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Dujarier - “il consumatore attivo e partecipe rappresenta una realtà matura e in-
traprendente, artefice di “sue” creazioni e designer del proprio desiderio.” Il mo-
derno consumatore è quindi come un essere mitologico con corpo equino e torso
umano (Wind, Mahajan), fusione di caratteristiche differenti perfettamente inte-
ragenti. Il consumatore è un’entità mutevole e imprevedibile, immersa nella tec-
nologia, che ne condiziona i ritmi, ma allo stesso tempo sempre in contatto con la
realtà. La personalità moderna è multilaterale, e di conseguenza le strategie di
marketing non devono avere un unico target standardizzato, ma puntare alla
creazione di una rete che imbriglia il consumatore e consente allo stesso di agire
e scegliere oggetti e merci in totale libertà; il consumatore deve essere seguito,
ma non intralciato.
È importante effettuare un lavoro di limatura e pulizia dell’azione di marketing,
eliminando ogni elemento superfluo e non essenziale. La trama deve essere
strettamente connessa alla costruzione del senso, al suo progressivo disvela-
mento: una trama non si esaurisce infatti in un’esperienza, creando un processo
di continua rielaborazione e reintegrazione del consumatore.
Baricco parla di sistema passante, un meccanismo di transito da un punto all’altro
della sequenza esperienziale, che non valorizza il soffermarsi su un singolo pas-
saggio, ma esalta la velocità della fruizione e la liquidità dell’esperienza (Bau-
man). Si tende per questo quindi a proporre storie in un percorso di esperienze
mediali, dove l’aspetto qualitativo è trascurato in favore di quello quantitativo;
tale scelta però è rischiosa, in quanto porta a un consumo veloce e distratto che
possiamo chiamare passante finalizzante: contenuti che rilanciano ad altri conte-
nuti senza però un obiettivo chiaro e determinato. Al contrario, il passante finaliz-
zato è quello con una direzione specifica.
L’esperienza non è fine a sé stessa, non serve nell’immediatezza, ma trasforma
l’esistenza dell’individuo per la sua tensione valoriale ed il suo senso. La potenza
del passante finalizzato è proprio nella palese chiamata all’azione rivolta al pub-
blico. Si punta alla costruzione di una relazione tra produttore e consumatore,
non che lasci il fruitore nel suo particolarismo.
Es. Nintendo Wii -> La relazione, rafforzandosi, diventa da sé ragione d’acquisto.
Si compra la console perché consente di creare continue occasioni di socialità. Si
tratta in questo caso di narrazione passante finalizzata.
Autentico perché narrativamente appropriato: fine del pastiche postmo-
derno
La marca deve rinnovare i racconti, saper utilizzare i giacimenti passati per rilan-
ciare le narrazioni per creatività e capacità di ingaggio. È tramontata la narra-
zione basata sul pastiche postmoderno: niente più riscontro per una narrazione
senza direzione e settorializzazione. Già nel 2008 i Wu Ming creano l’acronimo
NIE (New Italian Epic), ovvero racconti solidi ed epici che abbiano impatto sulle
nostre vite perché in grado di offrire esperienze cicliche, portatici di rinnovamento
e trasformazione. Dopo la larga adozione di questo tipo di racconto però si arriva
ad un’abitudine allo stesso nel pubblico, difficile da scuotere e distogliere dalla
propria apatia.
Archetipi per formare comunità di destino, in gruppi identitariamente deboli
È difficile creare comunità di destino in gruppi deboli per identità, perché sono
necessarie grandi narrazioni che coinvolgano l’individuo contemporaneo senza ri-
sultare elitarie o lontane. Devono essere poi presenti spunti che facciano perce-
pire alle persone la propria posizione e le spingano a volerne uscire.
Non serve più la competizione a chi possegga il segno più straordinario, ma ri-
dare concretezza alle nostre speranze, che l’uomo non coltiva più realisticamente.
Il consumatore deve - per essere fidelizzato - deve percepire l’appartenenza al si-
stema di valori richiamato dal brand. A partire da un mondo valoriale condiviso
l’Io si può incontrare con il Noi e vivere esperienze appaganti e esserne nuova-
mente protagonista in futuro. Per dare la giusta direzione ad un racconto si deve
considerare il clima socioculturale, deve essere possibile capirli e valorizzarli per il
loro senso comune.
La “missione dell’eroe” spesso non è quella di compiere atti fuori dall’ordinario,
ma proprio di vivere la quotidianità e andare incontro alla prevedibilità con entu-
siasmo e vigore. Oltre alla consapevolezza della sorte e della sua imprevedibilità,
bisogna essere consapevoli di avere un desino e valorizzare la propria rettitudine,
in modo da valorizzare i rapporti umani e immaginare un destino che contempli
un senso anche nelle sconfitte, nei nostri limiti. La richiesta alla comunicazione
politica e anche commerciale è proprio l’indicazione del nostro Destino, realizzare
uno stile di vita che possa affrontare l’ansia da insensatezza. Purtroppo però i de-
stini proposti sono generalmente poco elaborati.
