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Museo d’arte moderna di Venezia - il cui scopo era anche di acquisire opere significative presentate alla Biennale - e
la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Nel primo dopoguerra decidono di dividersi i compiti riguardo gli
acquisti alla Biennale: a Venezia vanno i lavori d’arte veneta e straniera, a Roma quelli italiani (ma l’accordo
termina nel 1955).
2. I primi musei d’arte contemporanea negli USA
A New York, grazie al finanziamento di ricchi amatori d’arte come i Whitney, i Paley e soprattutto i Rockefeller,
nasce nel 1929 il Museum of Modern Art. Gli altri due principali musei di NY sono il Whitney Museum of
American Art (1930) il Guggenheim Museum per l’arte astratta (1939).
Il primo vero progetto di un museo dell’arte d’avanguardia è la Société Anonyme Inc. Museum of Modern Art,
fondata nel 1920 (ma troverà la sede definitiva all’Università di Yale solo nel 1941) da Katherine Sophie Dreier,
ricca collezionista e pittrice (già tra i promotori dell’Armory Show), Marcel Duchamp e Man Ray.
Alfred Barr diresse il MOMA per i suoi primi 38 anni, segnando con la sua personalità e le sue scelte l’impostazione
e lo sviluppo dell’istituzione. La sua politica era caratterizzata da un approccio allargato verso tutti gli aspetti delle
nuove ricerche (non solo pittura e scultura, ma anche grafica, architettura, design e fotografia), da un’attitudine
didattica che gli derivava dalle precedenti esperienze come docente universitario. Per lui il museo deve avere sia la
funzione tradizionale di raccolta e conservazione di opere delle tendenze già storicizzate, sia quella più dinamica di
prima legittimazione, con un’attenzione a quanto succede nelle gallerie di punta. Nel dopoguerra il MOMA
contribuisce in modo determinante al trionfo internazionale dell’arte americana. Barr era diventato forse il più
potente personaggio del mondo artistico americano: ammirato, ma anche criticato e accusato di influenzare troppo
il corso dell’arte, di creare la storia che avrebbe dovuto solo documentare.
Gertrude Vanderbilt Whitney, scultrice e collezionista, fondò un museo per dare una struttura istituzionale stabile
all’attività di sostegno delle ricerche dei giovani artisti americani. Importanti furono le rassegne biennali dedicate
all’arte giovane americana: «Molti dei capolavori sono stati comprati quando erano stati appena realizzati e di solito durante le
Biennali. Un elemento che contraddistingue il Whitney è il collezionare artisti spesso prima che il mercato e i critici li riconoscano,
svolgendo così un ruolo attivo nei confronti dell’arte contemporanea».
Il Guggenheim Museum nasce col nome di Museum of Non Objective Painting nel 1939, come spazio espositivo
stabile per la collezione d’arte non figurativa della Solomon R. Guggenheim Foundation (1937). Il banchiere
Solomon, già collezionista di arte antica e moderna, inizia a comprare l’arte astratta su consiglio dell’artista Hilla
von Rebay, che diventa la direttrice della collezione. La scelta dell’arte astratta, che aveva ancora quotazioni basse,
derivava anche dalla volontà di opporsi alle tendenze realiste allora dominanti negli USA. La nuova sede fu
progettata da Frank Lloyd Wright. Negli ultimi anni il museo ha aperto una seconda sede a Soho, ma la sua
ambizione è di diventare una vera e propria multinazionale. Alla morte di Peggy Guggenheim (1979) ha acquisito il
Palazzo Vernier dei Leoni a Venezia con la sua collezione; nel 1998 è stato inaugurato il colossale Guggenheim di
Bilbao, progettato da Frank Gehry (per dimostrare di non esser da meno di Madrid, col suo museo Reina Sofia, e di
Barcellona, col museo d’arte contemporanea progettato da Richard Meier; un’altra sede è a Berlino (in
collaborazione con la Deutsche Bank); sta per essere terminata quella di Abu Dhabi.
3. Sviluppo attuale dei musei d’arte contemporanea
Negli ultimi decenni il numero di musei d’arte contemporanea è aumentato notevolmente in Europa, USA,
Giappone: una conseguenza e al tempo stesso una delle cause dello sviluppo del mercato artistico. Il motivo più
importante di questa corsa è legato alla funzione di status symbol culturali per ogni città che ambisca a dimostrare
la sua importanza non solo economica. Questo discorso vale per tutti i tipi di musei, ma l’arte contemporanea ha
una connotazione ideologica connessa a un’immagine di creatività dinamica, innovatrice.
Negli USA i musei vengono costruiti soprattutto attraverso finanziamenti privati; in Europa sono perlopiù pubblici,
ma non mancano musei privati e forme si sostegno privato alle istituzioni pubbliche. Ci sono circa 200 musei o
centri espositivi d’arte contemporanea negli USA; 40 in Francia; 50 in Germania; 20 in UK, 10 in Italia.
In Italia la situazione museale ha spesso sofferto di un’eccessiva subordinazione al potere politico degli assessorati
alla cultura e alla burocrazia statale. Per l’arte contemporanea, fino agli anni ’60-’70, i due unici musei attenti alle
nuove ricerche erano la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma, diretta all’epoca da Palma Bucarelli, e la
Galleria Civica d’Arte Moderna di Torino. Più di recente c’è stato uno sviluppo dell’attenzione per l’arte
contemporanea da parte degli assessorati alla cultura; le maggiori novità degli ultimi decenni sono il Museo d’arte
contemporanea del Castello di Rivoli, il Museo Pecci di Prato; il Museo d’arte moderna e contemporanea di
Rovereto; il MACRO e il MAXXI di Roma.
