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Bisogna prendere le distanze dalla concezione uniformi sta dell’uomo, allontanandosi
dal paradiso terrestre e accettando che l’umanità è tanto varia nella su essenza
consensus
quanto lo è nell’espressione. Nell’illuminismo era presente l’idea del
gentium, in base alla quale si riteneva che ci fossero alcune cose che tutti gli uomini si
troveranno d’accordo nel definire giuste, reali o attraenti e pertanto si potevano
definire tali. Questo metodo però non può produrre né universali né connessioni
specifiche tra un fenomeno culturale e l’altro; si devono cercare rapporti sistematici
tra fenomeni diversi non identità sostanziali tra quelli simili. Secondo Geertz la cultura
non è un insieme di modelli concreti di comportamento (usi, costumi, tradizioni,
abitudini), ma una serie di meccanismi di controllo per orientare il comportamento
(progetti, regole, istruzioni); e l’uomo è l’animale più disperatamente dipendente dai
programmi culturali. “Noi veniamo al mondo con l’equipaggiamento naturale adatto
per vivere mille tipi di vita, ma finiamo con l’averne vissuta una sola”. La cultura non è
un ornamento dell’esistenza umana, ma la base principale della sua specificità.
Recenti progressi dell’antropologia: 1. Abbandono di una concezione sequenziale dei
rapporti tra l’evoluzione fisica e lo sviluppo culturale; 2. La scoperta che i cambiamenti
biologici dell’uomo che hanno portato al suo progresso ebbero luogo nel cervello; 3.
L’acquisizione della tesi secondo cui l’uomo è un animale incompleto, e ci sono una
serie di espedienti che deve imparare prima di poter funzionare. Non è necessario
cercare l’Uomo con U maiuscola, un’entità metafisica e irreale; la cultura segna il
legame tra quello che gli uomini sono capaci di diventare e ciò che effettivamente
sono divenuti nella loro specificità. Negli ultimi 50 anni si sono diffuse due concezioni
sull’evoluzione della mente umana: 1. Tesi secondo cui i processi “primari” (Freud) –
sostituzione, inversione…- siano filogeneticamente precedenti a quelli “secondari” –
ragionamento coerente e logico- per cui i popoli tribali risultano come forme primitive
di umanità; 2. Tesi secondo cui l’esistenza della mente umana nella sua forma
moderna è un prerequisito per l’acquisizione della cultura. Questo presuppone
l’esistenza di un “punto critico” della comparsa della cultura, e implica la dottrina
dell’unità psichica secondo cui non esistono differenze essenziali nel processo del
pensiero tra le varie razze di uomini viventi. La teoria del punto critico non può essere
accettata poiché in base ai ritrovamenti fossili si può notare come il cervello dell’Homo
sapiens sia tre volte più grande rispetto a quello degli australopitechi, pertanto la
maggior parte dell’espansione corticale ha seguito, non preceduto, l’inizio della
cultura. È improbabile che l’aumento della capacità mentale dei mammiferi sia dovuta
solo a un complessivo aumento dei neuroni. In realtà si tratta di esaminare
congiuntamente i parametri biologici, sociali e culturali.
I simboli sacri servono a sintetizzare l’ethos di un popolo – il carattere, la qualità della
sua vita, il suo sentimento morale ed estetico, la sua visione del mondo, le sue idee di
ordine. Una religione è: 1. Un sistema di simboli; 2. Questo sistema produce stati
d’animo e motivazioni; 3. Contiene la formulazione di concetti di un ordine generale
dell’esistenza; 4. Questi concetti sono dotati di concretezza; 5. Tale concretezza fa
sembrare realistici stati d’animo e motivazioni. I modelli culturali conferiscono
significato a realtà sociali sia conformandosi ad esse sia plasmandole (modelli di e
modelli per). Una motivazione è una tendenza persistente, un’inclinazione cronica a
compiere certi atti in certi tipi di situazioni; gli stati d’animo indotti dai simboli sacri
spaziano dalla malinconia all’autocommiserazione, e la differenza più importante tra i
due consiste nel fatto che le motivazioni sono qualità vettoriali e hanno un valore
direzionale, mentre gli stati d’animo sono scalari e variano solo per intensità, non sono
indirizzate a nessuno scopo. Mentre gli stati d’animo non sono persistenti e sono resi
significativi in relazione alle condizioni della loro origine, le motivazioni durano per
periodi di tempo più o meno estesi e sono rese significative in relazione al fine a cui
conducono. “Se venisse meno la nostra capacità di creare, afferrare e usare simboli
saremmo più impotenti dei castori”, poiché l’uomo dipende dai simboli e dai sistemi
simbolici. Ci sono almeno tre luoghi in cui
l’uomo cerca di dare risposte al caos:
1. Ai limiti delle sue capacità analitiche: La maggior parte degli uomini è incapace di
lasciare irrisolti problemi di analisi non chiariti senza cercare di sviluppare qualche
idea, e ogni fallimento tende a produrre un’inquietudine profonda.
2. Ai limiti del suo potere di sopportazione: secondo Malinowski la religione aiuta a
sopportare “situazioni di stress emotivo”, ma c’è da notare come molte tradizioni
religiose affermano che la vita provoca dolore e quest’ultimo viene praticamente
glorificato. Il problema della sofferenza non è come evitarla, bensì come rendere il
dolore sopportabile, tollerabile e sconfina facilmente nel tema del male.