Da tale scenario nasce la necessità di una nuova epica collegata alla presente
iper-modernità. Si sente la necessità quindi di coltivare un’utopia come tema nar-
rativo carico di valenze politiche. Per esserci coerenza anche con i nostri tratti
identitari è possibile ricorrere agli archetipi, “modelli di comportamento istintuale”
(Jung), elementi di una comune cultura universale che formano l’inconscio collet-
tivo: il processo che trasforma l’inconscio stesso in formule consce è per l’ap-
punto l’archetipo. L’idea è che ci sia un numero di archetipi narrativi limitato.
Campbell -> esistenza di un solo archetipo chiamato “viaggio dell’eroe”. L’idea è
che la gran parte delle narrazioni moderne siano originate dalla stessa storia, dal
momento che gli archetipi sono funzioni, non schemi rigidi. Sono 7 gli schemi
narrativi individuati da Booker:
1. Sconfiggere il mostro
2. Rinascere
3. Compiere una missione
4. Compiere un viaggio e tornare (Ulisse)
5. Dalle stalle alle stelle (Cenerentola)
6. Tragedia
7. Commedia
Questi sono chiamati anche prototipi narrativi. Ogni gruppo può essere definito in
base al proprio racconto identitario, sia in base alle narrazioni che ha bisogno di
ascoltare. Con la ricerca si capisce quindi quale messaggio realizzare e come tra-
smetterlo correttamente. È preferibile nettamente questa distinzione in gruppi
sociali attraverso i prototipi narrativi rispetto alle classificazioni socio-demografi-
che o psicografiche.
Realizzazione del clinamen e della comunità di destino
Trovato l’archetipo del proprio prototipo narrativo, si può sviluppare con un ge-
nere esistente e precodificato di cui posso rilevare il gradimento nel cluster. I
prodotti, le aziende, i marchi diverranno parte di una narrazione che parla di noi,
dell’esistenza, narrando i piani ed i limiti con cui questi si confrontano, i timori ed
i sogni. Le storie possono essere terapeutiche, a condizione che abbiano una ten-
sione genuinamente trasformativa.
I sette criteri sono il punto di partenza per ogni progetto di marketing che non
voglia solo essere confermativo. Tre le precondizioni di partenza: serietà del nar-
ratore (coerenza tra azione e storia raccontata), sensibilità sociale (dare un de-
stino agli ascoltatori perché si è capito cosa significhi averne uno), disponibilità a
definire il pubblico più antropologicamente e meno con criteri socio-demografici.
Prima ancora di un bene o servizio, acquistiamo una storia che ci fortifica o con-
sole, inorgoglisce o rigenera.
La narrazione deve essere (Benjamin) utile, solida, irripetibile. C’è utilità nella
narrazione quando la stessa può essere vista come punto di partenza e non di ar-
rivo. Solidità è sintomo di autorevolezza. Irripetibile perché artisticamente unica.
Capendo quali storie ci aiutino a costruire comunità di destino potremo arrivare
ad avere per il destino altrui lo stesso interesse che abbiamo per il nostro, co-
struendo il clinamen necessario, ovvero la salvezza dalla caduta degli individui
nel vuoto della mancanza valoriale.
PARTE DUE
CAPITOLO 7 - I racconti di marca, alle prese con l’esistere
Invertising parla dell’inversione di marcia necessaria per le aziende nel campo del
marketing e della creatività, una metafora necessaria per la drammaticità dello
scenario economico, colmo di sfiducia e rancore nei confronti di spot, manifesti,
pagine pubblicitarie, banner, tutto ciò che alimenta il magico mondo dell’adverti-
sing. Già prima della crisi degli investimenti, il settore pubblicitario soffriva della
crisi della credibilità: per questo ora è necessario ripensare la professione, perché
con la recessione economica lo scenario è peggiorato. Consumi ai minimi storici,
occupazione, dieta mediatica, tutti concetti che rendono necessarie nuove narra-
zioni ed azioni socio-culturali da parte dei brand. Non basta per questo partire dai
social network, questo è quello che fanno i piacioni della pubblicità.
In passato c’erano da una parte i copywriter (scrittura) e gli art director (cultura
visuale). Con internet si è passati a digital copywriter e web designer, figure in
cui c’è richiesta di maggiore completezza. Oggi lo scenario però coinvolge estre-
mamente il pubblico dando vita al crowdsourcing creativo, con i creativi più at-
tenti che hanno imparato ad accogliere la “saggezza della folla”. Sono le persone
in contatto con il brand a scegliere ciò che le convince di più, e ci obbligano ad
ascoltare quello che hanno da dire, perché l’apprezzamento è la nuova moneta di
scambio nel mercato delle idee.
È fondamentale in questo l’azione dei social media, che hanno trasformato il tar-
get in pubblico, avvicinando marche e persone su un piano più empatico rispetto
al passato. Per quanto riguarda l’aspetto della targettizzazione, possiamo dire che
è sicuramente meglio parlare bene a pochi che male a tanti, e dobbiamo riuscire
a toccare le corde emotive delle persone per essere empatici: si è davvero rile-
vanti muovendosi dopo aver ascoltato le istanze di chi ascolta. I social media
sono un’occasione unica (insieme alle nuove narrazioni in generale) e irripetibile
per il marketing, con le persone che sembrano mostrare una nuova affezione
verso il settore. Il mio prodotto potrà ven