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L’EVOLUZIONE DELLE STRUTTURE SOCIALI
Le società rurali si sono mantenute in Africa più a lungo che altrove. Lo sviluppo tecnico a sud del
Sahara si è prodotto più tardi. Gli africani non furono sterminati come gli amerindi o gli aborigeni.
Perché allora sono stati gli ultimi a praticare una economia di investimento?
Perché l’Africa, dotata di risorse eccezionali, ha conosciuto uno sviluppo tardivo?
Ovunque nel mondo le società rurali preindustriali hanno conosciuto una stabilità dei modelli
organizzativi prima della penetrazione della meccanizzazione.
Economia rurale di sussistenza
L’equilibrio fra popolazioni di scarsa densità e loro economia di sussistenza dura perché ha come
unico scopo la sussistenza del gruppo.
Livello tecnologico rudimentale > no controllo dei mezzi di produzione (tutti possiedono una
zappa) + terre a sufficienza > no proprietà privata del suolo.
La terra non poteva diventare di proprietà, era un dono del cielo. L’usufrutto è trasmesso in modo
ereditario. La terra non si vende.
La proprietà privata nasce con la colonizzazione per lo sfruttamento più intensivo delle terre (es.
società matrilineare fa passare la terra da un contadino ai figli delle sue sorelle, invece che ai propri.
Questo non incoraggiava a bonificare le terre e renderle più produttive. Quindi incoraggiata la
patrilinearità).
Nelle savane dell’Africa occidentale i villaggi erano grandi e raggruppati sotto a un patriarca. Erano
tenuti uniti dal fatto di discendere da un unico antenati, i cui discendenti erano a capo delle varie
famiglie. Le poche eccedenze della produzione costituivano merce di scambio. Nelle regioni di
commercio non si veniva solo per scambiare prodotti, ma erano occasioni per scambio di tipo
sociale (discussioni su unioni matrimoniali), politico (per il capo il mercato era un modo per far
conoscere la propria autorità).
La vita contadina era più un modo di esistenza che un modo di produzione. Molto diverso rispetto al
modo di produzione occidentale dove tutto si compra e si vede perché ogni valore può essere
scambiato, compresa la forza lavoro. Nel sistema rurale invece conta solo il valore d’uso, ossia un
oggetto o un’idea vale solo per l’uso che se ne fa.
I bisogni non sono solo materiali, ma anche ideologici e sociali, per questo hanno valore d’uso
anche oggi d’arte, conoscenze e credenze. I rapporti di produzione quindi non si limitano alla
definizione della proprietà e del profitto, ma assumono una dimensione sociale e politica.
Le cose non vanno più così nonostante i mezzi di produzione in alcune zone sembrino ancora
arretrati. I contadini africani si sono integrati nell’economia mondiale anche solo per l’economia di
import-export. I contadini sono in contatto con la città grazie ai cellulari, televisione cc.
L’equilibrio delle società premoderne era precario: bastava un urto (guerra, sovrappopolamento) per
mandarlo in frantumi.
Immaginiamo i drammi provocati dalla conquista coloniale → comunità perdono usufrutto delle
terre, reclutamenti forzati spopolano le terre dei lavoratori più sani, accelerazione della crescita
demografica.
Società non egualitarie
Gli etnologi, influenzati dai pregiudizi occidentali, descrissero i villaggi africani come comunità di
un comunismo primitivo. Non è esatto.
Le società africane furono inegualitarie come tutte le altre: esistevano società di lignaggio e società
aristocratiche, all’interno della stessa società esistevano ranghi diversi (i vecchi meritavano più
rispetto dei giovani).
Caste e schiavi
Le caste erano poco diffuse nelle foreste, ma frequenti fra gli allevatori del sahel.
Chi apparteneva alla casta era sottoposto agli uomini liberi e non poteva affrancarsi a causa
dell’endogamia a cui era obbligato.
È tuttora molto difficile lottare contro i pregiudizi di casta che possono influenzare la vita politica
(difficile per il membro di una casta intraprendere la carriera politica).
La schiavitù non fu sconosciuta in Africa. Le sofferenze degli schiavi locali non furono meno
intense di quelle degli schiavi deportati.
Le guerre sono state la maggior fonte di schiavi come prigionieri di guerra. Essi non erano
necessariamente soldati, quanto piuttosto uomini già schiavi perché poveri che non avevano
nessuno a riscattarne la libertà. Si riducevano in schiavitù anche persone espulse dalla società, non
esistendo metodi di detenzione, che andavano a rifugiarsi altrove.
Lo “schiavo” era uno “straniero senza radici”, macchia indelebile in una società in cui fondamento
della religione era onorare gli antenati. Schiave erano soprattutto le donne. Un uomo, anche se
diventava libero, restava di fatto schiavo perché privo di antenati.
Per quanto riguardava la sussistenza, sia i nobili che la gente comune gestivano i terreni coltivati.
C’era però una differenza sulle dimensioni e le ripartizioni dei raccolti. Queste disuguaglianze
furono a volte mantenute dai colonizzatori: in Ruanda i belgi hanno registrato come tutsi i
proprietari di più di 10 capi di bestiame. Nobiltà e appartenenza tutsi vengono quindi fatti
coincidere.
Questo mette in luce l’esistenza anche in Africa di disuguaglianze e razzismi, non necessariamente
basati sul colore della pelle.
