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COMINCIAMO DALL’INIZIO,dal cinematografo, che non è ancora cinema, ma è
l’invenzione che più gli somiglia. Gli si rimproveravano due cose: mancanza di
spessore spirituale e culturale e il furto di emozioni vere. Alla prima critica
risponde dimostrando di poter divenire il veicolo privilegiato della finezza
drammatica e poi dimostrando,come detto da Pascal,che essa appare solo agli
occhi dei semi-abili. Per quanto riguarda la seconda,essa non è nuova, nasce e
resiste con lo sviluppo del cinema. Il cinema ci impedisce di vivere durante e
dopo la proiezione, poiché ci fa troppo vivere per procura. Prima della Grande
Guerra questi argomenti sembravano inattaccabili. Una stupidaggine,ma
pericolosa, perché aveva il potere di cambiare l’anima e sottrarla: ciò è il
minimo per giustificare l’insistenza a riconoscervi un’arte. Non è riconosciuto
fenomeno moderno forse per l’ambiguità di idea moderna del 20° secolo. Il
cinema è innegabilmente un’invenzione nuovissima, il cinematografo appartiene
al secolo che volge al termine. In realtà il cinematografo era moderno,ma non lo
si sapeva poiché la modernità era nelle mani dei sapienti o degli artisti. Per i
primi traviava la scienza,gli altri erano troppo impegnati nel calcolo della propria
dispersione imminente per percepire la congiunzione tra la loro arte e quella
tecnica.
DAL CINEMATOGRAFO AL CINEMA si realizza il passaggio da tecnica ad arte
moderna. Il cinema si libera così del suo carattere superficiale di attrazione da
fiera, della dipendenza dall’ideologia simbolista e della sua pericolosità. Quanto
al simbolismo notevole è la sua influenza sul cinema muto che si estende fino ai
film sonori di cineasti nati poco prima del 900 come Hitchcock. Si credeva che
l’immagine fosse come l’invenzione di un nuovo linguaggio. Nel cinema però
non si va lontano perché si trascura la sensazione. La vera modernità del
cinema degli anni 20 e 30 è quella della velocità(automobile,elettricità),inseguita
anche da Clair ed Epstein. Con il movimento e la fotogenia che ne è il concetto,
il cinema diviene moderno e artistico. L’arte moderna eguaglierà il movimento
della civiltà moderna,l’ideale del progresso indefinito: il progresso tecnico rende
superate le macchine mediante altre migliori, mentre quello artistico moderno
rende superate le opere tramite altre differenti. Per il cinema l’equivoco della
fotogenia segnala che esso appartiene alla modernità del dopoguerra se
quest’ultima è coscienza della storia e stupore del comfort moderno. E’ negli
anni 10 e 20 che il cinema prende forma ricercando in vari modi i propri mezzi
d’espressione. Gli anni dal futurismo al surrealismo vedono svilupparsi le
avanguardie storiche. Quelle cinematografiche come le ideologiche(Vertov) o le
scenografiche (Watson), sono il sintomo massiccio dell’adattamento alle
condizioni della modernità. L’avanguardia è sempre tra politica ed estetica
anche per il cinema. La concezione militare è la più rara perché senza appoggi
politici imponenti è difficile anche da concepire. Solo Vertov ha i mezzi:
costruisce con sistematicità l’idea di un cine-deciframento comunista del
mondo,domina l’utopia. Il suo unico film sopravvissuto, L’uomo con la macchina
da presa, è un manifesto di cinema, ma criptico. Il giudizio sulle avanguardie di
anni 20 e 30 è stato a lungo negativo sia per la cecità che queste avevano nei
propri confronti, che per la pretesa di rivolgersi ad intenditori. Ricoprono il ruolo
di precursori non quello di motori. La modernità si compie senza loro.
NEGLI ANNI 20 era possibile conciliare avanguardismo e produzione di massa.
Intellettuali ed esteti rifiutano il sonoro sotto il pretesto dell’idiozia. Si affermò
contro l’evidenza che in tutti i film di qualche importanza, suono e parola
rimangono servitori dell’immagine. Fondane comprese che il cinema sonoro
doveva essere preso sul serio a partire da valori paradossali che lo avevano
contraddistinto dalle origini. Su questo sfondo esce Quarto Potere di Orson
Welles, segnando la fine dell’innocenza e l’ingresso volontaristico in una sorta
di età adulta. Si saprà che esiste un’altra possibilità del cinema che permette di
rivendicare la responsabilità piena del dire e del detto. Bazin afferma che da qui
il cinema eguaglia la letteratura. Ora con il cinema si può scrivere ciò che si
vuole senza limitazioni. Il cinema tra le due guerre invecchia ma diventa
classico per età e per il ruolo di modello estetico. Dopo Welles, Hollywood
censurò le novità, poi impose l’idea del classicismo hollywoodiano. Dopo la
guerra era chiaro che il cinema 20 e 30 fosse popolare per la corrispondenza
all’arte di vivere di un’epoca moderna. Rohmer e Mourlet affermano che non
avendo ancora raggiunto il suo apogeo, il cinema abbia il suo classicismo
dinnanzi a sé. Del cinema abbiamo il diritto di pensare che si sottragga allo
schema secondo cui ogni arte abbia una storia uguale alle altre. Rohmer ha
visto un primitivismo dove si rivelava una modernità.
