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PASCOLI E L’ULTIMO VIAGGIO DI ULISSE

PASCOLI – (L’ultimo viaggio – poemetto - 1904): si ispira a Odissea (quando indovino

Tiresia dice a Ulisse appena tornato che dovrà fare ultimo viaggio per placare ira

Poseidone); all’Ulisse di Dante col folle volo e allo Ulysses di Tennyson.

Ulisse tornato a Itaca, appende timone nave sopra caminetto, non vuole riprendere

mare. Appena tornato da viaggio per placare Poseidone che Tiresia gli ha profetizzato

(XI libro Odissea): ha raggiunto luogo ove uomini non conoscono il mare portando un

remo, ha dedicato remo a Poseidone per placare ira ed è tornato.

Canto gru migratrici annuncia inverno che gli ricordano il mare, ma resiste a

tentazione x 9 anni. Rimpiange avventure e giovinezza passata e vuole riviverle.

Alba primavera 10 anno canto rondini lo ispirano e decide di ripartire nonostante età

avanzata: prende timone e va in spiaggia (fin qui uguale a Tennyson, l’Ulisse anche

vecchio non può fermarsi in casa a lungo e riemerge eroe).

Incontra Femio sulla spiaggia e qui inizia originalità storia Pascoli: Femio era aedo che

aveva cantato sue avventure trasformandole in epos. Femio aveva impressione che

Ulisse si fosse stancato e aveva smesso di cantare gesta. In realtà Ulisse non era

stufo del suo canto, ma il ricordo del suo passato (CHE è IL NOSTRO VERO

IO) si sbiadisce sempre + col tempo, diventa come un sogno e Ulisse vuole

svegliarsi, come? Rivivendolo.

Diversamente da Dante e Tennyson non vuole tornare all’avventura e alla scoperta,

ma rivisitare i luoghi già visti e rivivere il passato per recuperare se stesso.

Alla nave trova tutti i suoi uomini che lo avevano aspettato ogni mattina di primavera

x 10 anni, certi di rivederlo (come in Dante compagni non son morti come in Omero,

morti al largo dell’Isola del Sole).

Isola Circe: è la stessa geograficamente ma casa Circe sparita, come Circe. Suo

ricordo non era sbiadito, semplicemente non corrispondeva alla realtà. Si era

inventato tutto mentendo a Femio e tutti? Femio aveva trasformato in Epos

delle menzogne?

COME OGNI UOMO RICORDA IN MODO MIGLIORE IL PROPRIO PASSATO E

INGIGANTISCE COSE CHE NON SONO MAI ACCADUTE, fa ULISSE, che

rappresenta ognuno di noi. INFATTI, ALLA PRIMA TAPPA FEMIO MUORE: l’epos

scompare messo di fronte alla pochezza della realtà.

Ulisse è l’uomo qualunque con le sue pene e le sue illusioni – lo stesso avviene nella

terra dei ciclopi: uguale geograficamente a suoi ricordi, ma non ci sono esseri

mostruosi.

A questo punto Ulisse, pensando che il resto dei suoi ricordi siano veri, vuole solo

tornare dalle Sirene e stavolta le vuole ascoltare: gli avevano promesso verità totale

sul mondo e in essa deve essere contenuta la ragione del suo abbaglio sui primi 2

luoghi.

Inconsciamente sceglie di non visitare altri lidi per non andare incontro ad altre

disillusioni, così potrà continuare a sognarli come ha sempre fatto.

Arrivato all’isola, le sirene lo fissano mute e non gli rispondono, non c’è tempo, lui le

prega ma restano zitte e ormai Ulisse non sa più chi è lui, dal tutto la voglia di

conoscere si restringe all’io, chi sono io, tipico del Novecento che sta iniziando.

Mentre se lo chiede la nave si fracassa sugli scogli e Ulisse muore.

