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PARTE SECONDA. FARE-DISFARE CORPI
III. L’ENIGMA DELL’ORNAMENTO. PROLOGO DARWINIANO
1. Debolezza e successo biologico della specie umana Charles Darwin,
Gli antropologi culturali, di solito, si guardano bene dal frequentare il quale non
viene considerato da essi come un autore da cui apprendere qualcosa o con cui discutere. Eppure Darwin ha
molto da insegnare agli antropologi culturali, se non altro a proposito del suo lungo giro attorno al mondo, e
quindi del rapporto tra viaggio e pensiero, tra teorizzazione ed esperienza. Una delle caratteristiche più
evidenti delle riflessioni antropologiche di Darwin in The Descent of Man è la tensione tra due approcci
diversi: da un lato l’intento di collocare l’essere umano nel contesto più generale della natura, rimarcando la
continuità e la somiglianza con gli altri mammiferi, e dall’altro il suo essere quasi costretto a rilevare la
peculiarità della condizione umana. Così, se da un lato Darwin afferma che l’uomo è costruito sullo stesso
tipo generale di ogni altro mammifero, dall’altro egli non può fare a meno di constatare che, per esempio,
per quanto riguarda i suoi individui e i ritmi del loro sviluppo, la specie umana è contrassegnata da una
maturazione molto lenta. Inoltre, se si pone l’essere umano a confronto con gli altri primati, non può non
nudità
colpire la della sua pelle. Darwin ritorna più volte sulla nudità dell’essere umano e lo fa ponendo in
1) 2)
relazione questo carattere con due tematiche: il carattere inerme dell’uomo; il rilievo fondamentale che
nell’uomo assume l’ornamento. Anche agli occhi di Darwin, l’essere umano appare caratterizzato da
duca di Argyll,
mancanze e da penurie; egli, infatti, prende in considerazione la tesi del l’autore del Primeval
Man del 1869, secondo cui “l’uomo è una delle creature più prive di aiuto e di difesa del mondo”. Inoltre, la
gracilità e la debolezza divengono maggiori nell’uomo quanto più procede la sua evoluzione. Questa indubbia
penuria di mezzi naturali si traduce, agli occhi di Darwin, in un “immenso vantaggio”, in quanto costringe
l’uomo a puntare selettivamente su alcune qualità che maggiormente lo contraddistinguono. Vi è dunque un
rapporto, per Darwin, tra la “penuria” biologica dell’uomo e il suo successo altrettanto biologico. Il nesso tra
1)
la debolezza organica e la forza organizzativa è dato, per Darwin, dalla compresenza di tre fattori: sviluppo
facoltà intellettuali; 2) costumi sociali; 3) struttura fisica.
di incidenza dei particolarità della Le facoltà
intellettuali si esplicano nel linguaggio articolato e in una serie di altre invenzioni, come armi, strumenti,
trappole e soprattutto nella scoperta del fuoco. Queste stesse facoltà intellettuali vengono così elencate:
capacità di osservazione, memoria, curiosità, immaginazione, ragione. Per quanto riguarda il secondo fattore,
la socialità, essa prende forma attraverso la “simpatia” e “l’amore” verso i propri compagni, sviluppando così
solidarietà e reciproco aiuto. Per quanto riguarda gli aspetti della struttura fisica (terzo fattore), è soprattutto
“l’uso di una mano perfetta” ciò che consente all’essere umano di dare luogo alla stupefacente industria
litica, con conseguente “divisione del lavoro”. Darwin insiste poi su un carattere della struttura fisica
dell’uomo che lo separa nettamente rispetto agli altri animali, ossia la posizione eretta. Darwin introduce così
un tema di grande importanza, quello cioè della “liberazione” delle mani e dell’intera parte superiore del
corpo dai compiti della deambulazione.
2. Un ponte tra animali ed esseri umani: la cultura
Quando Darwin evoca l’acquisizione della stazione eretta, descrive le condizioni più significative
cultura
grazie alle quali gli antenati degli esseri umani sono divenuti animali culturali. È la il nesso tra la
penuria dell’uomo e il suo successo. Darwin non parla però di cultura in senso antropologico, e quando usa
il termine il significato è soltanto quello tradizionale: la cultura degli uomini colti, che si differenziano dai
barbari. Nelle argomentazioni di Darwin, il concetto di cultura potrebbe inserirsi in maniera convincente,
purché esso non sia considerato come un patrimonio esclusivo dell’umanità, bensì come una risorsa già
presente in natura, a cui gli antenati dell’uomo hanno potuto accedere nelle loro trasformazioni evolutive. Si
potrebbe pensare che Darwin sarebbe disponibile a far suo il concetto di cultura, purché esso venga inteso
come una potenzialità zoologica, prima ancora che antropologica. Darwin, inoltre, se da un lato individua i
tre fattori che maggiormente contraddistinguono la condizione umana, dall’altro si preoccupa di ristabilire
legami di continuità. Essendo il suo obiettivo quello di creare continuità, Darwin aveva di fronte a sé due
possibilità: abbassare la facoltà umana a quella animale oppure innalzare la facoltà animale verso quella
1)
umana. Darwin sceglie la seconda strada aiutato da alcuni dati: poche persone negherebbero la presenza
2)
negli animali di qualche capacità raziocinante; infatti si possono continuamente vedere animali esitare,
3)
decidere e risolvere; è un fatto significativo che più le abitudini di un particolare animale sono studiate da
un naturalista, più questi attribuisce importanza alla ragione e meno quindi agli istinti rozzi. Il nucleo della
razionalità umana e animale è individuato nella “scelta”. La scelta è ciò che consente a Darwin di umanizzare
gli animali, anziché di abbassare gli uomini al livello degli animali.
