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CONFUCIANESIMO
Confucio fu il massimo elaboratore della cultura cinese. Nacque nel 551
a.C., la sua infanzia fu modesta. Il padre morì prima che il figlio compisse
i tre anni. Fu costretto a farsi strada da solo, inizialmente con lavori
servili. Divenne un istitutore, ma la sua carriera fu un fallimento se vista
dalla prospettiva delle sue ambizioni: il suo scopo era ottenere un incarico
pubblico, poiché riteneva che le sue teorie non avrebbero preso piede se
non ne avesse dimostrato l’efficacia. Al potere ne temevano troppo il
candore e l’integrità per affidargli un incarico di governo. Il governatore
gli affibbiò un incarico onorifico privo di autorità, sperando così di tenerlo
tranquillo. Disgustato, Confucio rassegnò le dimissioni. Dedicò i successivi tredici anni della sua vita
vagando di Stato in Stato, dando consigli non richiesti ai potenti. Gli Stati che attraversava non prendevano
in considerazione i suoi consigli di pace, anacoreti ed eremiti ne deridevano gli sforzi di riforma della
società, perfino i contadini lo criticavano come “uomo che sa di non poter avere successo ma continua a
provarci”. Soltanto un piccolo gruppo di fedeli discepoli gli era accanto nell’affrontare le critiche.
Nonostante il suo fallimento come politico, Confucio fu indubbiamente uno dei più grandi maestri del
mondo. Costituiva di per sé un’istituzione educativa. Il suo metodo di insegnamento era sempre informale,
basato sulle conversazioni su problemi sollevati dai suoi allievi, citando letture e ponendo domande. Non si
proponeva mai come un saggio; era sempre disponibile, si presentava come modesto compagno di viaggio.
Aveva senso dell’umorismo e misura nelle cose. Nonostante la sicurezza era sempre pronto ad ammettere di
poter avere torto. Non aveva nulla di soprannaturale. Amava stare con la gente, nel tempo libero aveva modi
informali e allegri. Non offendeva mai i suoi allievi più poveri ed era più esigente con se stesso che con gli
altri. I suoi detti sono stati assorbiti dalla mentalità cinese, filtrando fino nei proverbi orali e nel governo.
Confucio viveva in un tempo in cui la coesione sociale aveva raggiunto un punto critico di deterioramento.
Che cosa aveva tenuto insieme la società fino ad allora? I costumi e le tradizioni avevano fornito una
coesione sufficiente a mantenere integra la comunità. All’epoca di Confucio emerse l’individualità e un gran
numero di individui, dotati di coscienza di sé piuttosto che di una coscienza di gruppo, iniziarono a far
prevalere l’interesse personale piuttosto che le aspettative del gruppo. Per i realisti l’ordine sociale poteva
essere mantenuto solo con l’uso della forza e delle punizioni. Le persone erano quindi di natura considerate
lussuriose, avide e invidiose. Al versante opposto stava il moismo, la visione di Mozi, che proponeva l’amore
universale come soluzione. La convinzione di Confucio è che realisti e moisti si sbagliassero in egual misura,
sebbene per motivi opposti. Confucio non era figlio dell’Illuminismo. Era più vicino ai filosofi e agli
psicologi, che riconoscono che l’altruismo non è generato dall’esortazione. Era invece ossessionato dalla
tradizione: i comportamenti tradizionali erano convincenti, la gente vi si conformava e dato che erano
finemente elaborati nel tempo, conformarsi ad essi generava pace e felicità. La tradizione gli appariva lo
strumento per riappropriarsi delle norme di quel glorioso passato che potessero servire alla sua epoca
travagliata. Confucio preservava la continuità mantenendo la tradizione al centro della scena; si appellava ai
classici come base per le linee guida dei suoi principi. Tuttavia era continuamente impegnato in un’opera di
interpretazione, modifica e riformulazione.
La tradizione deliberata di Confucio:
1. JEN: definisce il rapporto ideale che si dovrebbe intrattenere tra le persone. Bontà, fratellanza, benevolenza e
amore, senso di umanità. È una virtù tanto importante che per il nobile è più cara della vita stessa, implica un
sentimento di umanità nei confronti degli altri e di rispetto verso se stessi. Nella vita pubblica designa
un’instancabile diligenza, nella vita privata cortesia, abnegazione, empatia. Da qui le affermazioni “Non fate agli
altri ciò che non vorreste fosse fatto a voi” e “La persona dotata di jen, cercando di affermare se stessa, cerca
altresì l’affermazione altrui”.
2. CHUN TZU: si riferisce all’immagine della “Persona Matura”; pienamente all’altezza ed equilibrata, con un forte
rispetto di sé da cui si genera il rispetto per il prossimo. Il gentiluomo che non parla troppo. Non si vanta, non si
mette in mostra e non esibisce in alcun modo la propria superiorità. Sempre fedele ai suoi principi in ogni momento
sa come comportarsi.
