Riassunto di Diritto Pubblico integrato con appunti prof. Piraino - Università di Palermo
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la semplice e diretta espressione della volontà del sovrana ma il risultato di un processo
legislativo (con Re e Parlamento). Si passava da potere al Re Re- Parlamento (codecisione).
→
In queste prevaleva il concetto di Costituzione Manifesto più che Costituzione Testo normativo,
avevano una funzione di manifesto, ovvero erano rivolte alla conquista del consenso ma non
possedevano una particolare forza regolativa, se non quella di vietare le restrizioni delle libertà
che non siano consentite dalla legge.
• Rigide: quelle che dispongono per la modificazione del testo costituzionale, un procedimento
particolare, più gravoso di quello previsto per la formazione delle leggi ordinarie. In queste è
normale che la prevalenza della Costituzione sulla legge ordinaria sia garantita da un giudice,
che ha il compito di non consentire che vengano applicate leggi contrarie alla Costituzione.
(tipiche del 900 e sono lunghe perché non si limitano a disciplinare le regole generali
dell’esercizio del potere pubblico e della produzione delle leggi, ma contengono principi e
anche disposizioni analitiche che riguardano le materie più disparate, dal credito del risparmio,
dall’ambiente alla famiglia). Queste costituzioni pretendono che tutte le loro disposizioni
abbiano forza regolativa e siano trattate come regole inderogabili. In uno Stato federale come
nel caso americano, queste regole non possono mutare se non tramite una procedura complessa
in cui deve essere anche espresso il consenso degli stati membri. Una costituzione rigida quindi
è necessariamente lunga perchè è frutto di un compromesso dove ogni componente accetta
l'accordo a condizione che i suoi interessi siano garantiti da regole costituzionali (ciò è garantito
da un giudice che ha il compito di rispettare un compromesso).
Le garanzie della rigidità costituzionale
la Costituzione rigida è dunque una costituzione garantita: è garantita la prevalenza delle sue regole
rispetto a qualsiasi altra regola. Le garanzie sono di due tipi:
• il procedimento di revisione costituzionale (più gravoso di quello legislativo, in quanto
necessita di consensi più ampli rispetto alla maggioranza relativa ossia quella parlamentare).
Questi procedimenti sono diversi da paesi a paesi in base alla genesi della loro costituzione.
Nessuna costituzione è rigida a quel punto da non permettere nessun cambiamento, in
quanto sarebbe un invito alla rivoluzione. Si cerca di ottenere invece un punto di equilibrio
tra la stabilità delle regole costituzionali e il mutamento, adeguamento delle regole ai
problemi che l'esperienza costituzionale pone.
• il controllo di legittimità delle leggi,è un compito affidato ad un giudice particolare che deve
essere estranea ai giochi politici che è chiamato a garantire i limiti posti dalla Cost. Ai poteri
della maggioranza e quindi, all'applicazione del principio rappresentativo e maggioritario. (
diversi sono i modi per organizzare questo giudice).
Costituzione scritta e diritto costituzionale
La Cost. Italiana possiede 139 articoli in cui sono stati trasferiti tutti i valori e gli interessi che le
diverse forze, che hanno partecipato alla nascita della Costituzione, ritennero tanto importanti da
porli a riparo dalle scelte del legislatore futuro. Vi sono alcuni principi come quello
dell'eguaglianza o la protezione dei diritti inviolabili dell'uomo che non interessano solo singole
materie, ma possono trovare applicazione in qualsiasi settore della legislazione. Questo vuol dire
che ispirandosi ad un principio costituzionale, si può impugnare una legge qualsiasi
indipendentemente dalla materia, di fronte alla Corte Costituzionale, ovvero il giudice delle leggi
italiano, affinchè ne venga verificata la compatibilità con qualcuno dei 139 articoli della
Costituzione.
La Corte Costituzionale non si occupa solo del rispetto della Costituzione da parte del legislatore
ma anche della rigidità di tutto l'assetto costituzionale dei poteri pubblici, cioè della forma di stato e
della forma di governo.
Attorno ai suoi 139 articoli vi sono altri componenti che formano insieme il diritto costituzionale,
come:
a) Leggi costituzionali: non sono molte (34) e alcune sono state emanate per modificare singole
disposizioni della Costituzione e altre previste dalla Costituzione stessa riguardanti
specifiche questioni es. gli statuti delle Regioni speciali.
b) Tradizioni costituzionali di cui siamo eredi. La storia costituzionale moderna ha sedimentato
regole basilari di funzionamento delle istituzioni rappresentative e delle garanzie delle
libertà individuali.
c) La giurisprudenza della Corte Costituzionale: è un lavoro di continua specificazioni delle
disposizioni costituzionali in relazione a tutti gli infiniti casi che le vengono prospettati.
d) La legislazione ordinaria: in primo luogo esiste un'abbondante legislazione di
completamento della materia costituzionale. Es. la legislazione elettorale, da cui dipende il
modo di funzionare in concreto della forma di governo; oppure i regolamenti parlamentari,
la disciplina che regola i referendum, l'ordinamento del governo, i poteri delle regioni ecc. è
la stessa Cost. Che, attraverso lo strumento della riserva di legge, impone alla legge
ordinaria di disciplinare queste materie delicatissime. In secondo luogo, sopratutto nella
parte dedicata alle libertà e ai diritti fondamentali, la Costituzione richiama nozioni che sono
elaborate dalla legislazione di settore. es. che cosa sia il restrizione della libertà personale e
la perquisizione sono esempi di nozioni che il costituente impiega risentendo dell'uso che se
ne era fatto negli ordinamenti di settore, soprattutto (ma non solo) nel diritto penale.
Disposizioni, norme, regole, principi, valori, interessi
I valori e gli interessi stanno fuori dal diritto, nel senso che sono gli obiettivi che muovono il
legislatore. Ogni norma cerca di proteggere qualche valore o qualche interesse, anzi essa cerca di
fissare il punto d'equilibrio tra valori e interessi contrastanti.
• I valori nel diritto entrano come principi cioè come norme dal contenuto molto generale e
non circostanziale. es. principio di legalità, il principio di laicità dello Stato sono tutti
traduzioni dei corrispondenti valori in una norma fornita di significato giuridico.
• I principi sono un tipo di norma giuridica che si distingue dalle regole per il fatto di essere
dotato di un elevato grado di genericità e di non essere circostanziato. I principi sono
affermazioni assolute: i modi e le circostanze con cui i principi operano si adeguano alla
convivenza e al bilanciamento, con altri principi, e vengono applicati sono definiti regole.
• Principi e regole sono norme giuridiche, cioè costruzioni che gli interpreti fanno per dare un
senso coerente a quello che il costituente o il legislatore hanno scritto, alle loro disposizioni.
• Le disposizioni sono dunque parte del testo, enunciati scritti dal legislatore; le norme
giuridiche (principi o regole) sono il significato che a tali disposizioni attribuiscono gli
interpreti.
La Costituzione italiana
Entrò in vigore il 1° gennaio 1948, dopo essere stata approvata dall'Assemblea costituente, eletta
contemporaneamente al referendum istituzionale.
• Costituzione lunga, perchè si sono sommati le istanze, gli interessi e i valori delle diverse
componenti;
• Costituzione aperta, perchè non si pretende di individuare il punto di equilibrio tra i diversi
interessi, ma si limita ad elencarli a giustapporli, lasciando alla legislazione successiva di
individuare il punto di bilanciamento. Questa sua caratteristica ne indica la sua natura
pluralista: è una Costituzione che ci dice quali valori non possono essere totalmente
sacrificati, ma non quelli che devono necessariamente prevalere. Da ciò ne ricave una
notevole dinamicità, una notevoe capacità di adattarsi ai tempi.
• Il senso della Costituzione è rivolto a fissare i confini oltre i quali non può andare la volontà
della maggioranza politica, quale essa sia.
Contenuti della Costituzione italiana: inizia con i principi fondamentali i primi 12 articoli che
contengono un complesso di norme di principi non collegate tra loro, ma poste l'una accanto
all'altra, talvolta l'una contro l'altra. Sono disposizioni che prescrivono gli obiettivi al legislatore, i
giudici possono quantomeno impugnare le leggi che vanno in direzione opposta, che ostacolano,
anziché favorire, il raggiungimento di essi.
L'avvento della Corte Costituzionale e l'applicazione che essa ha fatto di ogni norma costituzionale,
ha fatto perdere di significato la distinzione, nelle norme costituzionali, tra norme precettive e
norme programmatiche. Inizialmente infatti si negava l'applicabilità diretta , non si poteva quindi
intervenire con una legge di attuazione, della gran parte delle norme costituzionali, considerate
come semplici programmi indirizzati al legislatore.
IV – FORME DI GOVERNO
Le forme di governo dello Stato liberale
Le forme di governo riconosciute dallo Stato liberale sono la monarchia costituzionale, il governo
parlamentare (che rappresenta l’evoluzione storica della prima) e negli Stati Uniti la forma di
governo presidenziale.
• La monarchia costituzionale: si afferma nel passaggio tra Stato assoluto e Stato liberale,
quando il Parlamento si vede riconosciuti i suoi poteri che limitavano quelli del Re. Si
caratterizza per la netta separazione dei poteri tra il Re e il Parlamento, titolari
rispettivamente del potere esecutivo e del potere legislativo. Il monarca aveva il potere di
nominare i ministri che erano suoi diretti collaboratori nonché il potere di sciogliere
anticipatamente la Camera elettiva del Parlamento, utilizzato allorchè quest’ultimo
esprimeva un orientamento politico contrario a quello del Re. Di contro però il Parlamento
era titolare del potere legislativo con cui approvava le norme imitatrici dei poteri
dell’amministrazione nonché i tributi. Forma di governo di equilibrio tra Parlamento e Re,
ovvero tra due centri di potere. Ognuno di essi si basava e appoggiava su differenti classi
sociali: il primo sul principio elettivo e la classe borghese, mentre il secondo principio
monarchico-ereditario e classe nobile.
• Governo parlamentare: cambiando l’equilibrio sociale con il rafforzamento del ruolo
sociale e politico della classe borghese, che si ritrovava nel Parlamento i suoi interessi, si è
arrivati dalla monarchia costituzionale al governo parlamentare, ovvero si inserisce un
nuovo organo oltre a Re e Parlamento: il Governo che ha acquistato progressivamente
autonomia rispetto al Re, cercando il consenso nel Parlamento e non solo più l’approvazione
del Re. Ciò che caratterizza questo governo è la fiducia, rapporto di fiducia, che lega il
Governo al Parlamento, il quale può costringerlo alle dimissione con la sfiducia. Questa
forma di governo ha conosciuto due fasi:
1. parlamentarismo dualista: il potere esecutivo era ripartito tra il Capo dello
Stato e il Governo (esecutivo bicefalo); il Governo doveva avere una doppia
fiducia, quella del Re con quella del Parlamento. Al Capo dello Stato era
inoltre riconosciuto il potere di scioglimento anticipato del Governo che
fungeva da contrappeso alla responsabilità politica del Governo e faceva
quindi da garanzia dell’equilibrio tra potere esecutivo e potere legislativo. Il
dualismo rifletteva ancora quell’equilibrio sociale che era stato tipico già
della monarchia costituzionale anche se sempre di più a vantaggio della
classe borghese.
2. parlamentarismo monista: con l’affermazione della classe borghese, il
Parlamento si lega sempre di più al Governo, tramite il rapporto di fiducia. Il
principale strumento attraverso cui si è realizzata questa trasformazione del
ruolo del capo dello stato è stata la controfirma: con essa veniva trasferita al
governo la responsabilità politica per gli atti del Capo dello Stato. Il
parlamentarismo è diventato monista perché il potere di direzione politica si è
concentrato nel sistema parlamento-governo, intimamente legati dal rapporto
di fiducia.
Le forme di governo nella democrazia pluralista ed il sistema dei partiti
Nello Stato di democrazia pluralista, il funzionamento della forma di governo è influenzato dalla
presenza di una pluralità di partiti e gruppi organizzati, che costituiscono l’elemento maggiormente
caratterizzante di questa forma di stato. La disciplina costituzione in questo argomento si limita ad
indicare una “cornice”, o meglio i limiti giuridici nel cui ambito i soggetti politici e gli organi
costituzionali possono istaurare diversi tipi di relazioni ma non descrive un disegno completo del
funzionamento della forma di governo (infatti le norme costituzionali sulla forma di governo
vengono dette a fattispecie aperta).
Sistema dei partiti: non si devono tenere in conto solo il numero dei partiti presenti in uno Stato, ma
soprattutto le loro ideologie e quanta “distanza” ideologica vi è tra un partito e l’altro; infatti:
sistema politico polarizzato o sistema multipolare (si basa su una molteplicità
▪ di poli politici): quando vi sono due estremità nel sistema, diminuisce quindi
la possibilità di coalizione tra vari partiti perché di ideologie troppo diverse.
(Partiti antisistema: quelli che addirittura rimangono soli). In questo caso
difficilmente può operare la regola di maggioranza per la formazione del
Parlamento e del Governo.
