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COGNITIVISMI LETTERARI.

le scienze cognitive cercano di dare ad un’interpretazione dei fondamenti e

del valore biologico della letteratura, basandosi non soltanto sulle due forme

di selezione (naturale e sessuale) del darwinismo letterario, ma anche su una

serie di ipotesi sul funzionamento della mente che tengono conto delle

sperimentazioni sui neuroni specchio, sulla simulazione incarnata,

sull’empatia, ecc. Elizabeth Hart e Alan Richardson, storici e critici della

letteratura, si sono impegnati a disegnare una mappa degli studi letterari

cognitivisti, individuando in particolare due grandi famiglie del cognitivismo

Cognitive Poetics,

letterario: quella dei famiglia di teorici che deriva dalla

poetica formalista classica e tende a considerare il linguaggio letterario una

manipolazione, una deviazione e un’incentivazione del linguaggio ordinario, e

Cognitive Cultural Studies Cognitive Historicism

quella dei e del che, invece,

considera il linguaggio, e il funzionamento stesso del cervello, una complessa

macchina letteraria, e vede quindi nei meccanismi narrativi e retorici delle

‘incarnazioni’ o manifestazioni di routine cognitive, acquisite durante

l’evoluzione, ponendo inoltre la loro attenzione ai fattori storici che

influenzano l’apparato cognitivo umano. È però possibile differenziare ancora il

vasto campo dell’applicazione delle scienze cognitive e delle neuroscienze alla

narrazione e alla letteratura, immaginando una sequenza che comprende

Cognitive Poetics→Cognitive Rhetorics→Cognitive Narratology→Cognitive

Literary Studies→Cognitive Cultural Studies, ambiti di ricerca con specifici

oggetti di studio ma che sostanzialmente muovono da due interrogativi di

base: quali sono i comportamenti che consentono a una mente (quella del

lettore ma anche dell’autore) di entrare nei mondi narrati e, viceversa, come

la narrazione si rivela un mezzo per sviluppare ed estendere la mente stessa. I

tre oggetti specifici del discorso cognitivista sono: la questione del blending,

close reading

quella del mind reading e quella dell’empatia; essi orientano un

dei testi letterari, poiché si interrogano su fenomeni cognitivi di lunga durata

per la specie, che non sono semplici schemi mentali ma si basano

sull’esperienza fisica in un contesto ambientale determinato.

Marco Caracciolo, uno degli esponenti dell’approccio

CLOSE READING.

cognitivista in letteratura, propone di distinguere, per quanto riguarda

l’interpretazione dei testi letterari (close reading), tra approcci “processuali” e

approcci “funzionali” alla letteratura: i primi consistono nella teorizzazione

dell’atto della lettura e sono quindi concentrati sui processi di ricezione, e

interessati all diverse classi di lettori ‘incarnati’; i secondi, invece, ci

permetterebbero di vedere come il confronto con i testi letterari possa avere

un ruolo in processi psicologici più vasti, come lo sviluppo del mind reading o

dell’organizzazione cognitiva della mente. Questi approcci costituiscono n

forte avvicinamento al testo letterario poiché si basano su ‘analogie’ tra le

scienze della mente e la letteratura, primo fra tutti il parallelismo tra menti

reali e menti dei personaggi; Caracciolo insiste sulla capacità che i testi

letterari hanno di prefigurare intuizioni delle scienze cognitive, di incarnarle in

(embodiment) more immediate

personaggi e renderle disponibili a tutti in

ways. La letteratura stimola e facilita, quindi, lo studio dei processi cognitivi, e

consente di confrontarsi con le idee di ‘mente’ del proprio tempo. Nel saggio

“Narratology and cognitive science: a problematic relation” (Narratologia e

scienza cognitiva: una relazione problematica), Marie-Laure Ryan mostra i

vantaggi che le scienze cognitive possono apportare allo studio della

narrativa, e individua gli sviluppi di questo approccio in continuum che va

dalla ‘critica letteraria pura’ (lettura creativa e interpretazione dei testi singoli)

alla ‘psicologia sperimentale’ (interpretazione delle leggi psichiche, inconsce e

automatiche, che presiedono alla lettura), passando per la ‘narratologia

classica’ (classificazione di figure, tropi ecc.) e la ‘narratologia cognitivista’ (il

nesso tra narrativa e mente). Il nesso tra narrativa e mente si può studiare,

secondo Ryan, in tre ambiti della narrativa:

- la mente dei personaggi, che si incarna negli studi del mind reading (o teoria

della mente) e della folk psychology

- l’attività mentale del lettore, che cerca di interrogarsi sugli effetti della

lettura studiati sia statisticamente sia grazie alla risonanza magnetica, ma

anche grazie all’autoanalisi del ‘piacere del testo’

- le storie come modi del pensiero, quindi l’interesse alla mente che

concepisce le storie, al fine di comprenderne il funzionamento.

Mark Turner, il primo a cogliere le potenzialità letterarie, oltre che

BLENDING.

linguistiche e mentali, dell’approccio cognitivista, sostiene la tesi del

conceptual blending come motore dell’immaginazione letteraria. L’idea che la

mente umana abbia acquisito le capacità creative che la contraddistinguono

quando è riuscita a ‘fondere’, a ‘mescolare’ (blending) concetti appartenenti a

sfere logiche e a spazi mentali differenti, a creare cioè connessioni neurali

sempre più complesse tra parti diverse del cervello, si è trasformata nella

chiave di lettura principale dell’evoluzione cognitiva dell’Homo sapiens.