3. Il senso del bello. Come spiegarlo?
È cruciale l’importanza dell’ornamento. Il linguaggio articolato, secondo Darwin, è una facoltà del
tutto peculiare dell’uomo. Esso non è un istinto, e infatti ha da essere appreso. Subito dopo Darwin ricorre
però al canto degli uccelli. Anche qui abbiamo a che fare con suoni che vengono emessi per apprendimento.
L’analogia tra il linguaggio degli uomini e il canto degli uccelli viene stabilita sottolineando che in un caso e
nell’altro vi è una tendenza istintiva, che spinge i piccoli verso l’emissione di suoni. Ma la tendenza istintiva
è soltanto una base necessaria e non sufficiente: per imparare a parlare o a cantare ci vuole esercizio,
apprendimento e insegnamento da parte degli adulti. Non solo, ma ciò che viene appreso, non è una lingua
o un canto universale, ma lingue o dialetti particolari. Le analisi di Darwin spingono poi verso una seconda
connessione, che ci consente di approdare al tema dell’ornamento: egli avverte l’improponibilità di
considerare come superiori quelle lingue che si presentano più complesse, simmetriche e regolari rispetto
alle lingue irregolari, abbreviate e imbastardite, frutto di contatti tra popoli diversi. Dopo avere considerato
la varietà delle lingue umane e dei canti degli uccelli, egli non può esimersi dall’affrontare il tema del “senso
del bello”. Suoni, forme, colori possono produrre un piacere estetico, che ritroviamo tanto negli esseri umani
quanto negli animali. Darwin sostiene che il “senso del bello”, insieme all’immaginazione, alla meraviglia, alla
curiosità, all’imitazione, all’amore dell’eccitazione e della novità, determina nell’uomo “capricciosi
cambiamenti di costume e di mode”, così come negli animali. È l’ornamento ciò che alla fine attrae
maggiormente l’attenzione di Darwin; egli sottolinea infatti che “i selvaggi pongono molta cura nel loro
aspetto personale” e che essi “amano molto ornarsi”. Nell’adornarsi l’uomo provoca un intenso piacere; non
solo, ma per l’ornamento è disposto a investire gran parte dei suoi averi e del suo lavoro. Inoltre, se Darwin
in una parte precedente del suo libro era rimasto colpito dal “piacere” con cui gli esseri umani si tatuano, si
dipingono, si decorano, ora emerge invece il tema opposto, quello del “dolore”. Le sofferenze causate da
queste mutilazioni devono essere notevolissime; il che significa che la convinzione della loro necessità deve
essere ben radicata. L’ornamento dà piacere; il dolore è un po’ come un prezzo che si paga per avere o
costruire sul corpo determinati tipi di ornamento. Tutta l’argomentazione relativa agli interventi estetici sul
corpo finisce col ruotare attorno all’idea dell’irrinunciabilità dell’ornamento. Persino le “mutilazioni”
vengono ricondotte a questo tema. Il tema dell’ornamento assume così una sua autonomia scientifica:
anziché essere spiegato, esso spiega. La ricerca della bellezza si impone come uno dei temi più significativi
dell’antropologia presente in The Discent of Man. Ricercare la bellezza del corpo attraverso ornamenti di ogni
tipo è una costante che Darwin attesta e che l’antropologia culturale non ha fatto che confermare. Tutti gli
esseri umani ricercano la bellezza ma i modelli di bellezza che realizzano sono spesso molto divergenti. Le
diverse culture selezionerebbero alcuni aspetti del corpo umano e, ammirandone le peculiarità, si
limiterebbero a “esagerare” questi caratteri. Se si esaminano i diversi tipi di interventi estetici sul corpo, è
facile constatare che vi sono anche interventi disfunzionali o antifunzionali sul piano organico, nel senso che
alterano, ostacolano o impediscono funzioni motorie, sessuali, digestive, fonatorie, respiratorie, etc.
(interventi contronaturali).
IV. Interventi estetici sul corpo
1. La dimensione estetica e i suoi confini
Ogni intervento antropo-poietico presenta implicazioni di natura estetica. Colui che modella si
imbatte nel problema della forma, della sua bellezza, oltre che della sua funzionalità. Gli effetti estetici sono
ineludibili, essendo connaturati all’idea di forma, di immagine, di modello. Attribuito a Dio oppure agli
uomini, il lavoro antropo-poietico è globale e pervasivo. È quindi del tutto plausibile che si determini una
gerarchia di fini antropo-poietici. Anche quando l’antropo-poiesi si concentra sulle dimensioni spirituali è
bene non dimenticare che vi è in effetti un’estetica dello spirito, ovvero che le preoccupazioni estetiche non
si riducono affatto alla cura del corpo. Ammettere la dimensione estetica di qualsiasi tipo di intervento
antropo-poietico significa riconoscere l’onnipresenza del cor