vuoi
o PayPal
tutte le volte che vuoi
SEZIONE QUINTA: IL NEGOZIO GIURIDICO E IL CONTRATTO
CAPITOLO 16 – L’AUTONOMIA PRIVATA E IL NEGOZIO GIURIDICO
L’autonomia privata è la possibilità per i singoli di regolare da sé i rapporti giuridici con altre persone. Lo
strumento per la realizzazione dell’autonomia privata è il negozio giuridico, ovvero l’atto mediante il quale il
privato è autorizzato dall’ordinamento giuridico a regolare interessi individuali nei rapporti con altri soggetti.
Gli atti negoziali sono solitamente delle dichiarazioni (come lo scambio della proposta e accettazione per la
conclusione di un contratto), a volte però possono essere dei comportamenti che diano attuazione a un assetto
negoziale di interessi (come chi sale su un tram che conclude un contratto di trasporto).
Ci sono una serie di limiti sull’autonomia privata, è necessario che gli interessi regolati nel negozio giuridico
siano degni di protezione giuridica. In alcuni campi come nel diritto di famiglia infatti esiste un numero chiuso
di negozi tipici mentre in altri casi la legge lascia uno spazio anche ampio entro il quale il soggetto può
determinare il contenuto del contratto, basta che non sia illecito e realizzi interessi meritevoli di tutela secondo
l’ordinamento giuridico.
Chi stipula un negozio giuridico non pensa a regolarne tutti gli effetti per questo il codice e le altre leggi civili
contengono un complesso di regole integrative (disposizioni integrative) dei contratti incompleti. Alcune di
queste disposizioni sono imperative e la contrarietà a queste rende quindi nullo l’intero negozio, a volte la nullità
colpisce solo una parte che viene spesso sostituita dalla disposizione imperativa.
Gli elementi essenziali del contratto secondo l’art. 1325 c.c. sono:
1) Accordo delle parti
2) Causa
3) Oggetto
4) Forma
Il negozio giuridico si dice unilaterale quando è costituito dalla dichiarazione di volontà di una sola parte. Se è
costituito dalle dichiarazioni di volontà di due o più parti si dice bilaterale o plurilaterale.
Il contratto è il negozio con il quale due o più parti costituiscono, regolano o estinguono rapporti giuridici
patrimoniali.
Le deliberazioni sono dichiarazioni negoziali approvate dall’organo collegiale di una persona giuridica o di un
gruppo organizzato. Queste si considerano come negozi unilaterali (anche se pluripersonali) provenienti dal
gruppo. CAPITOLO 17 – LA MANIFESTAZIONE DI VOLONTÀ
Le dichiarazioni si distinguono in: recettizie quando producono effetti dal momento in cui ne viene a conoscenza
la persona alla quale è destinata. Si reputa conosciuta nel momento in cui giunge all’indirizzo del destinatario,
se questi non prova di essere stato, senza sua colpa, nell’impossibilità di averne notizia. Le dichiarazioni non
recettizie producono i loro effetti solo in seguito alla manifestazione di volontà. Nel negozio bilaterale la
dichiarazione è sempre recettizia mentre in quello unilaterale può essere recettizia come il recesso unilaterale
da una società o non recettizia come il testamento o la promessa al pubblico.
La volontà può essere dichiarata espressamente per mezzo della parola, parlata o scritta, oppure può essere
manifestata in modo tacito, attraverso un comportamento concludente o col silenzio.
Il comportamento concludente è un comportamento che non manifesta direttamente la volontà ma la lascia
presupporre, ad esempio se un soggetto convalida un contratto annullabile essendo a conoscenza della sua
annullabilità si presuppone che ne voglia la sua esecuzione, oppure quando un soggetto sale su un mezzo
pubblico si presuppone che stia dando attuazione a un regolamento negoziale.
Il silenzio di regola non è una dichiarazione di volontà tranne in alcune circostanze se ad esempio il presidente
di un’assemblea domanda chi sia contrario alla deliberazione e poi chi si astenga, il silenzio di fronte ad
entrambe le domande vale come espressione di un voto favorevole.
CAPITOLO 18 – L’INTERPRETAZIONE DEL NEGOZIO GIURIDICO
Dato che le parole possono avere diversi significati può accadere che la dichiarazione del negozio giuridico venga
intesa in modo diverso dal dichiarante, dal destinatario e dai terzi interessati, per cui il problema
10
dell’interpretazione consiste nel capire ciò che intendevano le parti. Per fare questo la legge ha indicato due
criteri diversi.
Con l’interpretazione soggettiva quando la dichiarazione negoziale è stata intesa nello stesso modo sia dal
dichiarante che dal destinatario, un primo criterio impone che le dichiarazioni debbano essere interpretate
secondo il significato attribuito insieme dalle parti al momento della conclusione del contratto.
Con l’interpretazione oggettiva quando il dichiarante e il destinatario hanno attribuito significati diversi alla
dichiarazione occorre stabilire a quale dei significati spetti la prevalenza. In questo caso il dichiarante deve
esprimersi con chiarezza tenendo conto della capacità di comprensione del destinatario e il destinatario deve
usare diligenza per intendere bene la dichiarazione, tra i due significati prevarrà quello più ragionevole.
