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Essere trasparenti nella surrogacy

Essere trasparenti significa produrre una storia nella quale inserire il percorso di nascita e di origine dei bambini venuti al mondo attraverso la surrogacy. Essere trasparenti significa creare un'immagine reale anche mediante la composizione di album fotografici o video che documentino le fasi. Pertanto, un racconto trasparente è una narrazione ancorata al reale, tessuta di emozioni ed esperienze vissute durante la GPA.

Solitamente, gli ovuli della donatrice vengono fecondati dai semi di entrambi i padri d'intenzione; successivamente gli embrioni formati vengono impiantati nell'utero di una surrogate. La surrogacy, così come tutte le tecniche di fecondazione medicalmente assistita, è un cammino caratterizzato da una molteplicità di "fratture riproduttive". Nonostante sia un procedimento altamente controllato, pianificato e medicalizzato, non si può mai essere pienamente certi di raggiungere il traguardo. I fallimenti

riproduzione assistita e i cambiamenti di percorso sono fasi che accadono spesso. Ciò che è portato in evidenza dai soggetti di questa ricerca è che la generazione di un figlio non si arresta all'evento fisico della creazione e della nascita, ma acquista significato oltre i corpi dei soggetto che hanno partecipato, non solo fisicamente, ma soprattutto emotivamente al processo riproduttivo. Desiderio, storia e trasparenza sono le parole chiave che vanno a comporre il quadro di una genitorialità che genera oltre i limiti corporei e biogenetici. CAPITOLO 4: "...in più c'è l'aggravante dello stato di salute del bambino...". Le molte incrinature della riproduzione adottiva contemporanea L'apparentamento adottivo si costituisce a partire da una doppia mancanza: quella biologica della coppia incapace di generare e quella relazionale del bambino, istituito giuridicamente come orfano, privo di legami familiari. In Italia, la

reciprocità di tale mancanza da parte dei principali attori costituisce un requisito elettivo per l'applicazione della norma adottiva vigente (Legge 184/83 e successive integrazioni). L'Italia si è da tempo attestata come uno dei paesi più attivi nell'accoglienza di bambini adottivi, ma nell'ultimo decennio questo particolare fenomeno sociale ha registrato non poche trasformazioni. Due aspetti innovativi rivelano tratti piuttosto interessanti: da un lato, l'immaginario delle coppie di aspiranti genitori mostra un maggiore disincanto verso il "dono" adottivo e dunque verso la propria futura esperienza familiare; dall'altro la tipologia del "dono", ovvero dei bambini in arrivo, che riguarda sempre più bambini con bisogni particolari o speciali. Laddove il bambino apparentato è, o più spesso si rivelerà, un figlio vulnerabile, la scelta riproduttiva mostra tutta la sua complessità e fragilità.

Ancor più in un paese in cui l'istituzionalizzazione dei familiari disabili è da tempo culturalmente sanzionato e l'intero peso della cura viene assegnato all'ambito domestico. Paradossalmente, accade che le famiglie adottive con un figlio disabile appaiono così impegnate nella gestione quotidiana della menomazione del bambino, che la risonanza ideazionale ed emotiva della menomazione dei genitori, l'infertilità, sembra sospinta sullo sfondo. Una doppia menomazione che pesa ancor di più se teniamo conto che la condizione stessa di menomazione alloggia non soltanto nel corpo, ma è creata dalle condizioni materiali e sociali che disabilitano la piena partecipazione di coloro che sono considerati atipici. Dunque, la condizione di disabilità si produce come esperienza viva laddove le persone sperimentano la discriminazione sociale a partire da limitazioni funzionali soggettivamente percepite ma collettivamente individuate.

incentivi e agevolazioni per favorire l'assistenza e l'integrazione della persona disabile. La disabilità può manifestarsi in diverse forme, come ad esempio la disabilità fisica, che riguarda la limitazione o l'assenza di funzioni motorie, la disabilità psichica, che riguarda disturbi mentali o cognitivi, e la disabilità sensoriale, che riguarda la perdita o la limitazione delle funzioni sensoriali come la vista o l'udito. È importante sottolineare che la disabilità non è una condizione intrinseca della persona, ma è il risultato dell'interazione tra la persona e l'ambiente in cui vive. Pertanto, è fondamentale promuovere una società inclusiva che rimuova le barriere fisiche, sociali e culturali che limitano la partecipazione delle persone disabili. La discriminazione sociale e lo stigma interiorizzato sono fattori che contribuiscono a rendere la disabilità socialmente menomante. Spesso le persone disabili vengono considerate e trattate come "danneggiate" o deboli, subendo così un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. La Legge 104/92 in Italia riconosce i diritti delle persone disabili e promuove l'assistenza e l'integrazione sociale. Questa legge definisce la persona handicappata come colui che presenta una minorazione fisica, psichica o sensoriale che causa difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa, determinando un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. La certificazione di disabilità coinvolge anche il nucleo familiare, che può accedere a incentivi e agevolazioni per favorire l'assistenza e l'integrazione della persona disabile.interventi di carattere socio-psicopedagogico, di assistenza sociale e sanitaria a domicilio, di aiuto domestico ed economico. All'art. 5 la legge decreta esplicitamente la promozione dell'autonomia e dell'integrazione sociale della "persona handicappata", con particolare attenzione al "diritto allo studio degli studenti con handicap". In Italia, le Unità Operative di Neuropsichiatria dell'Infanzia e dell'Adolescenza rappresentano le strutture specialistiche per l'accertamento della disabilità e la certificazione dei minori d'età secondo i dettami della Legge 104. Esistono tre tipologie di famiglie: quelle lineari, quelle con un percorso adottivo e quelle con un percorso adottivo con un bambino problematico. I genitori adottivi che si trovano ad apparentare figli doppiamente atipici sono intensamente catturati nello sforzo processuale di rivisitare il concetto di "normalità" e di costruire.

