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I FILM ATTRAVERSO I FILM

Analizzare per immagini: sollecitazioni teoriche e mutazioni tecnologiche

Catturare il "testo introvabile"

Nel momento in cui il critico e lo studioso possono avvalersi di una serie di strumenti (DVD, siti di video hosting, software di editing economici e di facile utilizzo...) per isolare i frammenti di film, per rivederli o metterli in pausa a proprio piacimento; quando il possesso, la manipolazione e la condivisione di immagini esistenti sono pratiche talmente comuni, condivise, si impone un deciso ripensamento nei modi in cui si impara e si insegna il cinema.

Bellour afferma che il film - con la sua natura polisemica, la pluralità dei codici che lo attraversano - può a buon diritto essere chiamato "testo"; al contempo, però, nel caso dell'opera filmica la definizione di testo sarebbe "metaforica", perché il film si sottrae in parte alla trasformazione dell'opera in testo e esiste al processo di apertura.

di partecipazione, di lettura della scrittura che questo passaggio presuppone. A differenza del testo letterario, quello cinematografico non può essere citato all'interno di un'analisi scritta, e la citazione per Bellour è necessaria per porsi già "implicitamente in una prospettiva virtuale": si costituisce come punto di partenza di quella "collaborazione pratica" che consente al lettore di non limitarsi a "consumare" il testo, ma farsene co-autore. Il film come testo è "introvabile" perché chi tenti di farne un analisi informa scritta si scontra con l'impossibilità di appropriarsi e includere nella propria argomentazione anche solo un frammento, un gesto invece tanto naturale e immediato per chi scrive di letteratura: come ha puntualmente evidenziato Adriano Aprà, nel caso dell'analisi del film non c'è omologia fra la lingua scritta-parlata e il proprio oggetto. L'unicomodo in cui l'immagine può essere in parte afferrata e fissata su carta è attraverso la riproduzione di singoli fotogrammi, quindi soltanto a patto di rinunciare alla specificità dell'immagine in movimento. Non sfugge quindi a Bellour la natura decisamente trasgressiva dell'arresto o fermo immagine, che qui come altrove definirà un "attentato al dispositivo", una violazione inevitabile dell'integrità dell'immagine in movimento. Per questo il film è definito un oggetto "assente", e lo studioso deve accontentarsi di renderne, attraverso i fotogrammi, solamente alcune componenti, in uno sforzo descrittivo tanto impegnativo quanto inevitabilmente parziale, inesauribile. Per Bellour non possedere fisicamente il film, non dominarlo concretamente diventa, in sostanza, necessità e virtù dell'analisi: l'inafferrabilità dell'oggetto provoca la ricerca di una "presa" diversa.del testo, appunto. Non potendo fare affidamento su un apparecchio costoso e di utilizzo non immediato, che richiedeva anche il reperimento di una copia del film in pellicola, allo studioso e al critico non rimaneva che confidare nei propri ricordi, o negli appunti scarabocchiati frettolosamente durante o dopo la visione. Per questo solo poche, pioneristiche pubblicazioni di argomento cinematografico facevano ricorso già dal dopoguerra alle descrizioni dei film inquadratura per inquadratura e alle trascrizioni dei dialoghi. I libri di cinema, quando erano illustrati, ricorrevano perlopiù a foto di scena e tentativi di analisi per fotogrammi. Per Rodowick, l'utilizzo di fotogrammi, di immagini fisse può ovviare solo parzialmente al problema della negazione dell'intelligibilità dell'immagine in movimento, della sua capacità di generare un processo di conoscenza. L'analisi per immagini è una pratica che trova una sua prima diffusione quandole immagini cinematografiche migrano dalla sala ad altri contesti e supporti per la fruizione (il video e la televisione). Questa rilocazione è un passaggio chiave dello slittamento tra la modalità di fruizione che Francesco Casetti definisce "attendance" - il recarsi in luoghi specifici deputati alla visione del film, entrare in un universo liminale che è a un tempo quello della realtà degli spettatori che partecipano a un rito collettivo, e quello del film, una "realtà" nella quale proiettarsi e identificarsi - e quella che lo studioso chiama invece "performance". "Lo spettatore - scrive Casetti - non è più qualcuno a cui si chiede di essere presente a una proiezione con gli occhi spalancati, limitandosi a reagire al film e all'ambiente, ma qualcuno che agisce perché la sua stessa visione abbia luogo: l'attendance lascia il posto alla performance". Con la trasmissione in televisione dei film, o più ancoracondivisione e manipolazione del testo filmico da parte degli spettatori. Questo fare testuale può manifestarsi attraverso la creazione di remix, mash-up, recensioni, commenti e altre forme di interazione con il materiale cinematografico. In questo modo, la fruizione diventa un'esperienza attiva e partecipativa, in cui gli spettatori diventano co-creatori del significato e della narrazione. La tecnologia digitale ha ampliato le possibilità di questo fare testuale, consentendo agli spettatori di esprimere la propria creatività e di condividere le proprie interpretazioni con una vasta comunità online.

manipolazione e riuso del film. Le possibilità di intervenire direttamente sulle immagini, di manipolarle in modi pressoché infiniti, ci impongono oggi, con particolare urgenza, di ripensare lo studio e l'analisi del film come un fare testuale che si può esercitare a partire dalle immagini e attraverso di esse.