Sistema politico bipolare (simile ad un sistema bipartitico: solo due partiti es.
▪ Gran Bretagna): le distanze ideologiche sono ridotte tra i partiti e anche se il
sistema comunque rimane pluripartitico, esso finisce per concentrarsi su due
poli e di conseguenza, la competizione elettorale è vissuta come
competizione tra due poli politici tra loro alternativi.
Le principali forme di governo che esistono nelle democrazie pluraliste sono tre: il sistema
parlamentare, il sistema presidenziale e il sistema semipresidenziale.
α) Sistema parlamentare: la forma di governo parlamentare si caratterizza per l’esistenza di un
rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento. Razionalizzazione del parlamentarismo:
tendenza a tradurre in disposizioni costituzionali scritte tutte le regole sul funzionamento del
sistema parlamentare. Questo ha garantito la stabilità del governo, distrutta con i regimi
totalitari, di cui anche ne era stata la causa.
• Parlamentarismo maggioritario (o a prevalenza del Governo): si caratterizza per
la presenza di un sistema politico bipolare, con due partiti o due “poli, dando vita
ad una maggioranza politica eventuale, il cui leader assume la carica di primo
ministro. Il governo gode della maggioranza politica di cui solitamente gode per
tutta la durata della legislatura (Governo di legislatura). Quindi il Governo
disponde dell’appoggio della maggioranza che può dirigere per ottenere
l’approvazione parlamentare dei disegni di legge che propone. Chi esercita un
controllo politico sul Governo e sulla maggioranza è l’opposizione parlamentare.
Questo tipo di parlamentarismo può essere ben accolto in paesi con culture
omogenee come Gran Bretagna, Canada, Australia, Germania e Spagna, che
consentono una democrazia maggioritaria. Diversa è la situazione nelle società
divise da fratture profonde dove si adotta un parlamentarismo a prevalenza del
Parlamento e che può arrivare ad essere un parlamentarismo compromissorio.
• Parlamentarismo a prevalenza del Parlamento: è caratterizzato da un sistema
politico che opera seguendo un modulo multipolare, in presenza di numerosi
partiti tra cui esistono profonde differenze ideologiche e quindi, reciproca
sfiducia. Le elezioni non consentono all’elettore di scegliere né la maggioranza
né il Governo. Sono i partiti, dopo le elezioni a concludere accordi attraverso cui
si forma la maggioranza politica e si individuano la composizione del Governo e
la persona che dovrà assumere la carica di Primo Ministro. Il Governo potrà
contenere esponenti di tutti i partiti che fanno parte della maggioranza (Governo
di coalizione) oppure può avere l’appoggio esterno dei partiti che gli votano la
fiducia, mentre i ministri provengono da un solo partito. Se gli accordi vengono a
meno si apre la crisi di governo. Quando in certi sistemi la procedura
parlamentare è regolata in modo tale da favorire la ricerca di compromessi tra
maggioranza e minoranza si parla di parlamentarismo compromissorio, ed ha
funzionato in alcuni Paesi europei come Belgio, Olanda, Danimarca e per certi
versi anche l’Italia. Questo tipo di parlamentarismo comporta la garanzia del
pluripartitismo e la competizione tra partiti durante la campagna elettorale. Il
parlamento è la sede privilegiata della ricerca del compromesso. Grande
coalizione: coalizione di tutti i partiti.
β) Presidenzialismo: la forma di governo (Stati Uniti) presidenziale è quella in cui il Capo
dello Stato è eletto dal’interno corpo elettorale nazionale, non può essere sfiduciato da un
voto parlamentare e preside e dirige i Governi da lui nominati. Elezione di doppio grado:
ovvero in ogni Stato sono eletti gli elettori presidenziali i quali successivamente sono riuniti
in un collegio che procede alla scelta del Presidente e del Vice. Il Presidente è il capo
dell’esecutivo, ha alle sue dipendenze l’amministratore dello Stato federale e nomina i suoi
collaboratori che non possono essere membri del Parlamento. Non esiste un organo
chiamato Governo in quanto i collaboratori quando sono riuniti formano il cosi detto
Gabinetto privo di qualsiasi rapporto con il Parlamento. Tra le attribuzioni presidenziali
assumono importanza quelle relative alla direzione della politica estera ed al comando delle
forze armate. Di fronte al Presidente vi è il Parlamento che prende il nome di Congresso ed
ha struttura bicamerale. Le camere sono il Senato (rappresentanti d’ogni stato membro) e la
Camera dei rappresentanti (in base nazionale in modo proporzionale alla popolazione degli
Stati). Il Congresso è titolare di potere legislativo. Il Presidente è separato dal sostegno
parlamentare, visto che non esiste il voto di sfiducia, con la conseguenza che resta in carica
indipendentemente da questo sostegno; di contro, il Presidente non ha strumenti giuridici per
superare l’ostilità del Parlamento, in quanto non dispone del potere di scioglierlo
anticipatamente. Si determina quindi un dualismo paritario tra presidente e parlamento.
χ) Semipresidenzialismo: la forma di governo semipresidenziale è quella in cui il Capo dello
Stato è eletto direttamente dal corpo elettorale dell’intera nazione, il Presidente è
indipendente dal Parlamento, perché non ha bisogno della sua fiducia, tuttavia non può
governare da solo ma deve servirsi di un Governo da lui nominato e il Governo deve avere
la fiducia del Parlamento. È una struttura bicefala del potere di governo che ha due teste: il
Presidente della Repubblica ed il Primo ministro. Quest’ultimo fa parte di un Governo che
deve avere la fiducia del Parlamento mentre il Presidente trae la sua legittimazione
direttamente dall’elezione popolare e perciò non ha bisogno della fiducia parlamentare. Nel
modello semipresidenziale si può ritrovare sia forme di governo semipresidenziali a
presidente forte (es. V Repubblica Francese) oppure forme di governo a prevalenza del
Governo (es. Austria, Irlanda e Islanda). Nel primo caso, bisogna intendere che il presidente
è il leader della maggioranza parlamentare e può indirizzare sia il Governo che di essa è
espressione, che il Parlamento. Mentre nel secondo caso, la componente parlamentare-
governativa, il ruolo di presidente si riduce a quello di garanzia.
δ) Altre forme di governo contemporanee:
Forma di governo neoparlamentare (unico esempio è Israele):
▪ - Rapporto di fiducia tra Governo e Parlamento;
- L’elezione popolare diretta del Primo Ministro;
- L’elezione contestuale del Primo ministro e Parlamento;
- Il Governo di legislatura (il Governo dura per tutta la legislatura ed un eventuale
crisi dello stesso determina altresì lo scioglimento del Parlamento, nuove
elezioni ecc).
Forma di governo direttoriale (Confederazione svizzera), si caratterizza per l’esistenza
di un direttorio (consiglio federale) accanto al Parlamento (assemblea federale).
I sistemi elettorali e la legislazione di contorno
Nella legislazione elettorale confluiscono tre diversi componenti:
a) Le norme che definiscono l’area della cittadinanza politica, ossia le norme che definiscono
l’elettorato attivo.
b) Le regole sul sistema elettorale che stabiliscono i meccanismi.
c) La legislazione elettorale di contorno formata da regole che stabiliscono le modalità di
svolgimento delle campagne elettorali, i modi di finanziamento della politica, il regime delle
ineleggibilità e delle incompatibilità parlamentari.
♦ Elettorato attivo: art. 48 della Cost. sono elettori tutti i cittadini, uomini e donne, che hanno
raggiunto la maggiore età. Elettorato attivo cioè sono coloro che possiedono la capacità di
votare e si necessitano di due requisiti: la cittadinanza italiana e la maggiore età (anche se per il
Senato bisogna avere 25 anni art. 58). L’art. 48.2 dice che il voto è:
Personale, quindi è escluso il voto per procura;
o Uguale, secondo un principio basilare di un sistema democratico che esclude
o radicalmente la possibilità che a certi soggetti sia attribuito il voto plurimo,
Libero, ovvero si vieta e sanziona le coartazioni che possono derivare dall’esercizio di
o certe funzioni e considera l’elargizione di denaro e di cibo nell’imminenza delle
elezioni.
Segreto, per garantire l’effettiva libertà.
o Dovere civico, non ci possono essere sanzioni però nei confronti di chi non dovesse
o votare con la conseguenza che l’astensionismo può ritenersi perfettamente ammissibile e
lecito.
Come si perde l’elettorato attivo? Per cause di incapacità civile, per effetto di sentenze penali
irrevocabili e per cause di indegnità morale.
♦ Elettorato passivo: consiste nella capacità di essere eletto. Vi è una restrizione riguardo all’età:
infatti per essere eletti alla camera bisogna avere un minimo di 25 anni mentre al senato di 40.
per il resto si rinvia alla capacità elettorale, per cui se si perde l’elettorato attivo viene meno
pure quello passivo.
♦ Ineleggibilità, incompatibilità e incandidabilità parlamentari: la norma costituzionale che si
occupa di questi argomenti Art. 65. 1 Cost. rimanda alla legge ordinaria (riserva di legge
assoluta) la determinazione delle relative cause. Ciò nonostante la Corte Cost. ha sempre
ritenuto giusto sottolineare che l’eleggibilità è la regola mentre l’ineleggibilità è l’eccezione a
cui si può far luogo solo in presenza di validi e ragionevoli motivi.
Ineleggibilità parlamentare: consiste in un impedimento giuridico precedente
▪ all’elezione che non consente a chi si trova in una delle cause ostative previste
dalla legge di essere validamente eletto. Il suo fondamento giuridico è che mira a
garantire in primo luogo la libertà di voto e la parità di chances tra i candidati.
dalla incapacità elettorale passiva
Effetti: comporta la nullità della elezione. ≠
che discende dalla sussistenza di quelle cause che fanno venire meno lo stesso
elettorato attivo, il cui godimento è il presupposto dell’elettorato passivo. Caso di
ineleggibilità sopravvenute: se la cause che la determina, è costituita dalla
titolarità sopraggiunta di una nuova carica essa si trasforma in causa di
incompatibilità che impedisce di mantenere la titolarità di entrambe le cariche,
costringendo l’interessato a optare.
Incompatibilità parlamentare: è la situazione giuridico in cui il soggetto,
▪ validamente eletto, non può cumulare nello stesso tempo la funzione di
parlamentare con altra carica. Il suo fondamento giuridico invece è quello di
assicurare che l’imparziale esercizio delle funzioni elettive non venga minacciato
da conflitti di interessi o da motivi di ordine funzionale. Effetti: può produrre la
decadenza del titolare della carica elettiva qualora egli continui la sua altra
attività incompatibile, ma al contrario le cause di incompatibilità possono essere
rimosse attraverso l’opzione da parte dell’interessato fra le due opzioni (sceglie
la carica politica invece che la sua professione originaria). Le cause di
incompatibilità alcune sono direttamente previste dalla Costituzione ed altre dalla
legislazione ordinaria. Es. delle prime: incompatibilità tra Senatore e deputato,
tra Pres. Della Repubblica e qualsiasi altra carica ecc.
Incandidabilità: consiste in una inidoneità funzionale assoluta non rimovibile
▪ dall’interessato come coloro che hanno subito condanne per determinati reati (es.
mafia) o da misure di prevenzione inerenti a pericolosità di tipo mafioso.
♦ I sistemi elettorali: è il meccanismo attraverso cui i voti espressi degli elettori si trasformano in
seggi. È possibile dividere la sua composizione in tre parti fondamentali:
1. Il tipo di scelta che spetta all’elettore: può essere categorica o ordinale: nel primo
caso, può esprimere solamente una scelta secca (come in un collegio uninominale,
dove si vota un solo candidato); nel secondo caso puoi esprimere un ordine di
preferenza.
2. La dimensione del collegio, nel cui ambito viene preso in considerazione il voto per
la ripartizione dei seggi; può esserci:
Collegio unico (seggio unico dove si ripartiscono tra i candidati
o tutti i seggi) come in Israele.
Più collegi, ciascuno dei quali eleggerà un certo numero di
o parlamentari. In questo caso, in un collegio si potrà eleggere un
solo candidato (uninominale) oppure due o più (plurinominale).
3. La formula elettorale, che è il meccanismo secondo cui si procede per ripartire i
seggi tra i soggetti che hanno partecipato alla competizione elettorale.
In base alla formula elettorale, i sistemi si distinguono in maggioritari e proporzionali.
Nei sistemi elettorali maggioritari, il seggio in palio è attribuito a chi ottiene la
▪ maggioranza dei voti. È un sistema che ha un effetto selettivo, nel senso che
l’accesso alle aule parlamentari viene consentito solo a chi ottiene più voti nei
collegi (forze politiche maggiori, e quelle minori che non raggiungono la
maggioranza minima nei collegi non saranno rappresentati in parlamento).
