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ANORMALITÀ DI UN ATTO
L’atto illegittimo o invalido è annullabile. L’atto può essere perfetto ed efficace,
esiste e produce i suoi effetti. L’annullabilità è una condizione che può caratterizzare
atti di lunga durata, pertanto vi deve essere un vizio che non abbia comunque
impedito l’esistenza e l’efficacia dell’atto. Il difetto può essere invocato da parte
dell’interessato di fronte al giudice o segnalato all’amministrazione per la rimozione
(diviene inoppugnabile se i termini si lasciano decorrere).
“è annullabile il provvedimento amministrativo adottato in violazione
Art. 21-octies:
di legge o viziato da eccesso di potere o da incompetenza”.
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I vizi sono tre figure quali la violazione di legge, l’eccesso di potere e l’incompetenza.
Determinano la illegittimità dell’atto e la sua ipotetica (non necessaria) annullabilità.
Nella realtà/prassi la quantità di atti amministrativi illegittimi che continuano a
produrre i loro effetti è altissima, solo pochi sono oggetto di ricorso.
Incompetenza è un difetto del soggetto che emana l’atto e non dell’atto
stesso, l’atto è stato posto in essere da un’entità diversa da quella competente.
Si distinguono una incompetenza relativa, che determina l’annullabilità
dell’atto, e una incompetenza assoluta, che si ha quando l’atto è emesso da
un potere dello stato diverso da quello competente. La incompetenza assoluta
determina la nullità dell’atto.
Articolo 21-septies: atto nullo se manca degli elementi essenziali o se viziato
da difetto assoluto di attribuzione (anche qualora si eserciti un potere che la
legge non ha mai conferito: privo del minimo fondamento di legalità).
È poi possibile ravvisare una:
- Incompetenza per grado Una certa decisione va assunta da un organo di
un certo livello gerarchico.
- Incompetenza per territorio Gli enti territoriali devono rispettare le zone
geografiche a loro assegnate per assumere decisioni con effetti giuridici.
- Incompetenza per materia
- Incompetenza per ragioni di valore Una pratica può appartenere ad un
organo piuttosto che alla competenza di un altro a seconda del valore che ha.
Eccesso di potere È l’esercizio distorto del potere, usato per scopi che non
sono quelli che la legge le ha assegnato. La dottrina ha ipotizzato che questo
vizio sia riconducibile a diversi elementi essenziali dell’atto: alcuni lo
reputavano un vizio della volontà, altri un difetto della causa, altri ancora lo
definirono un vizio del contenuto; dalla seconda metà del ‘900 si cominciò a
parlare invece di difetto della funzione: il vizio emerge nella fase durante la
quale il potere amministrativo nasce e si sviluppa. La funzione è ciò che avviene
affinché si formi la volontà della PA. Il giudice, controllore dell’operato della
pubblica amministrazione, ha tra sé e la PA un limite invalicabile determinato
dalla discrezionalità: non può sindacare nel merito come l’amministrazione
gestisce il pubblico interessa. Il giudice può controllare che le decisioni vengano
prese legittimamente. Ciò relega l’intervento giudiziario ad aspetti formali,
limitato alla presenza di requisiti, di passaggi procedimentali. In questo quadro,
l’eccesso di potere si inserisce come strumento che consente al giudice di
entrare nel modo in cui l’amministrazione opera, potendo sindacare non solo
aspetti formali o esteriori, ma anche il modo in cui la volontà si è formata.
Questo giudizio si avvicina ad un sindacato sul merito dell’atto.
Lo sviamento di potere è la prima figura storica dell’eccesso di potere, qui il
potere creato dalla legge in funzione di un interesse pubblico viene esercitato
per uno scopo diverso.
Per la valutazione del vizio bisogna eseguire un’indagine sulla formazione della
volontà della pubblica amministrazione, non basta una semplice lettura dell’atto
finale.
A questa prima figura di sviamento di potere, con il tempo se ne sono affiancate
altre di creazione giurisprudenziale: il vizio di eccesso di potere si è articolato in
una serie di c.d. “figure sintomatiche” uguali a situazioni idonee a porsi nei
confronti degli interlocutori come sintomi di una possibile illegittimità dell’atto.
Questi sintomi giustificano un’indagine del giudice per capire se si
concretizzano in una vera illegittimità.
- Travisamento dei fatti I fatti alla base della decisione dell’amministrazione
sono stati letti in maniera sbagliata e pertanto si è formata una volontà distorta.
- Carenza dei presupposti I presupposti di fatto che dovevano essere alla base
di una certa decisione non c’erano o erano diversi da quelli richiesti.
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- Carenza di istruttoria La decisione non è stata adeguatamente istruita, è
mancato l’approfondimento che avrebbe condotto ad un atto finale differente.
- Atto affetto da contraddittorietà La contraddizione può essere intrinseca o
estrinseca, la prima si riscontra leggendo l’atto, mentre la seconda è ravvisabile
qualora esista un altro atto che afferma una cosa differente.
