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Il processo di Socrate e la sua scelta

I tre cittadini che accusano Socrate sono Meleto, Licone e Anito, che poi fungeranno da accusa nel processo. Il processo del 399 per Socrate non ebbe un buon esito: ad una prima votazione venne considerato colpevole da 280 persone, contro i 220 cittadini che intendevano scagionarlo. Allora per la pena, accusa ed accusato proponevano quello che ritenevano maggiormente consono: Socrate propone una sanzione amministrativa (pagamento di una multa), l'accusa la pena di morte. Durante la votazione della pena la maggioranza ritenne la pena proposta dall'accusato troppo debole e a vincere fu l'accusa con la pena di morte. A seguito emerse poi la possibilità di passare del tempo in carcere, tempo che Socrate non trascorse, preferendo suicidarsi con la cicuta. Ciò che conta ai fini della riflessione è capire come mai Socrate non prese nemmeno in considerazione la pratica dell'ostracismo (esilio) preferendo rimetterci con la propria vita. Analizzando la

Struttura del mondo greco, la domanda non trova una difficile risposta: fuori da Atene Socrate non sarebbe stato cittadino e nel mondo greco non essere cittadini significava non essere libero, quindi non essere nulla. Per Hegel la figura di Socrate prelude in questo senso o alle filosofie ellenistiche (stoicismo-epicureismo-scetticismo) poiché rappresentato più di tutti come un saggio isolato dalla società; o prelude ad un barlume di interiorità: Socrate è quel non sapere che gli altri cittadini non riconoscono, ed infatti ha un esito tragico.

Differenza tra etica del mondo greco e morale del mondo moderno: Socrate era essenzialmente una parte dello stato ateniese che insegnava ad una altra parte dello stato, per cui, allo stesso livello dei governanti, era maggiormente esposto, nel senso che doveva essere portatore dell'ethos della polis. Per etica si intende il modo di agire del cittadino ateniese, la cui virtù si misura sostanzialmente quando

agisce in modo favorevole alla comunità. L'etica è quindi dipendente dalla comunità, non è un sentimento che nasce da una riflessione del soggetto, ma che mira solamente al bene della polis. Il concetto di etica si differenzia da quello di morale, proprio del mondo moderno: questa indica la virtù incentrata sulla conoscenza del soggetto singolo dotato di ragione (in senso kantiano) e non sulla comunità. La morale è qualcosa di interiore e individuale, che in Grecia non avrebbe mai potuto svilupparsi, poiché l'interiorità non esiste, l'individuo stesso non esiste se non in funzione della polis.

Il mondo romano: La dissoluzione del mondo greco implica per forza il passaggio ad un nuovo mondo, il mondo romano. Esso entra a far parte della filosofia della storia grazie alle nozioni di monoteismo e a quella di un sistema giuridico basato sul singolo. Il cittadino romano è tuttavia quella che Hegel definisce una

coscienza infelice, infatti esso sa di essere libero, sa però che la sua libertà dipende dalla città: la situazione è uguale a quella della Grecia, con la differenza che i greci erano felici del forte connubio con lo stato, i romani invece ne soffrono perché, pur avendo leggi che tutelano la loro libertà, essi devono comunque obbedire alle leggi, il che non è sempre facile per il cittadino romano che inizia ad anteporre i propri desideri e bisogni a quelli dello stato, il motto del mondo romano era "dura lex sed est". Tuttavia è proprio questa situazione di separamento dallo stato che è presupposto per la nascita della nozione di persona, nel senso di un soggetto dotato di una propria interiorità. Dal punto di vista della legge ciò vuol dire che il cittadino romano si allontana da essa, ma dal punto di vista del cittadino stesso non significa altro se non la sua costruzione in un nuovo modo: la sua.individualità non è più interna alla legge, ma interna a se stesso. Con il mondo greco da un lato sono continuatori gli elementi della cultura (non la lingua), la filosofia, il teatro, non lo sono invece proprio le due nozioni che segnano l'ingresso di questo popolo nella filosofia della storia. Tra le due nozioni cardine di diritto e religione è tuttavia presente un rapporto basato sul concetto di persona e di universale. Questi termini connotano strutturalmente il diritto, per cui persona è il soggetto di diritto e universale è l'orizzonte su cui il diritto si impone, e connotano altresì anche la religione cristiana che ha come soggetto il credente, cioè il singolo che la teologia denomina persona, anch'essa universale, tanto è vero che catholicos significa proprio universale. Cronologicamente questi due aspetti non rispecchiano la concomitanza che hanno dal punto di vista contenutistico; infatti, prima siafferma il diritto come imputazione individuale, poi siforma la persona come soggetto ed oggetto della religione( soggetto è il credente; oggetto è Dio), ma concludendo si dovrebbe dire che i due aspetti si influenzano reciprocamente,anche se si sostiene che la caduta dell’impero romano sia da imputare alla religione, cherisultava incompatibile di fronte alla durezza dello stato romano. Ad esempio, un cittadinoromana aveva il proprio aretè nella coltivazione dei campi o nell’arruolarsi nell’esercito, tuttiprincipi incompatibili con il messaggio della religione, che a seguito dell’introduzionedell’idea di una vita eterna nell’aldilà, contribuirà non poco a rendere gli uomini rinunciatari.Come si universalizza il diritto, anche la religione si diffonde e poi universalizza grazie alclero e viene in seguito riconosciuta dallo stato, accanto ad essa stava poi la religionepagana, sempre riconosciuta, che per i romani non

