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Il cibo come sistema di comunicazione
Roland Barthes identifica il cibo come sistema di comunicazione, un protocollo di usi, di situazioni e di comportamenti. Acquistando un alimento, questo riassume e trasmette una situazione, costituisce un'informazione, è significativo. Ciò vuol dire che esso è un vero e proprio segno, cioè l'unità funzionale di una struttura di comunicazione. E la prova della comunicazione è data dalla docilità con cui tutti i fenomeni alimentari costituiscono una struttura analoga agli altri sistemi di comunicazione. Gli uomini hanno difficoltà a credere che il cibo sia una realtà immediata (bisogno e piacere), senza che ciò crei un ostacolo al fatto che esso costituisca un sistema di comunicazione.
Il cibo sfocia in una semiosfera al cui interno ha un ruolo di primo piano, entrando in relazione col resto del mondo. Grazie alla cucina e al gusto si disegnano le sottili e complesse relazioni tra natura e cultura, crudo e cotto.
putrido e sofisticato, elaborato e non elaborato. Le opposizioni sono coppie concettuali che entrano in relazione fra loro andando a costituire, volta per volta in modo diverso, i due piani di un linguaggio: espressione e contenuto. Il cibo crudo (ad esempio: insalata, macedonia di frutta) non è naturale ma significa "natura"; il cibo cotto invece (pane, risotto) in quanto più elaborato del primo, significa "cultura". L'opposizione natura/cultura, in altre parole, è l'effetto di senso della differente percezione del grado di elaborazione dei cibi: più essi sono elaborati più si percepiscono come culturali (bollito), meno sono elaborati più vengono percepiti come naturali (arrostito). Allo stesso modo, è a partire dal cibo che si costituisce un'immagine del corpo: è così che il processo biologico di ingestione ed eliminazione di materie del corpo diviene motore di tutto un complesso.apparato di simbolizzazione: la digestione è intesa come modificazione naturale del cibo così come la cucina sarebbe la sua trasformazione culturale. L'apparato corporeo, fondato su un'opposizione basica fra interno (invisibile) ed esterno (evidente) è la base simbolica di ogni processo di trasformazione delle cose. L'analogia fra digestione e cucina mette in continuità, e al tempo stesso tiene separati, il corpo e il mondo, il sé e l'altro. A partire da tale analogia si costituisce il sistema di valori gastronomici: gusto = processo "corretto" dei processi di trasformazione delle materie / disgusto = fuoriuscita di sostanza dalla bocca. Così come i sistemi enunciativi delle diverse lingue tendono a distinguere tra una zona intima (questo), una prossima (codesto) e una distante (quello), analogamente le specie animali sono commestibili o meno a seconda della zona in cui, dal nostro punto di vista, si trovano.man-giamo gli animali che stanno in casa (intimi), mangiamo quelli che stanno nel cortile o nei luoghi a noi accessibili (prossimi), non mangiamo quelli che riteniamo esotici poiché abitano luoghi im-penetrabili (distanti). Così, se per noi il cane è un animale che non si mangia perché sta in casa, in Cina è commestibile perché vive lontano dalle abitazioni. È a partire da tutti questi esempi che il cibo può essere interpretato come una forma di linguaggio. E se di linguaggio si tratta, i due elementi che lo compongono – espressione e contenuto – sono fra loro in presupposizione reciproca, di modo che nessuno di essi può esistere senza l'altro, e nessuno determina l'altro. In questo senso le due dimensioni comunicative che abbiamo distinto – il linguaggio che parla di cibo, il cibo come linguaggio – nella pratica sociale finiscono per tradursi a vicenda e a confondersi: il cibo significaPerché se ne parla o se ne parla perché significa? Ogni responso è vano: la traduzione da un linguaggio all'altro può andare senza difficoltà in entrambe le direzioni.
