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Autentico in quanto narrativamente appropriato: fine del pastiche postmoderno
Per soddisfare le istanze esistenziali del consumatore, il brand è obbligato a essere
capace, intercettando le sue profonde esigenze, di indirizzare verso conseguenti e
inusuali esperienze di vita. Il brand deve quindi avere un racconto da esprimere che
possa entrare in relazione con il racconto identitario del fruitore in modo da rilancio; la
marca deve rinnovare costantemente i propri racconti. Si re-instaura cosi il senso del rito,
mostrando la trasformazione individuale all’interno di un processo di evoluzione
collettiva. La narrazione del consumo può fare da garante a questo processo, rimettendo
in gioco la progettualità degli individuo. È quindi tramontata la forza del racconto basato
sul pastiche postmoderno: una narrazione priva di direzione e di settorializzazione che
non incontra più le mutate esigenze della società. Sono racconti che inseriscono la storia
dell’individuo in una storia collettiva e temporale poiché, trattandosi di trasformazioni
esistenziali, possono sempre toccare l’anima dell’uomo. Tali narrazioni parlano
dell’aziende dell’uomo, sempiterno protagonista della storia, non passivo recettore di
eventi.
Archetipi per formare comunità di destino, in gruppi identitariamente deboli
Formare comunità di destino in gruppi identitariamente deboli è un compito difficile, dal
momento che sono necessarie grandi narrazioni capaci di interagire con l’uomo
contemporaneo in modo coinvolgente, senza risultare elitarie o lontane. L’uomo
postmoderno cova un disagio esistenziale perché non vede più una direzione da seguire,
e sviluppa una ritrosia nei confronti di interrogativi che sono preludio di cambiamenti
esistenziali. I racconti di massa odierni non razionalizzano gli itinerari della vita e non
rispondono alle domande sulla nostra esistenza, sono narrazioni superficiali che non
considerano la complessità dell’identità dell’uomo. Si nega la tensione degli individui a
migliorarsi e ad evolversi, e questo non può essere sostenuto a lungo. Il consumatore, per
poter instaurare una relazione di fedeltà con il brand, deve partecipare l’appartenenza al
sistema di valori da esso richiamato. Se la comunicazione aziendale non è in grado di
interpretarsi continuamente, non è immaginabile che sia capace di dialogare
costantemente con il consumatore. Il brand dovrà sempre più essere relazionale e
caratterizzarsi nella produzione di storie e racconti che gli riprendano gli archetipi
narrativi, riuscendo a renderli più compatibili con le dinamiche sociali e culturali del
tempo presente. Il consumatore attribuirebbe un valore identitario al bene attraverso la
narrazione creata attorno alla marca, l’esperienza diventa quindi più gratificante, dato
che la vive come autentica: tale esperienza, infatti, esprimere un racconto identitario,
un’altra prospettiva sul nostro destino.
Oltre ili realizzarsi della sorte che ci porta in ambiti lontani dalla nostra visione del
mondo, essere consapevoli di avere un nostro destino e vivere con consapevolezza,
significa valorizzare la rettitudine che ci anima, significa valorizzare i rapporti umani, i
legami con chi è al nostro fianco ma anche con chi è venuto prima di noi e con chi ci
sostituirà nel percorso. La comunicazione di massa, commerciale e non, sta iniziando a
intercettare questa istanza sociale, ma sembra essere al momento poco efficace. Si
pongono destini poco elaborati, basati su standard di comportamento, con l’obiettivo di
rendere stabili i percorsi di vita, non di trasformarli. Quindi l’autenticità delle narrazioni si
otterrà confrontandosi con i limiti, in modo coerente al nostro racconto identitario.
Essendo universali e generali gli archetipi sono presenti in ogni epoca e in ogni cultura, in
ogni racconto e in ogni condizione particolare. Esattamente la valenza generale di questi
paradigmi consente alla narrativa di essere alla base di comuni percorsi di esperienza. Sul
Christopher Booker,
modello dei sette schemi narrativi individuati da si possono
identificare dei gruppi sociali, la cui unione è basata sulla condivisione dei medesimi
prototipi narrativi
racconti identitari, che vengono chiamati . L’individuazione di tali
gruppi è fondamentale per indirizzare in modo efficace l’attività di storytelling: questa
infatti risulterà maggiormente coinvolgente per il pubblico di riferimento, perché
sviluppata attraverso le modalità narrative in sintonia con la narrazioni identitaria del
gruppo.
Realizzazione del clinamen. Realizzazione della comunità di destino.
