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Ricorda che capanne con piano di calpestio scavato e coperto da assi di legno sono attestate in età arcaica e
romana in varie zone italiane (fattoria in Podere S.Mario presso Volterra, oppure Roma, o Veio e Modena).
Altro esempio di ripresa di tradizioni precedenti a quella romana oltre che in Puglia sono riscontrabili anche a
Villandro vicino Bolzano oppure nell’isola di Loppio vicino Trento: sono capanne di tradizione “retica”.
Secondo Fronza l’uso abitativo di strutture semiscavate non è tipico del mondo germanico ma di quello slavo
tra VI-X sec (infatti nel mondo germanico sono strutture funzionali come magazzini o laboratori artigianali).
Le grubenhauser italiane sono invece abitazioni (data la presenza dei focolari), distinte dalle germaniche
anche per l’eterogeneità delle forme e dimensioni. Comunque secondo Fronza le grubenhauser italiane si
sovrappongono sia alle soluzioni edilizie germaniche che slave, ipotizza che goti e longobardi abbiano
adottato l’uso edilizio dell’area slava mescolando la planimetria germanica con l’uso che gli slavi ne facevano
-> ipotesi non verificabile.
A differenza delle abitazioni antiche quelle altomedievali non hanno strutture con molti ambienti, bensì con
pochi ambienti polifunzionali, possono essere costruite con diversi materiali a seconda delle situazioni
climatiche.
Sicuramente là dove non sono arrivate le popolazioni germaniche questi tipi edilizi sono di natura autoctona,
invece là dove sono arrivate l’elemento germanico si è mescolata con la tradizione locale.
Le differenze delle tradizioni costruttive erano sentite anche nel Memoratorium de mercedi bus commacinorum
perché vi è la distinzione tra opera romana e opera gallica, tra edilizia in muratura e l’edilizia in legno.
Capitolo quinto. Edilizia urbana di alto livello
Per l’altomedioevo i tipi edilizi urbani della massa della popolazione sono simili a quelli rurali: semplicità
architettonica, impiego di materiali poveri e deperibili, tecniche costruttive autarchiche. In città sono stati
utilizzati anche gli edifici residenziali ma vi sono poche tracce del periodo altomedievale: es a Roma l’Insula
dell’Ara Coeli di II sec continua ad essere abitata fino al XX sec, ha conservato poche tracce di epoca
tardoantica.
Per quanto riguarda le classi sociali privilegiate si elaborano tipi edilizi che non hanno confronti nel mondo
rurale: sono di grandi dimensioni, di materiale durevole, architetture complesse e un piano superiore.
Le più antiche fonti su queste strutture ci vengono dalle fonti scritte: come il Codex Traditionum Ecclesiae
Ravennatis, inventario delle proprietà della Chiesa di Ravenna che dà una serie di documenti di VII-XI sec nel
quale vengono descritte case dislocate in varie città nell’orbita ravennate, vengono analizzati da Cagiano de
Azevedo nel 1972 in un saggio (con questo nasce lo studio sull’edilizia residenziale altomedievale in Italia) e
riconsiderato poi da Ortalli nel 1991 e Galetti nel 2005. Le descrizioni delle abitazioni sono tutte simili: casa a
due piani, in quello superiore vi sono ambienti per il riposo/cubicola e sala da pranzo /triclinium, invece in
quello inferiore la cucina e un magazzino o deposito/canapha, vi sono anche ambienti scoperti annesse alla
casa come la curte o curticella oppure pozzi per l’acqua.
Il documento più antico del Codex risale al 688-705 e riporta un’abitazione a Rimini (nel Iohannes vicarius
numeri ariminensis) che ha al piano superiore il triclinio e due cubicoli e in quello inferiore la canafa e calidario.
Alcune abitazioni del Codex dovevano essere prestigiose (come quella nel Foro di Rimini e locata dal vescovo
Sergio al gloriosus magister militum Mauricius e ala moglie Petronia negli ultimi anni del dominio bizantino, il
documento è del 748-769).
Di solito la muratura arrivava fino al primo piano e poi era in legno (ma quella nel Foro di Rimini aveva la
muratura fino al tetto). Sempre la casa nel foro di Rimini aveva la cucina come un ambiente a sé separato
dalla casa e costruita in pali di legno. Dal X sec vi sono anche i bagni (balnea, calidaria) annessi alla casa.
A Classe in un’area di magazzini portuali di epoca imperiale si impiantò nel VII sec un’abitazione rettangolare
che chiuse con muri due campate del portico, era divisa in due ambienti da un tramezzo, sul retro un cortile
con pavimento a mattoni e scala di accesso al piano superiore e un pozzo. Simile abitazione (sempre
rinvenuta a Classe, ma in altri magazzini portuali) anch’essa divisa in due ambienti (uno con pavimentazione
lignea e focolare delimitato da pietre e laterizi) e dotata di un piano superiore è realizzata in tecnica mista
(basse zoccolature in pietra e alzati in legno e argilla) e con riutilizzo di strutture antiche come elementi
portanti, venne costruita a metà del VII sec e modificata nell’VIII (si ritorna a un piano solo con pianta a L,
riferimento bizantino), aveva un cortile davanti e dall’altra parte un’altra casa.
Case a due piani di VIII-X sec sono state trovate anche a Brescia, mentre a Lucca vi sono case in pietra.
Questi tipi edilizi testimoniano la convivenza di diversi modi dell’abitare nell’area longobarda.
