come quelle dell'arte classica e della cultura di massa, non possono che essere strutturalmente ignorate.
Nell'avversione nutrita dall'avanguardia verso l'originalità è evidente il rifiuto dell'invenzione e la volontà di mettere piuttosto a nudo delle immagini deboli, ripetitive e trascendentali. Anche in ambito artistico il trascendentale rimanda a produzioni transculturali e universali, poiché oltrepassare un varco temporale è operazione simile all'attraversamento di un confine.
culturale. Ogni immagine composta nel contesto di una qualsiasi cultura è anche un quadrato nero, nellamisura in cui lo sembrerà una volta cancellata. Questo aspetto fa dell’