Una volta trovato l’archetipo fondante del prototipo narrativo, lo si può sviluppare
secondo un genere esistente e pre-codificato, i cui dati ci permettono di rilevare il
cluster.
gradimento nel L’ingaggio del pubblico nei confronti delle storie sarà molto forte,
poiché si fonderà sui racconti identitari in cui è uso raccontarsi, riempiendo così di senso
la propria esistenza. I prodotti, le aziende, i marchi diverranno componenti di una
narrazione che parla di noi, che parla della nostra esistenza, sia nelle sue vicissitudine
positive, che nelle situazioni negative, narrando dei nostri piani e dei limiti con cui questi
si confrontano, dei nostri timori e dei nostri sogni. Nel momento in cui il consumatore
appare sempre più indecifrabile e le comuni ricerche di scenario sembrano aver perso la
propria capacita di orientamento, e anche la capacita operativa di stimolare il percorso
creativo degli autori e dei comunicatori. Il fatto importante è che prima ancora di un bene
o di un servizio, noi acquistiamo una storia che ci fortifica o ci consola, ci inorgoglisce o ci
rigenera. Ma le storie prima che autentiche devono essere oneste, quindi seguire tre
utile, solide irripetibili.
principi: devono essere e L’utilità della narrazione c’è proprio
quando può essere vista per noi come punto di partenza e non di arrivo. L’importante è
provare a soddisfare la necessità di conoscere quali storie rappresentino una cura per le
nostre esistenze bloccate, individuando, magari, quali di esse siano in grado di contribuire
comunità di destino
a costruire , ovvero comunità in cui il destino degli altri interessi a
ciascuno di noi come fosse il nostro. In questo modo avremo fornito dei presupposti alla
clinamen
costruzione del necessario al gruppo sociale per una convivenza costruttiva.
Capitolo 7: i racconti di marca, alle prese con l’esistere
“Le aziende che cercano di “posizionarsi” devono prendere posizione. Nel migliore dei
casi, su qualcosa che interessi davvero il loro mercato” - Cluetrain Manifesto
L’advertising, per come è stato concepito fino ad ora, deve cambiare il proprio senso di
Invertising,
marcia, invertire la propria rotta; e per farlo serve un po’ di coraggio ( Paolo
Iabichino). In questo periodo la recessione economica continua a non dare tregua, i
consumi e il tasso di occupazione sono ai minimi storici e la dieta mediatica dei
famigerati target ha frantumato le già risicate certezze che abitavano agenzie, centri
media e divisioni marketing. Di conseguenza urgono nuove narrazioni, perché i brand
sono sempre più chiamati ad agire entro contesti socio-culturali che non sono più una
semplice scenografia delle proprie matrici narrative, ma possono diventare parte stessa
del racconto di marca, per impattare positivamente sulla collettività. Per capire meglio
Non è bello ciò che è bello”,
questo periodo analizzeremo il testo di Iabachino Paolo, “
Aziende di successo sui social media (2014):
“Dentro le agenzie si osserva un fenomeno inedito, quello della contaminazione, della
partecipazione, della creatività “dal basso”, che a volte riesce a definire strategie,
prodotti, attività di comunicazione e nuove direzioni. Ormai sono le persone in contatto
con il brand a scegliere quello che li convince di più, a apprezzare un messaggio,
un’offerta, un post o un poster”
“Bisogna imparare che non è bello quel che piace a noi, ma è bello ciò che piace a loro.
L’apprezzamento di quello che facciamo è diventato la nuova moneta di scambio nel
mercato delle idee, poi quello che piace diventa anche più efficace, aumenta le vendite o
rinforzando la relazione. Aiuta il business, in altre parole”
“Le idee e la creatività sono ancora il vettore principale di questo mestiero, ma il primo
obiettivo di tutto quello che facciamo oggi è il plauso dei nostri interlocutori. I social
media hanno trasformato il target in pubblico. Gli spazi virtuali nascono per mettere in
circolazione le emozioni”
“Sta succedendo che la creatività sui social network contribuisca ad avvicinare marche e
persone su un piano più empatico rispetto al passato. Non è più il ricatto delle logiche
quantitative a guidare le nostre pianificazioni, ma una sana e inedita attenzione alla
qualità di quello che mettiamo in circolo. Quanto più sappiamo toccare le corde emotive
delle persone alle quali ci rivolgiamo tanto più riusciamo ad essere empatici. E questo
accade se sappiamo padroneggiare i consumer insight, ma soprattutto se facciamo largo
uso della rilevanza”
“I social media non sono più uno spazio low cost e non convenzionale, sono entrati a
pieno titolo nel mainstream, e soprattutto ci costringono a strategie e produzioni che
richiedono grande cura, attenzione e investimenti”
“Per chi si occupa di creatività pubblicitaria è vero che i social media rappresentano
un’occasione unica e irripetibile, anche se il mondo del marketing e della comunicazione
è sempre stato attraversato da un riverbero di negatività, sospetto e diffidenza. Oggi le
persone sembrano provare un’affezione nuova verso quello che facciamo. Quando lo
facciamo bene, quando le nostre idee sono rilevanti e credibili, guadagniamo i favori del
pubblico”
“E so che ciò che produco piacerà di più non solo se sarà molto creativo, ma anche se
sarà utile e in grado di emozionare. Solo allora il mio prodotto potrà anche vendere”
L’innovazione
“You don’t have to solve all the world problems. Focus on solving a problem for five
people and that will go far” - Muhammad Yunus
L’innovazione è come la qualità, la fiducia, il gratis, il conveniente e le offerte speciali che
si somigliano sempre un po’ tutte e hanno finito per perdere quel poco di speciale che
avevano quando sono sta