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VI I - C O NTR AD DI ZI ONI I NDI A N E
Il decollo economico dell’India è ormai avviato, seppur su binari molto diversi da quelli cinesi. I centri della cultura
e del mercato d’arte sono Nuova Delhi e Mumbai. Mentre è chiaro che la Cina aspira ad affiancarsi culturalmente
agli USA, le intenzioni dell’India sono più sfumate e comprendono ancora un rapporto privilegiato con l’Europa.
7 . 1 Un s i s tema a m età
L’India è ancora un sistema a metà, non ancora totalmente traghettato dalle sponde di un’arte folcloristica alla
competizione dell’arte contemporanea globalizzata. Gli indiani non possiedono quell’immagine di compattezza
monolitica dei cinesi, mentre il mercato internazionale non sembra così sollecito nel promuoverli.
VI I I - I L LU O GO DEI LUOGH I : I NTE RNET
Il fenomeno della globalizzazione è accompagnato dalla circolazione istantanea delle informazioni. Il mercato
dell’arte ha beneficiato della rivoluzione della rete fornendo a chiunque la disponibilità e il costo di ogni singola
opera; questo ha però accentuato il peso del fattore economico nella fruizione dell’arte, e ha contribuito non poco
alla crisi del sistema tradizionale, in particolare delle gallerie, in favore di strutture come le case d’asta.
8 . 1 I l lu o go g lob ale: utopie e s per anze n el l a rete
Nessun luogo rappresenta la globalizzazione più di Internet. Il suo impatto più forte sul sistema dell’arte è stato nei
risvolti commerciali: ha accentuato la crisi del mercato tradizionale. Il primo effetto è stata la possibilità di tenere
sotto controllo la situazione dei prezzi di tutto il globo: sono disponibili online i cataloghi di tutte le case d’asta.
Ciò ha fatto sì che le aggiudicazioni d’asta siano diventate l’unico parametro di giudizio. Tutte le gallerie vengono
così scavalcate: non esisterà più o conterà sempre meno il rapporto privilegiato tra galleria e collezionista; verranno
così meno anche le differenza tra opera e opera. In un mercato fatto di “nomi” anziché di opere, sono pochissimi i
collezionisti che sapranno distinguere tra opera e opera, perché tutto è già livellato da queste valutazioni
“oggettive”. La diffusione planetaria contribuirà all’appiattimento di ogni dibattito sul livello più basso, quello del
prezzo, portando così a compimento la rivoluzione iniziata negli anni ’80, quando l’arte cominciava a trasformarsi
in business: persino le discussioni critiche partono dalle aggiudicazioni d’asta. La rete, per quanto riguarda il
sistema dell’arte, ha assolto soltanto questo compito: la fornitura massiccia di dati tanto oggettivi quanto
sostanzialmente indiscriminati, si adegua al livello più elementare possibile della materia trattata.
III
N U OV I C ON C E TTI
X I - G L I E C HI DE LG I A NNI ‘80
Possiamo ora affiancare alla descrizione della globalizzazione l’indagine sulle trasformazioni in atto e a venire.
Tra i cambiamenti concettuali più significativi vi è quello relativo al dell’opera, che dopo aver conquistato
contesto
il primato tra i fattori decisivi definizione dell’arte [cfr Duchamp: il suo lavoro si basa sul trasferimento di un
oggetto comune in un luogo deputato all’arte, che così lo ridefinisce]: se durante la Modernità il contesto era il
“luogo” dell’arte, negli ultimi 20 anni è scaduto a meccanismo di relazione.
Ma i mutamenti pratici nel sistema dell’arte sono ancora più evidenti, con l’ascesa di componenti un tempo ritenute
accessorie: il moltiplicarsi di biennali, di fiere e aste sancisce la necessità di concentrare la fruizione dell’arte
contemporanea in un sistema che altrimenti è geograficamente sempre più diffuso, e stabilisce - attraverso le aste -
una sorta di controllo economico mondialmente riconosciuto del valore di ogni singolo artista mentre, nonostante la
loro proliferazione capillare, altri elementi del sistema, come i musei, vedono in crisi il proprio ruolo.
9 . 1 I l mu ta men to d ei val or i in ca mpo
Si è identificato negli anni ’80 il il momento di passaggio alla fase postmoderna e globalizzata dell’arte.
turning point,
Il sistema dell’arte occidentale stava evolvendo, oltre che per motivi intrinseci, per la necessità adeguamento a
anche
un modello di pensiero sorretto da quei prodotti ritenuti fino a poco tempo prima superflui - tra cui l’arte - e che
improvvisamente ne diventavano i veri vessilli. La strategia politica fu insomma in piena sintonia con lo sviluppo del
linguaggio dell’arte e del suo sistema; l’arte è stata un grimaldello culturale. Ma quell’evoluzione non è stata soltanto
strumentale: è stata usata politicamente, ma non è stata dettata dalla politica, quanto da necessità più profonde,
linguistiche. Però, come spesso accade, ciò che è stato più evidente nel mutamento è stato l’aspetto esteriore, ovvero
quanto di quelle profondità complesse ha scosso la superficie: del mutamento strutturale dell’arte e del suo sistema
colpiscono i fenomeni socio-economici.
