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Sar ān al-Buhayrī rappresenta la nuova generazione del nasserismo, e nel romanzo è il
prototipo dell’opportunista che cavalca l’onda del socialismo, senza nessuna convinzione.
Nel film diventa uno stereotipo, monodimensionale, quasi la personificazione del Male,
osservabile anche nel modo in cui tratta l’amante. Infatti, dopo aver sedotto Zuhra,
l’abbandona per una maestra, che rappresenta per lui un buon partito da sposare, ma non da
amare. L’idea del tradimento della rivoluzione viene enfatizzata dal montaggio: mentre in
una sequenza parla di socialismo con i lavoratori della fabbrica di cui è rappresentante
sindacale, in quella successiva pianifica il furto di cotone nella stessa.
Il plot della rapina è dilatato nel film per creare suspense.
Zuhra appare come il vero motore delle azioni di Mīrāmār e catalizzatore dei rapporti tra i
vari personaggi della pensione. Molti nazionalisti celebrano i contadini come culturalmente
autentici, in opposizione ai cittadini urbanizzati, considerati invece come occidentalizzati.
Mentre nel romanzo appare come un simbolo, portavoce dei valori di emancipazione
femminile, descritta come forte ed elegante, orgogliosa ed indipendente, nel film non ha la
stessa carica simbolica. Se nel romanzo la giovane esprime la volontà di emanciparsi dalla
miseria e dal bisogno attraverso l’istruzione, nel film questa scelta è giustificata dal
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desiderio di gratificare l’ascesa sociale del fidanzato Sar ān. Nel film Zuhra raggiunge una
modernità solo esteriore: dalla galabeya di campagna passa ad indossare la gonna
‘occidentale’. ḥ
Spazio-tempo dal romanzo al film. Ma fūz esordisce nel romanzo evocando poeticamente
un’Alessandria in preda a fenomeni atmosferici che accompagnano eventi particolarmente
drammatici, la malinconia, il senso di vuoto e l’alienazione dei personaggi del romanzo.
Inoltre, sono un preludio alla tempesta della naksa.
I titoli di inizio del film scorrono in sovrimpressione su una panoramica della città vista dal
mare e gli elementi atmosferici non vengono segnalati, mentre dominano giornate soleggiate
e un’atmosfera tranquilla e rilassata.
La pensione è l’unità di luogo per film e romanzo; rappresenta l’arena di scontro politico in
cui si confrontano le opinioni, le esperienze passate e le prospettive dei personaggi, ognuno
dei quali ha la funzione di rappresentare una classe, un’epoca e un’istanza sociale. Nel
romanzo la nostalgia per l’atmosfera cosmopolita di Alessandria viene espressa dai
personaggi anziani. Nel film invece la dimensione diacronica della pensione viene ridotta ed
espressa a poche battute pronunciate dalla proprietaria greca. Nel film vediamo la danza
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dell’amante di Sar ān per meglio esprimere la corruzione e il tradimento dei valori
nazionali, per accentuare inoltre il degrado morale del protagonista.
Finali a confronto. Il gap ideologico tra romanzo e adattamento emerge dall’analisi dei
rispettivi finali.
Dopo il licenziamento di Zuhra, arriva alla pensione una nuova inserviente, che nel romanzo
però non compare, dato che la funzione simbolica della giovane è stata cancellata.
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Zuhra esce dalla pensione con una valigia e in strada incontra il giornalaio Ma mūd, a cui
passa la propria valigia. Egli la informa che sta iniziando a studiare e le propone di vivere
insieme. Fuori campo viene letta la sura ‘Il misericordioso’ a benedire l’unione. Zuhra
accetta di sposarlo. Nel romanzo la giovane va via dalla pensione con una prospettiva
ottimistica, non chiara, ma aperta, di vita.
Dunque, la volontà di sistemare la donna, sembra rispondere alla necessità di proporre un
prodotto che soddisfi le aspettative del grande pubblico. Se Zuhra non può tornare al
villaggio, la sua rispettabilità e il suo onore vanno salvaguardati dal legame con un uomo.
La donna non minaccia dunque il sistema patriarcale.
Mīrāmār potrebbe essere descritto come un close text film che soddisfa il desiderio sociale
e individuale di un’autorità morale. La logica della storia e il senso di chiusura sarebbero
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poi rinforzati dalla giustizia terrena: Sar ān non regge più la sua etica corrotta e quindi si
suicida.
Al-Makhdū‘ūn.
Sinossi del romanzo Rijāl fi ’l-shams.
Nel 1958 Abū Qays, un palestinese, arriva a Bassora, e sente nostalgia della patria,
della famiglia. Si lascia convincere ad emigrare verso i ricchi Paesi del Golfo,
allettato anche dalla prospettiva di facili guadagni.
Il secondo protagonista è un giovane braccato dalla polizia giordana per le sue
attività sovversive, As‘ad, il quale tenta di fuggire più volte verso il Golfo. Non vuole
sposare la cugina ed è il padre di lei a dargli i soldi per pagarsi il viaggio.
Marwān è il terzo protagonista, un ragazzino costretto a lasciare la scuola e la
famiglia per il Kuwait per mantenere mamma e fratelli, dopo che il padre l’ha
lasciata.
Tramite l’analessi, l’autore del romanzo ci mostra i passati di questi tre protagonisti, finché
si ritrovano, estranei, nella bottega di un contrabbandiere di Bassora, intenti a contrattare il
prezzo per il passaggio per il Kuwait. Casualmente incontrano un altro compaesano, Abū
Khayzarān. I quattro si accordano per essere trasportati clandestinamente in Kuwait, dentro
la cisterna di un camion, alla guida vi è un autista ex combattente nella guerra del ’48.