4. I nuovi musei: spazi architettonici e opere d’arte. La critica degli artisti
Frank L. Wright aveva una particolare idiosincrasia per gli artisti. Il Guggenheim Museum di New York lo
dimostra: è una straordinaria invenzione architettonica, ma un pessimo museo d’arte contemporanea. Il giudizio
negativo è pressoché unanime da parte degli artisti. Uno spazio spiraliforme, con pareti perennemente oblique, con
punti di riferimento architettonici sempre sfuggenti. Qui lo spazio espositivo, invece di creare le migliori condizioni
per la visione dei quadri, impone aggressivamente le sue forme.
Il problema di fondo è che il museo è un edificio a cui viene attribuito un valore monumentale simbolico, per questo
è massimo l’interesse per la rappresentatività della costruzione.
Non lo spazio museale al servizio dell’arte, ma viceversa le opere d’arte sottoposte ai condizionamenti architettonici.
Come è possibile non dare ragione agli artisti quando in un museo come il Musée d’Orsay a Parigi si è obbligati ad
ammirare capolavori in spazi spesso soffocanti, schiacchiati dalla pesantezza di un monumentalismo decorativo
postmoderno.
Vale la pena riportare il giudizio di Donald Judd: «Il museo, il contenitore, si è sviluppato separatamente dai suoi
contenuti e nei casi migliori ha con essi il rapporto che intercorre tra la lattina e la zuppa. La società attuale ha
bisogno di istituzioni pubbliche che abbiano una qualche pretesa di interessi spirituali e i musei stanno acquistando
questo ruolo. La loro funzione non è chiara, forse è educativa, forse di raccolta, principalmente solo simbolica.
L’incremento del numero dei musei evidentemente non rappresenta tanto un incremento dell’interesse verso l’arte
contemporanea, quanto un rafforzamento dell’ideologia monumentale. Ciò che è fondamentale è l’edificio, non i
suoi contenuti. Due esempi di buoni musei sono quelli di Kahn: il Kimbell e il British Art Centre di Yale. Bisogna
pensare ad ogni cosa: funzione, materiali, aspetto, costo, adeguatezza al luogo. Per esempio, il luogo del nuovo
Ludwig Museum di Colonia rappresenta una violenza alla cattedrale. Materiali appariscenti sono un insulto per
l’arte che circondano. Gli edifici dovrebbero essere naturali, semplici. Nessun’altra cosa più di questa dovrebbe
essere umana e non aggressiva, come invece sono quasi tutti i musei».
Anche Luciano Fabro, uno dei protagonisti dell’Arte Povera, non è tenero: «Sono battaglie fra architetti e artisti,
entrambi pretendono di essere costruttori di spazi. La struttura museale nasce nell’800. Per cui si vedono musei
costruiti con un’ottima attenzione per la luce, con un equilibrio ambientale giusto per l’esposizione. Poi c’è il museo
degli anni ’30, che comincia ad essere più agile.Il Guggenheim è un errore museale totale, perché tutti i quadri
risultano storti. Nelle ultime realizzazioni degli architetti si sono raggiunti dei limiti che, faccio per dire, se tu fai un
quadro blu ti mettono la luce rossa».
Dagli anni ’60 le nuove forme d’arte, realizzate coi materiali più svariati e con installazioni dilatate nell’ambiente,
avevano costretto i galleristi a trovare nuovi spazi espositivi adeguati e avevano messo in crisi la tradizionale logica
espositiva dei musei, è anche vero che la crescita dei nuovi musei, con cresciute esigenze spettacolari, a condizionato
il lavoro degli artisti. È anche per vedere collocate le proprie opere in modo ottimale che molti artisti famosi cercano
di realizzare o farsi realizzare dei musei personali, o almeno di garantirsi spazi esclusivi in importanti musei. Non
solo per vanità personale. Duchamp allestì le sale delle sue opere, così anche Beuys. In Italia Burri ha costruito il
suo museo personale in due sedi a Città di Castello.
5. Le funzioni dei direttori dei musei d’arte contemporanea
In passato il compito fondamentale dei responsabili dei musei era di conservare, accrescere ed esporre il patrimonio
di opere d’arte ed eventualmente organizzare mostre di non contestabile importanza culturale. Era dunque una
funzione connessa alla questione della storicizzazione e sacralizzazione dell’arte, una funzione che non poteva che
svilupparsi in tempi lunghi, con grande cautela critica nei riguardi della produzione più recente.
Tutto ciò è ancora parte essenziale del lavoro del direttore, ma lo scarto fra i tempi del museo e quelli del sistema di
produzione e valorizzazione delle gallerie private è andato sempre più accorciandosi, fino ad annullarsi.
L’intervento dei musei nell’attualità si è fatto via via più pressante. Innescando processi di legittimazione, quando
non di vera e propria storicizzazione, sempre più accelerati. Tanto che si è arrivati in questo senso a una interazione
fra l’azione dei direttori e quella degli altri protagonisti del sistema dell’arte. Una volta, anche solo qualche decennio
fa, le mostre nei musei erano un punto di arrivo per un artista, oggi sono un punto di partenza. Di conseguenza, per
direttori e curatori si è fatta pressante l’esigenza di avere un’informazio