Bisogna però distinguere due ipotesi:
Se è richiesta la maggioranza assoluta, per essere eletti occorre
avere ottenuto almeno la metà più uno dei voti validi. Se nessuno
candidato la raggiunge, le discipline elettorali prevedono un
secondo turno di votazione di regola. Al secondo turno accedono
di solito i due candidati con maggior numero di voti del primo
turno, e viene eletto il candidato che ottiene più voti al secondo
turno (con maggioranza relativa).
Se è richiesta la maggioranza relativa, per essere eletti bisogna
ottenere semplicemente più voti, anche se questi non raggiungono
la metà più uno dei voti validi.
Nei sistemi elettorali proporzionali invece i seggi in palio sono distribuiti a
▪ seconda della quota di voti ottenuta da ciascuna lista in competizione. Si tiene
conto perciò di tutte le liste elettorali che abbiano però raggiunto un quoziente
elettorale minimo , ovvero che abbiamo ottenuto una percentuale di voti minima.
Tutte le liste che raggiungono questo livello minimo partecipano alla ripartizione
dei seggi in rapporto al numero di voti ottenuto da ciascuna. Una volta attribuiti i
seggi a ciascuna lista, si passa a vedere quali candidati di ciascuna lista siano stati
eletti. Allo scopo possono essere seguiti due metodi principali:
Se l’elettore può esprimere, oltre al voto per la lista, una o più
preferenze per i candidati di questa, sono eletti i candidati con
numero di preferenze più elevato.
Se manca la possibilità di esprimere preferenze, i saggi sono
attribuiti seguendo l’ordine dei candidati nella lista (cosi detta lista
bloccata che attribuisce grande potere ai dirigenti del partito
perché dato che sono loro a scegliere l’ordine dei candidati,
sostanzialmente scelgono coloro che potranno essere eletti).
Questo sistema proporzionale invece a differenza del primo garantisce l’accesso
in Parlamento anche alle minoranze politiche, avendo come obiettivo quello
proprio di fotografare la realtà politica del paese, sicchè si può dire che essi
hanno un effetto proiettivo. Pur essendo un sistema proporzionale però vi è un
certo grado di selettività dato dalla presenza di una clausola di sbarramento,
cioè che possono accedere alla ripartizione dei seggi solamente le liste che a
livello nazionale abbiano conseguito una percentuale significativa di voti
(Germania è il 5%), per escludere quei partiti esageratamente piccoli. Anche
tramite il premio di maggioranza si cerca di selezionare, infatti le coalizioni che
superano una certa percentuale di voti hanno attribuiti in premio un certo
numero di seggi (come era previsto in Italia con una legge successivamente
abrogata per la Camera, ma non per i consigli regionali e comunali, chiamata
“legge truffa”).
In conclusione si può dire che il sistema elettorale influenza l’assetto del sistema politico e
poiché quest’ultimo condiziona il funzionamento della forma di governo, gli equilibri di
quest’ultima sono spesso collegati alle caratteristiche del sistema elettorale.
♦ Legislazione elettorale di contorno:
Campagna elettorale: in un sistema democratico, la libertà di scelta
dell’elettore e la parità di chances dei candidati costituiscono principi
irrinunciabili. Art 48 e Art. 51. ma la fase che precede il momento della
votazione (ovvero la campagna elettorale) è stata regolata soprattutto con la
legge 28/2000: disciplina la diffusione di sondaggi politici ed elettorali,
divieto di pubblicare risultati nell’imminenza delle elezioni (ultimi 15 giorni).
Finanziamento della politica: la politica ha costi crescenti perché da un lato i
partiti richiedono, essendo organizzazioni complesse, molte risorse e
dall’altro le campagne elettorali richiedono spese ingenti a chi intenda avere
effettive possibilità di essere eletto. Da qui deriva la tendenza a introdurre
forme di finanziamento pubblico, cioè a carico del bilancio statale, dei partiti
e dei candidati, in modo da assicurare a tutti i soggetti politici pari
opportunità nella competizione elettorale. Il finanziamento è un fatto
necessario e per evitare che chi possiede ricchezza sia avvantaggiato, si è
arrivati a usare il finanziamento pubblico. Nonostante il referendum del 1993,
dove è stato abrogato il finanziamento ai partiti, nel 1999 è stato reintrodotto
il finanziamento pubblico in forma però di rimborso delle spese elettorali
sostenute da partiti e movimenti per l’elezione dei membri del Parlamento,
del Parlamento europeo e dei Consigli regionali. Nel 2002 è stata ridotta dal 4
all’1% la soglia minima dei voti espressi in ambito nazionale per avere diritto
al finanziamento.
Sistema di elezione del Parlamento in Italia:
Sino al 1993 in Italia le due Camere del Parlamento erano elette con un sistema proporzionale.
Questa preferenza era dovuta alle profondo fratture che c’erano in un sistema politico come quello
italiano, date le radici storiche (fascismo), dal punto di vista ideologico e l’obiettivo quindi di
garantire una certa sopravvivenza tra tutte le forze politiche in modo tale che nessuna sopprimesse
le altre: si incentivava la ricerca dell’accordo e della mediazione. Questo sistema quindi è stato una
componente importante del parlamentarismo compromissorio, che per molti anni ha caratterizzato
la democrazia italiana. Ma le crescenti difficoltà del funzionamento di questo tipo di
parlamentarismo ha aperto la strada verso una democrazia maggioritaria (spinta realizzata anche
con il referendum del ’93 che riguardava l’abrogazione di alcune norme della legge elettorale del
Senato, in modo che il sistema si trasformasse in senso prevalentemente maggioritario-
uninominale). Con questo referendum il corpo elettorale, oltre a determinare un cambiamento
drastico della disciplina elettorale del Senato, esprimeva chiaramente un indirizzo politico a favore
di una trasformazione maggioritaria del sistema elettorale. Ma il Parlamento italiano incontrò grosse
difficoltà nell’approvare una riforma elettorale verso un sistema completamente maggioritario, così
da preferire un sistema prevalentemente maggioritario, in cui il 75% dei seggi viene attribuito in
collegi uninominali con il maggioritario a turno unico, mentre il restante 25% è ripartito in modo
proporzionale.
Tuttavia nel 2005, il sistema maggioritario è stato abbandonato, ed introdotto un sistema elettorale
proporzionale (legge 207/2005) che si caratterizza:
∗ Lista bloccata (nessuna preferenza).
∗ Possibilità per i partiti di coalizzarsi e presentarsi con un unico programma elettorale.
∗ Preventiva indicazione del capo della coalizione che diventerà, in caso di vittoria, futuro
Presidente del Consiglio.
∗ Clausola di sbarramento (possono partecipare alla ripartizione dei seggi solamente le coalizioni
di liste o le singole liste non riunite in coalizioni che abbiano a livello nazionale un minimo del
4%).
∗ Premio di maggioranza diretto a garantire che comunque la coalizione o la lista singola più
votata abbia la maggioranza in Parlamento.
Vi sono però differenti regole per l’elezione della Camera dei deputati e quella del Senato: infatti
l’arti. 57.1 della Cost. scrive “il Senato è eletto a base regionale”, quindi per l’elezione del Senato i
segni assegnati a ciascuna Regione sono attribuiti, con formula proporzionale, esclusivamente sulla
base dei voti espressi nella Regione medesima (sono calcolati esclusivamente nell’ambito di
ciascuna Regione anche la clausola di sbarramento e il premo di maggioranza).
Premio di maggioranza:
Camera dei deputati: previsto alla coalizione o alla lista che ha avuto più voti validi a livello
- nazionale; si tratta di una quota aggiuntiva di seggi fino a che tale coalizione raggiunga 340
seggi.
Senato: l’attribuzione procede per base regionale; è previsto che alla coalizione di liste che ha
- ottenuto nella Regione il maggior numero di voti siano attribuiti dei seggi aggiuntivi affichè tale
condizione acquisisca il 55% dei seggi assegnati alla Regione (premio di maggioranza). Ma se
si assicura questo premio alla coalizione vincente in ciascuna regione non si assicura il fatto che
alla fine dei conteggi alla coalizione risultate vincente alla camera dei deputati sia assicurata
anche la maggioranza al Senato.
Le elezioni del Parlamento Europeo:
sono svolte sulla base di leggi elettorali diverse per ciascuno Stato. In Italia la materia è regolata
dalla legge 18/’78 che consiste nell’applicazione dell’unico rimasto vero sistema proporzionale nel
nostro paese. Nel 2009 si è inserito anche in questo caso una soglia di sbarramento del 4%.
I seggi attribuiti all’Italia sono attualmente 72 ed essi sono ripartiti nell’ambito di cinque grandi
circoscrizioni (Italia nord-occ., italia nord-orient, italia centrale, meridionale ed insulare) in cui è
stato diviso il territorio nazionale.
Si opera:
- Il totale dei voti validi ottenuto dalle liste ammesse alla ripartizione dei seggi è diviso per il
numero dei seggi da attribuire, ottenendo il quoziente elettorale nazionale.
- Si divide la cifra elettorale di ciascuna lista ammessa (pari al totale dei voti ottenuti) per il
quoziente elettorale.
- Il risultato indica il numero di seggi che spettano a ciascuna lista.
- I seggi che eventualmente rimangono ancora da attribuire sono rispettivamente assegnati alle
liste per le quali le ultime divisioni hanno dato maggiori resti e in caso di paritò di resti, a quelle
liste che abbiano avuto la maggiore cifra elettorale nazionale.
- Fase successiva: assegnazione dei seggi. Si calcola il quoziente elettorale, si calcola la cifra
circoscrizionale di lista (uguale al numero di voti validi ottenuti da ciascuna nelle singole
circoscrizioni) e si divide la cifra circoscrizionale per il quoziente elettorale. Poi il risultato
indica il numero dei seggi attribuiti a quella lista nella singola circoscrizione e ove alcuni seggi
non siano assegnati si applica il metodo dei più alti resti.
- In queste elezioni europee si può esprimere il voto di preferenza plurimo per i candidati della
lista, indicando il proprio gradimento fino a 3 candidati.
Verifica dei poteri: è lo specifico procedimento che ciascuna Camera svolge per controllare la
regolarità delle operazioni elettorali (inclusa l’esistenza di ineleggibilità o incompatibilità). A
decidere se convalidare o meno l’elezione è la Giunta per le elezioni che fa la sua proposta
all’Assemblea cui spetta la decisione definitiva. L’Assemblea decide a maggioranza ma contro la
sua decisione non è ammesso alcun ricorso davanti al giudice.
Per le elezioni del parlamento europeo invece, la legge affida le controversie relative alle operazioni
elettorali al TAR del Lazio, mentre quelle in materia di ineleggibilità e incompatibilità sono
assegnate alla Corte d’Appello competente per territorio.
V – L’ORGANIZZAZIONE COSTITUZIONALE IN ITALIA
La forma di governo italiana: evoluzione e caratteri generali
La forma di governo italiana (delineate dalla Costituzione) è una forma di governo parlamentare a
debole razionalizzazione, in cui sono previsti solo limitati interventi nel diritto costituzionale per
assicurare la stabilità del rapporto di fiducia e la capacità di direzione politica del Governo.
Le sinistre però volevano un sistema più flessibile ed aperto come conseguenza che la
razionalizzazione del parlamentarismo si manifestò nella previsione di un Presidente della
Repubblica, dotato di poteri di garanzia e di intermediazione politica e soprattutto nella presenza di
una Corte Costituzionale dotata di rilevanti attribuzioni a garanzia della Costituzione. Ma il
rapporto di fiducia ed il ruolo del Governo restano affidati ad una disciplina essenziale, compatibile
con assetti assai differenti della forma di governo e quindi, sia con un parlamentarismo
maggioritario (centralità del Governo) sia con un parlamentarismo compromissorio (centralità del
Parlamento).
La disciplina del rapporto di fiducia e la maggioranza politica
La razionalizzazione costituzionale del rapporto di fiducia (art.94) è diretta a garantire la stabilità
del governo.
- La Costituzione contempla la mozione di sfiducia ma che deve essere motivata e votata per
appello nominale, oltre che firmata da almeno un decimo dei componenti della Camera e non
può essere messa in discussione prima di tre giorni della sua presentazione.
La Cost. ha anche voluto precisare che il voto contrario di una o entrambe le Camere su una
proposta del Governo non comporta obbligo di dimissioni art. 94.4.
- La mozione di fiducia, invece comporta diversi effetti concreti, ovvero il Governo, entro dieci
giorni dalla sua formazione, si presenta alle Camere per ottenere la fiducia, che viene accordata
(e respinta) sempre con una mozione motivata e votata per appello nominale (art.94.3). Il
procedimento di formazioni del Governo termina positivamente solo se le Camere votano la
dalla maggioranza
fiducia al Governo. Si tratta di ottenere una maggioranza politica (≠
aritmetica per le deliberazioni parlamentari), che consiste in una maggioranza stabile che si
aggrega ad un determinato indirizzo politico e che pertanto si impegna politicamente a
realizzarlo. Il Governo deve trovare un accordo con il Parlamento che si impegna a realizzare un
indirizzo politico definito.
