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In età paleocristiana l’artista aveva spesso il compito di ritrarre i quattro evangelisti nei Vangeli e
sulle pareti delle chiese: per distinguerli, accoppiava ciascuno di essi a un simbolo diverso.
Nei tre mosaici sono mostrate maniere diverse di inserire in un’immagine parole scritte rivolte
allo spettatore: Marco e Luca tengono i loro libri aperti da mostrare a un lettore alfabetizzato; la
scrittura di Giovanni è capovolta per armonizzarsi con il punto di vista dell’evangelista stesso (lo
spettatore interno); quella di Matteo è una serie di segni illeggibili che restituiscono l’aspetto
della scrittura a chi li vede, senza indicare realmente parole.
Tecniche comuni nell’arte paleocristiana.
La scrittura capovolta pare non classica perché concessione al punto di vista di un lettore
interno, già nota all’esterno dell’arte pagana. Ne Virgilio seduto tra due muse, il poeta regge in
mano un rotolo con il testo al contrario.
La lettura delle opere capovolte implica una rotazione della testa dell’osservatore o del libro sul
piano.
Nell’arte classica il capovolgimento dello scritto è un esempio di atteggiamento “naturalistico” o
“oggettivo”; lo scritto, in quanto attributo del poeta viene adattato al suo punto di vista quando
scrive o legge.
Nell’arte pittorica greco-romana sono presenti vari esempi di cartigli rivolti allo spettatore: in
tale visione della scrittura l’artista ne conserva distinzione e completezza.
Morgan Library: in un manoscritto non sono intesi per la lettura, ma solo per una visione
analoga a quella del dipinto. Nell’arte medievale accade spesso che siano esposti due fogli del
libro aperti come un unico pannello, un rettangolo che fronteggia lo spettatore: l’evangelista
Matteo vi scrive per tutta la larghezza le parole del suo Vangelo. Scritta adattata al punto di
vista dell’osservatore: in questo pattern, vedendo la figura umana e un testo che si trovino nello
stesso campo entrano in gioco diverse correzioni dell’occhio: la scala della scrittura è come
quella dell’ornato: le lettere formano una matrice regolare che appartiene allo scritto, con una
forma che non ritroviamo negli altri elementi.
La domanda di chiarezza in quest’arte arcaica comprenda la separazione dello scritto come
distinto dall’immagine: lo si può distinguere e leggerlo isolandolo dal contesto: è un oggetto
completo e chiuso in sè, indipendentemente da quanto vi sia davanti o sopra esso.
Adattare la parola scritta ad una mano che le si sovrappone e induce l’artista a inserire la mano
all’interno di una parola.
La sovrapposizione è un fenomeno importante anche per la conformazione dello spazio: con la
sovrapposizione si può suggerire la tridimensionalità e la spazialità.
Già nell’arte greca era mantenuta l’integrità della scrittura, tra il VI e V secolo A.C.
La forma primitiva non è ne cristiana ne medievale, appartiene a una fase dell’arte pittorica.
Lo stile arcaico in cui gli elementi sono distinti e il più completi possibile è seguito da uno che
accoglie una crescente sovrapposizione e continuità, o per dirla diversamente, lo sviluppo
avviene da una fase in cui ogni oggetto viene rappresentato secondo un punto di vista che
conserva la sua pienezza e distinzione verso una fase successiva in cui la posizione dell’artista-
spettatore, unica e fissa, determina i rapporti apparenti di tutti gli oggetti tra loro e rispetto al
suo punto di vista, e nella rappresentazione comprende scorci e sovrapposizioni che trasformano
le forme costanti degli oggetti, adattati al pattern ordinario dell’insieme.
Questa forma arcaica si trova in varie epoche culturali. Nel IX secolo d.C. artisti pongono il
libro dritto e parzialmente aperto, in una prospettiva scorciata conservando la matrice regolare
ortogonale della scrittura. La parola è indistruttibile e invariabile e conserva la sua forma e le
sue dimensioni, nonostante la trasformazione prospettica dei confini della superficie che regge la
scrittura. Questa mantiene la sua matrice ortogonale, indipendentemente dalla posizione del
pittore-osservatore.
Il modello del pattern a zig zag di scorcio per il libro esisteva già nel V secolo d.C.
In una miniatura del Salterio di Stoccarda vi è uno scorcio di un libro in stile prospettico,
mentre in un’altra opera vi è una visione di scritte sulle due pagine del libro, con la pagina
sinistra del libro aperta parallela al piano dell’immagine, con la pagina destra scorciata e
palesemente più piccola.
Questa è un’illustrazione del fenomeno della conservazione della matrice dello scritto nel piano
dell’immagine perfino quando essa è collegata ad un oggetto in scorcio nella terza dimensione.
Gli artisti medievali sapevano adattare la forma dello scritto per farla aderire alla forma
tridimensionale e modellata di un oggetto: in una miniatura carolingia del British Museum un
centauro è completamente coperto da iscrizioni che ne simulano la forma.
Oltre al lettore esterno cui l’artista può rivolgersi, ignorando il punto di vista dell’immagine
all’interno, è presente anche un lettore interno il cui punto di vista viene rispettato dall’artista,
perfino a costo della leggibilità dell’iscrizione per il lettore esterno.
