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IL LITISCONSORZIO FACOLTATIVO

Il fenomeno della pluralità di parti nel processo può trovare varie giustificazioni: quando la causa è

unica con più di due parti si ha litisconsorzio necessario; quando le cause sono molteplici, ovvero

quando nel processo originario già regolarmente instaurato si inserisce un soggetto che vi abbia

sufficiente interesse, si ha litisconsorzio facoltativo. Quest’ultimo può essere originario o

successivo. Quello originario è previsto e disciplinato espressamente dall’articolo 103; quello

successivo invece non è regolato da una norma apposita ma trova la sua normativa negli articoli 105

seguenti dedicati agli interventi, e quindi alla possibilità di partecipare al processo di nuovi soggetti

oltre le parti originarie. Il litisconsorzio facoltativo originario, pertanto, si ha quando il processo

nasce fin dall’inizio con più di due parti, senza che questa partecipazione plurima sia imposta da

esigenze di necessità logica o giuridica. In altri termini, mentre nel caso del litisconsorzio

necessario, se non sono chiamati a partecipare al giudizio tutti litisconsorti, non si può procedere

verso una valida decisione finale; nel caso di litisconsorzio facoltativo si può pervenire alla valida

decisione anche senza la partecipazione delle parti aggiunte e sempre che nel giudizio siano stati

chiamati i soggetti legittimati. Si spiega, in questo modo, che il litisconsorzio facoltativo originario

trova la sua ragion d’essere in un legame che collega più cause connesse e che consiglia o rende

possibile raccoglierle insieme. L’articolo 103, nel determinare quale possa essere un legame

sufficiente, fa riferimento all’oggetto o al titolo dal quale le cause dipendono ovvero al fatto che la

decisione dipende, totalmente o parzialmente, dalla risoluzione di identiche questioni.

Art. 103 “più parti possono agire o essere convenute nello stesso processo, quando tra le cause che

si propongono esiste connessione per l'oggetto o per il titolo dal quale dipendono, oppure quando

la decisione dipende totalmente o parzialmente dalla risoluzione di identiche questioni. Il giudice

può disporre, nel corso dell'istruzione o nella decisione, la separazione delle cause, se vi è istanza

di tutte le parti, ovvero quando la continuazione della loro riunione ritarderebbe o renderebbe più

gravoso il processo, e poi rimettere al giudice inferiore le cause di sua competenza”.

Litisconsorzio proprio: la causa petendi è uguale.

Litisconsorzio improprio: il petitum è uguale, la causa petendi è parzialmente diversa.

Considerazioni di economia processuale e l’esigenza di pervenire a soluzioni armoniche fanno sì

che il codice prende in considerazione la possibilità della trattazione unitaria di più cause.

Il co.2 art. 103 afferma il principio della separazione. Ciò vuol dire che, essendoci un processo

formalmente unico, nel quale convivono cause sostanzialmente autonome, al giudice è consentito di

disporre, sulla base di valutazioni di opportunità, che le cause o alcune di esse procedano

distintamente. Pertanto se si dovessero verificare delle ipotesi in cui sarebbe preferibile o necessario

che il processo prosegue in via unitaria, il giudice ne dispone la separazione.

Qualche problema crea la disciplina delle prove, perché in questo settore la sostanziale autonomia

delle cause non può non risentire l’influenza della formale unità del processo. A tal proposito, ha

importanza stabilire se i fatti da accertare sono comuni a tutti i litisconsorzi o se riguardano soltanto

alcune delle cause cumulate. Se il fatto di accertare riguarda soltanto alcune delle cause cumulate, la

prova potrà essere chiesta dalla sola parte interessata ed essa avrà effetto nei soli suoi confronti. Se

il fatto da accertare è comune a tutti litisconsorti, è ovvio che, acquisita la prova al processo di tale

fatto, essa valga allo stesso modo per tutti. In merito alle prove che implicano il potere di

disposizione del rapporto controverso (confessioni o giuramento) si possono analizzare alcune

disposizioni per ricavare una possibile disciplina. Gli articoli 2733 e 2738 codice civile stabiliscono

che la confessione resa e il giuramento prestato da alcuni soltanto dei litisconsorti sono liberamente

apprezzati dal giudice; l’articolo 1305 codice civile dispone che il giuramento prestato da un

coobbligato solidale si estende agli altri soltanto in utilibus. Esclusa la possibilità di applicare al

litisconsorzio facoltativo le prime due norme, si è sostenuto che l’articolo 1305 può avere il valore

di regola base. Parte della dottrina ha però osservato che: le prove, se possono essere presi in

considerazione nella causa connessa, hanno il valore di argomenti di prova liberamente utilizzabile

dal giudice; che è comunque necessario collegare la prova alla fattispecie nel suo complesso per

valutarne l’operatività.

Ipotesi di litisconsorzio intermedio: litisconsorzio unitario. (ipotesi a metà strada tra litisconsorzio

facoltativo e quello necessario)

Il caso paradigmatico è quello dell’impugnazione delle delibere assembleari. Secondo l’articolo

2378 c. 5 c.c. ciascuno dei soci assenti o dissenzienti può impugnare per suo conto la

deliberazione, ma l’impugnazione della medesima deliberazione devono essere istruite

congiuntamente e decise con unica sentenza. Ciò vuol dire che: le azioni sono originariamente

autonome e indipendenti, che il giudice non deve ordinare l'integrazione del contraddittorio, che

qualora vi sia una pluralità di impugnazioni queste devono essere trattate in un unico processo, che

non è consentita la separazione e che è necessaria una decisione unica.