Le regole sull’interpretazione del negozio sono ordinate secondo un principio di gerarchia:
1) Interpretazione secondo buona fede
2) Interpretazione soggettiva
3) Interpretazione oggettiva
4) Secondo l’art. 1371 c.c., il negozio deve essere inteso nel senso meno gravoso per l’obbligato, se è a
titolo gratuito, e nel senso che realizzi l’equo contemperamento degli interessi delle parti se è a titolo
oneroso. CAPITOLO 19 – LA SIMULAZIONE
La simulazione di un contratto avviene quando le parti fingono fi stipulare tra loro un contratto che in realtà
non vogliono concludere. Di solito insieme alla dichiarazione apparente, che non è voluta, le parti si scambiano
una controdichiarazione nascosta, con le loro reali intenzioni. La simulazione può essere assoluta, quando le
parti fingono di porre in essere un negozio, ma in realtà non ne vogliono nessuno, o relativa quando le parti
fingono di porre in essere un negozio, ma in realtà ne vogliono un altro risultante dalla controdichiarazione. La
diversità tra il negozio apparente (simulato) e quello effettivo (dissimulato), può stare nella natura del negozio,
nell’oggetto o anche nei soggetti, ad esempio se A finge di vendere a B, ma in realtà vende a C, questo
procedimento prende il nome di interposizione fittizia di persona: il contraente effettivo e occulto si chiama
interponente (C), quello che appare al suo posto interposto o prestanome (B).
Ai terzi è sempre concesso di far valere la realtà nascosta dal negozio simulato.
Se A aliena simulatamente un bene a B e B lo vende a un terzo si dovrebbe concludere che il terzo non è
diventato proprietario ma la simulazione non può essere opposta ai terzi che in buona fede hanno acquistato
diritti dal titolare apparente, così A perde la proprietà della cosa e potrà solo rivolgersi contro B per ottenere il
risarcimento del danno.
L'interesse del creditore del simulato alienante è quello di far dichiarare la simulazione al fine di sottoporre ad
esecuzione forzata il bene apparentemente uscito dal patrimonio del suo debitore. Al contrario, l'interesse del
creditore del simulato acquirente è quello di far prevalere l'apparenza sulla realtà, al fine di potersi soddisfare
sul bene che apparentemente appartiene al suo debitore. Il creditore che ha acquistato in buona fede un diritto
reale di garanzia sul bene quale ad esempio pegno ed ipoteca, è tutelato in quanto "Avente Causa dal Simulato
Acquirente". Nel caso non abbia acquistato alcuna garanzia reale (Creditore Chirografario), invece, la
simulazione può essergli opposta, salvo che egli abbia già iniziato, in buona fede, l'esecuzione forzata. I Creditori
Chirografari del Simulato Acquirente che abbiano in buona fede iniziato l'esecuzione forzata, soccombono
davanti ai Creditori del Simulato Alienante, il cui credito è anteriore all'atto simulato: viene preferito
l'affidamento fondato sulla realtà a quello fondato sull'apparenza.
Nel negozio fiduciario il fiduciante trasferisce al fiduciario la proprietà di una cosa o un altro diritto,
imponendogli però il vincolo obbligatorio di ritrasferirgli in futuro il diritto, o di trasferirlo a un terzo, o di farne
comunque un uso determinato. La caratteristica essenziale del negozio fiduciario sta in questa limitazione
obbligatoria di un più ampio effetto reale. Per l'art. 2786 c.c. è previsto lo spossessamento per la costituzione
del pegno: trattandosi di cose mobili, attraverso la procedura del negozio fiduciario potranno essere offerte in
garanzia evitando così lo spossessamento. Rispetto a ciò che accade nella simulazione, con il contratto fiduciario
le parti vogliono effettivamente ciò che hanno dichiarato, ossia il trasferimento della proprietà dal fiduciante al
fiduciario e così pure il vincolo obbligatorio del fiduciario circa l'uso che egli dovrà fare del diritto trasferitogli.
Se il fiduciario non rispetta gli impegni assunti, il fiduciante potrà agire giudizialmente nei suoi confronti: per
esempio se il fiduciario non adempie all'obbligo di restituire la cosa al fiduciante questo potrà pretenderne la
restituzione oltre al risarcimento del danno. Se il fiduciario, abusando della sua posizione, trasferisce la cosa a
11
un terzo fuori dei casi i cui ciò gli è consentito, l’acquisto del terzo è salvo ugualmente: il diritto del fiduciante
che viene così leso è infatti un diritto di credito nei confronti del fiduciario, e non un diritto reale, e perciò è, di
regola, inopponibile ai terzi. Il fiduciante potrà solo agire contro il fiduciario per ottenere il risarcimento del
danno, ma se il terzo agisce in accordo con il fiduciario a danno del fiduciante si rende complice di
appropriazione indebita e ne risponde verso il fiduciante, al quale dovrà restituire la cosa e risarcire il danno.
CAPITOLO 20 – I VIZI DELLA VOLONTÀ
A – L’ERRORE
L’errore consiste in una falsa conoscenza o nell’ignoranza di determinate circostanze che spinge una persona a
concludere un contratto. L’errore può cadere sulla dichiarazione (errore ostativo) quando per distrazione o
ignoranza del significato delle parole si dichiara una cosa diversa da quella che si vorrebbe. Oppure può cadere
sulle circostanze (errore vizio), che influenzano la formazione della volontà negoziale. L’errore produce
l’annullamento del contratto, però il dichiarante con il negozio giuridico regola i propri interessi con altre
persone che fa