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EMPIRISTI E RAZIONALISTI: TRANSAZIONI ECONOMICHE E ATTI DI
1. COMUNICAZIONE
L’oggetto di ricerca dell’antropologia sociale è descrivere la varietà di culture e delle società
umane e spiegarne il perché. I due orientamenti principali di spiegazione sono quello empirista e
razionalista; il primo afferma un approccio basato sull’osservazione diretta dei membri di una
comunità, fatta di “persone sociali” che agiscono sotto convenzioni e attraverso transazioni
economiche che esplicitano l’intera struttura sociale del sistema (politica, religiosa, giuridica..).
Il punto di vista razionalista, definibile anche “strutturalista”, volge l’attenzione direttamente
alle interazioni osservate tra gli individui, reinterpretate come atti di comunicazione.
L’impostazione di tale saggio vede le teorie degli antropologi comunanti nel dogma centrale del
funzionalismo, per cui i dettagli culturali devono essere visti in contento, ma in modo
complementare più che contraddittorio, ossia si concentra sugli aspetti comunicativi delle
transazioni. PROBLEMI DI TERMINOLOGIA
2.
Gli aspetti del comportamento umano si possono distinguere in: attività biologiche naturali, le
azioni tecniche che mutano lo stato della realtà esterna, e le azioni espressive che dicono uno
stato di cose o presumono di cambiarlo, e in queste sono incluse i gesti o comportamenti come
indossare una divisa o portare la fede. Questi tre aspetti non sono completamente separabili. Tali
azioni espressive opera con segni, segnali e simboli che raggiungono la comunicazione umana.
Esistono tuttavia forme di comunicazione il cui collegamento non è diretto come quando si
parla, ma necessita di una interpretazione dei risultati. Tutte le varie dimensioni non verbali
della comunicazione, come la moda, il cibo, la musica, i gesti ecc.. sono prontamente
trasformati in altri modi attraverso una sorta di meccanismo logico che ci permette di codificarli
analogamente ai suoni, parole e frasi di un linguaggio naturale. È importante riconoscere che
esistono comunque differenze tra le modalità con cui i soggetti si trasmettono informazioni con
l’uso del linguaggio e della scrittura e con cui codificano le azioni e i segni non verbali. Il punto
di partenza di tale saggio è il concepire ogni unità di comunicazione come un “evento di
comunicazione” che ha sempre due facce: ci devono essere sempre un emittente e un ricevente,
e l’azione espressiva ha due aspetti in quanto vi è l’azione o un suo prodotto e il messaggio
codificato e decodificato. Ovviamente la relazione tra il messaggio che porta un’identità A e il
messaggio B assume una varietà di forme. In questo contesto si assume però che vi è un segno
quando A e B appartengono allo stesso contesto culturale: un tale tipo di relazione è definito
metonimia (una parte sta per l’intero) per cui un segno è contiguo e parte di ciò che è
significato. Invece un simbolo è quando A sta per B senza relazione precedente, quindi
appartengono a diversi contesti culturali: tale relazione è la metafora. Altra importante
distinzione terminologica da considerare è quella paradigmatico/sintagmatico: si definisce "asse
sintagmatico" il concatenamento degli elementi comunicativi (le parole o qualsiasi altro segno)
considerati nel loro rapporto di contiguità (l'uno dopo l'altro) e "asse paradigmatico" l'insieme
delle parole o dei segni con i quali, per associazione, si può sostituire ciascun elemento dell'asse
sintagmatico. Per comprendere meglio, seguiamo l’esempio in musica: l’armonia, in cui i
singoli strumenti producono rumori simultanei che sono ascoltati in combinazione, si distingue
dalla melodia in cui una nota segue un’altra per formare un motivo musicale. Allo stesso modo
le catene sintagmatiche sono le lettere che formano una parola scritta, mentre un’associazione
paradigmatica accade quando si traspone simultaneamente quando una sequenza di note è
interpretata come una sequenza di movimenti su una tastiera che per ulteriore conversione
diventano onde sonore che raggiungono l’orecchio dell’ascoltatore.
Al di là del faticoso linguaggio tecnico l’intero argomento poggia sull’ipotesi che ogni tipo di
azione umana che comunica qualcosa ha un meccanismo che deve essere lo stesso, e che
ognuno sia una trasformazione dell’altro tanto quanto un testo scritto è una trasformazione del
linguaggio parlato. OGGETTI, IMMAGINI SENSORALI, CONCETTI
3.
Una difficoltà rilevante della questione è che si occupa tanto delle attività della mente umana
quanto quella degli oggetti e delle azioni nella realtà esterna. Il significato di un comportamento
espressivo interessa la relazione tra i modelli osservabili all’eterno e quelli inosservabili nella
mente. In questo saggio si assume il concetto di immagine sensoriale come quelle parole che
possiamo pensare senza parlare realmente o le immagini visive che pensiamo senza usare gli
occhi o altri sensi. La difficoltà sta nel capire come questa immagine sia legata ad oggetti ed
eventi del mondo esterno. Innanzitutto, pensando ai fenomeni del linguaggio come omonimia e
sinonimia, quindi analogie verbali con l’uso non verbale e viceversa, i nomi che si applicano
alle cose e agli eventi esterni dipendono da convinzioni arbitrarie, e ciò implica un’ambiguità
rispetto alle immagini sensibili e a ciò che gli oggetti concettualmente evocano, e rispetto a
quali tipi di oggetti usiamo per rappresentare idee metafisiche. A questo punto si incontra una
seconda difficoltà: alcuni concetti nascono come descrizione di oggetti ed eventi del mondo
esterno, altri sono generati nella mente senza un riferimento particolare alla realtà esterna,
riuscendo inoltre a proiettarli su oggetti e azioni del mondo esterno con i segni e simboli. La
relazione tra il concetto della mente e l’immagine sensoriale è intrinseca, ma quella tra
l’immagine sensoriale e l’oggetto del mondo esterno è arbitraria, per cui simbolica (metaforica).