- Disparità di trattamento Siamo in presenza di un comportamento della PA per
il quale situazioni uguali vengono trattate in maniera difforme. È
un’applicazione dei principi di uguaglianza e di imparzialità (artt. 3 e 97 Cost.).
- Ingiustizia grave e manifesta Comportamento sproporzionato rispetto ai
presupposti che permettevano l’esercizio del potere. È una valutazione molto
vicina al sindacato sulla discrezionalità dell’amministrazione, il giudice valuta la
proporzione fra il presupposto e le conseguenze del potere e potrà affermare
che vi è stata un’ingiustizia evidente.
- Illogicità manifesta o irragionevolezza La decisione è evidentemente illogica
qualora per esempio, con un atto discrezionale tipo il piano regolatore con cui il
Comune destina ogni parte della città ad una diversa funzione, a Genova si
consentissero solo attività agricole nel centro storico sarebbe una previsione del
tutto illogica.
- In relazione alla motivazione dell’atto Illustrazione delle ragioni che
giustificano l’atto affinché i destinatari della decisione siano in grado di
difendersi. Fino al 1990 la mancanza, l’insufficienza o la contraddittorietà era un
sintomo di eccesso di potere. Nel 1990, l’articolo 3 della legge 241
(“motivazione del provvedimento”) afferma che ogni provvedimento
amministrativo debba essere motivato. Obbligo di legge di motivare tutti i
provvedimenti amministrativi, non vi è un obbligo per quanto riguarda tutti gli
atti amministrativi. Per gli atti, la mancanza della motivazione rimane quindi un
vizio di eccesso di potere; per i provvedimenti tende ad essere un vizio di
violazione di legge.
- Inosservanza di un auto-limite Cioè di un limite che l’amministrazione si dà
autonomamente.
- Difetto dato da errore, violenza o dolo subito dal funzionario.
Violazione di legge Ha carattere residuale qualora si siano scartate tutte le
altre ipotesi. L’illegittimità si configura ogni qual volta l’atto finale sia in
contrasto con norme sulla forma della decisione, sul contenuto, sul
procedimento e sulle sue fasi.
Un atto viene disposto violando una qualche disposizione di legge, in che modo?
Contrasto, mancata o falsa applicazione della legge. Per legge si intendono
tutte le fonti di primo grado, legge statale, regionale, d.lgs. e d.l., la
Costituzione e anche tutti i regolamenti ministeriali e degli enti locali che si
pongono come fonti secondarie, ma che hanno la struttura della generalità e
dell’astrattezza. Sono leggi anche le normative dell’UE, quali direttive,
regolamenti e trattati, che comportino meccanismi di recepimento o che siano
auto-esecutive.
Il contrasto può assumere diverse caratteristiche:
- Formale provvedimento che non assume le forme che per legge dovrebbe
assumere;
- Sostanziale le discipline del caso concreto non sono coerenti con i criteri
richiesti dalla legge; e
- Procedimentale la legge disciplina un procedimento imponendo una serie di
passaggi e uno di questi viene omesso.
ALTRE PATOLOGIE DELL’ATTO
Altre ipotesi di patologie dell’atto amministrativo: i vizi di merito. Un atto è viziato
nel merito quando non è illegittimo, ma inopportuno. L’atto non corrisponde nei suoi
contenuti ai canoni della “buona amministrazione”; non persegue correttamente il
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pubblico interesse. Un problema di merito è ravvisabile in un’autorizzazione
paesaggistica: provvedimento della sovraintendenza che ha un forte contenuto di
discrezionalità; deriva da una valutazione tecnica sull’opportunità del progetto
presentato. Un atto viziato nel merito è legittimo, ma inopportuno.
Questo tipo di area del giudizio della PA non è sindacabile dal giudice per
l’applicazione del principio della separazione dei poteri. Parlando del vizio dell’eccesso
di potere, si è notato come questo talora possa essere lo strumento con cui il giudice
può avvicinarsi a sindacare il modo in cui una certa decisione è stata assunta. Il merito
è una categoria fondamentale data la sua insindacabilità giudiziaria. Il giudice allo
stesso tempo cerca però di ingerirvisi tramite le figure sintomatiche dell’eccesso di
potere.
Altra patologia è la nullità. È la categoria più grave, ma è anche la più rara.
Normalmente il giudice configura l’atto amministrativo come illegittimo e lo annulla:
sentenza costitutiva. La nullità invece non è sanabile, è una condizione patologica
permanente, che può essere rilevata da tutti in qualunque momento. È talmente grave
da rendere l’atto quasi inesistente, basta una sentenza dichiarativa e accertativa: si
prende atto di una situazione.
La riforma del 2005 alla legge 241 (articoli 21 bis-nonies) introdusse anche una norma
sulla nullità del provvedimento: articolo 21-septies. Ha introdotto nel diritto positivo
un’elencazione di casi configurabili come nullità. La categoria generale della nullità è
regolata da una norma di legge che ci dà indicazioni più puntuali e precise di quelle
che prima erano presenti solo a livello dottrinale.
Articolo 21-septies, un atto è nullo se:
- Mancano gli elementi essenziali.
- Viziato da difetto assoluto di attribuzione (in