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LA VITA
•
Nasce nel 1913. Studia Giurisprudenza a Milano, ma poi passa a Lettere e Filosofia e si laurea con
una tesi sulla poesia di Guido Gozzano. Frequenta gli scrittori della rivista “Corrente” e proprio qui
esce la sua prima raccolta poetica: “Frontiera”. La stessa verrà pubblicata l’anno seguente per
Valecchi, con l’aggiunta di nuovi testi e il titolo generico “Poesie”. Allo scoppio della guerra Sereni
è sottoufficiale dell’esercito italiano. Viene catturato dagli americani e trascorre due anni nei campi
di lavoro in Algeria e in Marocco. Queste vicende saranno al centro di “Diario d’Algeria”. Alla fine
del conflitto da ritorno a Milano e lavora alla Pirelli e per la Mondadori. Consolida la sua fama di
poeta e nel 1952 esce presso Valecchi “Linea lombarda”.
Sereni non è riconducibile a una linea precisa, come dimostra la sua terza raccolta poetica: “Gli
strumenti umani”(1965). Ottiene ottimo successo di critica. S dedica anche alla prosa e pubblica
nel 1962 le pagine degli “Immediati dintorni” . nel 1963 pubblica “L’opzione” e “Sabato tedesco”,
riuniti insieme successivamente. Interessanti anche le pagine critiche di “letture preliminari”. Nel
1981 pubblica “Stella variabile”. Muore a Milano due anni dopo. Come altri poeti di terza
generazione ha accompagnato la sua attività a quella di traduttore.
LE OPERE
• “La frontiera” allude al confine Italia- Svizzera, proprio nei pressi del paese natale
1. dell’autore. Ma la nozione di frontiera è anche quella fra Europa democratica e Italia
fascista, quella di giovinezza- maturità (l’autore compone le prime liriche all’età di 23 anni).
Molti oggetti delle liriche configurano trapasso e apprensione: treni in transito, battelli ad
esempio. Da una parte distinguiamo caratteri tipici della poesia ermetica sulla quale si era
formato, come la fragile posizione dell’io lirico; dall’altra la ricerca di un espressione più
fedele alla reale esperienza vissuta.
“Diario d’Algeria” assume una dimensione maggiormente autobiografica e la forma del
2. diario permette di assumere un assetto testimoniale. L’opera assume carattere narrativo e
prosastico parlando di un io lirico che parte con i suoi commilitoni, attraversa la Jugoslavia,
giunge nella Grecia occupata dai fascisti, giunge in Sicilia e vi si stabilisce attendendo gli
Alleati. Una volta giunti gli americani, viene mandato per due anni nei campi di lavoro. Al
centro dell’opera è riportata la condizione dell’io lirico, la condizione di reclusione reale e di
scacco. Dramma privato e pubblico di scontrano nella brutalità della guerra. Ciò che resta è
la consolazione della propria coscienza. Usa uno stile alto e recupera forme metriche
tradizionali. Lessico petrarchesco, puro e selezionato.
“Gli strumenti umani”. Torna il conflitto tra pubblico e privato. Documenta l’evoluzione
3. della società italiana. Il conflitto tra pubblico e privato porta l’io lirico soggetto intellettuale
a un duplice sentimento di condanna:
• Verso le ingiustizie che la storia perpetua
• Verso se stesso, in ritardo con le occasioni di riscatto che gli permette la storia (la
Liberazione per es)
Ricorrono nella raccolta i temi della colpa , del ritardo storico.
La critica ha notato che la reticenza e la ripetizione sono le figure retoriche più ricorrenti.
L’infelicità e la noia di cui è fatto l’esistere sono condizioni storiche e anche fattori
ineliminabili della condizione umana.
Nuovo è lo spazio dedicato nell’opera alle esperienze positive, come la gioia e la bellezza,
che sono veri e propri valori etici da opporre alla violenza della storia. L’uso alto del
linguaggio subisce un abbassamento prosastico, toccando anche termini umili. L’alto, il
medio e il basso si intrecciano.
L’ULTIMA FASE
•
“Stella variabile” (1981). Prosegue il percorso della ricerca di un linguaggio poetico
rinnovato, sempre però vicino allo stile alto. Tuttavia, importanti sono le novità, come la
presenza della morte. Già nella raccolta precedente era visibile, ma ora le tracce della morte
disegnano un ambiente spettrale e desolato, mentre prima la parola dei morti nasconde
tracce di speranza. Altro fattore di innovazione è l’eliminazione delle parti positive. L
realismo si attenua e l’io lirico e la sua oniricità acquistano spazio.
Biografia di Pier Paolo Pasolini
Pier Paolo Pasolini nasce a Bologna nel 1922. Nel 1942 esce la sua prima raccolta di versi in
dialetto friulano, “Poesie a Casarsa”, notata dal critico Gianfranco Contini. Nello stesso anno si
trasferisce a Casarsa con la madre e il fratello Guido, che muore durante la Resistenza.
Pier Paolo vive questa morte con un forte senso di colpa, non essendosi impegnato attivamente nella
lotta antifascista. Nello stesso periodo si manifesta la sua omosessualità, e peggiorano i rapporti col
padre, tornato dalla guerra in Africa in uno stato di forte depressione.
Dopo la laurea in Lettere a Bologna con una tesi su Pascoli, Pasolini si avvicina al Partito
Comunista e si interessa sempre più alle questioni politiche e sociali. Nel 1950 si trasferisce con la
madre a Roma, città che comincia a scoprire dalla borgate popolari: il giovane Franco Citti, poi al
suo fianco nel cinema, lo aiuta a entrare in contatto con gli ambienti borgatari.