GLI INTERVENTI VOLONTARI

La pluralità di parti può essere anche successiva rispetto all’atto iniziale del processo. In questi casi

si realizza la fattispecie degli interventi, i quali sono contrassegnati dal fatto: che il processo pende

già fra le parti legittimate; e che terze persone si inseriscono in questo processo di propria iniziativa

(intervento volontario)o vengono chiamate perché vi si inseriscano(intervento coatto).

Abbiamo tre categorie di interventi volontari nel processo: l’intervento principale, l’intervento

adesivo autonomo, l’intervento adesivo dipendente.

Intervento principale: secondo l’articolo 105 co. 1 ciascuno può intervenire nel processo tra le

persone per far valere, in confronto di tutte le parti, un diritto relativo all’oggetto o dipendente dal

titolo dedotto nel processo medesimo. Questa previsione non ha trovato applicazione nella pratica,

in quanto si configura come un intervento facoltativo. Poiché il terzo non subirebbe mai pregiudizio

dalla sentenza tra le parti originarie. Egli potrebbe far valere il suo diritto esercitando un’autonoma

azione ovvero, secondo un’opinione diffusa, proponendo l’opposizione di terzo ordinaria.

Intervento adesivo autonomo o litisconsortile: sempre l'articolo 105 primo comma prevede che

ciascuno può intervenire nel processo tra altre persone per far valere in confronto di alcune di esse

un diritto relativo all'oggetto o dipendente dal titolo dedotto nel processo medesimo. In queste

ipotesi il terzo interviene per far valere un diritto dipendente dal titolo dedotto nel processo

originario. (Il diritto vantato in giudizio deve essere autonomo ma compatibile).

Intervento adesivo dipendente o semplice: l’art. 105 secondo comma stabilisce che il terzo può

altresì intervenire per sostenere le ragioni di alcuna delle parti, quando vi ha un proprio interesse.

L'idea da cui è partito il legislatore del 1942 è semplice: la sentenza civile spesso svolge un'efficacia

ultra partes, che è efficacia indiretta o riflessa. I terzi, che possono essere pregiudicati da tale

efficacia, non hanno un’azione autonomamente esercitabile, ma possono partecipare al processo tra

le parti originarie per svolgere una sorta di controllo affinché il processo si svolga regolarmente;

essi, in quanto portatori di un semplice interesse, e non di autonomo diritto sono parti subordinate e

secondarie con poteri processuali necessariamente limitati. La dottrina dell’efficacia riflessa del

giudicato è stata particolarmente criticata, essendosi rilevato che: l’art. 2909 c.c., il quale fissa i

limiti soggettivi di efficacia della sentenza, restringe l’efficacia alle sole parti, agli eredi ed aventi

causa; da questa previsione può derivare pregiudizio in merito alla posizione di chi non è stato parte

nel processo.

Bisogna, però, prendere in considerazione che tra i rapporti giuridici sostanziali vi sono relazioni

tali che la modifica degli uni non può non riflettersi sugli altri; ma ciò non è conseguenza degli

effetti riflessi del giudicato, poiché questi ultimi sono la conseguenza e non la causa del nesso

giuridico tra le posizioni delle parti e dei terzi. Sulla base di questa impostazione, l’istituto finisce

con l’essere una sorta di valvola di sicurezza del sistema. In tutti casi in cui tra i rapporti giuridici

esistono nessi di pregiudizialità-dipendenza è inevitabile che le sentenze emanate su taluni di questi

rapporti, pur essendo sfornite di autorità nei confronti dei soggetti coinvolti nella situazione

pregiudicata, siano capaci di produrre conseguenze svantaggiose per costoro. Per evitare ciò,

l’interveniente può tutelare il suo diritto partecipando al processo nel quale si discute del rapporto

giuridico che lo condiziona e pregiudica. In questo modo egli rende possibile che gli si estende

all’efficacia di un giudicato. Non c’è ragione di dolersi per questa scelta, che anzi è opportuno

favorire nei limiti in cui un anomalo allargamento del contraddittorio non è complichi

eccessivamente il processo originario allungandone in maniera insopportabile la durata.

I poteri degli interventori: l’interveniente, principale o litisconsortile, esercita con la sua domanda

un’autonoma azione. Egli ha i poteri processuali della parte. Più delicato è stabilire quali sono i

poteri di chi spiega un intervento adesivo dipendente e non essendovi disposizioni a riguardo, tali

poteri devono essere desunti dai principi generali. Non è dubbio che il legislatore abbia configurato

la posizione processuale del terzo come una posizione anche processualmente subordinata. Ciò vuol

dire che: il tema della lite può essere fissato soltanto dalle parti originarie; il terzo non può proporre

eccezioni di merito o processuali riservate al potere dispositivo delle parti; può assumere proprie

iniziative indirizzate a influenzare la formazione del convincimento giudiziale; non può influire

sullo

Dettagli
A.A. 2016-2017
41 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher spinalessandro96 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto processuale civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Napoli Federico II o del prof Califano Gian Paolo.