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Merito degli evoluzionisti sociali fu principalmente quello di aver riunito tutti i popoli, sia

pure con ritmi diversi, in un comune processo progressivo e di aver ritenuto che l'evolu-

zione fosse dovuta a uno sviluppo interno di ognuno di essi, esprimendo così figuriamoci

nelle capacità di tutti gli uomini di progredire. Ma indirettamente il colonialismo trasse

spinto da questo modo di intendere la diversità tra i popoli giustificando il proprio inter-

vento come "fardello dell'uomo bianco" per accelerare l'evoluzione di chi era rimasto in-

dietro sulla via del progresso.

4.3 il diffusionismo

Se la domanda che si ponevano gli evoluzionisti era ‘da cosa ha origine’, quella dei diffusionisti era

‘da dove proviene’. Erano propensi a ritenere che idee e tratti culturali venissero più facilmente

adottati dall’esterno e quindi adatti alle esigenze di chi li aveva accolti.

Il diffusionista cerca una spiegazione in passaggi da un luogo a un altro di insediamenti umani.

Graebner elaborò il concetto di cicli naturali. Ciclo era inteso sia come complesso culturale caratte-

ristico di un popolo, sia come l’intera distribuzione di quel tipo di cultura tra i vari popoli del mondo.

Quei modi caratteristici di una forma culturale si sarebbero trasferiti da una popolazione a un’altra

per contatti diretti o indiretti e per migrazioni.

La scuola storico-culturale rifiutavaa l’ipotesi evoluzionista di un’unica storia dell’uomo primitivo:

essa si dividerebbe invece in serie parallele distinte geograficamente.

Impronta decisamente diffusionista ebbe la cosiddetta ‘scuola di vienna’ di Schmidt.

4.4 La scuola sociologica francese

Ad essa si rifanno esplicitamente gli autori di orientamento funzionalista e st5rutturalista.

Nella riflessione di Durkheim e degli autori a lui vicini un tema centrale fu quello delle rappresenta-

zioni collettive. Respinge ogni interpretazione in chiave psicologica. Vi sono due specie di rappre-

sentazioni distinte: quelle individuali e quelle collettive.

4.5 relativismo culturale

Il concetto di relativismo culturale viene definendosi all’interno della scuola americana di Boas e

dei suoi allievi.

si invitava a considerare legittime tutte le culture, indipendentemente dai valori che esse portavano

in sè. ma ciò avrebbe significato riconoscere il diritto di agire seguendo le proprie idee anche ai

nazisti o ai cacciatori di teste.

Negando l’esistenza di una sola forma di civiltà, non si negava però con ciò stesso la possibilità

dell’esistenza di valori universali, diversamente espressi.

Herskovits propose una distinzione un po’ bizantina tra valori ‘assoluti’ e valori ‘universali’. i primi

non subirebbero variazioni da una cultura all’altra. i secondi sarebbero un ‘esperienza storica delle

società che li manifestano’.

da allora, la problematica relativista ha attraversato l’antropologia delle diverse scuole fino a oggi,

con orientamenti ora radicali ora più sfumati.

il relativismo morale afferma la pari dignità di ogni cultura. è una posizione di apertura verso l’altro.

4.6 il funzionalismo

La teoria funzionalista ‘mira alla spiegazione dei fatti antropologici a tutti i gradi di sviluppo, per

mezzo della loro funzione e cioè della parte che svolgono nel sistema integrale della cultura, della

maniera in cui sono integrati l’uno all’altro all’interno del sistema’.

Con questa importazione, la teoria e la ricerca antropologiche conoscono una svolta. Ogni elemen-

to del comportamento sociale viene esaminato all’interno del sistema (o struttura) sociale, e di

esso si osserva la posizione che ricopre e il ruolo che assolve rispetto a tutti gli altri elementi. Sol-

tanto l’osservazione diretta svelerebbe questa trama di relazioni e il posto occupato da ogni singo-

lo ‘fatto sociale’ all’interno di essa; dall’osservazione di queste interazioni e di come ogni elemento

assolve ai propri compiti si arriverebbe all’analisi delle singole parti e dell’intero sistema. Questi

elementi, o fatti sociali, vengono denominati ‘istituzioni’, sottolineando la loro specifica natura so-

ciale.

Lo sviluppo della scuola di antropologia dal rigido funzionalismo dei suoi primi esponenti si ha pro-

prio in questa direzione, nel considerare cioè la dimensione storica e all’interno di essa la dinamica

sociale propria anche dei popoli non occidentali.

4.7 lo strutturalismo

Dall’analisi dei fatti sociali e delle varie espressioni culturali. Lévi-Strauss cerca di risalire ai principi

ordinatori generali del pensiero dell’uomo, che si organizzerebbero intorno ad alcune regole fon-

damentali. Individua una prima opposizione tra la dimensione della natura e quella della cultura.

Mentre la prima è soggetta a regole non modificabili dall’uomo, la seconda è creata dall’uomo e le

sue regole sono espressione delle sue scelte. Dietro a questa diversità culturale sarebbe possibile

riconoscere un processo mentale comune, che opererebbe negli uomini a livello inconscio.

alla struttura sociale, definita come un sistema simbolico di relazioni costanti tra i fatti, corrisponde-

rebbe una struttura di pensiero che attribuisce un senso e un ordine a quei fatti.