QUESTA E’ DUNQUE LA SITUAZIONE ALL’INDOMANI DELLA GUERRA. Si
spinge a valorizzare la contemporaneità. La tendenza più logica è quella di
Welles che con Quarto potere sembra aver trovato un linguaggio proprio al
cinema. Ishagpour nota che se Kane non riesce a divenire sovrano dell’essere
a causa della sua impossibilità a realizzare la libertà promessa attraverso il
denaro, Welles diventa sovrano grazie all’opera stessa che è un gioco che si
trasforma in realtà. Welles manifesta la sua libertà,la sua sovranità. L’opera
moderna esprime il proprio tempo cogliendone le contraddizioni, fa coincidere
l’invenzione di una soluzione formale e la risoluzione di una questione di
ideologia. Quarto potere è stato accolto come modernità di forze sociali
profonde, il capitalismo e i media. Riprende un motivo conosciuto dando
l’impressione che sia nuovo. Quarto potere lega tra loro un soggetto
tradizionale del cinema americano,irregolarità della narrazione e bassezza
morale dell’eroe e autore di ciò. Il cinema dei 30 hollywoodiano chiama a sé i
migliori scrittori americani,quasi tutti giornalisti come Ben Hecht che colleziona
Oscar. Welles seppe asumere atteggiamenti da autore,artista. A Bazin si
presenta come un cineasta della sala di montaggio in cui può esercitare
controllo assoluto sui film,predilige il saggio. Inoltre è sperimentatore, il suo
cinema è riflessivo e soprattutto è una personalità enorme,invadente. La
temporalità moderna per eccellenza è il presente,rivolto verso il passato forse
per migliorarlo. Welles formula proposte su immagini e le loro concatenazioni. Il
valore di Quarto potere è che fa vedere che mostra la tecnica. La riflessività di
Welles si troverà anche in Godard. Welles era consapevole della sua situazione
di rinnovatore e la prova è il disprezzo per le manifestazioni moderniste dei 60 a
partire da Antonioni. Importante è l’argomentazione di Rivette in Lettera su
Rossellini. Si riconduce a: libertà del cineasta che non si conforma ad alcun
modello estetico-formale a priori; l’evidenza del mondo, in quanto Rossellini
mostra idee nella modalità dell’evidenza; l’anti-classicismo, in quanto Rossellini
presuppone un cineasta dallo sguardo attivo al contrario del cinema classico.
La modernità descritta da Rivette è il credo di un artista che si vuole
contemporaneo. Rossellini diventa la modernità tout court. Stromboli terra di
Dio è l’esempio lampante che non esistono regole a priori sul modo di filmare.
Non si genera confusione. Il film è un grande movimento di raptus culminante
con la lunga scena di conversione dell’atea sulle pendici del vulcano. Rossellini
gioca la carta dell’emozione. Rivette suscita perplessità in quanto la modernità
rosselliniana non si definisce mai in seno all’arte. E’ stata l’incarnazione di
concezione moderna del cinema dal punto di vista di una storia dei media.
Rivette prese in considerazione di Rossellini ciò che andava nella sua
direzione,ma questa modernità non aspira alla novità. Tanto Welles era una
figura ideale di artista moderno,tanto Rossellini farà di tutto per non esserlo più.
Sorprende solo in parte che questa modernità non abbia conosciuto la sorte dei
movimenti moderni comuni: superati,inghiottiti da altri, rinviati al passato.
WELLES, ROSSELLINI. Negli anni 50 la fede nel progresso non appare come
carattere moderno. L’arte moderna invece è teatro del mutamento più grande
del secolo, da Parigi a New York. Si affermano dogmi estetici che
influenzeranno i decenni a venire. Si infrange l’immagine dell’artista lastra
sensibile o sismografo. Il cinema di Welles e quello di Rossellini rompono con
ciò che li precede. Il cinema da autore padrone e da sperimentatore ponderato
alla Welles e il cinema del medium in agguato alla Rossellini sono i primi
tentativi di affrontare questioni essenziali dell’epoca come il potere, la
corruzione,l’eroismo,l’utopia,ecc. Nel 61 il critico americano Greenberg afferma
di una modernità più risoluta,riflessiva e in grado di criticarsi per rinforzarsi.
Diventa possibile filmare a partire da sceneggiature esili o addirittura senza
come Io,un nero di Rouch oppure concepire documentari come Rivette o
Rohmer. Negli anni 60 il cinema sembrava volersi riavvicinare alle libertà e agli
impegni dell’arte tout court, grazie soprattutto a Godard. Egli aveva una cultura
solida e personale,ma interamente rivolta verso il passato. Il disprezzo è la
storia di quel mondo,quello di una modernità storicizzata. Barthes affermava
che il cinema moderno, alla metà dei ’60 è un cinema del significante. La critica
non cessa di equivocare sui film,cerca un messaggio in essi, una lezione
ideologica e politica. Esemplari i casi Antonioni e Godard definiti cineasta
dell’incomunicabilità e provocatore. Questa critica è sinonimo dello smarrimento
dei critici di fronte a un cinema che si occupa di essere un lavoro di immagini.
Un modernismo sottile,dice Barthes, che impedirà che si comprenda che si
tratta di modernismo. L’opera d’arte diviene importante per la forma. Colpisce di
più l’iper-inquadratura. E’ l’epoca delle apparizioni nei film della cinepresa,degli
applausi e del cine