Come per incanto, morto Ulisse il suo mondo fatato rinasce, torna reale e gli

sopravvive: il suo cadavere viene trovato sulla spiaggia da Calipso, colui che non

seppe chi fosse. Ma ora un ultimo colpo di scena: potrebbe essere stato

questo ultimo viaggio, solo un sogno di Ulisse vecchio che dorme in casa? La

sua vera vita era quella passata, e solo in sogno lui potrebbe riviverla. Non voleva

rimettersi in mare, ma rimettersi a sognare, unico modo per rivivere giovinezza.

Durante sogno ha compreso che non poteva più, ormai vecchio, rivivere il passato.

Messaggio è che il nostro io è in realtà una nostra autocostruzione, una

maschera che creiamo per coprire il nostro volto fatta di ricordi. Ma i nostri

ricordi noi li manipoliamo sempre inconsciamente, ingigantendoli. Se

tentiamo di scoprire il nostro vero io, c’è l’autodistruzione: il nostro io senza la

maschera non esiste. Ognuno di noi è nessuno come Ulisse (Omero diceva che

Ulisse aveva dato a sé stesso pseudonimo di “Nessuno”).

L’ELENA EGIZIA DI HOFFMANNSTHAL (Elena egizia) – sempre affascinato da

Elena, 2 versioni mito Elena: Iliade: abbandona casa sposo e tardivamente medita su

sue scelte

Odissea: Elena regna felice su sparta con Menelao e guerra Troia è solo lontano

ricordo.

Elena di Euripide: fu immagine di Elena, èidolon, a seguire Paride a Troia, vera Elena

era in Egitto ospite sovrano fino a fine guerra.

Versione di Euripide non gli sembrava soddisfacente: se guerra si fosse combattuta x 1

immagine, perdeva tutto di senso e valore: voleva costruire una nuova trama, una

nuova vicenda su Elena, aderendo alle versioni antiche. Parte dalla base di Omero, e

dice che nel mito nessuno racconta cosa accadde tra il ritrovamento di Elena a Troia in

fiamme da parte di Menelao e il loro ritorno e riappacificazione a Sparta (nell’Odissea

la ritroviamo felice a Sparta con Menelao nel IV canto, in occasione del viaggio di

Telemaco a Sparta (figlio di Ulisse?)).

Punto di riferimento opera Hoffmannsthal sarà Menelao: figura nobile e

tragica: vedremo pensieri, decisioni e turbamenti di lui, mentre personaggi femminili

saranno più statici (Elena e Aithra). L’autore vuole ricreare il mito, la cui efficacia è

data dal fatto che era individuale e sociale: un soggetto unico che aveva valore e

significati universali. Quindi non voleva solo rielaborare il mito ma ricrearlo,

attualizzarlo partendo dalle basi antiche e restandone legato. In Elena e Menelao

Hoffman ricrea donna e uomo contemporanei, loro conflitti e basi d’intesa

possibili.

Perché titolo Elena Egizia se sceglie di seguire più Omero che Euripide?

Perché il tema dell’èidolon, dell’immagine di Elena, sarà comunque centrale nel

dramma di Hofmann. Lui vuole unire le 2 versioni mito: quella omerica di Elena

adultera e quella Euripidea di Elena innocente.

Agli occhi di Menelao Elena è infida, demoniaca e infedele: tenta di ucciderla su nave

di ritorno da Troia ma la salva la maga Aithra, figlia re d’Egitto e sposa di Poseidone,

inviando una tempesta che lo distoglie. Poi Aithra gli ospita nel suo palazzo ed Elena

tenta di riavvicinarsi a Menelao, che ancora ribolle x suo tradimento con Paride e

ripensa di ucciderla ma esita per via della sua bellezza.

Elena ha solo fine di riconquistare amore Menelao, e accetta di farsi aiutare da Aithra

(in Iliade era ancella di Elena, amata da Poseidon).

Con mente sconvolta da incantesimo elfi, Menelao crede di vedere Paride ed Elena e di

ucciderli, per poi pentirsi del gesto – la maga poi gli racconta storia falsa che non la

vera Elena seguì paride, ma immagine creata dagli dei per prendersi gioco dei mortali.

Vera Elena era in Egitto e non lo ha tradito. Menelao allora accetta di unirsi al

fantasma, e la vita della vera Elena sarebbe così salva se egli, sotto incantesimo,

continuasse così per sempre.

