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L’uomo immaginato dal dualismo riduceva l’universo alla stregua di un
oggetto, separandosene, per esaminarlo meglio. Accettando il postulato del
radicamento nel suo ambiente sociale e naturale, l’individuo è tenuto a
rinunciare al privilegio della singolarità, per sottomettersi ad una legge che
regola da tempo l’ambiente nel quale è nato. La felicità che gli si promette in
cambio rimane però incerta, poiché la credenza nel radicamento limita
necessariamente la libertà di movimento consentita all’individuo. Una nuova
contraddizione attanaglia l’uomo “radicato”: poiché la norma alla quale
obbedisce è opera di una collettività umana, essa ha, ai suoi occhi, soltanto
un valore relativo ma, dal momento che tale norma è vincolante, gli è
impossibile evitarla o modificarla. Questa situazione spinge l’individuo a
rispettare le norme per pura fedeltà alla propria comunità, assoggettandolo,
perciò al suo ambiente. Ne risulta un insieme di esaltazione e passività in
quanto, da un lato, l’uomo radicato è padrone di se stesso, appartenendo alla
collettività che ha creato la legge; dall’altro, egli è schiavo di tutti gli altri
uomini.
Quanto alla comunità, essa si afferma come uno stato di fatto
categoricamente opposto al sogno del contratto sociale. Nella morsa di una
tradizione immemore, gli uomini sono quello che sono grazie agli usi e ai
costumi, alle abitudini e alle istituzioni in seno alle quali sono nati e cresciuti.
In tali condizioni, la coppia innamorata affronta una sfida senza precedenti.
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Secondo l’antico idealismo, la coppia predestinata sfuggiva all’ostilità
dell’universo alleandosi con la legge trascendente. Successivamente, la
magia dell’interiorità, riflette la perfetta moralità dell’amore. In una situazione
in cui l’istanza normativa ultima è la comunità, l’amore che contraddicesse
questa istanza avrebbe ben poche probabilità di successo. Ma come
potrebbe l’amore non contraddire quest’istanza dal momento che esso
rappresenta una delle rare manifestazioni possibili di una scelta personale
non riconducibile alle esigenze di radicamento? Sfuggendo alla norma
comunitaria, l’amore-passione acquisisce un’importanza eccezionale per
l’espressione dell’individuo. La passione amorosa, però, rischia di contraddire
la volontà della comunità. È inevitabile che questa passione porti già in sé il
contrasto tra la felicità individuale e l’infelicità sociale, e di conseguenza, che
l’adulterio diventi in quest’epoca uno dei temi favoriti dal romanzo. Il romanzo
del XIX secolo insiste sull’influenza che l’ambiente esercita sui personaggi,
attento al radicamento degli uomini nella comunità.
Foucault ipotizzava che l’uomo, prima della fine del XVIII secolo, non esisteva
ancora, nel senso che esso non aveva acquisito lo statuto di un’entità
conoscibile scientificamente. Tra la fine del XVIII e gli inizi del XIX secolo,
però, egli diventerà “oggetto” di un certo ambito della conoscenza e, al
contempo, il “soggetto” che conosce: diversamente dall’uomo cartesiano, egli
non sarà più un soggetto esterno alla natura che è adatto a conoscere
scientificamente la natura, ma diventerà egli stesso un oggetto tra gli altri,
passibile di essere conosciuto scientificamente. A partire da quest’epoca, si
sviluppano infatti delle nuove scienze-le scienze umane e sociali- la cui sfida
fondamentale sarà quella di riuscire a rendere l’uomo un oggetto legittimo
della conoscenza scientifica, pur conservando egli stesso al contempo la
posizione di soggetto che conosce. Nel corso del XX secolo, una serie di
discipline diverse faranno ricorso ad una stessa figura dell’uomo
raggruppandosi in un medesimo “paradigma scientifico”. È qui che si afferma
il concetto di struttura, vale a dire l’idea secondo cui gli oggetti non esistono
di per sé, ovvero presi singolarmente, ma possono essere considerato solo in
base alle differenze che li separano dagli altri e dalle relazioni che li tendono
eventualmente legati tra loro. Nel corso del XIX secolo saranno molti gli
studiosi che finiranno per proporre i tratti fondamentali di questo modello
“strutturale” dell’uomo. Marx per la storia, Durkheim per la sociologia, Freud
per la psicologia, Saussure per la linguistica, finiranno per proporre un
paradigma caratterizzando una fase storica in cui l’antropologia assumerà tre
tratti caratterizzanti che lo differenzieranno in modo determinante dai due
modelli precedenti: 26
Diversamente dall’uomo aristotelico e da quello cartesiano, l’uomo
1. strutturale non possiede alcuna essenza;
Diversamente dall’uomo aristotelico, l’uomo strutturale non è un essere
2. naturale;
Diversamente dall’uomo cartesiano, l’uomo strutturale non è in grado di
3. determinare autonomamente i propri pensieri e la propria volontà.
