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Il pericolo è quello di naturalizzare le idee di filosofia e infanzia per renderle contigue, togliendo
forza al pensiero e concretezza e complessità all’infanzia; quindi di adultizzare l’infanzia e di
infantilizzare la filosofia. Si tratta di:
- Riconoscere il bambino come indagatore in senso lato
- Ammettere l’esistenza di domande che appartengono a grandi e piccini
Un potenziale scienziato e pensatore, per questo motivo diventa importante coltivare la domanda e
per l’adulto saper stare in ascolto.
Innescare un dialogo con i propri giovani interlocutori.
• Istituire uno spazio e un tempo appositamente per fare ricerca insieme.
• Partire da un materiale stimolo iniziale: il domandare dei bambini segna l’incipit dal processo di
• ricerca.
L’adulto ha quindi il compito di:
Allestire e presidiare un setting in cui il dialogo alla ricerca del senso e dei perchè delle cose
• possa avere luogo tra pari
Facilitatore del processo di costruzione della conoscenza con occhio attento sia alla dimensione
• relazionale, sia a quella della ricerca.
Il dialogo produce la riflessione, non viceversa (LIPMAN)
L’attività riflessiva nasce spontanea come esigenza e come piacere, ma deve trovare un terreno
fertile per coltivarla.
Le domande filosofiche dei bambini sono spontanee e hanno bisogno di un tempo e di un contesto
adatto per emergere e trasformarsi in itinerari di ricerca e di scoperta con e grazie all’aiuto degli
altri.
Accettare di filofofare significa
Lasciar libera la loro logica e immaginazione di esplorare in prima persona il mondo che li
• circonda
Non fornire risposte belle e pronte ai loro perchè, ma ammettere che alcune domande hanno
• risposte che meritano di essere cercate
Riconoscere e agire nella zona di sviluppo prossimale, dare valore al problema di senso, non
• immediatamente operativo 1
Istituire contesti per domandare significa chiedersi prima quale tipo di relazione può permettere la
libera investigazione del pensiero, quali caratteristiche deve avere tale relazione perchè l’incertezza
e la relatività delle risposte, e le emozioni a esse convesse, pongono una sfida per un nuovo
ricercare.
!
Le domande degli insegnanti sono difficili?
DE VECCHI e CARMONA-MAGNALDI (più che le risposte importano le domande)
“Porre una domanda al bambino può aiutarlo a uscire dal parziale, dalla banalità, dallo stereotipo. Si
potrebbe affermare che si comincia a costituire il sapere quando ci si può porre una domanda”.
In alcune società viene valorizzata la comunicazione non verbale, perchè il processo di
acculturazione della giovani generazioni avviene fondamentalmente attraverso un processo di
osservazione/imitazione degli adulti/istruttori. In altre culture, come quelle di origine greco-latina,
la nostra società, l’insegnamento si esplica soprattutto parlando ai discenti, ossia attraverso la
comunicazione verbale.
Inoltre, da ricerche, emerge come il sistema domanda-risposta costituisca la struttura comunicativa
prevalente attraverso cui si insegna e si apprende come acquisisce conoscenze, organizzarle,
sistematizzarle.
Modalità comunicative con cui l’insegnante pone agli studenti le domande o imposta il sistema
domanda-risposta sono:
Usando il tono della voce
• Lasciando l’ultima parola in sospeso
• Enfatizzando una parola
•
Inoltre le domande cambiano a seconda degli argomenti trattati, del clima della classe, delle
metodologie adottate.
Domande autentiche: domande che vogliono ottenere una o più risposta.
“C’è un modo di interrogare che spesso enutralizza la risposta giusta (…) spesso il bambino non
risponde per sé, ma formula la risposta che crede che la maestra si attenda da lui. L’allievo si
conforma alle aspettative della maestra” (DE VECCHI e CARMONA-MAGNARDI)
!
Come individuare dunque le domande “vere” da quelle “false”?
DEWEY:
Porre ai ragazzi problemi genuini, allo scopo di promuovere una buona attitudine al pensiero
• complesso.
Evitare domande simolate che favoriscono atteggiamenti passivi.
• Ogni insegnante dovrebbe domandarsi se le domande che intende porre agli allievi corrispondono
• davvero a interrogativi che i ragazzi si porrebbero.
Verificare se una domanda abbia a che fare con il loro mondo.
•
Vi sono alcuni aspetti relativi al modo di formulare domande utili:
1) Domande retoriche: domande di cui si conosce già la risposta, che servono più a esprimere
informazioni e opinioni di chi parla, più che a chiedere un reale responso
2) Domande a cui si può rispondere con sì/no: sottendono e inducono una risposta in base a come
sono formulate: se formulate in senso positivo, implicano la risposta negativa; se formulate in
modo negativo, implicano la risposta positiva
3) Domande introdotte dal perchè: spesso esprimono criticismo o un’obiezione più che chiedere
un parere.
Quando poniamo una domanda dobbiamo chiederci se la risposta è già interamente o parzialmente
indicata dalla domanda o se cerchiamo davvero di fare la domanda che apre a diverse possibili
risposte. La domanda spesso riflette le opinioni o le credenze di chi la pone, che in tal modo chiede
all’interlocutore di adeguarsi al proprio schema di valori.