Ma ad Elena non basta, vuole amore di Menelao – chiede a maga di trasportare

entrambi in remota regione mondo ove nessuno li conosce e qui c’è atto conclusivo:

Menelao crede che lei sia illusione, pensando di averla uccisa e con mente annebbiata.

Inoltre, ha shock per episodio Paride, ogni volta che si nomina antico rivale si

sconvolge pensando a ratto Elena: serve allora un altro trauma per rinsavirlo: c’è sfida

tra principe Da ud e Menelao per mano di Elena: egli associa al principe il Paride che

gli voleva rubare sposa, ma stavolta lui può cambiare esito vicenda e riesce ad

ucciderlo.

Menelao beve da coppa offerta da Elena, bevanda che toglie suo incantesimo e gli

restituisce i ricordi, accetta i ricordi e la sua sposa, ricongiungendosi ad essa. I Due

tornano a Sparta, pronti per ricollegarsi a narrazione IV canto Odissea.

L’io di Menelao evolve e il fantasma, il doppio di Elena, lo aiuta ad accettare la realtà

restando nella sua mente fino al momento in cui lui sarà pronto ad accettare quella

vera, che lui ha sempre amato sua sposa.

CESARE PAVESE E LA RICERCA DI OMERO PERDUTO – DIALOGHI CON LEUCO’ – 1947

Il mito greco è usato da Pavese per trasmettere sue riflessioni su angosci esistenziale

uomo e mistero vita. Visione mito di Pavese si discosta da visione accademica

neoclassicista, per avvicinarsi a visione comparativistica (introdotta. In Ita da

Raffaele Pettazzoni – Miti e leggende), inoltre ha incedere più poetico che prosastico

(unico a cui piacque fu prof Mario Untersteiner). Il professore non apprezza opera per

attendibilità storico\ antropologica, ma perché usa veicolo mito greco per trasmettere

riflessioni di pavese su senso vita, su ciclo perenne nascita\morte\rinascita, su vana

aspirazione dei mortali all’eternità. È componente filosofica ad attirare il prof,

come idea di Pavese che per gli dei, la loro immortalità sia più frustrante e

noiosa della fragile e limitata vita umana.

A collaborazione tra Pavese e allieva liceo Berchet di Milano, Rosa Calzecchi, si deve

traduzione Iliade e suddivisione in versi della traduzione come quelli del testo greco,

del registro in bilico tra poetica e linguaggio colloquiale (superando neoclassicismo)

senza quindi orpelli e artefici, più vicino a testo originale greco.

I dialoghi con Leucò: personaggi ed episodi omerici sono abbastanza scarsi, stessa

Leucò (Ino Leucotea dell’odissea, divinità marina che salva Ulisse da naufragio – Ino

era figlia di Cadmo, sposa di Atamante, per sfuggire a sua follia si getta in mare con

figlio e viene trasformata in dea marina) appare solo in 2 dei 27 dialoghi: Le streghe

(Leucò è spalla di Circe e rievoca episodio trasformazione in bestie compagni

Ulisse) e La vigna.

altro unico dialogo ispirato a Odissea è L’isola: Parlano Calipso e Ulisse.

Ancora più scarsi riferimenti a Iliade: solo in i due (dialogo tra Achille\Patroclo) e La

Chimera (imprese di Bellerofonte narrate in Iliade e successiva malinconia eroe).

Forse Pavese non si rifà molto a Iliade perché rappresenta fase + tarda e

stratificata del mito, a lui interessavano potenze primordiali dell’universo,

che qui ormai erano state incanalate nell’ordine di Zeus. Protagonisti Iliade infatti sono

uomini: figure divine declassate rispetto a fase originaria in cui erano dei (Elena) – dei

sono completamente antropomorfizzati – figure mostruose come i Centauri

appartenenti a fase più antica del mito, sono solo menzionati in Iliade.

Invece nei Dialoghi co

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Publisher
A.A. 2017-2018
13 pagine
1 download
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-ANT/02 Storia greca

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elakos86 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia storica del mondo greco e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Cavallini Eleonora.