Analisi del film reloaded? Strumenti e pratiche dell'analisi digitale

In Death 24x a Second, Laura Mulvey vede nell'avvento del DVD la possibilità, per lo studioso, di guardare ai film e alla storia del cinema con occhi nuovi. Poter interrompere lo scorrimento, ritornare più e più volte su istanti significativi del film, congelare quegli attimi per osservarli a fondo, per Mulvey è sintomatico, da un lato, di una maggiore libertà e interattività dello spettatore; dall'altro, crea una connessione proficua, dal punto di vista della riflessione, tra il cinema e la fotografia.

L'indessicalità

Dell'immagine cinematografica quindi, anche per Mulvey, può essere ripensata e non annullata dalle nuove tecnologie.

Negli anni i DVD si sono arricchiti di contenuti extra tra cui figurano i commenti audio che si sovrappongono alle immagini del film per tutta la sua durata, ma anche video più brevi che analizzano solo determinate sequenze o condensano una riflessione critica sullo stile o sulla poetica di un regista, fino alle sperimentazioni di Nikolai Izvolov e Natascha Drubek-Meyer il cui metodo, Hyperkino, si basa sull'ideazione di un sistema per inserire note e commenti critici - come in un qualunque saggio accademico - all'interno di DVD interattivi in modo che affianchino le immagini.

Alison Trope ha osservato come la convergenza tra scopi educativi e necessità dell'industria non sia certo una novità introdotta dai DVD, ma come anzi abbia caratterizzato anche in passato, per esempio, i rapporti fra corsi e scuole di cinema statunitensi e Hollywood.

Trope rileva poi uno specifico di questa tipologia di contributi: come fossero condizionati dalla compresenza delle immagini del film in oggetto sono costituiti perlopiù da analisi formali, che privilegiano la dimensione intra rispetto a quella extra o intertestuale. La presenza di director’s cut o di interviste al regista, invece, incoraggia un approccio soprattutto autoriale all'opera.

Giulia Carluccio e Federica Villa vedono nel film in DVD un esempio della dispersione del testo. La presenza di documenti altri rispetto al film, la scelta di percorsi da compiere tra le immagini, le tracce che arricchiscono il prodotto DVD sottraendo al critico certe competenze e funzioni (per esempio, proprio quella di procedere al sezionamento e alla scomposizione analitica del testo) lo trasformano "nello spettatore qualunque" e, viceversa, consentirebbero allo spettatore di avvalersi di strumenti che mimano, in modo quasi parodistico, l'analisi stessa.

Il film non è

più introvabile, ma pienamente citabile, e il suo scorrimento si può interrompere in qualunque momento, mentre la messa in pausa preserva la nitidezza dell'immagine. Di conseguenza nel gesto dell'arresto, nel sottrarre l'immagine al regime dello scorrimento per isolare un fotogramma, in questa operazione di apertura e disvelamento che si dà solo a condizione di rinunciare all'essenza stessa del film non c'è più alcuna trasgressione. Per Carluccio e Villa il ritorno alla materia del film e al suo statuto di fotogramma implicata nel gesto dell'arresto effettuato alla moviola non ha nulla a che vedere con la messa in pausa del DVD, un gesto provvisorio e non definitivo, una citazione non “de-testualizzata". Per Mulvey, invece, il cinema “delayed”, messo in pausa utilizzando le tecnologie digitali, non solo può ancorarimandare alla "presenza fantasmatica" del fotogramma e alla sua natura indelessicale,

richiamando proprio l'incertezza, l'ambiguità costitutiva dell'immagine cinematografica, ma mantiene una sua forza de-testualizzante. Per quanto riguarda la segmentazione, operando una divisione del film in capitoli o scene il DVD si fa carico di un lavoro di pertinenza dell'analista, che può affidarsi a questa divisione o proporne una diversa, ma deve comunque fare i conti con quella proposta dal supporto (e che il più delle volte rispetta la struttura narrativa e le scelte di montaggio, come stacchi netti, neri ecc...). Infine, il lavoro dell'analisi come processualità viene esplicitato attraverso i vari extra del DVD, che sembrano inglobare e legittimare simultaneamente in modo indifferenziato i molteplici percorsi di lettura, le "reti di senso" generate.
Dettagli
A.A. 2021-2022
131 pagine
3 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ART/06 Cinema, fotografia e televisione

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher aurora.ferraro.af di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Cinema e nuovi media e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Roma La Sapienza o del prof Di Donato Mauro.