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H
assumere valore compreso tra 0 ed 1.
Quanto più è lontana la CdL dalla bisettrice, tanto più l’IdG si avvicinerà
ad 1.
Gli indicatori di povertà. La povertà è una condizione di una fascia di
popolazione che vive in condizioni particolarmente disagiate. Esistono due
differenti concetti di povertà, ovvero povero assoluto (colui che può contare su
un reddito giornaliero non superiore a 2$ e che gode di un reddito annuo
inferiore a 390$) e povero relativo (colui il cui reddito equivalente è inferiore
rispetto al 50% del reddito individuale medio della comunità di riferimento).
La forza lavoro è data dalla somma dei lavoratori occupati e disoccupati.
Il legame tra reddito e benessere sociale. Il Teorema di Atkinson serve a
studiare la relazione che intercorre tra la distribuzione del reddito e il
benessere sociale. Il teorema afferma che, date 2 distribuzioni di reddito, quella
con il reddito medio maggiore ed una CdL con una distribuzione più equa, è
associata ad un benessere sociale maggiore, qualunque sia la funzione di
benessere sociale adottata (purchè vengano rispettati i 3 requisiti di simmetria,
non decrescenza e concavità nel reddito individuale). Se ogni individuo ha
funzione di utilità crescente e concava nel livello del proprio reddito e se
l’ammontare complessivo di reddito in una comunità non dipende dal modo in
cui è distribuito, allora una distribuzione più equa del reddito è associata ad un
più alto livello di benessere sociale. La prima ipotesi equivale a dire che l’utilità
di ogni individuo dipende dal reddito, e dosi aggiuntive di reddito individuale
incrementano l’utilità individuale in modo decrescente. Quando si sottrae una
unità a chi ha un reddito elevato per trasferirla a chi ha un reddito basso, il
trasferimento di reddito aumenterà l’utilità della società. La seconda ipotesi
richiede che la redistribuzione del reddito non sia costosa.
Vengono però messe in discussione le ipotesi su cui il teorema si basa:
la redistribuzione è costosa, perché nel momento in cui si trasferisce il
reddito non è detto che tutto il reddito sottratto a chi è più ricco giunga a
chi è più povero;
le politiche di redistribuzione vanno a colpire chi ha maggiore reddito e
disincentivano la produzione del reddito proprio da parte di chi ha
maggiore capacità nel generarlo.
Okun ha proposto di ragionare sulle curve di benessere sociale e di calcolare
quale perdita di reddito totale una società sia disposta ad accettare pur di
ottenere una distribuzione di reddito più equa, rimanendo sulla stessa curva di
benessere sociale. Secondo Okun, le politiche redistributive comportano dei
costi. La metafora del “secchio bucato” vuole farci capire che la redistribuzione
del reddito sarebbe come portare acqua da chi ne ha tanta a chi ne ha poca,
con un secchio bucato, e nel momento in cui si opera il trasferimento
dell’acqua buona parte dell’ammontare trasferito viene perso. Dunque per
Okun fare i trasferimenti è costoso ed il costo del processo messo in atto può
essere rilevante. Seconde il ”trickle-down” (sgocciolare dall’alto), favorire chi
ha un reddito alto consente una maggiore produzione di reddito di quanto ne
sarebbe prodotto mettendo in atto politiche redistributive, ed il maggior reddito
complessivo finirebbe con il favorire chi ha un redito basso (metaforicamente,
sui quali il reddito sgocciolerebbe dall’alto).
La distribuzione funzionale del reddito. Si occupa di come il reddito si
distribuisce tra i fattori produttivi che hanno concorso a produrlo (capitale e
lavoro). La quota distributiva che spetta al fattore lavoro sarà crescente se i
salari reali aumenteranno più della produttività del lavoro:
WN
=
a L Py
WN: monte delle remunerazioni del fattore lavoro (il prodotto tra il salario
medio delle unità di lavoro ed il numero complessivo di unità di lavoro).
Py: PIL nominale (il prodotto tra il livello generale dei prezzi P e la produzione
reale y).
L’uso di questa regola comporta alcuni problemi, ovvero è abbastanza semplice
reperire i dati sui salari distribuiti ai lavoratori assunti, ma è difficile capire il
reddito percepito da chi svolge attività autonome, ci si chiede quale indicatore
di salario considerare, poiché i contributi sociali vanno a beneficio del fattore
lavoro ma non rientrano nel reddito disponibile dei lavoratori, e vi sono
imprecisioni legati alla presenza di attività irregolari (come il lavoro nero).
-Il PIL è il valore di mercato di tutti i beni e servizi finali (e quindi non intermedi
per non ricadere 2 volte nello stesso bene) prodotti (e quindi non beni usati
inclusi nel PIL di anni precedenti) in un Paese in un certo periodo di tempo
(mese, trimestre, anno, etc.). Esso misura il prodotto, il reddito e la spesa dei
componenti della società. Le importazioni ed i trasferimenti pubblici (sussidi,
pensioni) non fanno parte del PIL.
-Il deflatore del PIL è uno strumento che consente di “depurare” la crescita del
PIL dall’aumento dei prezzi. Consente di sapere quanto un’economia sta
crescendo realmente, a prescindere dai prezzi, ed è il rapporto tra PIL nominale
e PIL reale.