3. Ai limiti della sua visione morale: Vi è un forte paradosso etico tra ciò che dovrebbe
essere e ciò che effettivamente si verifica e questo provoca la sensazione che la
propria concezione morale è inadeguata, tanto nelle religioni primitive quanto in quelle
civilizzate. La reazione è quella di ipotizzare un autentico ordine nel mondo che possa
spiegare o celebrare le ambiguità, gli enigmi e i paradossi.
Alla base della prospettiva religiosa c’è la fede; una semplice accettazione del mondo
come se fosse proprio come sembra (realismo ingenuo). Attraverso il rituale si genera
la convinzione che le concezioni religiose sono veritiere e che le direttive religiose
sono valide, poiché in questa occasione il mondo immaginato e il mondo vissuto si
rivelano essere la stessa cosa. Es. rappresentazione del combattimento tra la strega
Rangda e il tenero mostro Barong a Bali. Le disposizioni attivate dai rituali religiosi
hanno il loro effetto più importante al di fuori dei confini del rituale stesso, poiché si
ripercuotono sulle credenze degli individui. Il funzionalismo sociologico (Radcliff-
Brown) mette in risalto come le credenze rafforzino i legami sociali tra gli individui; il
funzionalismo psicologico-sociale (Malinowski) pone in risalto ciò che la religione fa per
l’individuo soddisfacendo le sue esigenze cognitive per un mondo stabile,
permettendogli di mantenere un atteggiamento di sicurezza interiore nei confronti
delle contingenze naturali. La teoria funzionalista è inadatta però ad affrontare il
mutamento poiché non tratta i processi sociologici e culturali in maniera paritaria ma
finisce sempre per subordinare l’uno all’altro. Gli aspetti sociali e quelli culturali
devono essere distinti e trattati come fattori indipendentemente variabili ma
reciprocamente interdipendenti. Bisogna concepire la cultura come un sistema
ordinato di simboli entro cui agisce l’interazione sociale, e il sistema sociale come il
modello dell’interazione sociale stessa. La cultura è l’intelaiatura di significato
attraverso cui gli esseri umani orientano le loro azioni; la struttura sociale è la forma
che prende l’azione, la rete di rapporti sociali realmente esistente. Un esempio
slametan
giavanese: le feste si svolgono in occasioni di significato religioso e sono
intese come offerte agli spiriti e come meccanismi di interazione sociale attraverso la
Masjumi,
commensalità. Partiti politici: sostiene l’istituzione di uno stato islamico in
(santri); Permai
Indonesia al posto dell’attuale repubblica laica il con rigido
atteggiamento antimusulmano che incita al ritorno alle vecchie tradizioni giavanesi,
(abangan).
ritorno al sincretismo indigeno Geertz racconta un funerale di un giovane
Permai Modin
a cui ha assistito e documenta l’incertezza del rituale. Inizialmente il
islamico si appresta a celebrare il rito ma quando si accorge dell’adesione della
famiglia a un altro culto si tira indietro lasciando i presenti in uno stato confusionale.
kampong
Attribuisce questa difficoltà al fatto che la gente del è socialmente
urbanizzata ma culturalmente impreparata. Il rito commemorativo oscillò tra una
diatriba politica e una ricerca spasmodica per spiegare l’accaduto. Interferenza di
significati politici con quelli religiosi. La crisi può ridursi a un unico fattore:
all’incoerenza tra la struttura culturale di significato e la trama dell’interazione sociale,
dovuta al persistere di un sistema religioso simbolico adatto a una struttura sociale
contadina in un ambiente urbano, in cui le differenze sociali non sono più solo
slametan)
territoriali (come prevede lo ma anche di etnia, occupazione, idee
politiche,età, sesso, religione. Max Weber aveva ipotizzato due tipi di ideali di
religione: razionalizzato e tradizionale. I concetti religiosi tradizionali attirano “tutti i
rami dell’attività umana nel cerchio della magia simbolica”, stereotipizzano pratiche
sociali consolidate. I concetti razionalizzati non si intrecciano così facilmente con la
vita comune, sono “al di sopra”, “al di fuori” di essa e non sottraendosi all’esame
critico presentano debolezza e problematicità. Secondo Weber quando il mondo fu
sottratto all’incantesimo, il divino non poteva più essere appreso attraverso gesti
rituali concreti e diventa necessario stabilire un rapporto più generale che si attua in
due modi: attraverso la costruzione di un codice giuridico-morale consistente in
imperativi etici dati all’uomo dai profeti, da testi sacri, miracoli etc.; oppure attraverso
il contatto diretto con il divino servendosi del misticismo, della visione interiore spesso
con l’aiuto di varie discipline come lo yoga. La religione balinese si basa su: 1.
Sistema dei templi (ciascuno è dedicato a un tema specifico come la morte, la
solidarietà tra parenti, la fertilità agricola e ogni balinese appartiene a due o tre
dozzine di templi simili; 2. Santificazione della disuguaglianza sociale e la sua
simbolizzazione è sempre stata l’element