Tra questi, il tratto caratterizzante più significativo sembra essere quelli
relativo alla sua perdita di unità e autonomia. Le scienze umane e sociali,
infatti, non studieranno l’uomo in generale, ma di volta in volta prenderanno in
considerazione una parte ben determinata della sua “umanità”: i fatti sociali,
le culture, l’evoluzione delle società, le funzioni coscienti, quelle inconsce, il
linguaggio. Insomma, per la prima volta l’uomo perderà la sua unitarietà di
fondo per divenire soggetto assoggettato, antinaturale, dualistico e non-
essenzialista.
5.Il distacco: agli albori dell’uomo neuronale
Il romanzo di è lanciato nell’avventura modernista in un’epoca in cui
cominciavano ad emergere dei dubbi sempre più profondi sul radicamento
dell’uomo nella comunità e che concepiva la speranza di una nuova libertà
che si presumeva condurre all’invenzione di forme di vita inedite. Queste
nuove speranze hanno dato vita –secondo Pavel- a nuove rappresentazioni
cosmologiche e dell’immaginario antropologico, concretizzatisi nei seguenti
temi: l’abolizione dei legami, la comunità problematica e l’apoteosi di Narciso.
La rappresentazione dell’abolizione dei legami aveva l’ambizione di
sostituire l’ideale della naturalizzazione dell’uomo. Invece di un essere
prodotto e governato dal suo ambiente naturale, storico e sociale, l’individuo
cominciava ora ad essere concepito indipendentemente da tutto ciò che lo
circondava. È ovvio che questa indipendenza non sarebbe potuta essere la
stessa che veniva assicurata nell’alleanza tra Provvidenza e l’individuo fuori-
dal-mondo o dall’Io autonomo che scopre la legge morale nel proprio cuore.
Benché possa sembrare che l’abolizione dei legami implichi una forma di
alienazione non è questo il caso: parlare di alienazione ha senso solo quando
l’assenza di legami tra l’individuo e il suo ambiente viene percepita come una
grave carenza. La nuova rappresentazione dell’immaginario antropologico
considera invece questa assenza come una situazione di partenza. È l’essere
che viene chiamato ad inventare se stesso, senza il beneficio di un ideale
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normativo assegnatogli una volta e per tutte.
I suoi rapporti con la comunità, in queste condizioni, possono essere
considerati solo dal punti di vista di una scelta. È questo il motivo per cui
molto spesso il protagonista dei romanzi del XX secolo soffre. Egli sembra far
pare di una comunità inaccessibile. Tuttavia egli si impegna a favore di un
partito, di un gruppo, di una causa, di uno stile di vita. Questi legami non sono
né dati né definiti in anticipo; in buona sostanza l’individuo non è né costante
né fedele, come lo era nell’idealismo antico e moderno, ma resta
semplicemente disponibile.
Come Narciso, l’individuo trova la vera felicità nella contemplazione del suo
viso e nella soddisfazione delle proprie pulsioni. Avendo perso il desiderio di
guardarsi intorno, si contempla, si ascolta, agisce senza pensare, spinto dalle
sue pulsioni che non vuole né sa controllare. Non è affatto strano, dunque,
che la formazione della coppia non si trovi più al centro d’interesse del
romanzo.
Mazzoni individua tre grandi svolte che si presentano nel corso di questa fase
e che tendono ad apportare profonde modifiche negli equilibri fra le
componenti del testo narrativo. Per la prima volta, le forme nobili della
mimesis possono collocare l’essenziale al di fuori dell’agire pubblico. Questa
metamorfosi genera tre svolte:
La svolta interiore: i fatti esteriori perdono il loro dominio e servono a
1. provocare e interpretare movimenti interiori; la trasformazione rovescia i
rapporti fra pubblico e privato; diventa possibile costruire dei romanzi
attorno a quelle illuminazioni o rotture profane che Joyce chiama
“epifanie” e Proust “intermittenze del cuore”.
La svolta saggistica: negli stessi decenni il romanzo vive una
2. metamorfosi. Alcune opere spostano il proprio baricentro del testo verso
un territorio fatto di regolarità collettive e di leggi sovra personali. Le
storie degli individui cominciano ad avere la necessità di doversi
appoggiare su superfici concettuali per trovare un senso e rendersi
interessanti.
Lo straniamento: se la letteratura dell’Ottocento aveva elaborato
3. l’ideale di una scrittura trasparente, a partire da una certa epoca si
diffondono romanzi che poggiano sull’opacità dello stile. La forma non
si presenta come consustanziale al contenuto ma si rivela, si mette in
mostra, esercitando uno straniamento rispetto alle abitudini del senso
comune e al modo ordinario di raccontare e interponendo una sorta di
schermo tra la storia e il lettore. Anche in questo caso la svolta
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trasferisce l’interesse dell’azione pubblica al modo di narrare l’azione,
dalle cose che accadono alla maniera di raccontarle.
Si tratta di una metamorfosi complessiva che condurrà all’emergere di un
nuovo paradigma interpretativo dell’uomo e della sua posizione nel cosmo.
Questo nuovo paradigma non nasce però all’interno delle scienze umane e
sociali, ma dalla coalizione tra un inedito insieme di scienze in via di rapido
sviluppo: le neuroscienze, la biologia evoluzionista ed altre recenti
ramificazioni di ricerca ad esse associate. Lo sviluppo di queste discipline ha
determinato da una parte l&rs