- Ratio della questione di fiducia: può essere posta dal Governo su una sua iniziativa che richede
l’approvazione parlamentare come un disegno di legge. In questo caso il Governo dichiara che
ove la sua proposta non dovesse essere approvata dal Parlamento, trattandosi di una proposta
necessaria per l’attuazione dell’indirizzo concordato con la maggioranza iniziale, riterrà venuta
meno la fiducia di quest’ultima e come conseguenza rassegnerà le dimissioni.
- La creazione quindi di una maggioranza politica di supporto al governo (maggioranza di
Governo) costituisce una necessità costituzionale, anche se variano le modalità della sua
formazione ed il ruolo che svolge a seconda delle caratteristiche del sistema politico e degli
assetti della forma di governo.
Multipartitismo esasperato: la realtà socio-politica della democrazia italiana iniziale (Comunismo e
Democrazia Cristiana) ha dato origine ad un sistema politico multipartitista, non solo per l’elevato
numero di partiti ma soprattutto per le ideologie molto lontane dei partiti stessi.
Questa caratteristiche della società e del sistema politico impedivano l’affermazione di una
democrazia maggioritaria e richiamavano invece i presupposti per una democrazia consociativa.
Questo comportò importanti conseguenze nella forma di governo: in primo luogo era impossibile
ottenere una dinamica bipolare del sistema politico con la contrapposizione maggioranza-
opposizione, sia l’investitura popolare diretta del Governo; anzi, il Governo ha funzionato sulla
base di maggioranza formate dopo le elezioni attraverso laboriosi accordi tra i partiti. In secondo
luogo le maggioranze sono state fondate sull’esclusione permanente dei due poli estremi e sono
imperniate sulla Democrazia cristiana. In terzo luogo la formazione post-elettorale della
maggioranza ha consentito la progressiva attrazione nell’area della coalizione di governo di partiti
collocati alle ali estreme del sistema.
Il sistema politico quindi condizionava il funzionamento della forma di governo orientandola verso
il parlamentarismo compromissorio.
Ma grazie all’integrazione europea e ad altre circostanze come il referendum del ’93, si è andati
sempre più a favore di un sistema prevalentemente maggioritario.
Sistema politico a tendenza bipolare: ristrutturazione del sistema politico: le forze politiche hanno
avviato una forte competizione per ottenere il consenso degli elettori mobili che votano non più
secondo criteri di appartenenza ideologica ma valutando quello che ciascuno partito ha fatto e si
propone di fare per il futuro: cambiamento dell’equilibrio del sistema politico e grande
modificazione del sistema politico, soprattutto causato dalla nascita di nuovi partiti e dalla
scomparsa dei partiti storici della democrazia italiana che si sono trasformati in soggetti nuovi.
Nonostante ciò il sistema politico è rimasto molto frammentato e ciò si vede dall’elevato numero di
gruppi parlamentari; è venuta meno però la centralità di un partito (all’epoca la DC), così come la
forte contrapposizione ideologica che aveva caratterizzato il pluralismo esasperato. Esiste ora una
condizione che può consentire il funzionamento bipolare del sistema politico, quale premessa del
parlamentarismo maggioritario: infatti si è afferamta una competizione politica bipolare e la pratica
dell’alternanza.
Formazione della coalizione
La formazione di una maggioranza politica, per effetto della disciplina posta dall’art. 94 della Cost.
costituisce una necessità istituzionale. In un sistema pluripartitico (dove nessuno ha la maggioranza
assoluta), la maggioranza sarà necessariamente formata attraverso l’accordo tra più partiti e
prende il nome di coalizione (=Governo di coalizione). Possono distinguersi in:
- Coalizioni annunciate davanti al corpo elettorale: il sistema politico funziona in modo bipolare,
con due poli politici, ciascuno formato da più partiti, tra loro alternativi ed in competizione per
la conquista della maggioranza dei seggi parlamentari e del Governo. La forma di governo si
assesta secondo i moduli funzionali del parlamentarismo maggioritario, con una netta differenza
di ruoli tra maggioranza e opposizione.
- Coalizioni formate in sede parlamentare dopo le elezioni: iniziano le negoziazioni per la scelta
della maggioranza di governo e del suo programma: sul tavolo del negoziato ciascun partito
potrà far valere la sua forza che deriva dal consenso elettorale ottenuto. L’elettore non sceglie né
la maggioranza né la persona che ricoprirà la carica di Primo ministro. I partiti sono liberi nella
scelta delle alleanze che daranno vita alla maggioranza, sia nella scelta di colui che dvrà guidare
il Governo.
Prima del 1994 le coalizioni sono sempre state formate dopo le elezioni, attraverso complessi
negoziati tra le forze politiche. Successivamente si è formata la nuova tendenza verso un sistema
basato sulla competizione tra due coalizioni annunciate al corpo elettorale.
Crisi di Governo
Consiste nella presentazione delle dimissioni del Governo causate dalla rottura del rapporto di
fiducia tra il Governo, da una parte, ed il Parlamento (o meglio la maggioranza) dall’altra.
- Crisi parlamentare: sono determinate da una mozione di sfiducia oppure da un voto contrario
sulla questione di fiducia posta dal Governo. Il Governo è giuridicamente obbligato a presentare
le sue dimissioni al Capo dello Stato. (mai successo a causa della mozione di sfiducia ma 4 casi
per mancata fiducia iniziale De Gasperi, Fanfani, Andreotti due volte).
- Crisi extraparlamentare: si aprono a seguito delle dimissioni volontarie del Governo causate da
una crisi politica all’interno della sua maggioranza (anche dimissioni del solo Presidente del
Consiglio). Del tutto lecite dal punto di vista costituzionale perché nell’art.94 si mira a
disciplinare i modi in cui il Parlamento può cacciare il Governo ma nessuno può impedire al
Governo di dimettersi quando lo ritenga opportuno.
- Rimpasto ministeriale: dimissioni di ministri volontarie o non che vengono sostituiti ma non si
apre una crisi di governo.
- Problema di far conoscere ai cittadini i motivi della crisi con la crisi extraparlamentare: il
Presidente della Repubblica invita il Governo dimissionario a presentarsi per esporre i motivi
della crisi ed aprire sugli stessi un dibattito parlamentare per rendere poi pubbliche le ragioni.
Le crisi hanno determinato una notevole instabilità dei Governi italiani che hanno avuto come
media vita inferiore ad un anno e senza stabilità non ci può essere e realizzare un sistema politico
che affronti i problemi strutturali del Paese e quindi efficienza decisionale.
Il Governo
È un organo costituzionale complesso formato dal Presidente del Consiglio, dai ministri e
dall’organo collegiale Consiglio dei ministri art.92.
Esercita una quota rilevante nell’attività di indirizzo politico, delle podestà pubbliche proprie della
funzione esecutiva e importanti poteri normativi.
Il ruolo del Governo italiano ha risentito dei notevoli e diversi equilibri assunti dalla forma di
governo nel tempo, cominciando con l’avvicinamento al parlamentarismo compromissorio e poi
avviando un processo verso il parlamentarismo maggioritario. Altri fattori hanno influenzato il
ruolo e il funzionamento del governo:
- Il decentramento politico, affidando il potere alle Regioni e agli enti locali sempre più;
- Tendenza a ridurre la presenza pubblica nell’economia;
- L’integrazione all’unione europea che ha privato l’Italia di poteri consistenti come nel campo
della politica economica.
Le regole giuridiche sul governo
Disciplina costituzionale pone poche regole e principi di struttura e di funzionamento del Governo,
rinviando tutto alla prassi, alle convenzioni, alla legge ed agli atti di autorganizzazione dello Stesso
Governo.
Regole del Governo:
Per la sua formazione la disciplina è contenuta negli articoli 92.2, 93 e 94 ovvero:
▪ • Il Presidente della Repubblica nomina il Presidente del Consiglio;
• I ministri sono nominati dal Presidente della Repubblica su proposta del Presidente
del Consiglio;
• I membri del Governo devono giurare nelle mani del Capo dello Stato art.93.
• Entro 10 giorni dalla sua formazione il Governo deve presentarsi alle Camere per
ottenere la fiducia. Art.94.3
• La fiducia è accordata e revocata mediante mozione motivata votata per appello
uninominale art. 94.2.
Per la sua struttura l’art.92.1 si limita a citare quali sono gli organi governativi necessari e cioè
▪ il Presidente del Consiglio ed i ministri che insieme danno vita al Consiglio dei ministri. La
Cost non esclude che la legge possa prevedere nuovi organi che però non sono necessari come il
Vice presidente del Consiglio, i ministri senza portafoglio ecc.
Per il suo funzionamento l’art.95 rinvia alla legge sull’ordinamento della Presidenza del
▪ Consiglio dei ministri che disciplina l’organizzazione e il funzionamento del Governo legge
n°400 1988; in attuazione della stessa sono stati adottati il regolamento interno del Consiglio dei
ministri.
Per i rapporti con la pubblica amministrazione le regole costituzionali sono fissate agli art.95,
▪ 97,98.
Unità ed omogeneità del Governo
Il Governo si configura come un soggetto politicamente unitario, responsabile politicamente nella
sua unità per l’indirizzo politico che segue e capace di dare attuazione coerente a tale indirizzo, sia
nella sua attività che nei rapporti con gli altri organi costituzionali. Il problema è assicurare che
nella pratica effettivamente il Governo si comporti seguendo un indirizzo politico in modo unitario.
Ovviamente più sono i membri del Governo di differenti partiti e movimenti (come nei Governi di
coalizione) tanto più si pone il problema di ricondurli entro un indirizzo unitario.
Alcuni sistemi inoltre, proprio per garantire l’unità, affidano il potere di direzione politica generale
al Presidente del Consiglio, ma in Italia, a causa del fascismo, si ha paura e si è diffidenti a dare il
un potere così forte in mano ad una sola persona. Ecco che l’art. 95 cost. si limita a prevedere che:
• Il presidente del Consiglio dei ministri dirige la politica generale del Governo e ne è
responsabile.
• Mantiene l’unità dell’indirizzo politico ed amministrativo del Governo,
promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
• I ministri rispondono collegialmente per gli atti del Consiglio dei ministri e
individualmente per gli atti dei loro ministeri.
L’art.95 ha consacrato fondamentalmente 3 principi di organizzazione del governo, che si sono
affermati in fasi di storia diverse della repubblica italiana:
• Il principio della responsabilità politica di ciascun ministro (dire che un ministro è
responsabile significa che quel soggetto ha il potere di fare quella cosa), comporta il
riconoscimento dell’autonomia di ciascun ministro nella direzione del suo ministero.
• Il principio della responsabilità politica collegiale, incentrata nel Consiglio dei
ministri.
• Il principio della direzione politica monocratica, basata cioè sui poteri del Presidente
del Consiglio.
La formazione del Governo
La formazione del Governo nelle democrazie pluralistiche può avvenire secondo modalità diverse
riconducibili a due tipi (la disciplina costituzionale italiana è compatibile con entrambe e a seconda
del sistema politico e le regoli elettorali dei diversi periodi si determina l’una o l’altra) :
• Le democrazie mediate, in cui sono i partiti dopo le elezioni, i reali detentori del
potere di decidere struttura e programma del governo.
• Le democrazie immediate, in cui esiste la sostanziale investitura popolare diretta del
capo del Governo; esse si differenziano dal diverso ruolo riconosciuto ai partiti
politici.
L’art.92 prevede che il Presidente del Consiglio avrebbe proposto al Capo dello Stato la lista dei
ministri da nominare, e ciò imponeva una figura e un potere del Presidente del Consiglio
autorevole; ma la presenza di coalizioni formate dopo le elezioni attraverso l’accordo tra i partiti ha,
per lungo tempo, impedito che si affermasse questa modalità di attuazione di tale articolo. Anzi gli
accordi di coalizione, tendevano a comprendere anche la scelta delle persone che avrebbero dovuto
diventare ministro e spesso anche lo stesso Presidente del Consiglio. Perciò la prassi ha visto
l’affermazione di una figura non espressamente contemplata dalla Cost. e cioè l’incarico per la
formazione del Governo, il cui conferimento procede la nomina del Presidente del Consiglio e dei
ministri.
Consultazioni e incarico per la formazione del Governo
Dopo l’apertura della crisi di Governo (o dopo le elezioni), il Presidente della Repubblica procede
alle consultazioni (non previste dalla Cost.) con cui si apre il procedimento di formazione del
Governo. Il Capo incontra i presidenti dei gruppi parlamentari, così come i Presidenti delle Camere,
ex-presidenti della Repubblica e tutti coloro che potrebbero essere utili per giungere ad una
conclusione. Tramite tali consultazioni il presidente poteva anche conoscere gli accordi di
coalizione, in modo da poter scegliere un soggetto idoneo per la situazione corrente.
L’incarico è conferito oralmente dal Presidente della Repp. e di regola viene accettato con riserva,
che viene sciolta solo dopo che l’incaricato ha svolto con successo la sua attività. Questa consiste
nell’individuazione della lista dei ministri da proporre al Capo per la nomina e del programma di
governo, i cui contenuti siano tali da avere il consenso dei partiti della coalizione e quindi,
l’investitura fiduciaria da parte del Parlamento.