3. MANGIARSI LE PAROLE
Le lingue, diceva Ferdinand de Saussure, sono forme, non sostanze: quel che le fa essere tali, non sta nei suoni, che tutti possiamo udire o di cui possiamo fare a meno, ma nel modo di articolarli fra loro entro un determinato sistema, di distinguerli secondo precise regole, di renderli pertinenti alla trasmissione dei significati, organizzati entro un qualche sistema di senso. La lingua insomma è un sistema di differenze pure. Stessa cosa vale per il cibo. Laddove le sostanze che concretamente mangiamo ci nutrono appesantendoci, il cibo che significa, il cibo-linguaggio, viene organizzato invece entro un sistema di differenze: tanto astratto e arbitrario a priori, quanto essenziale e identitario a posteriori. Così, se gli spaghetti col sugo di pomodoro,
In Italia, costituiscono un piatto a sé, in Francia o altrove vengono serviti, privi di condimento, come contorno in un piatto di carne. Gli spaghetti sono i medesimi, quel che li rende significativi, e dunque espressione di un'identità etnica, è il nesso che si istituisce internamente, in Italia, fra pasta e sugo, ed esternamente, in Francia, fra pasta e carne. 3.1 Modelli e usi Nessun parlante può esprimersi senza una lingua che lo preceda, ma nessuna lingua può esistere se non è parlata da qualcuno. Analogamente, nessun piatto (token) può essere preparato se non a partire da una sua forma ideale di riferimento (type), ma tale forma ideale esiste perché a poco a poco, preparando volta per volta i singoli piatti, se ne è istituito, appunto, un modello generale. Cosa che vale soprattutto per le pietanze fortemente identitarie di un paese, di un territorio, di un'etnia (risotto per il Settentrione o spaghetti per il Meridione).Ognuno dirà: il mio risotto, i miei spaghetti, pretendendo di incarnare al meglio una pietanza ideale; si pensi alla ratatouille francese, al couscous arabo, alla paella spagnola. Così, se il modello alimentare è un dispositivo culturale che tende a dettare le regole per mettere in relazione gli elementi e gli ingredienti, l'uso singolo per così dire le interpreta, variandole secondo i piaceri e le necessità del momento. Il caso più evidente è quello delle già menzionate ricette di cucina: sono trascrizioni di saperi orali, istituzionalizzazioni riduttive di tecniche molto diverse. In questo senso, possiamo dire che la cucina si presenta come un'arte allografica. 3.2 Testi culinari Un altro concetto semiotico che appare pertinente nello studio cibo-linguaggio è il concetto di testo. Che cos'è un testo culinario? Potremmo dire che si tratta di qualsiasi cosa, evento o situazione legato all'alimentazione.alla gastronomia e alla tavola, a determinate condizioni formali, lo fa circolare e lo traduce in altro senso. Il testo culinario, dal punto di vista semiotico, è anche un piatto, o meglio, i modi in cui in una pietanza si associano o si mettono in contrasto sapori, odori, consistenze, temperature, colori e forme, producendo un'unità di gusto che è al tempo stesso un'unità di senso - ossia, appunto, un testo. Come le parole non significano niente se non vengono adeguatamente inserite in apposite strutture sin-tattiche, ossia in frasi, analogamente un singolo sapore non conta nulla se non è accostato ad altri accanto a lui. Così come nessuno parla per singole frasi ma ricorrendo a discorsi, a esser significativo dal punto di vista alimentare, a costituire un'unità di senso gastronomico è appunto un pasto, in qualsiasi modo esso venga preparato e consumato. Può essere pasto una successione di portate