Il capovolgimento dello scritto non implica sempre di necessità un lettore posto in alto: in un
disegno del santo vescovo Cuniberto di Colonia, le parole del santo patrono sono impresse
rovesciate e formano un arco sulla testa della figura inginocchiata a sinistra.
Nel XIV secolo con lo sviluppo in pittura di forme modellate, scultoree, gli artisti cominciarono
ad adattare le parole scritte agli scorci dei libri o rotoli rappresentati.
Nel XIV e XV con lo sviluppo in pittura di una prospettiva coerente, lo scritto si sottomette alle
stesse regole proiettive del libro e di altri oggetti che lo circondano e che sono soggetti alla
prospettiva dell’insieme.
Ne la Madonna del Magnificat di Botticelli, Maria copre buona parte di ciò che scrive, anche
l’angelo e il figlio nascondono il testo. La pagina aperta, scritta, è una superficie flessibile in
profondità, distinta dalle altre che la circondano e tuttavia coordinate ad esse dal sistema
prospettico. Da allora lo scritto all’interno delle immagini è stato connesso ad un oggetto o ad
una porzione di spazio sottomesso al punto di vista prospettico che governa il quadro nel suo
complesso. In un’immagine la parola scritta è spesso scorciata, con una diminuzione progressiva
del formato delle lettere nel senso della profondità e con la convergenza delle linee orizzontali
della matrice.
Il cartiglio, in quanto veicolo e segno del discorso è un tratto presente in ritratti e figure sacre,
ma anche nella raffigurazione delle loro azioni o comunicazioni.
Nel Ritratto di San Luca nel Salterio Egbert il cartiglio si piega e sovrappone. Sineddoche, parte
per il tutto: con il cartiglio si configura una pagina.
L’associazione del rotolo con l’individuo è familiare agli studiosi d’arte medievale.
Nell’uso liturgico del rotolo illustrato ci si imbatte in un esempio chiaro della consapevolezza da
parte dello scrivano e dell’artista della differenza tra i punti di vista del lettore e dell’osservatore.
Il rotolo che viene raffigurato è visto come veicolo di un testo-discorso, e diventa con maggior
frequenza un segno e un tramite di rapporti drammatici all’interno di un’immagine narrativa.
Nella miniatura della Tentazione di Cristo ad opera del diavolo sia il diavolo che Gesù portano un
cartiglio: le posizioni di questi variano nelle scene successive, come a corrispondere ad uno
sviluppo psicologico o per simboleggiarlo.
Nell’arte medievale il concetto teatrale del ruolo di ogni figura è reso evidente, concreto, grazie
al rotolo che i personaggi portano.
Quel che importa è il segno del discorso riconosciuto come tale: se una persona comunica con
un’altra, l’artista a volte raffigurerà un unico cartiglio che si espande dalla mano della prima a
quella della seconda. La comunicazione vocale si materializza così in uno strumento tangibile
che crea una connessione spaziale. (conformazione spaziale grazie al cartiglio)
Un cartiglio può anche circoscrivere alcune figure, unendole.
Un’altra scrittura che trasmette un pensiero si trova in una miniatura precoce del Salterio di
Stoccarda, in cui si nota un aratore urlare agli animali.
Un altra modalità per rendere visibile un oggetto non visivo appare in un disegno del Salterio
Albani: David parla della lingua, che si conforma con lo strumento di scrittura penna.
Non si raffigura visivamente solo il discorso umano, ma anche il “discorso” degli animali, le loro
grida e richiami: vengono addirittura raffigurati intenti ad imparare.
La resa medievale del discorso può trovare un riscontro nei vasi greci.
In una fase connessa di quella cultura precoce, dando prova di una crescita comparabile nella
fantasia pittorica, il discorso veniva rappresentato come elemento visibile di un episodio
dipinto, con non minor concretezza per lo spettatore dei parlanti e degli oggetti del loro
discorso.
Fin dall’età paleocristiana i Padri della Chiesa notarono che nel discorso dell’angelo a Maria la
prima parola (Ave) è il rovescio di Eva. L’idea di specularità di Eva-Ave nell’accoppiamento e
contrasto di Eva e Maria e la loro unità finale nella redenzione dell’umanità potrebbero aver
suggerito il rovesciamento dell’iscrizione. Proprio come il peccato di Eva è rovesciato da Maria,
così le parole di accettazione da parte di Maria sono rovesciate nel momento in cui vengono
scritte. Rovesciamento può avere un senso demoniaco. Il rovesciamento può avere una
funzione magica contro un incantesimo e appartiene all’infrazione dell’incantesimo da parte del
suo opposto: lo ha fatto per primo e sei protetto. Riconosciuta relatività delle direzioni spaziali,
in dipendenza dalla posizione di uno spettatore interno.
Basandosi su testi, l’immagine ammette la parola scritta come componente concreta, libera di
ruotare nelle due dimensioni del piano pittorico.
L’ideale pittorico posteriore, rinascimentale (prospettiva unificatrice) non esclude del tutto la
parola scritta nel quadro: la si ammette in alcuni emblemi e in certi temi religiosi di stato.
Appare anche in soggetti laici.
Francisco Goya crea un dipinto di lui in fin di vita in cui è assistito da un medico, e vi scrive
della sua gratitudine ad esso: per leggere la scritta bisogna spostare l’attenzione a quel che
visivamente costituisce un ordine diverso rispetto all’immagine assorbente ch