La lista dei ministri, la nomina e il giuramento.
Il potere di proporre (art.92) al Capo dello Stato la lista dei ministri è stato svuotato di contenuto
sostanziale, in quanto la lista era frutto di un lavoro di mediazione tra i partiti e non del Presidente
del Consiglio e basta, quindi i partiti in sostanza sono stati i reali formatori del Governo.
Esaurita l’attività dell’incaricato e formata la lista dei ministri, il Presidente della Repubblica
nomina con proprio decreto il Presidente del Consiglio e quindi, su proposta di quest’ultimo,i
ministri. Dopo la nomina e solitamente nelle successive 24h secondo l’art.93, prestano giuramento
nelle mani del Presidente della Rep. Con il giuramento il Governo è ammesso nell’esercizio delle
sue funzioni e perciò termina il procedimento della sua formazione. Il primo atto formale del nuovo
Presidente del Consiglio è controfirmare i decreti di nomina di se stesso e dei ministri.
La formazione del Governo è un processo distinto ed autonomo rispetto al procedimento della
votazione della fiducia al Governo dal Parlamento. Ma è chiaro che se il Governo viene proprio
formato in vista di ottenere poi la fiducia parlamentare, non possono che essere strettamente
collegati i due procedimenti.
Il Governo ha la pienezza dei suoi poteri solo dopo aver ottenuto da entrambe le camere il voto di
fiducia ed entro dieci giorni dal giuramento il Governo si deve presentare alle camere art.94.3. si
espone il programma di governo, approvato dal Consiglio dei ministri. In ciascuna Camera i
parlamentari di maggioranza presentano una mozione di fiducia che deve essere motivata e che
deve essere votata per appello nominale (tramite maggioranza relativa).
I rapporti tra gli organi del Governo
Per garantire l’unità e l’omogeneità, la Costituzione espone:
• principio collegiale: ovvero fa leva sulla competenza collegiale del Consiglio dei
ministri a determinare la politica generale del Governo
• principio monocratico: ovvero fa leva sulla competenza del Presidente del Consiglio
a dirigere questa politica e a mantenere l’unità dell’indirizzo politico ed
amministrativo, promuovendo e coordinando l’attività dei ministri.
Questi due principi servono a contrastare gli eccessi di autonomia dei ministri, che potrebbero
minacciare l’unità politica del Governo.
Il coordinamento di cui parla l’art.95.1 è l’attività appunto diretta a mantenere l’unità di azione del
Governo.
Gli strumenti giuridici che rendono effettivamente possibile ai due principi di contenere gli eccessi
di autonomia dei ministri sono, dal testo costituzionale:
• il potere del Presidente del Consiglio di proporre al Capo dello Stato la lista dei ministri da
nominare;
• il potere di indirizzare direttive politiche e amministrative ai ministri, in attuazione della politica
generale del Governo, ovvero individuare fini politici o principi di azione, che lasciano spazio
all’autonomia dei ministri.
• La competenza del Consiglio dei Ministri a deliberare sulle questioni che riguardano la politica
generale del Governo, cioè l’indirizzo generale che intende seguire.
Oggi, si deve sottolineare una divisione tra politica nazionale e politica generale del Governo, la
prima determinata dai partiti art. 49 e ove si concentrano gli interessi nazionali o generali del
sistema paese come es. risanamento finanziario, competitività internazione, problema mezzogiorno
ecc. Questa politica nazione ha fatto sì che si acquisisse una certa autonomia rispetto alle liti e
pressioni interpartitiche, autonomia che si traduce in un maggior rispetto da parte dei ministri
dell’unità dell’indirizzo del Governo.
L’unità dell’indirizzo politico e amministrativo nella legge 400/1988
Per mantenere l’unità dell’indirizzo politico ed amministrativo sono previsti strumenti di garanzia
dell’unità, razionalizzati nell’approvazione della legge 400/1988:
a) Concentrazione delle decisioni relative alla politica generale del Governo nel Consiglio dei
ministri;
b) Attribuzione al Presidente del Consiglio dei poteri relativi al funzionamento del Consiglio
dei ministri (convoca il Consiglio dei ministri e ne forma l’ordine del giorno).
c) Attribuzione al Presidente del Consiglio di poteri strumentali rispetto al coordinamento delle
attività dei ministri. Il Presidente del Consigli:
i. può sospendere l’adozione di atti da parte dei ministri.
ii. adotta le direttive politiche ed amministrative per attuare le deliberazioni del
Consiglio.
iii. adotta direttive per assicurare l’imparzialità.
iv. Concorda con i ministri interessati le pubbliche dichiarazioni che essi
intendano rendere e che impegnano la politica generale del Governo.
v. Può istituire particolari Comitati di ministri con il compito di esaminare in
via preliminare questioni di comune competenza o esprimere pareri su
questioni da sottoporre al Consiglio dei ministri.
La presidenza del Consiglio dei ministri: è una struttura amministrativa di supporto; la legge del
’88 ha previsto che gli uffici di diretta collaborazione del Presidente del Consiglio siano organizzati
nel Segretariato generale della Presidenza del Consiglio dei ministri, cui è preposto un Segretaro
generale nominato.
Gli organi governativi non necessari: razionalizzati dalla legge dell’88 sono:
Il vice presidente del Consiglio dei ministri, che svolge funzioni di supplente del Presidente. Si
▪ ricorre a questa nomina anche per (in una coalizione) dare la presenza di un altro partito rispetto
a quello del Presidente.
Il consiglio di Gabinetto, serve per riunire i ministri che rappresentano le diverse componenti
▪ politiche della coalizione.
I comitati interministeriali, che possono essere sia istituiti per legge che per decreto del
▪ Presidente del Consiglio. La differenza sta nei compiti che gli vengono affidati, infatti nel
secondo caso sono compiti provvisori per affrontare questioni definite, e solo i primi possono
deliberare in via definitiva.
I ministri senza portafoglio non preposti ad un ministero, le loro funzioni sono delegate dal
▪ Presidente del Consiglio dei ministri, sentito il Consiglio dei ministri. Queste figure sono
previste da norme legislative che inquadrano la loro funzione.
I sottosegretari di stato, coadiuvano il ministro (o il Presidente) ed esercitano i compiti che
▪ quest’ultimo delega loro con apposito decreto. Sono collaboratori del ministro o del Presidente.
La loro nomina avviene tramite decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
Presidente del Consiglio, di concerto con il ministro che il sottosegretario è chiamato a
coadiuvare, sentito il Consiglio dei ministri. Il sottosegretario assume le funzioni solo dopo il
giuramento prestato davanti al Presidente del Consiglio. Tra i sottosegretari, un ruolo particolare
lo ha il sottosegretario di stato della Presidenza del Consiglio, che svolge funzioni di segretario
del Consiglio dei ministri, curando la verbalizzazione e la conservazione del registro delle
deliberazioni e dirigendo l’Ufficio di segretaria del Consiglio dei ministri.
I viceministri, che sono quei sottosegretari cui vengono conferite deleghe relative all’intera area
▪ di competenza di una o più strutture dipartimentali o più direzioni generali.
I commissari straordinari del Governo, nominati al fine di realizzare specifici obiettivi,
▪ determinati in relazione a programmi o ad indirizzi deliberati dal Governo o dal Parlamento.
Essi sono nominati con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del Presidente del
Consiglio, previa deliberazione del Consiglio dei ministri.
Gli strumenti per l’attuazione dell’indirizzo politico
La rappresentanza dell’interno del Governo è assunta dal Presidente del Consiglio, che controfirma
le leggi e gli atti con forza legislativa, tiene i contatti con il Presidente della Repubblica, assume le
decisioni proprie del Governo , pone la questione di fiducia e manifesta all’esterno la volontà del
Governo stesso.
Le linee generali dell’indirizzo politico ed amministrativo del Governo sono espresse nel
programma di governo. Per attuare tale indirizzo, il Governo ha a disposizione degli strumenti
giuridici: La direzione dell’amministrazione statale;
▪ I poteri di condizionamento della funzione legislativa del Parlamento;
▪ I poteri normativi di cui è direttamente titolare il Governo e che consistono
▪ nell’adozione degli atti aventi forza di legge (decreti legislativi e decreti
legge) e dei regolamenti.
Settori della politica governativa
Il potere decisionale è concentrato nel Governo:
1. la politica di bilancio e finanziaria: principali responsabilità del Governo es. disegno di
legge di stabilità, disegno di legge di bilancio ecc. Sono presentati per l’approvazione al
Parlamento e successivamente il Governo cita importanti poteri di controllo della spesa
pubblica, controllando la legittimità dei singoli atti di spesa delle amministrazioni statali e
verificando il complessivo andamento della spesa pubblica. Questi poteri fanno a capo al
ministro dell’economia e delle finanze che ha competenze nei settori della politica
economica, finanziaria e di bilancio, programmazione degli investimenti pubblici e degli
interventi per lo sviluppo economico territoriale e settoriale.
2. politica estera: si sostanzia nella stipula di accordi o trattati internazionali e nelle relative
attività preparatorie, nella cura dei rapporti con gli altri Stati, particolarmente nell’ambito
delle organizzazioni internazionali a cui fa parte l’Italia (ONU). Su alcune categorie di
trattati il Parlamento esercita il controllo attraverso la legge di autorizzazione alla ratifica.
3. politica europea: rapporti con le istituzioni della UE.
4. politica militare: uno dei settori dove l’indirizzo politico e amministrativo prevalentemente
è rimesso al Governo e il potere del Parlamento è limitato. Art. 78 e 87 cost. esplicano il
regime di emergenza bellica, anche se la prassi si è allontanata da questa procedura per
ragioni politiche come la partecipazione/alleanze tramite la NATO dell’Italia. La
trasformazione del concetto guerra rispetto all’epoca delle guerre mondiali, evidenzia
l’inadeguatezza della disciplina costituzionale e la sostanziale paralisi della previsione
costituzionale sulla dichiarazione dello stato di guerra.
5. politica informativa e di sicurezza: riguarda la difesa dello Stato democratico e delle
istituzioni poste dalla Cost. La responsabilità è affidata al Presidente del Consiglio dei
ministri. A lui viene ricondotta anche la materia del segreto di Stato, cioè (anche se di regola
in democrazia vige la pubblicità) vi sono esigenze di rilievo costituzionale che consentono
di ammettere delle deroghe eccezionali alla regola, attraverso l’apposizione del Segreto di
Stato. La finalità è quella di tutelare l’integrità della Repubblica, anche se tale segreto non
può essere nascosto più di 15 anni o 30 se prolungato il periodo dallo stesso Presidente del
Consiglio.
Il governo e la pubblica amministrazione
Ciascun ministro è di regola, preposto ad uno dei grandi rami dell’amministrazione statale, che
prende il nome di ministero.
L’organizzazione dei ministeri è basata sul principio della separazione tra politica e
amministrazione: agli organi di governo spetta l’esercizio della funzione dell’indirizzo politico ed
amministrativo, che consiste nella determinazione degli obiettivi e dei programmi da attuare, e la
verifica della rispondenza dei risultati; ai dirigenti amministrativi invece spetta l’adozione degli atti
e dei provvedimenti, nonché la gestione finanziaria, tecnica ed amministrativa.
Il ministro, dopo un massimo di dieci giorni dall’approvazione ed entrata in vigore della legge di
bilancio, definisce obiettivi, priorità, piani e programmi da attuare ed emana le conseguenti
direttive generali cui dovranno conformarsi i dirigenti.
Accanto ai ministeri possono operare le Agenzie, le quali sono strutture organizzative ed
amministrative che svolgono l’attività a carattere tecnico-operativo di interesse nazionale, dotate di
piena autonomia e sottoposte al potere di indirizzo e di vigilanza di un ministro.
I principi costituzionali sull’amministrazione
la legalità della pubblica amministrazione: si ricava non direttamente dalla Costituzione ma dal
▪ principio generale della divisione dei poteri e anche implicitamente da alcuni disposizioni
costituzionali. L’amministrazione, a differenza del privato che può agire entro alcuni limiti
imposti dalla legge, può fare solo ciò che è previsto dalla legge e nel modo da essa indicato.
Questo non deve intendersi come se l’amministrazione sia completamente vincolata ma il più
delle volte l’amministrazione effettua delle scelte entro diverse possibilità di azione; quando
l’amministrazione usa strumenti del diritto privato come la compravendita, si imbatte nei
normali limiti legali che incontra il soggetto privato.
Imparzialità della pubblica amministrazione (art.97): si richiede anche un attività efficiente ed
▪ efficace.
Concorso pubblico art.97.3. è un principio di specificazione di quelli di imparzialità e di buon
▪ andamento che pone il merito personale come criterio per la selezione dei soggetti con cui le
amministrazioni istaurano un rapporto o più di lavoro.