Nel primo passaggio di frontiera in uscita dall’Iraq tutto fila liscio. Poco prima dell’ingresso
in Kuwait i tre rientrano nella cisterna infuocata a causa dei raggi solari. L’autista viene
trattenuto dalle guardie di frontiera, che non vogliono firmargli i visti, prima di aver
ascoltato il racconto delle sue presunte avventure amorose con una ballerina.
Il ritardo sarà fatale per i tre uomini rinchiusi nel caldo soffocante della cisterna; ed infatti
moriranno, per poi essere gettati in una discarica di immondizia dal conducente, che prima li
depreda di tutti i loro averi.
La ghurba nel romanzo. Il romanzo, Uomini Sotto Il Sole vede protagonisti personaggi
che soffrono di un profondo senso di alienazione. Ai sentimenti di perdita della patria ed
esilio forzato si risponde con l’esplorazione dei significati dello spazio, attraverso la
retorica della terra. Kanafānī descrive tale legame anche tramite le percezioni sensoriali e
perfino l’odore della terra rimanda Abū Qays all’odore dei capelli della moglie.
I personaggi del romanzo vivono in uno stato perenne di ghurba, alienazione esistenziale, in
fuga da un presente invivibile e anelanti ad un passato idealizzato di vita normale, con
entrambe le dimensioni temporali inseparabili nelle loro menti. La struttura narrativa del
romanzo permette al passato non solo di influenzare il presente, ma anche di interpretarlo e
determinarlo.
Abū Qays e Salīm: dal vecchio al moderno. Nonostante il film sia abbastanza fedele al
romanzo, il regista riesce a creare nuovi contenuti arricchendo di significati originali le
scene già presenti nel romanzo.
Fin dalle prime sequenze, il regista intende suggerire che qualsiasi tentativo di salvezza
individuale è destinato al fallimento. La presenza di carcasse di animali evoca e fa presagire
il triste destino, la tomba per chi lascia la patria sperando in una vita migliore.
Nel romanzo questo presagio è dato dal cielo bianco e da un uccello nero che volteggia
sopra Abū Qays. La visione del fiume richiama alla memoria del protagonista le lezioni del
maestro Salīm, descritto nel romanzo come magro e anziano, mentre nel film è un uomo di
mezza età che veste all’occidentale, con giacca e cravatta. Salīm appartiene ad una
generazione laica di classe intellettuale, pronta a sacrificarsi con le armi. Rappresenta una
generazione matura ma non anziana, come invece suggeriva il testo letterario.
Inserto documentaristico. Nei primi venti minuti il regista inserisce un inserto
documentaristico con le sequenze mute di reportage sugli inizi del conflitto arabo-sionista,
la guerra del 1948 e la conseguente cacciata dei palestinesi.
Il regista introducendo ex novo questa parte, intende utilizzare il mezzo audiovisivo per
rafforzare il senso di perdita e additare chiare responsabilità dei dirigenti del mondo arabo
nel disastro palestinese della nakba. Il montaggio di tali sequenze propone la precarietà dei
campi profughi al posto della vita normale, la perdita delle tradizioni e delle attività
economiche che si svolgevano prima della nakba. Questo rapido cambio tra passato e
presente enfatizza il contrasto tra la patria perduta e l’esilio.
Gioventù in esilio: As‘ad e Marwān. Il primo è un militante palestinese di mezz’età e ha
sperimentato molteplici umiliazioni: un poliziotto giordano gli sputa in faccia e lo arresta
dopo una manifestazione ma poi riesce a sfuggire. In una scena molto simbolica, quando
decide di emigrare da Amman a Baghdad, il passeur lo lascia in mezzo alla strada,
promettendogli sul suo onore, sharaf, di riprenderlo al di là di una collina. In quel momento
gli dà la sua kefya per proteggersi dal sole.
Il concetto di onore è oggetto di ironia in tutto il testo e si applica a vari personaggi. Molti di
loro con l’espressione “sul mio onore” esprimono promesse che non mantengono o non
possono mantenere.
Marwān è costretto a partire per sostenere economicamente la famiglia, decidendo di
sposare la benestante Shafīqa. Il ragazzo vede riflesso il padre in Abū Qays, visto che il suo
ha agito egoisticamente. Il fratello Zakariyyā è giù in Kuwait, ma da quando si è sposato
non manda più soldi a casa. Una voce fuoricampo recita una lettera in arabo classico; ciò le
conferisce un tono distaccato e freddo, in sintonia con il contenuto da lui espresso.
Ciò contrasta con il calore umano e le forti emozioni veicolate dalla voce fuoricampo di
Marwān che legge la sua lettera alla madre. Stavolta la lettera è in arabo palestinese e il
registro colloquiale intende esprimere più affetto per un’altra vittima della tragedia
palestinese. La lettera è un’espediente diegetico, serve come flashback per far conoscere al
lettore le ragioni della sua partenza.
A differenza di Marwān, As‘ad rifiuta qualsiasi responsabilità familiare. Lo vediamo con il
fratello protestare contro la volontà dello zio di fargli sposare la figlia, anche se accetta da
lui la somma di denaro necessaria per emigrare nel Golfo. Condivide con l’autista il fatto di
non dover dar conto che a sé stesso, esibendo un certo individualismo.
Abū Khayzarān. L’autista appare nei primi minuti del film in una scena di flashback, in cui
combatte con il maestro Salīm, nella guerra del 1948. Il montaggio è