L’incarnazione più diretta delle abilità cognitive dell’Homo sapiens, gli utensili,

danno già ampie prove delle sue capacità di blending, se si pensa che nei

manufatti più antichi, come nelle amigdale, emerge con chiarezza la capacità

di fondere spazi mentali diversi: per esempio, alla funzione pratica si aggiunge

spesso quella estetica – come nel caso del celebre bifacciale acheuleano

studiato da Kenneth P. Oakley, 1981, con al centro una conchiglia con evidenti

funzioni decorative. Turner ritiene che l’effetto di blending si basa su un

semplice ma potente meccanismo di compressione: è il prodotto cioè di

routine cognitive selezionate durante l’evoluzione e costantemente messe alla

prova nell’interazione sociale, consiste quindi nella capacità di comprimere e

abbreviare alcune ‘relazioni vitali’ come le relazioni di causa-effetto, spazio-

tempo parte-tutto, ecc.; un meccanismo di compressione che semplifica la vita

e la convivenza. Va ricordato che vi sono quattro forme di blending: semplice,

a specchio, a scopo-singolo, a doppio-scopo. L’Homo sapiens può esercitarle

tutte ma la forma di integrazione che più lo caratterizza e lo ha reso ciò che è

il blending a doppio-scopo, che permette la fusione di concetti che possono

essere palesemente in conflitto tra loro, dando libero sfogo alla creatività.

‘Compressione’ e ‘conflitto’ diventano così le coordinate antropologiche

dell’Homo sapiens, e il linguaggio è considerato il prodotto dello sviluppo del

blending, da quello semplice a quello più complesso; sia dal punto di vista

cognitivo che evolutivo il linguaggio e la narrazione sono un effetto del nostro

material anchors,

uso degli utensili, o delle cose, definite da Turner supporti

materiali che danno struttura fisica a blending complessi (teoria dei media

come protesi esterne). L’altro

MIND READING.

pilastro su cui poggia l’interpretazione cognitivista della letteratura è il mind

reading (o teoria della mente), cioè la capacità che la mente umana ha di

comprendere le intenzioni degli altri esseri animati, essenziale per la

sopravvivenza. «L’attribuzione di stati mentali è il modo predefinito in cui

costruiamo e attraversiamo il nostro ambiente sociale», sostiene Lisa

“Why we read fiction. Theory of mind and the novel”,

Zunshine (in Perché

leggiamo fiction. La teoria della mente e il romanzo). Le meta-

rappresentazioni sono la prova del fatto che esercitiamo il mind reading anche

su noi stessi, rappresentandoci le nostre rappresentazioni, esattamente come

facciamo quando creiamo dei personaggi nella letteratura. Il mind reading è

ciò che caratterizza l’umano e lo pone in grado di sviluppare due

pretend play:

comportamenti fondamentali: la menzogna e il per mentire ho

bisogno di sapere che l’altro possiede stati mentali autonomi rispetto a me e

che quindi posso trasmettergli notizie false per influenzare il suo

comportamento. Sapere, poi, che il mondo può essere visto anche da altri

punti di vista mi permette di sviluppare le finzioni, cioè inventare mondi

(pretense).

diversi dal mio o, appunto, fingere Il piacere delle finzione e del

pretend play sta nell’esercitare l’immaginazione e nel consentirci di mettere in

crisi le nostre capacità cognitive, verificando così che esse esistono e

funzionano. La letteratura, e in particolare il romanzo, sono in grado di

stimolare al massimo questa nostra capacità di immaginare stati mentali

diversi e comprendere livelli intenzionali multipli (cioè la capacità della mente

umana di seguire sino alla quarta e alla quinta potenza espressioni del tipo ‘io

credo che tu pensi che lei crede che egli pensa questo…’). Un altro aspetto

particolare del mind reading è che noi tendiamo a rintracciare le fonti delle

nostre rappresentazioni, a meta-rappresentarle. Siamo in grado cioè di

valutare, sulla base delle nostre preconoscenze e di indizi ambientali, la

credibilità di una fonte, la sua affidabilità e aderenza al reale, e di agire di

conseguenza. Il nostro confronto con i fatti narrati dipende dalla nostra analisi

della fonte, e dalla consapevolezza che gli autori (e quindi anche i personaggi)

cercano costantemente di manipolarci, costruendo orizzonti di attesa che poi

Orgoglio e pregiudizio

vengono smentiti dai fatti. L’incipit di di Jane Austen è

un esempio di come manipolare la fonte per manipolare il lettore: «È cosa

nota e universalmente riconosciuta che uno scapolo in possesso di un solido

patrimonio debba essere in cerca di moglie»; da un lato l’autrice dà la cosa

per scontata e la afferma come verità universale, dall’altro si presenta come

manipolatrice, soprattutto agli occhi di un lettore che è uno scapolo che non

desidera affatto sposarsi. La letteratura ci regala anche un ulteriore

dispositivo, quello del ‘narratore inaffidabile’ che cerca di disorientare il lettore

nel suo disperato tentativo di farsi un’id

Dettagli
Publisher
A.A. 2018-2019
28 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Pegasus.21 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cinema e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Messina o del prof Cervini Alessia.