Dovere di fedeltà: è sancito il termini generali per tutti i cittadini nella Cost art. 54 “tutti i
▪ cittadini hanno il dovere di essere fedeli alla Repubblica e di osservarne la Costituzione e le
leggi”, e che si specifica nel dovere di adempiere le pubbliche funzioni con disciplina e onore,
prestando giuramento nei casi previsti dalla legge.
Principio della separazione tra politica e amministrazione: non è espresso nella Costituzione
▪ ma nell’art.97.2 si scrive “nell’ordinamento degli uffici sono determinate le sfere di
competenza, le attribuzioni e le responsabilità proprie dei funzionari, ovvero si sottolinea che
deve esserci una separazione tra sfera politica ed amministrativa, separazione che però non
comporta la totale autonomia della burocrazia e la sua indifferenza rispetto alle decisioni della
sfera politica. Infatti, il rapporto tra gli organi di governo e l’amministrazione non è né di totale
immedesimazione né di totale indipendenza; l’amministrazione è separata dagli organi di
governo, anche se funzionalmente collegata agli stessi in quanto tenuta ad attuarne l’indirizzo
amministrativo.
La responsabilità personale dei pubblici dipendenti: esclude ogni forma di immunità per gli atti
▪ da essi compiuti in violazione dei diritti art.28 Cost.
Principio di sussidiarietà: impone che l’amministrazione pubblica sia una amministrazione
▪ locale.
Organi ausiliari
Hanno compiti di controllo, iniziativa e consultivi:
Il Consiglio nazionale dell’economia e del lavoro: art.99 Cost. si occupa della consulenza nei
▪ confronti del Governo e delle Camere e l’esercizio dell’iniziativa legislativa in materia
economica e sociale.
Il Consiglio di Stato: art. 100 è organo di consulenza giuridico-amminsitrativa del Governo ed
▪ organo giurisdizionale di appello della giustizia amministrativa. Vi sono alcuni pareri che sono
obbligatori per determinati atti, altri che invece sono facoltativi; i pareri obbligatori sono
riguardanti a regolamenti del Governo e dei ministri, i ricorsi straordinari al Presidente della
Repubblica e gli schemi generali di contratti-tipo accordi e convenzioni predisposti da uno o più
ministeri.
La corte dei conti: art.100.2 esercita:
▪ Il controllo preventivo di legittimità su alcuni atti delle amministrazioni statali e
o sulla gestione.
Il controllo sulla gestione del bilancio dello Stato.
o Partecipa al controllo sulla gestione finanziaria degli enti con cui lo Stato
o contribuisce in via ordinaria.
La funzione giurisdizionale in materia di giudizi di responsabilità dei pubblici
o funzionari, di giudizi di conto e di pensioni sia civili che militari.
Questa non gode di tutela costituzionale ma può comprendersi tra tali organi anche Avvocatura
dello Stato, che ha come sua funzione quella di assistere e difendere le amministrazioni statali
nei giudizi in cui sono parte. Tra tali giudizi rientrano quelli davanti la Corte Costituzionale.
L’avvocatura fornisce però pareri non vincolanti.
Il parlamento
La struttura del Parlamento
Struttura bicamerale: (come quella italiana, due camere, una al Senato e una dei deputati) è la
▪ struttura che caratterizza gli Stati federali perché la sua ragione d’essere sta nell’esigenza di
dover rappresentare gli Stati membri. Negli Stati non federali invece si consente di meglio
ponderare le decisioni che il Parlamento assume. In questi ordinamenti però si parla di
bicameralismo imperfetto: le due camere hanno una diversa composizione e hanno poteri
diversi.
Struttura monocamerale: si collega all’esigenza di rafforzare il Parlamento, anche se in
▪ Costituzioni recenti non si accetta l’idea di un potere onnipotente in mano al Parlamento.
La Costituzione italiana ha optato art. 55-82 per una struttura bicamerale perfetto (con due Camere
dotate delle medesime funzioni, con l’unica grande differenza che il Senato è eletto su base
regionale art.57. La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere art.70.
Differenze strutturali e analogie tra le due camere:
Camera Senato
630 deputati 315 senatori + 5 senatori a vita
▪ ▪ nominati dal Presidente della
Repubblica art.59.
Elettorato passivo < 25 anni Elettorato passivo < 40 anni
▪ ▪
Elettorato attivo < 18 anni Elettorato attivo < 25 anni
▪ ▪
Durata di 5 anni (periodo di Durata di 5 anni (periodo di
▪ ▪
legislatura) legislatura)
Ripartizione dei seggi non a base Ripartizione dei seggi a base
▪ ▪
regionale, , ma fondamentalmente regionale, ma fondamentalmente
stesse regole di fondo con quelle del stesse regole di fondo con quelle
Senato. della Camera.
Conseguenza del bicameralismo paritario o perfetto è l’appesantimento del processo decisionale,
ovvero un processo lungo e complicato.
Parlamento in seduta comune: è un organo collegiale composto da tutti i parlamentari (sia senatori
che deputati) per lo svolgimento di alcune particolari funzioni. È presieduto dal Presidente della
Camera e si applica il regolamento della camera dei deputati. È considerato come collegio
imperfetto e svolge specifiche funzioni dettate dalla Costituzione, che consistono in compiti
elettorali e nelle funzione accusatoria:
α) Elezione del Presidente della Repubblica
β) Elezione di cinque giudizi costituzionali
χ) Elezione di un terzo dei componenti del Consiglio superiore della magistratura
δ) La votazione dell’elenco dei cittadini dal quale si sorteggiano i membri aggregati alla Corte
cost. per giudicare accuse costituzionali
ε) La messa in stato d’accusa del Presidente della Repubblica.
I regolamenti e il ruolo del Parlamento: L’organizzazione interna e lo svolgimento delle funzioni
del Parlamento trovano una risposta nella Costituzione e nei regolamenti parlamentari. Ciascuna
Camera adotta il proprio regolamento a maggioranza assoluta dei suoi membri, ovvero decide le
regole del gioco parlamentare e si cerca di individuarne alcune che siano condivisibili sia dalla
maggioranza che dalla minoranza. La disciplina contenuta nei regolamenti parlamentari varia in
funzione di diversi equilibri della forma di governo che concorre a determinare.
Organizzazione interna della Camera:
Presidenti dell’assemblea: sono due e rappresentano rispettivamente la Camera dei deputati ed
▪ il Senato della Repubblica ed hanno il compito di regolare l’attività di tutti i loro organi facendo
osservare il regolamento; dirigono la discussione e mantengono ordine, giudicano della
ricevibilità dei testi, sovraintendendo all’organizzazione interna, alle funzioni attribuite ai
Questori e assicurano il buon andamento delle strutture amministrative di supporto all’attività
parlamentare, impartendo le necessarie direttive. Le differenze sono: il primo presiede il
Parlamento in seduta comune ed il secondo supplisce il Capo dello Stato nelle ipotesi
d’impedimento art.86. Entrambi devono essere sentiti dal Presidente della Repubblica, prima di
scogliere anticipatamente le Camere art.88. Dovrebbero assumere una posizione di imparzialità
e per la loro elezione si prevede una maggioranza qualificata:
• Camera dei deputati: si procede con scrutinio segreto con un
quorum che nella prima votazione è dei due terzi dei componenti;
dopo la terza esso richiede solo la maggioranza assoluta dei voti.
• Senato: necessita la maggioranza assoluta dei componenti: se per
due scrutini non si raggiunge, basta la maggioranza dei presenti
computando anche tra i voti le schede bianche; se dopo il terzo
scrutinio non si ha risultato, si procede al ballottaggio tra chi ha
preso più voti e risulterà eletto colui che otterrà la maggioranza
relativa.
Vicepresidenti, deputati (o senatori) questori e segretari: costituiscono l’Ufficio di presidenza,
il cui compito è quello di coadiuvare il Presidente nell’esercizio delle sue funzioni. Sono eletti
dalle camere. Nell’Ufficio, secondo regolamento devono essere rappresentati tutti i gruppi
parlamentari, anche se a causa delle famose “migrazioni” da un partito all’altro, nel
regolamento del Senato si è stabilito che i segretari che entrino a far parte di un Gruppo
parlamentare diverso da quello al quale apparteneva al momento dell’elezione, decadono
dall’incarico.
Gruppi parlamentari: svolgono un ruolo fondamentale nell’organizzazione di ciascuna camera
e si indicano le unioni dei membri di una camera, espressione dello stesso partito o movimento,
che si costituiscono con organizzazione stabile e disciplina di gruppo. Le disposizioni
parlamentari prevedono che entro pochi giorni dalla prima riunione nelle camere i parlamentari
devono dichiarare a quale gruppo appartengono; coloro che non fanno una dichiarazione
comunque entreranno in un gruppo, ovvero quello chiamato gruppo misto. Ciascun
parlamentare deve far parte di un gruppo. Il Parlamento quindi è un istituzione che si basa per il
suo funzionamento sulla dimensione collettiva, rappresentata dai gruppi parlamentari e non sul
singolo individuo. Si attribuiscono anche poteri significativi ai Presidenti dei gruppi
parlamentari: • danno vita alla Conferenza dei presidenti dei gruppi parlamentari,
che ha poteri determinanti sull’organizzazione dei lavori
dell’assemblea. Approva il programma dei lavori d’aula e il
relativo calendario.
• Ottiene poteri procedurali come la presentazione di emendamenti
e di mozioni.
• Al gruppo è attribuito il potere di designare i membri che faranno
parte delle commissioni parlamentari.
• Vengono sentiti dal Capo dello Stato nel corso delle consultazioni
per la risoluzione di crisi di governo.
• Essendo i partiti politici di fatto delle associazioni private non
riconosciute non possono essere formalmente consultati da un
istituzione quale il Pres. Della Repubblica nel procedimento di
formazione del Governo, mentre i gruppi sì e qui risiede la loro
importanza.
Commissioni parlamentari: sono organi collegiali che possono essere permanenti o temporanei,
monocamerali o bicamerali. La costituzione chiarisce solo che bisogna rispettare la proporzione
dei vari gruppi parlamentari.
• Le commissioni temporanee (come quelle d’inchiesta dell’art 82)
assolvono compiti specifici e durano in carica il tempo stabilito
per l’adempimento della loro particolare funzione.
• Le commissioni permanenti sono invece organi stabili e necessari
di ciascuna camera, con ampi poteri nel procedimento legislativo.
Si occupano di funzioni come indirizzo, controllo e informazione
o anche semplicemente di consulto. Esempio:
- Commissioni permanenti con specifiche funzioni,
come affari costituzionali, del bilancio, tesoro e
programmazione e commissioni politiche dell’UE.
• Le commissioni bicamerali sono formate in parte eguale da
rappresentanti delle due Camere ma si applica il regolamento
della Camera, nella quale la commissione ha anche sede. La Cost.
art. 126 prevede espressamente una sola commissione bicamerale:
quella per le questioni regionali. Possono avere poteri di
controllo, d indirizzo e di vigilanza come comitato per i servizi di
sicurezza, commissioni parlamentari per l’indirizzo generale e la
vigilanza dei servizi radiotelevisivi.
Giunte: organi collegiali previsti dai regolamenti parlamentari per l’esercizio di funzioni diverse
da quelle legislative e di controllo come compiti di garanzia della corretta osservanza del
regolamento e di elaborazione di proposte di modifica dello stesso o per la verifica dell’assenza
di cause di ineleggibilità e di incompatibilità e per la garanzia delle prerogative parlamentari.
Funzionamento del Parlamento
La durata in carica delle due Camere è di 5 anni. Solo nel caso della prorogatio art.61.2 e della
proroga con legge (solo in caso di guerra) si può prolungare la durata fino a che non si è provveduto
al rinnovo dell’organo scaduto, potendo esercitare le sue funzioni: questo per assicurare continuità
funzionale al Parlamento. Sono prorogati fino a che non sono riunite le nuove camere ovvero la
prima riunione delle stesse.
a) Validità della seduta: la Cost. richiede la maggioranza dei componenti ovvero il quorum
strutturale (numero legale della seduta) si raggiunge con la partecipazione della metà della
seduta più 1.
b) Validità delle deliberazioni: è richiesta salvo casi specifici scritti nel testo Cost. la maggioranza
dei presenti (quorum funzionale).
c) Astensione: alla Camera, i deputati astenuti sono computati ai fini del numero legale nelle
votazioni ma non sono considerati come presenti nel computo della maggioranza richiesta per
l’adozione della deliberazione. Mentre al contrario al Senato, chi è intenzionato ad astenersi si
allontana fisicamente dall’aula o dalla commissione, così da raggiungere un risultato analogo a
quello che si raggiunge alla Camera dei deputati.
d) Modalità del voto: si procede per regola con voto palese, mentre l’eccezione è il voto segreto.
Al voto segreto si fa ricorso tutte le volte nelle quali le deliberazioni riguardino persone; il voto
può essere espresso per alzata di mano, appello nominale, procedimento elettronico o per
schede.
e) Pubblicità delle sedute parlamentari.