-Il PNL (prodotto nazionale lordo) è il valore monetario di tutti i beni e servizi
finiti prodotti da fattori posseduti dai cittadini di una nazione in un tot periodo
di tempo.
-Il PNL si distingue dal PIL per il fatto che si tratta di un aggregato nazionale, e
non interno.
Ciò vuol dire che sono prese in considerazione le attività delle imprese
nazionali operanti all’estero, mentre non vengono contabilizzate le attività delle
imprese straniere operanti nel territorio nazionale.
-Il salario nominale è quanto il lavoratore percepisce in soldi.
-Il salario reale è il salario nominale diviso il prezzo del bene.
-Il reddito nominale è il valore espresso in termini di valuta che non tiene conto
dell’inflazione.
-Il reddito reale è quello relativo al potere d’acquisto, ed è pari al reddito
nominale inflazione.
−¿
PIL nominale = beni o servizi finali · il loro prezzo
PIL reale = beni o servizi finali (2008) · il loro prezzo un anno prima (2007)
PNL = PIL + reddito percepito dai cittadini italiani residenti all’estero – reddito
percepito dai cittadini stranieri residenti nel territorio nazionale
Esempio: un’azienda produce pneumatici per autovetture. E’ evidente che
questo bene può essere venduto o al consumatore finale o ad un’impresa che
fabbrica automobili. Nel primo caso si ha un bene finale. Nel secondo caso si ha
un bene intermedio. Il PIL non tiene conto del secondo caso, in quanto
incorpora solo i beni finali. Nel secondo caso si ha una duplicazione, in quanto
gli pneumatici vengono contati 2 volte, perché nel PIL si conteggerà solo
l’automobile come prodotto finito (che include anche il costo dei pneumatici).
Le conseguenze economiche della distribuzione del reddito.
L’andamento della distribuzione personale dei redditi è legata all’andamento
della distribuzione funzionale del reddito.
Nei periodi in cui il lavoro acquisisce quote redistributive maggiori, la
distribuzione personale del reddito diventa più equa.
Quale relazione c’è quindi tra il livello di reddito e la sua distribuzione?
Kuznets raccolse i dati relativi all’indice di Gini e del livello del reddito
pro-capite in un insieme di Paesi, ottenendo una curva a forma di U
rovesciata. I Paesi con reddito molto basso mostrano indici di
diseguaglianza bassi, e man mano che si prendono in considerazione
Paesi con reddito più alto, aumenta anche l’indicatore di disuguaglianza.
Ad un certo punto però il segno della relazione si inverte, facendo sì che
a redditi medi crescenti corrispondano indicatori di diseguaglianza
minori. L’aumento dei livelli reddituali dapprima comportò un aumento
della diseguaglianza ma, oltre un certo livello, comportò una riduzione
delle diseguaglianze. In poche parole nelle società appena nate si denota
una maggiore diseguaglianza, mentre nelle società più mature si denota
una minore diseguaglianza grazie all’aumento dei redditi
il nesso inverso (l’effetto della diseguaglianza sulla performance di
crescita) è stato invece oggetto degli studi di Barro, decretando che
quanto più alto sarà l’indice di Gini, tanto più basso sarà il tasso di
crescita del reddito procapite. Barro fu un esponente di spicco della
scuola delle aspettative razionali, secondo cui per i consumatori è
indifferente che il deficit pubblico sia finanziato espandendo il debito
pubblico o le imposte. Il teorema di Barro ripropone, in sostanza,
l'equivalenza ricardiana.
Se ne conclude che la diseguaglianza, nella distribuzione personale del reddito,
danneggia le performance di crescita e che le diseguaglianze comportano la
necessità di politiche redistributive che tolgono, però, risorse ad altri tipi di
investimenti.
IL WELFARE STATE
Il Welfare State. E’ l’insieme degli istituti messi in atto dallo Stato per
promuovere la qualità della vita dei cittadini e per combattere la povertà
mediante i trasferimenti alle famiglie e la fornitura di beni e servizi. La spesa
per lo stato sociale è composta da previdenza, assistenza e sanità.
Negli anni successivi alla WWII, in tutte le economie occidentali con sistemi di
libero mercato, si registrò un’enorme espansione dell’intervento pubblico con
finalità sociali. Questa espansione venne causata dal boom economico degli
anni ’50 e dal clima ideologico-politico che sosteneva l’ampliamento dello stato
sociale. Sembrava infatti doveroso estendere a tutti i cittadini i vantaggi che
derivano dalla crescita della produzione.
La previdenza. Sta ad indicare che in una fase della vita (quella lavorativa) si
verseranno contributi in modo tale da poter contare, nella fase successiva della
vita (quella del pensionamento), su una rendita che rappresenta una fonte di
reddito non da lavoro. Nell’ambito del welfare state, lo Stato interviene per
rendere obbligatorio il risparmio pensionistico per 3 ragioni:
il risparmio pensionistico è un bene di merito e gli individui privati,
lasciati a sé, non sarebbero in grado di capire quanto importante sia il
risparmio finalizzato alla costruzione di una rendita pensionistica;
le asimmetrie informative tra individui ed enti pensionistici