Seppur una qualsiasi associazione arbitraria che si usa più e più volte alla fine comincia ad
apparire intrinseca, in quanto stabilizzata dalla convenzione e dall’uso abituale trasformandola
in un segno, il saggio si concentra sull’arbitrarietà fondamentale del legame. Nel linguaggio
verbale l’arbitrarietà iniziale è ovvia (l’animale che un inglese chiama dog sarà chiamato cane
da un italiano: le due parole sono metafore arbitrarie, simboli, dello stesso oggetto). Nel
contesto non verbale non è così trasferibile come legame: la percezione del mondo, le immagini
sensoriali possono essere soggette all’’ambiente sociale. Per cui le relazioni simboliche e di
segno sono distinte a livello di nozione ma nei processi comuni di comunicazione mostriamo di
tenerle separare. Questo genera ambiguità in situazioni importanti come l’espressione politica e
religiosa. SEGNALI ED INDICI
4.
Il segnale si riferisce ad ogni meccanismo automatico di risposta immediato; in natura quasi tutti
i segnali sono biologici, ma nella comunicazione umana non è così scontato, seppur molte
risposte sono “istintive”. Un segnale è sempre parte di una sequenza di causa ed effetto; e tra il
segnale e la sua conseguenza intercorre uno spazio di tempo. I segnali sono automatici nel senso
che non implicano una risposta intenzionale dal ricevente ma non sono meccanici, ossia il
segnale è efficace anche perché subordinato alla risposta sensata del recettore, risposta che non è
pienamente prevedibile. Il contrasto tra segnale ed indice è come quello tra la dinamica e la
statica: un segnale è esso stesso un messaggio che determina un altro evento; con un indice,
l’entità del messaggio è un’indicazione dell’esistenza passata, presente o futura di un messaggio
e nessun rapporto di causa ed effetto è implicato.. è meramente descrittiva. Gran parte
dell’educazione umana consiste nell’imparare serie di indici sia naturali che elaborati dall’uomo
con cui impariamo a distinguere le cose. Imparandole però reagiamo agli indici usati
abitualmente come se fossero segnali. TRASFORMAZIONI
5.
La polarità metafora/metonimia elaborata da Jakobson per primo, rese evidente che nelle attuali
forme di osservabili del discorso verbale e non verbale, i due modelli sono mischiati. Tale
visione è stata sviluppata successivamente da Levi- Strauss nella tecnica di interpretazione; il
punto chiave è che non solo metafora e metonimia, associazione paradigmatica e catena
sintagmatica sono combinate ma anche che il significato dipende dalle trasformazioni di un
modello nell’altro e così via. L’autore ha cercato di rappresentare ciò con l’esempio della storia
del mito: una storia mitica è lineare nella forma, una serie di eventi successivi. Questi eventi
accadono in sequenza, per cui formano una catena sintagmatica, sono legati da metonimia.
Dopo di che, lo studioso afferma che la storia può essere divisa in episodi, ognuno dei quali è
assunto come una trasformazione parziale dell’altro. Ma se si concepisce la sequenza come
un’addizione, il processo vede la trasformazione di metonimia in metafora. Il principio
fondamentale implicito è solo uno ed è comune all’espressione verbale e all’attività rituale. Le
espressioni verbali sono sequenze nel tempo, ma i messaggi sono sincronici, lo spazio di tempo
tra l’inizio della frase e la fine è breve. Ma quando tentiamo di interpretare le esecuzioni rituali
dimentichiamo che gli eventi, separati da intervalli di tempo notevoli, possono far parte di uno
stesso messaggio. TEORIE DELLA MAGIA E DELLA FATTUCCHIERIA
6.
Esempi eccellenti delle ambiguità sopra discusse sono le azioni che gli antropologi classificano
come magia e fattucchieria; la tecnica di interpretazione di Levi-Strauss può essere utilizzata per
dimostrare gli errori logici del “magico”. Fino a non molto tempo fa gli antropologi
consideravano scontato che la credenza nella magia fosse conseguenza di incapacità mentale
generale; la versione più accettata era quella di Frazer, il quale sosteneva che gli atti espressivi
che tendono a modificare lo stato di cose con mezzi metafisici sono tentativi sbagliati di atti
tecnici che modificano lo stato della realtà con strumenti fisici. L’essenza della questione sta nel
fatto che se si osserva l’azione magica durante l’esecuzione, essa è di un genere diverso
dall’azione tecnica: in questa il tecnico è sempre in contatto diretto con il l’oggetto che vuol