Principio di opposizione: distinguendo tra due o più elementi si verrebbe ad attribuire un senso a

ognuna delle parti e ad assegnare ad esse un posto nelle forme di pensiero e nella struttura socia-

le.

i sistemi di parentela mostrerebbero bene la dinamica di questo sistema relazionale. Qui l’opposi-

zione prenderebbe l’avvio da una regola universale, quella che in tutte le società vieta l’incesto.

Sarebbero proprio gli scambi ad assicurare la vita della società.

Più ancora del funzionalismo, lo strutturalismo tende a proporre, attraverso la sua rigida griglia in-

terpretativa, una visione statica dei fatti esaminait. Ciò su cui si concentra l’analisi,, infatti, non

sono le modificazioni e i cambiamenti introdotti dagli uomini nel corso della loro storia, bensì le re-

golarità, le fissità, le omologhe nascoste dietro le diversità. il suo maggior limite per la rappresen-

tazione della mutevole realtà umana.

Le società primitive, che più di quelle moderne riproducono fedelmente nelle espressioni mentali e

nell’organizzazione sociale di quelle strutture fisse.

4.8 cultura e personalità

L’interazione tra la psicologia di un individuo e la cultura della società. La Benedict analizzò il rap-

porto tra il modello culturale dominante in una società e le varietà individuali: il comportamento

particolare di una persona piò essere considerato anormale e deviante in una società ed essere

invece considerato perfettamente integrato nel modello culturale di un’altra.

Linton: la personalità è ‘l’aggregato organizzato dei processi e degli stati psicologici che riguardano

l’individuo’. Gli individui, mentre condividono con tutti glo altri membri della propria società alcuni

universali culturali, selezionano altri elementi fino a costituire una propria personalità unica.

Questa configurazione fornisce ai membri di una società i modi di comprensione e valori comuni, e

permette loro di rispondere affettivamente in modo unitario alle situazioni che interessano i loro

comuni valori. Ogni individuo possederebbe una personalità di status, determinata in parte dalla

sua posizione sociale, da quella familiare e da sue scelte particolari di vita. Il ruolo assoluto all’in-

terno della propria società da un individuo rappresenterebbe l’aspetto dinamico dello status.

le prime proverrebbero dai comportamenti culturalmente modellati che si rivolgono direttamente al

bambino.

le altre derivano dal fatto che i modelli di comportamento di una società sono osservati da un indi-

viduo o gli vengono insegnati.

le differenze individuali nella personalità sarebbero da imputarsi alla grande varietà di situazioni

ambientali, fisiche e sociali.

Secondo Kardiner i rapporti del bambino con gli adulti, che variano molto da società a società, de-

terminano quelle attitudini di base sulle quali si modellerà la personalità dell’individuo adulto.

i modi di soddisfacimento del bambino formano le istituzioni primarie, da cui derivano le seconda-

rie (sistemi simbolici propri di una società).

L’esistenza in ogni persona di un residuo irriducibile culturalemtne, che verrebbe a formare i tratti

unici di un carattere individuale.

4.9 materialismo culturale e neoevoluzionismo

White: distingue tre sottoinsiemi della cultura: tecnologico, sociologico, ideologico. il primo com-

prende i mezzi con cui l’uomo affronta e domina il suo habitat naturale ed è considerato di impor-

tanza principale. gli altri due sarebbero secondari e sussidiari rispetto a quello. White riconosce

che la società e il pensiero possono condizionare e influenzare la tecnologia, ma ‘il fattore tecnolo-

gico è la determinante di un sistema culturale’. la cultura diventa nient’altro che un meccanismo

per svolgere il processo vitale della specie umana.

il suo funzionamento è determinato dalla quantità di energia pro capite messa a disposizione degli

uomini in una società.

L’evoluzione della cultura dipende dall’aumento dell’energia pro capite per anno messa a disposi-

zione o dall’aumento dell’efficienza dei mezzi adibiti allo sfruttamento dell’energia stessa.

Materialismo culturale è l’espressione con cui Marvin Harris definisce la propria teoria della cultura.

L’obiettivo è quello di fornire spiegazioni causali alle varietà di espressioni culturali e di modi di or-

ganizzazione sociale, basandosi sui condizionamenti culturali.

L’aspirazione è quella di arrivare a formulare leggi di validità generale, applicabili a tutte le situa-

zioni e a tutte le società.

Secondo questo approccio, comportamenti apparentemente irrazionali a una prima osservazione e

qualora si ritenga valida l’interpretazione fornita da chi li mette in atto, rivelerebbero con un’analisi

materialista la loro reale funzione adattiva all’ambiente.

Il materialismo di diretta ispirazione marxista, che ha i propri principali esponenti nei francesi Meil-

lassoux e Maurice Godelier. Essi cercano un mondo originale di adattare gli strumenti di analisi

della società che marx ed Engels avevano derivato dalle condizioni storiche dell’Europa moderna

e industrializzata a società precapitalistiche. La struttura sociale e i modi di produzione di queste

ultime erano fondati su aspetti, quali la parentela, che il marxismo avr

Dettagli
A.A. 2018-2019
10 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher denise.simionato.1996 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia culturale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Padova o del prof Boros Amedeo.