3. LI: ha due significati; il primo riguarda la maniera appropriata in cui andrebbero fatte le cose. L’appropriatezza
riguarda un’ampia gamma di settori: 1) la semantica (indagine della relazione tra parole, pensiero e realtà
oggettiva; tutto il pensiero umano procede tramite parole, perciò se le parole non sono pertinenti, il pensiero non
può procedere correttamente) 2) la “dottrina del giusto mezzo” nei confronti di pericoli di esagerazioni e mollezze
“la volontà non andrebbe gratificata completamente. Il piacere non dovrebbe essere portato all’eccesso”, quindi il
rispetto per il mezzo porta armonia ed equilibrio 3) le “cinque relazioni costanti” genitore/figlio, marito/moglie,
fratelli maggiori/minori, amico anziano/più giovane, sovrano/suddito. Riveste un’importanza vitale per la salute
della società che queste relazioni-chiave siano costituite correttamente tra cui molto importanti sono il rispetto per
l’Eta e la famiglia: la famiglia è l’unità basilare della società. Quando i valori importanti dei genitori non hanno più
significato per i figli, la civiltà è in pericolo, ha scritto qualcuno. Inoltre è importante che i giovani si occupino
degli anziani e che gli onorino. Poiché a conti fatti, gli anni non portano soltanto esperienza e maturità, ma
pienezza della saggezza e un addolcimento dello spirito. Il secondo significato del termine è ‘rituale’, il fatto che ci
fosse un modello per ogni atto. La nozione di li costituiva il programma confuciano di una buona condotta di vita.
4. TE: letteralmente il termine si riferisce al potere con cui si domina le gente. Lo Stato deve confidare nel fatto che i
cittadini sposino la sua volontà e aver sufficiente fiducia nel proprio operato. Le tre componenti essenziali del buon
governo sono l’efficienza economica e militare e la fiducia del popolo. Te è dunque il potere dell’esempio morale,
del capo. Quando il leader è un vero Re, a cui ratifica deriva dalla rettitudine che gli è connaturale, radunerà attorno
a sé una squadra di incorruttibili alleati, risveglierà a sua volta la coscienza pubblica, ispirando la massa dei
cittadini. Perché il processo funzioni, i sovrani non devono nutrire alcuna aspirazione personale.
5. WEN: si riferiva alle “arti della pace” musica, arte, poesia, ovvero la cultura nel suo aspetto estetico e spirituale.
Confucio dava un valore straordinario alle arti. Lo colpiva il potere dell’arte di trasformare la natura umana
orientandola verso la virtù, il suo potere di facilitare un’attenzione nei confronti degli altri. La vittoria andrà allo
Stato che svilupperà il wen più sublime, la cultura più elevata, cioè lo Stato in possesso dell’arte più raffinata, della
filosofia più nobile, della poesia più sublime.
Visione religiosa cinese: Cielo e Terra erano considerati un continuum. Le persone che costituivano il cielo
erano gli antenati. Si trattava di avi che erano andati avanti e sarebbero presto stati raggiunti dalla schiera
attuali degli abitanti della Terra; la morte non era altro che la promozione ad uno stato più venerabile. I due
ambiti erano in costante contatto. Il Cielo aveva in mano il controllo del benessere della Terra, ma dipendeva
dagli abitanti della Terra perché attraverso il sacrificio soddisfacessero alcune sue necessità. Il Cielo era di
gran lunga più importante e i suoi abitanti suscitavano venerazione da parte della Terra e ne dominavano
l’immaginario. Cielo e Terra comunicavano per mezzo di sacrifici (una collina riservata alle offerte
costituiva il centro di ogni antico villaggio). Il Cielo rispondeva tramite la divinazione: gli antenati
conoscendo tutto il passato del proprio popolo, avevano i mezzi per discernere il futuro. Essendo
benevolmente disposti era naturale che volessero condividere la conoscenza dell’avvenire. Tutto quanto
avveniva sulla terra ricadeva in due classi: le cose che le persone facevano intenzionalmente erano ordinarie,
ma le cose che “accadevano da sole” dovevano essere osservate con cura (alcuni segni erano interni: pruriti,
starnuti, inciampi, ronzii alle orecchie, tremiti alle palpebre; altri esterni: tuoni, lampi, corsi delle stelle,
comportamenti insetti, animali, uccelli). Confucio spostò l’attenzione delle persone dal Cielo alla terra, senza
che il cielo fosse estromesso completamente. La sua filosofia non conteneva nulla di metafisico. Di norma
non parlava di spiriti. “La vera sapienza sta nel riconoscere di sapere quello che si sa e di non sapere quello
che non si sa (…) Ascolta molto, lascia da parte quello che pensi sia dubbio e parla con la dovuta cautela di
tutto il resto. Guarda molto, lascia da parte le cose dal significato poco chiaro e agisci con attenzione
riguardo al resto” Confucio non fece nulla per interrompere i riti ancestrali dei morti, né mai negò
l’esistenza degli spiriti, anzi consigliava di trattarli come se fossero presenti; ma la sua attenzione era diretta
alla famiglia dei vivi: gli obblighi fra famigliari erano più importanti dei loro doveri verso i defunti.
TAOSIMO
Il taosimo è legato ad un uomo di
nome Lao-tzu, nato intorno al
604 a.C. Si tratta di una figura
vaga e alcuni studiosi si chiedono
se sia mai esistito. Non sappiamo
nemmeno il suo nome poiché
Lao-tzu significa ‘vecchio
bambino’. Si dice che lasciasse
un’impressione enigmatica in chi
lo incontrasse, una sensazione
che possedesse profondità
intellettuali difficili da cogliere immediatamente. Il libro del taoismo è il Tao-the-ching, ovvero Il libro della
via e della virtù.
3 significati del tao (che significa sentiero):
1. la via della realtà ultima: qualcosa che non si può né percepire né concepire con chiarezza, le parole non sono
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