Questi fenomeni si sono a loro volta riflessi sul linguaggio dell’arte, che si è aggiornato mettendosi al passo col
cambiamento della società postmoderna; il cambiamento è accelerato quando alla condizione postmoderna si è
affiancata la globalizzazione.
Il mutamento più notevole riguarda il contesto dell’arte. Il concetto ha compiuto una lunga marcia attraverso il XX
sec. Un momento importante si è avuto quando Duchamp ha de-locato un orinatoio: il contesto diventa l’elemento
in mancanza del quale tutta l’operazione concettuale non esisterebbe. Se prima si affermava che è “anche” il
contesto a fare l’opera, ora si afferma [all’inizio più con intento polemico] che è “solo” il contesto a fare l’opera.
All’interno di questa situazione è anche mutato il concetto di “contesto”, scaduto a tutta quella serie di meccanismi
di scambio, al mercato dell’arte. C’è stata insomma una sostituzione del contesto al concetto, e dagli anni ’80 si è
giustificato lo strapotere del mercato affermando che non solo è il contesto a fare di un prodotto un’opera d’arte, ma
che l’unico contesto deputato a fare questo è l’ambito dello scambio e del mercato.
Cosa comporta questo all’interno della globalizzazione? Si è accreditato anche un altro tipo di contestualizzazione:
il contesto geografico, per non dire esotico o etnico. Un artista concettuale affermava, tra il preoccupato e il
sorridente, che aveva sentito dire, a giustificazione di un artista che riproponeva senza troppe differenze ciò che era
stato mostrato più di 30 anni prima, che comunque era “un artista concettuale cinese”. Se si guarda con indulgenza
all’arte delle nuove culture, lasciando che ripercorrano il cammino attraverso tendenze già consumate in occidente,
ciò significa che esiste ancor a fortissima la coscienza di una specie di superiorità occidentale.
9 . 2 I l s i s tema d el l ’a r te cres ce
Il sistema dell’arte è indubbiamente cresciuto ed è ancora in una fase propulsiva. Il pubblico è aumentato dagli anni
’70. All’aumento di pubblico degli anni ’80 dovuto a elementi di moda, è seguito un nuovo aumento grazie alla
diffusione mondiale dei fenomeni artistici. Quanto si pensava che la prima spinta si stesse assestando (al boom degli
anni ’80 era succeduta la crisi del 1989-91, dopo la quale l’economia dell’arte contemporanea si era riparametrata
su valori relativamente stabili), l’irruzione sulla scena dei nuovi paesi ha fatto compiere un ulteriore balzo in avanti.
Il moltiplicarsi di biennali e fiere d’arte sembra collegato da uno stesso il concentrarsi dell’arte in un unico
fil rouge:
luogo. Attualmente si riscontra cioè una necessità di concentrazione che contrasta con quell’idea di arte “diffusa”
che attraverserebbe ogni parte del pianeta; o meglio sembra che sia quella diffusione a generare tale necessità. Le
gallerie costituiscono una tipologia ormai diffusissima, ma ciò comporta anche una dispersione: non si riesce a
coagulare una “massa critica” che possa proporre qualche artista o tendenza, ma riesce solo a essere il megafono di
esperienze nate e proposte altrove.
Va ricordata anche la crescente tendenza del pubblico a voler recepire l’arte contemporanea il più rapidamente
possibile, con una sorta di programmata “full immersion” che la galleria non può garantire. La fiera sembra
rispondere a questa esigenza; ma ,al contrario delle biennali, sono manifestazioni “anarchiche” (nonostante la
tendenza a sottoporre i progetti espositivi a commissioni selezionatrici): è ciò che consente di fare il punto della
situazione.
Il sistema dell’arte - che teoricamente dovrebbe fondarsi su criteri strettamente inerenti all’arte - sta assomigliando
sempre più a quello economico-finanziario. È questo che informa le aste d’arte contemporanea, che hanno
catalizzato su loro i maggiori capitali (penalizzando altre componenti del sistema), ma soprattutto ha determinato il
“reale” valore commerciale degli artisti. Il grande potere decisionale conquistato dalle aste ha suggerito operazioni
che andavano oltre la “neutralità” di un’asta, facendole diventare protagoniste di operazioni da mercato
speculativo.
I musei non sono stati dimenticati, ma semplicemente posposti in un sistema che privilegia i valori economici e
finanziari. I musei sono la manifestazione più evidente dell’importanza assunta dall’arte contemporanea nel mondo:
non c’è città che non abbia o non stia progettando un proprio museo d’arte contemporanea, divenuto ormai la
tipologia architettonica simbolo dell’emancipazione della società civile. Tuttavia, nonostante la crescita esponenziale
è la forma-museo a mostrare qualche segno di crisi, soprattutto per l’aspetto tradizionalmente statutario della
conservazione. Oggi ogni nuovo museo viene pensato più per proporre che per conservare, nessuno si scandalizza
per la mancanza di una collezione permanente. La responsabilità di queste mutazioni nella forma-museo sono
ascrivibili anche a fattori oggettivi, come l’impossibilità di creare ex novo una collezione significativa: i problemi di
budget, e anche di scelte, sono insormontabili. Ma nella percezione del museo odierno ciò non costituisce un
problema perché è gi&agrav