Come lavora il Parlamento: i regolamenti dettano tempi certi dedicati all’esame dei progetti
proposti alle camere: è disposto preventivamente il tempo disponibile per la discussione. Il Governo
può fare affidamento su tempi predeterminati per l’esame dei disegni di legge con i quali intende
attuare il suo indirizzo. (vi è una corsia preferenziale per le manovre di bilancio o stabilità o legge
comunitaria).
Il metodo della programmazione serve a bilanciare le esigenze della maggioranza, che ha il diritto
di realizzare l’indirizzo su cui è stata accordata la fiducia al Governo, e la garanzia del ruolo delle
opposizioni. Programma: contiene l’elenco degli argomenti che la Camera intende esaminare,
o sulla base delle indicazioni del Governo e dei gruppi, con le relative priorità per
un periodo di tempo di almeno due mesi e non superiore a tre.
Calendario: specifica il programma e indica quali materie saranno trattate nelle
o singole sedute previste.
L’ordine del giorno: organizza i lavori di ogni singola seduta e ha una funzione
o esecutiva.
Le prerogative parlamentari: sono istituti che mirano a salvaguardare il libero e ordinato esercizio
delle funzioni parlamentari, ponendole al riparo dai condizionamenti che altri poteri dello Stato
potrebbero esercitare. Sono garanzie dall’indipendenza dal Parlamento, irrinunciabili e
indisponibili, servono a tutelare la libertà di opinione dei parlamentari.
Art. 68 cost. prevede due istituti:
- insindacabilità: in qualsiasi sede (penale, civile, disciplinare) per le opinioni espresse ed i voti
dati nell’esercizio delle funzioni parlamentari;
- immunità penale: non si può ricorrere a misure restrittive della libertà personale o domiciliare.
Queste due hanno una efficacia temporale differente: la prima copre l’attività dei parlamentari
anche dopo che sia venuto a meno l’incarico, mentre la seconda come presupposto ha il fatto che il
parlamentare sia ancora in carica, ed è dunque limitata alla durata della legislatura.
Oggi secondo il nuovo testo art. 68.2, è richiesta l’autorizzazione della Camera di appartenenza per
sottoporre il parlamentare a misure restrittive della libertà personale o domiciliare e a limitazioni
della libertà di corrispondenza e comunicazione. Seconda le legge 140/2003, per la maggior parte
dei reati come ispezioni personali, intercettazioni, sequestri ecc l’autorità competente richiede
direttamente l’autorizzazione della camera alla quale il soggetto appartiene.
La decisione delle Camere sull’autorizzazione all’arresto è la classica decisione che esprime
l’autonomia costituzionale riconosciuta al Parlamento.
Gli Interna Corporis: le prerogative dei parlamenti si fondano sull’esigenza di garantire
l’autonomia e l’indipendenza costituzionale delle Camere, evitando i condizionamenti che
potrebbero provenire da parte di altri poteri. Ogni quindi camera è dotata di:
Autonomia normativa per quanto riguarda la disciplina delle proprie attività e della propria
organizzazione.
Autonomia contabile, per la gestione del proprio bilancio.
Autodichia, ossia della giurisdizione esclusiva per ciò che riguarda i ricorsi relativi ai rapporti di
lavoro con i dipendenti. La medesima esigenza sta alla base pure del principio
dell’insindacabilità degli interna corporis acta, che consiste nella sottrazione a qualsiasi
controllo esterno degli atti e dei procedimenti che si svolgono all’interno delle assemblee
parlamentari.
Oggi, con l’entrata in vigore della Costituzione, una parte della dottrina sostiene che questi interna
corporis dovrebbero essere oggetto di controllo della Corte costituzionale. Non è applicato del tutto
questo principio ma non si può dire che sfuggono completamente al controllo della Corte: infatti in
materia di deliberazioni sull’insindacabilità la Corte effettua un controllo attraverso lo strumento
del conflitto di attribuzione, teso ad accertare l’eventuale arbitrarietà dell’esercizio del potere.
Le funzioni del Parlamento
♦ Funzione legislativa: l’art.70 afferma che “la funzione legislativa è esercitata collettivamente
dalle due Camere”. Art. dal 71 al 74 descrivono le modalità attraverso cui questa funzione deve
realizzarsi nel nostro ordinamento. Il governo può porre come già detto, la questione di fiducia
tutte le volte in cui le Camere discutono di questione di fondamentale importanza per il
raggiungimento e perseguimento del proprio indirizzo politico; se la Camera si esprime con
voto contrario, il governo avendo un rapporto fiduciario non più stabile, presenterà le sue
dimissioni; al contrario, se ottiene la fiducia, l’articolo in considerazione verrà approvato. Perciò
la questione di fiducia diventa, pià che uno strumento per rinsaldare le file della maggioranza,
un espediente procedurale per rendere più veloce il procedimento parlamentare.
♦ La funzione di controllo: consiste in singoli istituti che hanno in comune il fatto di dover far
valere la responsabilità politica del Governo nei confronti del Parlamento. Nel parlamentarismo
maggioritario l’opposizione sottopone a critica l’operato del Governo: svolge quindi un attività
di critica utilizzando gli strumenti di controllo al fine di creare nel Paese le condizioni per
realizzare l’alternanza nelle successive elezioni. Gli istituti sono le interrogazioni e le
interpellanze: Interrogazioni: sono domande che un parlamentare rivolge, per iscritto, al
Governo avente ad oggetto la veridicità o meno di un determinato fatto. Il
Governo può dichiarare di non voler rispondere ma deve giustificarne i
motivi oppure differire la risposta ad una data precisa. Dal 1983 e 88
rispettivamente alla Camera e al Senato sono state introdotte le
interrogazioni a risposta immediata, con cui si è voluto rivitalizzare il
sindacato ispettivo. Si tratta di interrogazioni avente ad oggetto una sola
domanda la quale fa riferimento ad un preciso argomento avente rilevanza
generale connotato da urgenza o particolare attualità politica. Si svolgono in
tempi determinati (question time).
Interpellanze: l’interpellante chiede per iscritto, di conoscere quale sia
l’intenzione politica del Governo, in riferimento a un fatto o a una
determinata situazione, date per scontate. Vi sono interpellanze urgenti che
hanno un procedimento abbreviato in Senato che possono essere presentate
dal presidente del gruppo parlamentare a nome del gruppo stesso oppure da
un numero minimo di 30 deputati.
♦ Atti parlamentari: sono atti che mirano a indirizzare l’attività del Governo: la mozione, la
risoluzione e l’ordine del giorno. La mozione può essere presentata da un presidente di un
gruppo parlamentare o da dieci deputati o otto senatori; ha come fine quello di determinare una
discussione e la deliberazione della Camera su questioni che incidono sull’attività politica del
Governo: il Governo può porre la questione di fiducia. Al contrario, la risoluzione può essere
proposta anche in commissione e ha come fine quello di manifestare un orientamento o definire
un indirizzo (condiziona l’indirizzo governativo).
♦ Le inchieste parlamentari: la Cost. attribuisce alle camere la facoltà di istituire delle
commissioni d’inchiesta su materie di pubblico interesse, con i poteri e i limiti dell’autorità
giudiziaria art.82. L’oggetto principale è la materia del pubblico interesse. La commissione può
esercitare poteri tipici dell’autorità giudiziaria (procede alle indagini e agli esami con gli stessi
poteri e le stesse limitazioni dell’autorità giudiziaria srt.82.2), cioè poteri d’indagine e di ricerca
della prova come definiti dal codice di procedura penale (anche se la sua attività non termina
con una sentenza ma con una relazione, eventualmente affiancata da una o più relazioni di
minoranza). Nello stesso tempo, la commissione resta organo parlamentare, che gode di ampia
libertà nello svolgimento della sua attività. Le commissioni sono dunque libere di scegliere
modi di azione esenti da formalismi giuridici. Gli obbiettivi dell’inchiesta e la varietà dei mezzi
di azione che ha a disposizione induce la commissione ad avere il potere di apporre il segreto
sulle risultanze acquisite nel corso delle indagini, ovvero il segreto funzionale, espressione
anche dell’autonomia costituzionale delle Camere. Ma dalla XII legislatura è stato rimosso tale
segreto a beneficio della nuova commissione e dell’autorità giudiziaria. Se una commissione
chiede massima cooperazione ai magistrati, allo stesso tempo non può negare la comunicazione
degli elementi acquisiti. La commissione è formata in modo da rispecchiare la proporzione dei
gruppi parlamentari, ma ciò è uno svantaggio per la stessa, in quanto una commissione di 40/50
rappresentanti incontra maggiori difficoltà che una di 8/10 come i servizi segreti.
Parlamento e Unione Europea
Il parlamento ha due esigenze nei suoi confronti:
- deve recepire le direttive UE in tempi ragionevole e trasportarle nell’ordinamento interno;
- deve avere cognizione degli indirizzi comunitari sui grandi temi (che risultano dai libri bianchi e
dai libri verdi redatti dalla Commissione europea) e dei progetti di atto normativo prima che essi
siano approvati dagli organi competenti della UE.
Legge La Pergola 1989 ha introdotto uno strumento annuale, ovvero la legge comunitaria, per
recepire le direttive che non presentano particolari problemi di attuazione; invece per le direttive più
delicate, il recepimento e il necessario adattamento del diritto interno avvengono attraverso un
disegno di legge preciso. La Pergola è stata sostituita nel 2005 con una legge che ha disciplinato sia
la fase ascendente di formazione che quella discendente.
- La disciplina della fase ascendente ha come obiettivo quello di consentire la partecipazione del
Parlamento alla definizione dei contenuti degli atti dell’UE, che altrimenti sarebbero determinati
solamente dagli organi europei e dai negoziati cui partecipa il Governo italiano insieme agli altri
Esecutivi Europei.
Alla fase ascendente non partecipa solo il Parlamento ma anche le Regioni e gli enti locali.
Questa è una conseguenza della riforma costituzionale del 2001 che ha ampliato la competenza
alle Regioni.
- La fase discendente invece riguarda l’adeguamento dell’ordinamento interno agli obblighi
comunitari e l’attuazione delle direttive. Lo strumento principale per attuare tale fase è la legge
comunitaria, approvata ogni anno su iniziativa del Governo, la quale prevede diverse modalità
per adempiere gli obblighi comunitari. Essa viene esaminata dal Parlamento in un apposita
sessione comunitaria.
Il processo di bilancio tra Governo e Parlamento
La finanzia pubblica: lo stato da un lato deve imporre tributi che saranno le risorse finanziarie
necessarie per il suo funzionamento e dall’altro deve erogare la spesa pubblica grazie alla quale i
suoi compiti possono essere effettivamente esercitati. La disciplina delle entrate e quella della spesa
costituiscono i due aspetti della finanza pubblica. Entrambi i profili sono oggetto di disciplina
costituzionale.
Due principi fondamentali per le entrate:
- “tutti sono tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva. Il
sistema tributario è informato a criteri di progressività art.53”. l’imposizione fiscale quindi non
è gestita in modo proporzionale ma bensì progressivamente e questo significa che la percentuale
di reddito prelevata dal fisco cresce al crescere del livello di reddito.
- “nessuna prestazione personale o patrimoniale può essere imposta se non in base alla legge
art.23”. L’imposizione tributaria quindi è oggetto di una riserva di legge.
La spesa pubblica - principi fondamentali:
a) Ogni anno il Governo stabilisce un bilancio preventivo che il Parlamento deve approvare
con legge art. 81.1.
i. Il bilancio preventivo è un documento contabile nel quale vengono
rappresentate le entrate e le uscite che, nel corso dell’anno finanziario
successivo, lo Stato prevede rispettivamente di incassare e di spendere sulla
base della legislazione vigente. Art.81.3: la legge del Parlamento con cui è
approvato il bilancio non può stabilire nuovi tributi o nuove spese. La legge
di approvazione del bilancio comporta un vincolo giuridico a carico del
Governo, che viene autorizzato a riscuotere le quote e a provvedere alle spese
che siano state previste dal bilancio e non ad altre: limitazione.
ii. Esercizio provvisorio: quando il bilancio non viene approvato entro il 31
dicembre, il Parlamento può autorizzare con legge il Governo a ricorrere a
tale esercizio. Il Governo è autorizzato a riscuotere e erogare spese, secondo
le previsioni del bilancio non ancora approvato, ma secondo la Cost.
l’esercizio provvisorio non può avere durata superiore ai 4 mesi art. 81.2.
b) La Cost. dice che ogni legge che importa nuove e maggiori spese deve indicare i mezzi per
farvi fronte” art. 81.4. Obbligo di copertura delle leggi di spesa: ma come coprire le spese
aggiuntive? Aumentando la tassazione e i cittadini devono cedere al fisco una quantità di
denaro maggiore. Ma per evitare quest’ultima necessita, si può far ricorso al cosi detto
indebitamento del Tesoro dello Stato; quest’ultimo copre una parte delle spese emettendo
obbligazioni, che vengono sottoscritte da privati. Il Tesoro prende in prestito del denaro e
perciò dovrà restituirlo pagando in più gli interessi, che rappresentano il prezzo del denaro.