Nel 1955 esce il suo primo romanzo, “Ragazzi di vita”, che gli procuperà un processo ( ne subirà 33
nella sua vita), e dà vita alla rivista “Officina”. Aumentano i suoi interventi politici, spesso su
posizioni critiche verso il Partito Comunista, e a favore di un impegno di tipo nazionalpopolare,
sulla scia delle idee di Gramsci: a lui dedica la raccolta di poemetti “Le ceneri di Gramsci” (1957).
Del 1959 è il secondo romanzo “Una vita violenta”.
Negli anni Sessanta, Pasolini si dedica al cinema come regista e lavora ad “Accattone” (1961) che
sviluppa i temi del sottoproletariato. Seguono altri film, e nuove raccolte di poesie: “La religione
del mio tempo” (1961) e “Poesia in forma di rosa” (1964). Le rivolte del 1968 lo vedono impegnato
con sorpresa: in difesa dei poliziotti, di origine proletaria, contro gli studenti, di origine borghese.
I suoi ultimi lavori suscitano feroci polemiche, come nel caso di “Salò o le 120 giornate di Sodoma”
(1975). Questa parabola viene tragicamente interrotta nella notte tra l'1 e il 2 novembre 1975,
quando lo scrittore viene ucciso presso l'idroscalo di Ostia Lido. Pasolini lasciò incompiuti molti
lavori, come l'importante e complesso romanzo “Petrolio”, usciti in varie pubblicazioni postume.
Nell'opera di Pasolini è possibile distinguere due fasi, di circa un quindicennio ciascuna. La prima è
la più tradizionale: la priorità spetta all'attività letteraria. In una seconda fase, vi è una messa in
discussione della letteratura stessa, incapace di rispondere ai nuovi bisogni della società di massa.
La poesia di Pier Paolo Pasolini
•
Pasolini esordisce come poeta con la raccolta “Poesie a Casarsa” (1942), in dialetto friulano poi
rifusa, con altri testi, in “La meglio gioventù” (1954). Si coglie già in queste liriche il tema
dell'adolescenza divisa tra purezza innocente e maturità peccaminosa. D'altra parte, il contrasto
purezza/peccato ha anche una origine privata nell'irrisolto complesso edipico: all'infanzia
corrisponde l'amore per la figura materna; mentre l'adolescenza apre i desideri trasgressivi.
Anche negli anni successivi la poesia rimarrà sempre una scrittura privilegiata, luogo dell'assoluto.
Ecco perchè alla poesia devono tendere, secondo Pasolini, anche le altre forme artistiche. Va poi
sottolineato il suo interesse per le forme di poesia vitali e non cerebrali, a cominciare da quelle di
Pascoli e Saba, per arrivare a tutte quelle in dialetto, cui dedica numerosi studi. Fra il 1943 e il '49
Pasolini compone alcuni testi in italiano che formeranno “L'usignolo della Chiesa Cattolica” (1958).
Sui principi del comunismo, riletti tramite Gramsci, si fondano i poemetti scritti tra il '51 e il '56 e
riuniti in “Le ceneri di Gramsci” (1957). La riflessione politica sul mutamento della società non
esclude le tematiche private. Anzi, i risultati migliori si devono all'incontro dei due piani, quando
Pasolini mette a fuoco contraddizioni del capitalismo e personali. Ma anche sul piano formale vi
sono esiti rilevanti: il verso base (l'endecasillabo) e la rima sono stravolti con grande libertà
sperimentale.
“Il Pianto della scavatrice”(uno dei poemetti più noti della raccolta) (1956) racconta di una sera
estiva a Roma in cui il poeta medita sul proprio passato, narrando della notte trascorsa fino all'alba e
al riprendere della vita, rappresentato dal rumore di un vecchio cantiere e, in particolare, di una
vecchia scavatrice.
Al rumore della scavatrice è affidato il compito di esprimere il punto di vista del poeta sul senso
della trasformazione provocata dalla civiltà. L'urlo di dolore della scavatrice, il suo pianto, è il
pianto di tutto il mondo dinanzi al mutamento della storia, come osserva in "La luce | del futuro non
cessa un solo istante | di ferirci". Caratteristica del poemetto è l'unione di privato e politico,
compiuta trasferendo i conflitti storici nella propria soggettività, e vivendoli perciò come
esistenziali.
Il carattere realistico e antilirico è rivelato anche della struttura (rara nel Novecento italiano) del
poemetto, che contrasta con la tradizione di molta poesia del secolo (e in particolare con
l'ermetismo): emotiva, impressionistica, lirica. L'opera presenta terzine di versi liberi legati da rime
o, più spesso, da assonanze e consonanze, secondo lo schema della terzina dantesca (ABABCBCD).
Le raccolte successive di Pasolini
•
Nelle raccolte successive prevale una violenta polemica contro il potere, e la delusione per
l'evolversi della situazione italiana. “La religione del mio tempo” (1961) descrive con nostalgia la
purezza del mondo popolare che si sta imborghesendo in conseguenza del boom economico.
Ancora più pessimistica la raccolta “Poesia in forma di rosa” (1964), che descrive un contesto ormai
degradato e massificato, mentre le illusioni rivoluzionarie sono definitivamente perdute. Fra le
ultime raccolte pubblicate in vita, “Trasumanar e organizzar” (1971).
Nel 1975 esce “La nuova gioventù&r