Costituiva nessun problema, purché non minasse alla stabilità dello stato e purché l’imperatore non fosse ritenuto uguale alle altre persone. Si afferma infatti il problema per cui: l’imperatore doveva essere superiore alle altre persone, ma non poteva essere dio, che neppure era rappresentabile. Nel 313 avviene l’identificazione fra imperatore e cristianesimo ed anche la chiesa viene allora costruita per ricalcare la forma dello stato. Da questo momento in poi la nozione di persona inizia ad assumere anche una valenza teologica, e passa ad indicare il credente. Si potrebbe allora aprire una seguente questione, per cui è vero che nella Bibbia vi è scritto che: Dio ha creato l’uomo a sua immagine e somiglianza, quindi come differisce la nozione di persona-soggetto (credente) da quella di persona-oggetto (Dio)? Dio è una persona, ma un umano, poiché Dio è infinito, mentre l’uomo è finito per intelligenza e volontà.

Gli attributi degli uomini sono quindi ad immagine di Dio, ma la misura in cui questi sono posseduti dagli uomini è minore rispetto a come li possiede Dio, cioè infinitamente. Fino ad ora il diritto era assimilabile alla legge; ad esempio in Cina la legge corrispondeva alla volontà dell'imperatore, ad Atene apparteneva all'assemblea; gli ateniesi erano primatitolai di diritto in termini costituenti, perché esercitavano qualche loro diritto in quanto cittadini, tuttavia era il potere che determinava il diritto (nel senso che se qualcuno si opponeva gli ateniesi avevano la forza e la volontà per sopprimere l'opposizione) ed inoltre alle assemblee nessuna legge era ritenuta annullabile o non modificabile, quindi ogni volta che l'assemblea si riuniva si affermava un nuovo potere. I romani sono i primi a stabilire una cornice rispetto alle leggi. Essi infatti scrivono le leggi in modo sistematico, inventano dei codici (simbolo digaranzia sia per i governati che per i governanti). Pur trattandosi di una raccolta non organica bensì storica ed enciclopedica di leggi e di sentenze relative a quelle leggi (che i giudici potevano anche non rispettare) si tratta di una grande innovazione, di una generalizzazione delle leggi che le rende universali per i cittadini. Le leggi a Roma avevano una valenza universale anche geografica, erano cioè valide per tutto l'impero. Inizialmente i codici erano chiaramente di provenienza mitica-teologica con un elemento costituzionale, ma contribuivano lo stesso ad imprimere ai cittadini una nuova sicurezza rispetto a delle limitazioni verso chi li governava; il passo successivo sarà poi di vincolare alla legge anche chi l'emana per mezzo dello stato di diritto. Il codice più famoso è certamente quello di Giustiniano, voluto nel 529, terminato nel 534 ed applicato nel 554. Esso prende forma circa 9-8 secoli dopo la legge delle 12 tavole e non.diritto romano o del dominio, si tratta infatti di una sorta di enciclopedia cheprende avvio dalle leggi delle 12 tavole ed approda fino alle novelle, le leggi emanatedall'imperatore Giustiniano. Le leggi delle 12 tavole del 5 secolo erano infatti andate distruttenel 390 ad opera del sacco gallo di Roma, poi riscritte da alcuni conoscitori, non più sullapietra, e tramandate così ai posteri. Il codice di Giustiniano si articola principalmente in 4parti: le institutiones( la parte più manualistica); codex( le leggi degli imperatori precedentiGiustiniano); digeste( i vari commenti dei giuristi intorno alle leggi); novelle. In ultima analisiil diritto romano costituisce un corpus, che secondo fonti accertate perviene ad oggi quasiuguale, prova ne è il diritto di proprietà: oggi tutti i paesi in cui si sta affermando una societàdi mercato continuano ad introdurre il titolo del diritto romano. Soggetto del diritto di

proprietà solitamente la comunità, alla quale viene concessa una proprietà da chi ha il potere. persona (l'individuoQualora la proprietà diventi intangibile soggetto diverrebbe allora laproprietario che, stando alla legge delle 12 tavole, è definito "quirite", il nome originario deicittadini romani). In questo senso avviene poi il passaggio dal possesso al dominum, che sidifferenzia dal possesso per tre attributi: pienezza (il dominum riguarda un bene nella suainterezza), esclusività (si tratta di una nozione di negatività che indica semplicemente chequel bene appartiene a qualcuno, ed appartenendo a tale qualcuno non può appartenereanche ad altri) ed elasticità (proprietà che permette a chi è titolare del bene di agire su essocome vuole, di farne un uso-abuso-non uso). Tuttavia il concetto di dominio inizialmente nonè parallelo a quello di diritto, bensì ha la forma di

una negatività: è una res vi dicere, ovvero una rivendicazione. A questo proposito la definizione che dà il codice Napoleone di proprietà è la libertà di usare beni

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Publisher
A.A. 2020-2021
27 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-DEA/01 Discipline demoetnoantropologiche

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher met94 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Antropologia filosofica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi "Carlo Bo" di Urbino o del prof Bordoli Roberto.