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LA PROPRIETÁ

Capitolo quinto

I BENI E LA PROPRIETÁ

5.1. I beni

Per essere qualificabili giuridicamente come beni, le cose devono essere:

Utili: in quanto suscettibili di soddisfare un bisogno

o Appropriabili o accessibili: es. non è un bene un pianeta lontano

o Limitate: o comunque presenti in natura in quantità scarsa e inferiore rispetto al bisogno

o

Le cose come beni. Punto di partenza del discorso è il rapporto tra l’uomo e le cose: tra l’uomo in

quanto portatore di bisogni e le cose che sono adatte a soddisfare i suoi bisogni.

Concetto di bene: sono beni, anzitutto, le risorse della natura, come le terre fertili, i minerali del

sottosuolo, le energie insite negli elementi naturali; sono tali, inoltre, le cose che l’uomo stesso

produce, utilizzando o trasformando le risorse della natura: così i prodotti della coltivazione del suolo,

i minerali estratti dal sottosuolo, i prodotti dell’industria e cosi via. Sono beni, ancora, sia le cose che

soddisfano direttamente i bisogni umani (cosiddetti beni di consumo, come gli alimenti, gli

indumenti, le case di abitazione ecc.), sia le cose che li soddisfano indirettamente, ossia che servono a

creare altri beni, a loro volta idonei a soddisfare bisogni umani. Sono i beni produttivi o mezzi di

produzione. Non sono beni tutte le altre innumerevoli cose del mondo dalle quali l’uomo non può

trarre, o non può ancora trarre, alcuna utilità.

Relatività. Il concetto di bene è un concetto storicamente relativo, dipende per diversi aspetti

dall’evoluzione della civiltà umana. Dipende, inoltre, dal mutare e dall’espandersi dei bisogni umani:

ci sono cose che soddisfano bisogni vitali dell’uomo, i soli bisogni che soddisfaceva l’uomo primitivo

(bisogno di alimentarsi, di ripararsi dalle avversità climatiche ecc.), e cose che soddisfano, invece,

bisogni indotti dalla civiltà, cose, che nelle diverse forme assunte dalla civiltà umana sono state

considerate idonee a soddisfare nuovi bisogni materiali (per rendere la vita più sicura, più comoda, più

piacevole) o i bisogni dello spirito (gli oggetti dei culti religiosi, le opere dell’arte, della letteratura

ecc.).

Le cose comuni di tutti. Ci sono beni che la natura offre in quantità, se non proprio illimitata,

certamente superiore ai bisogni dell’uomo o alle possibilità di utilizzazione nelle attività umane (es.

luce sole, aria atmosfera). Di queste cose, proprio per la loro abbondanza tutti possono fruire a

volontà; la loro essenza, ai fini del nostro discorso, sta in ciò: l’uso che ciascuno ne faccia, per ampio

che sia, non impedisce il contemporaneo uso da parte degli altri. Le cose comuni di tutti (res

communes omnium): sono cose che appartengono a tutti o, ciò che è lo stesso, che non appartengono a

nessuno, per la semplice ragione che nessuno ha interesse a stabiliture con esse un rapporto di

appartenenza, che ne riservi a sé l’uso con esclusione dell’uso degli altri.

Le cose in quantità limitata. Altrettanto non può dirsi per molte altre cose, come il suolo e i suoi

prodotti o come i minerali del sottosuolo e le energie ricavate da questi. Qui il rapporto tra l’uomo e le

cose è un impari rapporto: la loro utilizzazione da parte di alcuni implica esclusione del loro uso da

parte degli altri. E ciò trasforma il rapporto tra l’uomo e le cose in un rapporto tra gli uomini:

costituisce materia di conflitto tra i singoli, tra i gruppi sociali, tra i popolo; e di un conflitto che mira

all’appropriazione delle risorse della natura e delle altre cose che sono ricavate dalla loro utilizzazione

o dalla loro trasformazione.

Concetto giuridico di bene. Su queste cose gli uomini hanno interesse a stabilire un rapporto di

appartenenza, che né risevi a sé l’utilizzazione, impedendo che altri possa utilizzarle. E solo di queste

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cose si occupa il diritto: questo regola i rapporti tra gli uomini, nelle molteplici manifestazioni della

vita sociale; si occupa delle cose solo in quanto esse siano materia di possibile conflitto tra gli uomini.

Sono beni per il codice civile, solo “le cose che possono formare oggetto di diritti” (art. 810), ossia le

cose che l’uomo aspira a fare proprie, a fare oggetto di un proprio diritto, che escluda gli altri dalla

loro utilizzazione. Non sono beni, giuridicamente, le cose comuni di tutti, perché nessuno ha interesse

a farle oggetto di un proprio diritto.

Energie naturali. Sono beni, per il diritto, anche le energie naturali, se “hanno un valore economico”

(art. 814). Il che val quanto dire che esse sono beni solo se sono in quantità limitata e se, per

procurarsele, si è disposti a sborsare una somma di danaro che ne rappresenta il valore economico. In

realtà, sono beni le energie naturali rese attive dall’uomo e cedute per un dato prezzo dal produttore ai

consumatori (es. energia elettrica). Qui la definizione giuridica utilizza, anziché l’attitudine della cosa

a formare oggetto di diritti, la sua attitudine a formare oggetto di scambio. Possiamo dire in generale,

che sono beni in senso giuridico solo le cose suscettibili di valutazione economica.