Nuovi futuri di famiglia. Di fronte all'incubo della malattia di un figlio, quando i genitori progressivamente scoprono che non c'è nulla da fare se non navigarci dentro, la speranza diventa una sorta di imperativo morale nella forma di sogno a occhi aperti che abbozza la possibilità di una vita migliore. Tuttavia, laddove la biomedicina non offre cure, coltivare la speranza è paradossale poiché da un lato richiede attivamente la creazione di potenzialità positive per il futuro, dall'altro la sua pratica narrativa sollecita il costante richiamo alla sofferenza quotidiana e a prognosi nefaste. La speranza vive in un luogo incerto, "una sorta di sala d'attesa temporale. Indica un futuro che si può solo immaginare".

I genitori adottivi, inoltre, a differenza di quelli biologici, possono smettere di essere genitori e dismettere i loro figli. Tale dismissione è prevista unicamente, e molto raramente, per

iniziativadello Stato, e tanto la legge, quanto il costume, condannano profondamente un’azione individuale in questa direzione. Senza contare che la diffusa rappresentazione biomedica dell’adozione come strumento ripartivo all’infertilità di coppia, associata alla visione socio-mediatica del desiderio di un bambino come appagamento personale, riveste la scelta adottiva di un marcato carattere morale. Si parla dunque di una doppia frattura riproduttiva. Nelle situazioni in cui la dismissione parentale si realizza, essa costituisce un’esperienza personale e sociale complessa e dolorosa che sintetizza il fallimento di un lungo e faticoso tentativo di creazione di potenzialità future, dove sofferenza e incertezza hanno prevalso su speranza e possibilità. Vivere quotidianamente con un figlio gravemente malato, oltre che adottivo, spinge questi genitori verso un “nuovo immaginario di parentela” attraverso cui ricontestualizzare copioni.scontati dinarrazioni di famiglia per includere o escludere la disabilità come parte della narrazione familiare. Nel "mondo reale" speranza e disperazione vanno a braccetto e la loro interazione corre sul filo di un equilibrio molto instabile. Soprattutto nelle storie di coloro che escludono, che restituiscono il "giocattolo rotto", traspare tutta la disperazione soggettiva del doppio fallimento generativo, che non è solo biologico, ma anche e soprattutto narrativo, e dunque emozionale e sociale. CAPITOLO 5: Frammentazioni della genitorialità. Riflessioni sull'allontanamento familiare dei minori rom Si parlerà degli allontanamenti dei minori rom e sinti dalle loro famiglie, in cui vedremo che il minore rom non viene riconosciuto come parte di un modello educativo con caratteristiche soggettive, specifiche e definite, ma piuttosto identificato come minore mancante di cure e attenzioni perché rom. Viene come appiattita la sua identità.assorbita da un pregiudizio sociale: i genitori rom sarebbero quelli che non vogliono lavorare, coloro a cui non interessa avere condizioni di vita dignitose, poco curanti delle necessità dei figli. Da questa prospettiva l'intervento di tutela diventa facilmente un intervento indifferenziato che valuta positivamente l'uscita del minore dal suo ambiente familiare. Il procedimento civile si pone così irrimediabilmente al margine di quello che potrebbe o dovrebbe essere innanzitutto un intervento di sostegno volto a mantenere il legame del minore con la sua famiglia. La frattura cui si fa riferimento ha una doppia valenza: parliamo di una frattura fisica, che comporta una separazione definitiva del minore dalla sua famiglia; e di una frattura sociale, carica di implicazioni legate alla violenza istituzionale che la famiglia riferisce di provare. Quest'ultima frattura viene subita passivamente e spoglia gli adulti del loro ruolo genitoriale; come se i rom nonpotessero essere genitori, e come se il bambino rom potesse esseretutelato solo se collocato al di fuori della sua famiglia.Dai dati della ricerca condotta dall’ a Roma, emerge che “un minore Roma, rispetto a un suocoetaneo non rom, ha 60 probabilità in più di essere segnalato alla Procura della Repubblica pressoil Tribunale per i Minorenni e circa 50 probabilità in più che per lui venga aperta una procedura diadottabilità”. La lettura della procedura civile che porta il minore dall’allontanamento familiare allasua dichiarazione di adottabilità comporta l’analisi di una complessa rete di relazioni istituzionaliall’interno delle quali il minore sembra perdersi totalmente. Negli anni Sessanta, il bambino diventail centro di un’importante corrente di studi ch ne riconosce l’individualità e i bisogni primari legatialla fase evolutiva. Questi nuovi orientamenti della disciplina verranno ache, in presenza di situazioni di pericolo o di grave negligenza da parte dei genitori o di altri membri della famiglia, il tribunale può intervenire per proteggere il minore. Questo intervento può assumere diverse forme, come ad esempio il collocamento in una famiglia affidataria o l'adozione da parte di una nuova famiglia. L'obiettivo principale è sempre quello di garantire al minore un ambiente sicuro e stabile in cui crescere e svilupparsi.
Dettagli
Publisher
A.A. 2020-2021
15 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Elli96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Pompeo Francesco.