Dimensione sociale entro cui si svolge lo scambio di domanda/risposta: i socio-linguisti hanno
trovato che i discorsi degli educatori è costruito da domande, come modi attraverso i quali un
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soggetto cerca di esercitare il controllo sull’altro. Domanda = espressione e messa in atto di un
rapporto di autorità.
!
DE VECCHI: pedagogia indovinello di pedagogia del doganiere; modello di insegnamento
(metafora dell’insegnante come doganiere): allievo indovina le risposte, docente controlla come un
doganiere in modo che non ci sia “merce non autorizzata”.
Attraverso il sistema domanda/risposta l’insegnante controlla la partecipazione verbale e non
verbale, decide chi deve parlare, quando e come.
Le domande degli insegnanti assumono diversi significati e connotazioni a seconda delle attività e
delle metodologie didattiche. Ad esempio:
Lezione monologo-conferenza, conoscenza di tipo informativo, domande poste dall’insegnante
• in modo retorico, domande poste dagli studenti rare e a fine lezione
Interrogazioni, domande dagli insegnanti per ottenere risposte esatte, per verificare le
• conoscenze e il livello di preparazione
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Lucia LUMBELLI: tripletta comunicativa, forma diffusa nelle lezioni di scienze (modello
trasmissivo)
- Insegnante fa la domanda
- Ragazzo risponde
- Docente verifica la correttezza della preparazione
SIEGAL: dalle ricerche sulla mate-comunicazione, illustra come gli allievi possono fallire di fronte
alle domande degli insegnanti:
Cambiano risposta per insicurezza (paura di fallire)
• Rispondono in modo non sincero
• Falliscono per eccessiva fiducia e affetto nei confronti dell’adulto, per cercare di fargli piacere,
• adeguandosi alle sue aspettative - in questo caso non è sufficiente cambiare il tipo di domanda, ma
è necessario ripensare il proprio stile di insegnamento!
Non comprendono le parole del docente
•
!
Approccio relazionale che si fonda sulla reciprocità e circolarità della comunicazione.
Lezione dialogata (o discussione guidata): il docente persegue una conoscenza volta
• all’acquisizione di nozioni e pone domande dirette a stimolare la comprensione dell’argomento e
la riflessione degli allievi.
Discussioni a grande gruppo: la costruzione della conoscenza è diretta alla comprensione dei
• concetti complessi; il docente stimola il pensiero critico e divergente e agli allievi è chiesto di
progettare percorsi autonomi di apprendimento.
Discussioni a piccolo gruppo: il ruolo dell’insegnante è definito in quanto gli allievi sviscerano
• questioni e acquisiscono conoscenze ponendosi reciprocamente delle domande; domande degli
studenti sono frequenti e spontanee mentre quelle degli insegnanti saranno rare e per stimolare il
confronto e la riflessione reciproca.
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WONG: sostiene che non bisogna tanto chiedersi se le domande stimolano in positivo la
discussione o no, ma piuttosto come le domande vengono poste.
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Modi per promuovere il contributo dei bambini:
1) Le domande coinvolgono i destinatari quanto più è motivato e coinvolto il bambino, tanto più il
docente si mette in comunicazione autentica con il mondo interiore (emotivo, cognitivo,
affettivo) del bambino. DEWEY: necessità di fare riferimento alle esperienze e alle curiosità
degli allievi.
2) Promuovere il libero contributo e stimolare il pensiero divergente, nonchè il confronto fra
opinioni diverse che si rispettino alla pari, è quella di rimandare la parola al gruppo, chiedendo di
esplorare, chiarificare le diverse opinioni e monitorando i diversi punti di vista. 3
Il pensiero critico e riflessivo non può rimanere alla fase iniziale, cioè quella più intuitiva, di
definizione di un problema, di individuazione di un’ipotesi da verificare, di formulazione di
domande a cui rispondere; perchè gli alunni costruiscano conoscenze formalizzate e durature, è
indispensabile passare dalle domande all’elaborazione della problematica.
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F.lli WOOD e DILLON: traggono l’idea che più domande pone l’insegnante, meno e più brevi sono
gli interventi degli allievi. DILLON sottolinea l’efficacia delle the non question / alternative, ossia
tutte le modalità alternative alle domande con cui si può stimolare la discussione (presentazione
testi d’autore, modi di pensare…): aumento del numero, grado, livello di elaborazione e
articolazione delle risposte; incremento del confronto tra pari, capacità di rispettare i turni e
dinamiche interpresonali.
Uso delle domande mirato e non invadente. Dobbiamo sentirci spinti a pensare domande da porre
agli allievi sono nel caso non lo facciano già spontaneamente loro.
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Oltre le domande: l’allievo al centro del processo di insegnamento-apprendimento - Nigris
Basil BERNSTAIN: sosteneva che la costruzione dell’identità e del linguaggio nell’individuo
dipendono dal codice comunicativo (familiare e istituzionale): il tipo di relazione che predomina un
certo contesto determina la costruzione del discorso ossia ciò che può e non può essere detto, la
forma e il registro degli scambi. Le ricerche socio-semiotiche mostrano che è attraverso la
- Risolvere un problema di matematica
- Riassumere un testo
- Tradurre una frase
- E molto altro ancora...
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