secondo un criterio ordinale codificato in anticipo (primo, secondo...) e tacitamente assunto da una cultura al punto di diventare tipico, "normale". Così come può essere pasto un frugale spuntino al bar nella pausa pranzo, oppure, ancora, un fastoso convivio matrimoniale. Così una pizza, da sola, non fa un pasto; per completare il testo gastronomico bisogna che abbia quanto meno l'accompagnamento di una bibita. La varietà delle possibilità combinatorie è enorme. Quel che resta fisso, per fabbricare un testo gastronomico, è la necessità di un'organizzazione strutturale interna, l'esigenza del tenere insieme in modo sistematico elementi differenti e le loro qualità relative, segnalando al contempo momenti di apertura (aperitivi, antipasti...) e chiusura (dessert, caffè, digestivi), i passaggi intermedi (sorbetti), le pause (sorsi di bevande) e tutto ciò che costituisce.Il ritmo testuale. Se nella nostra cultura è ben chiara la separazione fra ciò che accade in cucina e ciò che accade a tavola, in altre culture questa differenza non è altrettanto netta: molto spesso è a tavola che si compongono piatti, ad esempio in Cina arriva al desco una certa quantità di vassoi con ingredienti e prodotti vari, dai quali il singolo commensale può e sa selezionare ciò che si desidera per comporre il proprio pasto/testo. Da noi arriva in sala da pranzo un piatto già allestito in cucina, dal quale ognuno ritaglia i bocconi come meglio crede, mentre in Giappone arrivano a tavola, in vassoi diversi, bocconi già fatti. In Spagna si differenzia fra il momento delle tapas, spesso in piedi, e quello della cena vera e propria, seduti al tavolo. In generale, va distinto un modo di servire le vivande per successione prefissata e uguale per tutti i convitati ("servizio della russa"), oggi per noi ovvio,
da un altro che funziona invece per simultaneità di portate che ciascuno organizza secondo il proprio gusto: si pensi all'attuale rito dell'aperitivo serale detto happy hour, col passare del tempo sempre più assimilato alla cena. Tutto ciò è stato da noi assimilato nel tempo e nelle abitudini al punto da apparirci naturale. Per noi, ad esempio, è ben chiara la differenza non solo fra cucina e tavola, preparazione e consumo, ma anche fra tutte quelle altre attività e usanze sociali che stanno a monte o a valle di questi due momenti: la scelta di ciò che è commestibile e ciò che non lo è; la produzione degli alimenti, il loro smistamento, trasporto, commercio, conservazione, organizzazione e l'arredamento degli ambienti dove si mangia, le pratiche di rigetto, spreco, eliminazione. Inversamente, pratiche sino a poco tempo fa stavano a monte rispetto a quelle culinarie, come l'allevamento e l'agricoltura.se appartengono. La cucina, infatti, non è solo una necessità per soddisfare il nostro bisogno di nutrimento, ma è diventata un'arte, una forma di espressione culturale e un modo per socializzare. Le diverse culture hanno sviluppato tradizioni culinarie uniche, che riflettono la storia, il clima, le risorse naturali e le preferenze locali. Ogni paese ha i suoi piatti tradizionali, le sue tecniche di cottura e i suoi ingredienti caratteristici. Inoltre, la cucina è diventata un settore economico importante. Ristoranti, bar, caffetterie e negozi di alimentari offrono una vasta gamma di opzioni gastronomiche per soddisfare i gusti e le esigenze di ogni individuo. Oggi, grazie alla globalizzazione, possiamo gustare piatti provenienti da tutto il mondo senza dover viaggiare. La cucina internazionale è diventata accessibile a tutti, grazie anche alla diffusione di ricette e tutorial online. Inoltre, sempre più persone si stanno interessando a una dieta sana ed equilibrata. La consapevolezza dell'importanza di una corretta alimentazione sta crescendo e sempre più persone scelgono di seguire diete vegetariane, vegane o senza glutine. Infine, la cucina è diventata un'esperienza sensoriale. Oltre al gusto, si presta attenzione anche alla presentazione dei piatti, all'aroma e alla consistenza. I ristoranti stellati e gli chef famosi sono diventati veri e propri artisti culinari, creando piatti che sono veri e propri capolavori. In conclusione, la cucina è molto più di un semplice atto di nutrimento. È un modo per esplorare nuove culture, per sperimentare nuovi sapori e per godere di momenti di convivialità con amici e familiari.