Questo ridimensiona il ruolo della colonizzazione, che ha incentivato, ma non creato ex novo,
fenomeni come la confusione fra rapporti di consanguineità ed etnia, l’illusione di una memoria
comune.
Il ruolo fondamentale delle donne
Capi producono di più < hanno più donne < le donne hanno un ruolo centrale nell’organizzazione.
Agli uomini toccavano i lavori pesanti, la guerra, caccia, pesca, politica.
Le donne si occupavano della sussistenza, educazione dei bambini.
Donne godevano di autonomia perché vivevano in un mondo separato in una vita collettiva ma non
egualitaria (esistono gerarchie fra la madre e le mogli di un uomo).
Gli uomini legiferavano per il gruppo mentre le donne avevano potere solo su se stesse. L’idea della
superiorità maschile esisteva ovunque.
Nelle società matrilineari la donna non aveva il potere, ma la capacità di trasmettere il potere ai
maschi della famiglia (l’eredità passa dallo zio ai figli della sorella). Data la gran quantità di figli, il
sistema produceva a volte conflitti e problemi, da cui lo sforzo dei colonizzatori di favorire la
patrilinearità.
Il valore di un donna dipendeva dalla sua fecondità e dalla sua forza lavoro. Glorificata come
simbolo di fecondità, come in tutte le società agrarie.
La condizione femminile era in generale meno svantaggiata delle società asiatiche. Avere una figlia
femmina costituiva una promessa di lavoro e discendenza. Per questo la dote era versata dalla
famiglia dello sposo a quella della donna, per indennizzare la perdita della figlia.
Il lavoro rurale delle donne poteva essere alleggerito dalla poligamia. Limitata perché pochi
avevano i mezzi per permettersi più mogli. Strumento politico di dominio.
L’AFRICA SUBSAHARIANA NELLA STORIA DELLA GLOBALIZZAZIONE
I molteplici contatti hanno determinato ibridazioni culturali e politiche.
Gli africani non hanno subito passivamente l’intervento esterno.
L’oro
L’oro è stato la principale fonte di prosperità finanziaria nel Medioevo sia in Europa che nei paesi
dell’Oceano Indiano. Dove si trovava?
La fonte principale era il Sudan occidentale francese (oggi Mali).
Ci furono vari imperi africani medievali che fondarono su questo il loro potere tramite il commercio
internazionale.
L’oro veniva scambiato con il sale.
Gli arabi del Mediterraneo (preferivano l’argento) servivano da tramite con il mondo occidentale
che usava l’oro per scambi e per organizzare spedizioni in Asia alla ricerca di sete, spezie e pietre
preziose.
Gli africani ignoravano quindi il potere e l’attrattiva suscitati dall’oro, che ha costituito il
finanziamento per spedizioni e per l’avviamento dell’economia di piantagione del commercio
atlantico.
La manodopera
Nel ‘600 ebbe inizio l’ultima tratta degli schiavi su vasta scala. Gli schiavi africani iniziano ad
essere portati in ogni angolo del mondo. Le tratte interne furono numerose quanto quelle esterne
perché il modo di produzione schiaviste conobbe un picco in Africa nell’800.
L’Africa ha fornito manodopera e sistema di piantagione schiavista al mondo intero.
Le materie prime
L’800 precoloniale dopo la tratta atlantica → terzo momento del contributo africano alla
globalizzazione economica.
Il continente africano ebbe un ruolo fondamentale nella produzione capitalistica occidentale perché
forniva moltissima materia prima.
Conferenza di Berlino del 1884-1885 testimonia il ruolo politico internazionale dell’Africa:
regolava il commercio europeo in Africa nelle aree del fiume Congo e Niger e sanciva nascita dello
Stato Libero del Congo sotto Leopoldo II del Belgio. Poneva anche le basi per la colonizzazione del
continente.
La colonizzazione ebbe l’effetto di relegare l’Africa a ruolo secondario e a toglierla dalla scacchiera
mondiale.
Il continente non è ancora molto industrializzato, fatto che giustifica la sua considerazione a
“periferia del mondo”. È un fatto innegabile ma falso se si considerano molti altri fattori oltre al Pil.
LE GRANDI TAPPE DELLA STORIA AFRICANA FINO AL XVI SECOLO
Africa subsahariana dall’antico Egitto all’oro medievale
Nell’alto Egitto prese forma una splendida civiltà.
L’idea di un Egitto africano apparve scandalosa agli egittologi occidentali degli anni ‘50. Non ci si
era ancora liberati dall’eredità del razzismo. Questa idea però restituiva dignità a popoli di cui si
negava la storicità.
L’eredità egiziana si diffuse verso sud dopo che i romani distrussero l’Egitto dei faraoni (Cleopatra
ultima regina si suicida dopo la sconfitta di Antonio ad opera di Ottaviano).
La fase successiva è oscura.
Il Corno d’Africa subì l’invasione persiana dal V secolo. Poi con l’avvento dell’Islam nacque un
cultura meticcia chiamata swahili.
Libia era divisa in Cirenaica a est (egizi e greci) e Tripolitania a ovest (romani). A est di Tripoli la
zona della Leptis Magna decadde in seguito all’invasione degli arabi diretti in Occidente (VII
secolo).
Civiltà musulmana fiorì nel Maghreb dal X secolo.
Conquista dell’Africa settentrionale da parte degli arabi rende a lungo difficili le relazioni tra nord
e