A Roma vi sono due esempi di questo tipo nel Foro di Nerva del IX sec disposte una di fronte all’altra lungo la
strada che si era venuta a creare sull’antica piazza imperiale: la prima era rettangolare riutilizzava il muro di
limite del Foro come muro di fondo, tutti i muri sono in blocchi di peperino romani posti in opera a secco, la
facciata ha la soglia di accesso col foro del cardine e traccia di usura della porta la quale poteva essere
ampliata aprendo altre assi di legno, metodo conosciuto negli antichi magazzini e stalle, all’interno il
pavimento era in battuto di terra e in un angolo delle lastre quadrate di terracotta ovvero la base del focolare,
all’esterno a fianco del muro c’era una scala perché sono ancora visibili i fori, che conduceva al piano
superiore che non ci è rimasto, sempre all’esterno esterno c’erano il pozzo per l’acqua e un pozzo nero al
quale corrispondeva la latrina al piano superiore, accanto un’altra struttura forse erano stalle e magazzini,
forse c’erano due cortili sui due lati, successivamente alla casa si addossò un portico con 4 arcate a tutto
sesto realizzato in conci di tufo che è un unicum prima dell’XI sec; la seconda casa era più piccola e priva di
portico, costruita in blocchi di reimpiego tagliati più piccoli tranne agli spigoli e nelle testate dei muri dove dei
grandi blocchi sono legati tra loro con la malta e laterizio, all’interno un muro che divideva in due ambienti
sosteneva anche il piano superiore che era in laterizio, aveva una finestra e all’esterno della parete una scala
fatta col marmo reimpiegato, stesso materiale in una piccola area che si affacciava sulla strada e aveva una
soglia in peperino.
Nel Foro Romano un altro esempio uguale: gli scavi ottocenteschi hanno messo in luce un edificio nel portico
della Basilica Emilia, era rettangolare costruito in blocchi di reimpiego (più regolari del foro di nerva) messi in
opera con molta cura, l’edificio è diviso in due da un muro in laterizio, aveva un secondo piano in laterizia al
quale conduceva una scala esterna in blocchi, sulla fronte una porta archi voltata.
Gli edifici del foro di nerva e del foro romano sono simili, erano residenze (dati i focolari e pozzi neri) per una
fascia sociale alta (data l’architettura) e connesse a quelle ravennati e quelle a Classe.
Sono domus solarate: tipi edilizi di alto livello, sono strutture dotate di un piano superiore nel quale erano gli
ambienti residenziali che quindi erano separati dalla parte adibita a funzioni di immagazzinamento, alla stalla
(stabulum è chiamato l’ambiente al pianterreno nei documenti) e all’alloggio del personale di servizio. Queste
abitazioni non sorgevano isolate ma facevano parte di complessi che comprendevano oltre alla domus stessa
anche aree scoperte (col frutteto) ed edifici accessori (fienili o criptae). I documenti definiscono questi
complessi residenziali “curtes” appartenenti a personaggi al vertice della scala sociale, avevano anche dei
balnea e delle chiese (cappelle per la famiglia del dominus).
Per il IX sec abbiamo un’unica testimonianza, quella della domus del con sul et dux Petrus acquistata nell’868
dall’imperatore Ludovico II che aveva un balneum e una cappella dedicata a S.Biagio.
Per il X sec vi sono più attestazioni di curtes con edifici di culto all’interno (quindi quando troviamo una chiesa
de curte o in curtis era nel complesso residenziale aristocratico).
Nell’area sacra di largo argentina nel XX sec è stata scavata una domus ad oggi distrutta e parzialmente
ricostruibile dalle foto: la struttura più grande aveva un grande ambiente rettangolare addossato a uno dei muri
dell’area sacra imperiale e costruito con blocchi di reimpiego e due colonne davanti alla porta d’ingresso,
all’interno non c’erano tracce di pavimentazione tranne alcune lastre in un angolo. Nell’area nel XII sec è
attestata la chiesa di S.Nicola de’Calcarario, esiste però nell’VIII-IX sec (dato l’utilizzo della solita tecnica dei
blocchi di recupero), ha una cripta semilunare di età carolingia. Quindi nell’area di largo argentina vi era un
complesso chiuso su tutti i lati da muri di recinzione (che riprendono a volte quelli antichi e a volte sono fatti
nuovi), all’interno una vasta domus solarata e altri ambienti funzionali e di servizio, poi la presenza della
chiesa aveva un forte significato ideologico perché conservava le reliquie.
La differenza tra la curtis di largo Argentina e le altre è nel fatto che la prima ha un aspetto centripeto (perché
chiusa su tutti i lati da strutture non difensive ma che comunque distinguono l’area interna da quella esterna e
tutti gli edifici sono rivolti verso l’interno del cortile), invece gli altri hanno un aspetto centrifugo (sono aperte
sulla strada e non chiuse).
Di questi edifici di alto livello va notata l’estrema semplicità delle tecniche edilizie e l’assenza di elementi
decorativi, tuttavia è un dato che va considerato con cautela perché i piani superiori non sono stati trovati e
analizzati (ma nel Foro di Nerva è stato trovato un architrave di finestra decorato a intreccio databile come la
casa al IX sec; oppure il reimpiego di opus quadratum nell’edificio della Basilica Emilia; oppure il protiro di due
colonne davanti all’ingresso della domus di largo Argentina; oppure il portico ad archi in conci di tufo della
domus del Foro di Nerva).
Finora non è possibile generalizzare a tutta l’Italia questi dati.
Queste residenze sembrano combinare elementi della tradizione tardo antica sia per il posizionamento