Possiamo anche dire che ogni sistema giuridico:

1) La proprietà. Asseconda, in misura che varia da sistema a sistema, la propensione di ciascun

uomo a fare proprie le cose e ad utilizzarle per il proprio vantaggio, escludendo gli altri dalla loro

utilizzazione. Riconosce cioè, il diritto di proprietà: il diritto “di godere e disporre delle cose in

modo pieno ed esclusivo” (art. 832).

2) I modi di acquisto. Regola i conflitti tra gli uomini per l’appropriazione delle cose di acquisto

determinando i modi di acquisto della proprietà. La regola fondamentale, universalmente accolta,

è il divieto dell’uso della forza per l’appropriazione dei beni. Il principio, da noi codificato all’art.

922, è che la proprietà si acquista solo nei “modi stabiliti dalla legge”; e, perciò, chi si appropria

delle cose in un modo diverso da quelli, pur numerosi, che sono previsti dalla legge non ne

acquista la proprietà, non riceve la protezione del diritto.

3) I beni pubblici. Fonda la categoria dei beni pubblici. Sono beni che, essendo considerati di utilità

generale vengono sottratti ad ogni possibilità di appropriazione da parte dei singoli e sono

qualificati come beni appartenenti alla società nel suo insieme. In epoca moderno, sono beni che

appartengono alla Stato o ad altri enti pubblici, cui è affidato:

a) il compito di consentirne il disciplinato uso da parte di tutti; e questa è la condizione giuridica

dei beni rientranti nel demanio pubblico (art. 822), come il lido del mare, la spiaggia, ecc.; oppure

b) il compito di utilizzarli in un modo da volgerli a vantaggio di tutti, e questa è, almeno nel

nostro diritto, la condizione giuridica di altri beni che formano il patrimonio indisponibile dello

Stato (art. 826), come le foreste, le miniere, ecc. Si esclude possano formare oggetto di

appropriazione da parte di privati.

Taluni beni pubblici, come quelli demaniali, possono essere confusi con le cose comuni di tutti,

data la loro destinazione all’uso da parte di tutti. La differenza sta nella limitatezza dei primi, che

comporta la loro attribuzione allo Stato, cui spetta di garantire il disciplinato usi di tutti. Ma il

concetto di cosa comune a tutti è, anch’esso, un concetto relativo, dipende dallo sviluppo della

civiltà umana.

4) Pone limiti alla proprietà e impone obblighi al proprietario.

5.2. I diritti sulle cose: la proprietà e gli altri diritti reali

I diritti reali. I diritti sulle cose assumono, tradizionalmente, il nome di diritti reali. Nel nostro

sistema giuridico sono in tutto sette: la proprietà, che è il diritto fondamentale; e, inoltre i diritti di

superficie, di enfiteusi, di usufrutto, di uso, di abitazione, di servitù. Ogni diritto reale consiste di

una o più facoltà che il suo titolare può esercitare sulla cosa e che, nel loro insieme, compongono il

cosiddetto contenuto del diritto. La proprietà è, tra i diritti reali, il diritto che consente la più ampia

sfera di facoltà che un soggetto possa esercitare su una cosa; ed una sfera di facoltà potenzialmente

illimitate. Rispetto alla proprietà gli altri sei diritti si presentano:

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1) come diritti limitati o parziali o minori, in quanto caratterizzati da un più limitato contenuto,

che in alcuni casi si esaurisce in una sola facoltà;

2) come diritti su cosa altrui, perché si esercitano su cose di cui altrui è proprietario: essi

coesistono, sulla cosa, con l’altrui diritto di proprietà, il cui contenuto si riduce per permettere

che la medesima cosa formi oggetto di altri diritti reali.

Contenuto della proprietà. Diritto di proprietà

Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo,

entro i limiti e con l’osservanza degli obblighi stabiliti dall’ordinamento giuridico.

Facoltà che spettano al proprietario:

1. facoltà di godere delle cose. È la facoltà del proprietario di utilizzare la cosa: implica, in linea di

principio, la possibilità di usarla o di non usarla, di come usarla, di trasformarla o distruggerla.

Per le cose fruttifere la facoltà di godimento del proprietario include il diritto di fare propri i frutti

della cosa, siano essi frutti naturali o civili.

Sono frutti naturali quelli che provengono direttamente dalla cosa, eventualmente con il concorso

 dell’opera dell’uomo: cosi i prodotti agricoli, quelli delle miniere, cave o torbiere, i parti degli

animali.

Sono frutti civili il danaro che il proprietario ricava dalla cessione ad altri del godimento della

 cosa: così gli interessi dei capitali dati a prestito, le rendite degli immobili, come il canone che il

proprietario riceve per la cosa data in locazione, e così via (art. 820).

I frutti naturali sono, finché non avviene la separazione dalla cosa madre, parte di questa: perciò, la

vendita del fondo agricolo comporta, automaticamente, la vendita dei frutti ancora pendenti. Solo con

la separazione i frutti diventano cose a sé stanti, essi appartengono al proprietario della cosa madre,

salvo che la legge non disponga diversamente. Prima della separazione si può disporre dei frutti, ma

come di cosa futura. I frutti civili si acquistano giorno per giorno, finché dura il diritto del proprietario

di percepirli (art. 821).

2. facoltà di disporre delle cose. È la cosiddetta disposizione giuridica delle cose, che si

contrappone al godimento, inteso come disposizione materiale: è la facoltà di vender

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Publisher
A.A. 2013-2014
241 pagine
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SSD Scienze giuridiche IUS/01 Diritto privato

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Moses di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto privato e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Bologna o del prof Rolli Rita.