Ciò significa che l’indebitamento del Tesoro serve a fronteggiare spese immediate ma a
medio termine crea un aumento della spesa pubblica. La possibilità di ricorrere
all’indebitamente è stata drasticamente ridotta per effetto della partecipazione dell’Italia
all’Unione Europea monetaria in quanto quest’ultima impone una serie di vincoli alle
politiche di bilancio dei Paesi membri. L’obiettivo che vuole raggiungere è quello di avere
finanze pubbliche sane e evitare disavanzi eccessivi; un disavanzo è ritenuto eccessivo
quando: i. Supera la soglia del 3% del PIL.
ii. Il debito pubblico supera la soglia del 60% del PIL.
La decisione di bilancio tra crisi fiscale e tentativi di razionalizzazione: l’art.81 Cost. pone i
precetti essenziali sulla decisione di bilancio, poi completati da leggi ordinarie che preccisano il
senso.
Il progetto di bilancio che è riservato al Governo, non può determinare impegni e diritti diversi da
quelli preesistenti: non si può quindi aggiungere spese e tributi a quelli contemplati dalla
legislazione sostanziale esistente art.81.3: ecco il carattere formale della legge di bilancio.
La riforma della contabilità del 78 ha introdotto la legge finanziaria per la riconsiderazione globale
dei flussi finanziari, di cui poteva essere corretto l’andamento. È disegnata una legge finanziaria
potenzialmente onnicomprensiva con il compito di distribuire risorse nuove per il futuro e di
razionalizzare scelte passate, libera quindi di produrre qualunque effetto finanziario.
Nel corso degli anni in Italia si è arrivati ad essere in disavanzo con la conseguente necessità di
ricorrere all’indebitamento. Il debito pubblico dello Stato è cresciuto a dismisura a partire dagli anni
ottanta. Questa situazione diventava pericolosa per lo Stato la cui capacità di adempiere alle sue
obbligazioni (con i privati) veniva rimessa alla volontà di chi decideva se e a quali tassi d’interesse
prestargli le risorse necessarie. Se i grandi investitori internazionali che provvedono a procurare le
risorse allo Stato decidono di non prestare più soldi allo Stato quest’ultimo va in fallimento.
Alle decisioni interne di attuazione degli obblighi europei nei confronti del complesso dei soggetti
pubblici dotati di poteri di spesa, si è provveduto mediante il patto di stabilità interno: in base a
questo, Regioni, Stato, Provincie concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica,
impegnandosi a ridurre progressivamente il disavanzo ed a ridurre il rapporto tra il proprio debito
ed il PIL. Il Patto disciplinato nelle diverse leggi finanziarie, prevede sanzioni a carico degli enti
che non dovessero raggiungere gli obiettivi fissati. Questi interventi di razionalizzazione hanno
favorito la riduzione progressiva del disavanzo in linea con gli impegni europei, consentendo
all’Italia di entrare nell’eurozona. Tuttavia il debito pubblico complessivo è rimasto assai elevato
inducendo a nuovi e più stringenti interventi di razionalizzazione finanziaria.
Il ciclo di bilancio in un sistema istituzionale multilivello: la disciplina del processo di bilancio è
stata recentemente modificata (2009) con l’obiettivo di renderla maggiormente adeguata
all’affermazioni di un sistema istituzionale multilivello caratterizzato da vincoli europei sulle
decisioni di finanza pubblica e dal rafforzamento dell’autonomia finanziaria delle Regioni dopo
l’approvazione della legge sul federalismo fiscale. La disciplina mira a evitare il pericolo che in un
sistema con tanti livelli territoriali di governo (Stato, Regioni, Provincie, Comuni e Città
metropolitane), la moltiplicazione dei centri di spesa possa portare a comportamenti contrastanti
con i vincoli europei.
La legge (modificata nel 2011, per adeguare la legge di bilancio alla tempistica europea del
semestre europeo) si auto qualifica come recante i principi fondamentali di coordinamento della
finanza pubblica art. 117.3 Cost.: i suoi principi si estendono alla pubblica amministrazione.
Il Governo è tenuto ad inviare, entro il 15 luglio, le linee guida per la realizzazione degli obiettivi
della finanza pubblica, sulla base di quando definito in sede europea. Poi, avuto il consenso
dall’UE, il Governo definisce il contenuto del Patto di stabilità interno, nonchè le eventuali sanzioni
nei confronti degli enti locali inadempienti. Da questo si distingue il Patto di convergenza: a questo
è riservato il compito di assicurare la convergenza dei costi e dei fabbisogni standard dei vari livelli
di governo.
Il ciclo di bilancio si articolo in una serie di passaggi procedurali, ciascuno dei quali vede come
protagonista un documento di programmazione finanziaria; gli strumenti sono:
a) Il Documento di economia e finanzia (DEF) composto in tre sezioni:
i. Programma di stabilità (contiene tutti gli elementi e informazioni richiesti
dall’UE e per attuare il Patto di stabilità e crescita, con riferimento agli
obiettivi da conseguire per accelerare la riduzione del debito pubblico).
ii. Varie informazioni es. andamento della spesa pubblica, previsione dei flussi
d’entrata ecc.
iii. Programma nazionale di riforma con l’indicazione dello stato di avanzamento
delle riforme richieste per rispettare i parametri finanziari europei e quanto
previsto nell’ambito del semestre europeo, con particolare riferimento al
superamento degli squilibri macroeconomici ed alla crescita della
competitività.
b) Nota di aggiornamento del DEF.
c) Il disegno di legge di stabilità. La legge di stabilità dispone annualmente il quadro di
riferimento finanziario per il periodo compreso nel bilancio pluriannuale e provvede
all’indicazione per il medesimo periodo delle principali grandezze finanziarie. Es.
variazione delle aliquote fiscali, delle detrazioni ecc.
d) Il disegno di legge del bilancio di Stato.
e) Il disegno di legge di assestamento.
f) Gli eventuali disegni di legge collegati alla manovra finanziaria pubblica.
Il bilancio di previsione annuale impostato sulla base della legislazione vigente e delle
determinazioni apportate con la legge di stabilità, è un conto nel quale vengono esposti gli elementi
attivi (entrate) e gli elementi passivi (spesa) e in questo modo fissa i limiti finanziari entro i quali
deve operare il Governo.
Le voci di spesa del bilancio sono articolate per missioni (in relazione alle finalità perseguite
concretamente) e programmi (in relazione alla concreta attività amministrativa necessaria per
raggiungere le finalità delle missioni).
- Bilancio di previsione: quantifica l’entità prevista delle entrate che le amministrazioni statali
acquisteranno il diritto di percepire.
- Bilancio di cassa: quantifica l’entità delle entrate che saranno effettivamente incassate e delle
spese che saranno effettivamente sostenute.
Con la medesima legge di approvazione del bilancio di previsione annuale viene approvato il
bilancio pluriannuale a legislazione vigente, che proietta gli effetti delle decisioni di bilancio in un
ampio orizzonte temporale (triennale) al fine di poterne valutare l’impatto sul sistema economico
nazionale. Viene comunque aggiornato ogni anno.
Il processo di bilancio: l’intreccio fra legge e regolamento parlamentare
Il corpus della normativa regolamentare, dove il legislatore si è astenuto dal regolarne alcuni aspetti
per garantire l’autonomia delle Camere, è segnato da tre fondamentali direttrici:
- La concentrazione procedurale, al fine di realizzare il vaglio parlamentare evitando dispersioni e
ritardi: legge di bilancio e di stabilità debbono essere approvati entro la fine dell’anno per
evitare l’esercizio provvisorio, anche se ammesso dalla Cost.
- La commissione di bilancio ha un ruolo pertinente alle altre commissioni di merito, che
vengono comunque investite in sede consultiva per le parti di competenza.
- I tempi certi della procedura che devono essere accompagnati dal rispetto dei limiti
contenutistici della manovra di bilancio. I presidenti delle due camere debbono vigilare
esercitando il potere di stralcio e un controllo sulla ammissibilità degli emendamenti.
In conclusione, si può dire che la politica di bilancio (che poi condiziona tutte le altre politiche) è
saldamente nelle mani del Governo e segnatamente del Ministro dell’economia e finanza.
La copertura finanziaria delle leggi: l’art. 81.4 cost. stabilisce che ogni legge che importi nuove o
maggiori spese deve individuare i mezzi finanziari per farvi fronte. È questo l’obbligo
costituzionale di copertura finanziaria per le leggi di spesa, che vale per tutte le leggi, anche quelle
regionali ordinarie e speciali.
La copertura è determinata secondo le seguenti modalità:
- Mediante modificazioni legislative che comportino nuove o maggiori entrate;
- Mediante riduzioni di precedenti autorizzazioni legislative di spesa;
- Mediante gli accantonamenti previsti nei fondi speciali, stabiliti dalla legge di stabilità e
destinati alla copertura finanziaria dei provvedimenti legislativi che si prevede siano approvati
nel corso degli esercizi finanziari compresi nel bilancio pluriannuale.
A partire dal 2002 (con il decreto taglia spese) è stato previsto che qualsiasi legge che comporta
nuovi o maggiori oneri deve indicare espressamente per ciascun anno e per ogni intervento da essa
previsto, la spesa autorizzata che si intende come limite massimo di spesa ammissibile. È stato
anche introdotto l’obbligo di ciascuna legge di spesa di contenere al suo interno una clausola di
salvaguardia automatica, idonea a compensare gli effetti finanziari in caso di sforamento delle
previsioni.
È previsto inoltre un vero e proprio monitoraggio affidato alla Corte dei Conti che deve trasmettere
al Parlamento ogni quattro mesi una relazione sulla tipologia delle coperture adottate dalle leggi e
sulle tecniche per quantificare gli oneri.
Il Presidente della Repubblica
Capo dello Stato e forma di governo
Il Capo dello Stato può essere sia un organo di garanzia costituzionale che un organo garante. Nel
primo caso, il Presidente della Repubblica dovrebbe essere totalmente imparziale e neutrale oltre
che estraneo alle scelte politiche dei partiti. I suoi poteri servirebbero solo a garantire il coretto
funzionamento del sistema costituzionale. Nella seconda ipotesi invece, amplia la sua sfera
d'intervento che, tutte le volte in cui la politica dei partiti non sa trovare una soluzione ai grandi
problemi es. formazione di governi, dovrebbe assumere il ruolo di decisore politico di ultima
istanza.
Art. 87.1: “il capo dello Stato rappresenta l'unità nazionale”, organo distinto e autonomo dal
Governo; la Costituzione però non dice quali sono i complessivi poteri o ruolo di tale figura ma si
limita:
• a fissare alcune caratteristiche dell'organo;
• a attribuirgli alcuni poteri es. nominare il Presidente del Consiglio.
• A porre alcuni sicuri limiti all'esercizio degli stessi poteri, ovvero nel fatto che i suoi atti
devono essere controfirmati art.89 dal Governo che esercita quindi un controllo sull'attività
del Capo dello Stato e nella necessità che il governo dopo la sua nomina si presenti in
Parlamento per ottenere la fiducia art.94.
• A sancire e garantire la sua irresponsabilità politica art 89.
Ma il concreto ruolo del Presidente varia a seconda degli equilibri della forma di governo e del
sistema politico:
• Se la coalizione si ferma dopo le elezioni ed i rapporti tra i partiti sono instabili allora il
ruolo del Presidente si espande e in capo a lui si spostano decisioni politiche assai
importanti, come quelle sulla scelta del Presidente del Consiglio o quella se sciogliere o
meno il Parlamento.
• Se invece i rapporti tra i partiti sono stabili ed il Capo dello Stato si imita ad esercitare i suoi
poteri per garantire il rispetto di alcuni valori costituzionali.
Pertanto a seconda delle diverse fasi politiche, variano sia le modalità di esercizio dei poteri
presidenziali sia il tipo di potere che viene esercitato e che caratterizza il ruolo presidenziale.
L'elezione del Presidente della Repubblica
E' eletto dal parlamento in seduta comune, integrato dai delegati regionali eletti, in modo da
garantire la rappresentanza delle minoranze art.83.1. La presenza dei delegati regionali sta a
sottolineare come si cerca di far emergere a figura del Presidente proprio come rappresentante
dell'unità nazionale Art.87.
I requisiti sono:
− cittadinanza italiana;
− il compimento del 50 anno;
− godimento dei diritti civili e politici;
− incompatibilità con qualsiasi altra carica.
Procedimento per l'elezione: iniziativa del Presidente del Consiglio dopo 30 giorni prima della
scadenza del mandato presidenziale, convoca il Parlamento in seduta comune art.85.2. Analoga
iniziativa è assunta in caso di morte o impedimento permanente o dimissioni entro 15 giorni.
Si evita che in periodo pre-elettorale avvenga l'elezione del Presidente, per evitare che l'elezione del
Capo dello Stato risulti troppo condizionata dalla conflittualità dei partiti e far sì che comunque il
nuovo Presidente sia eletto da un Parlamento pienamente legittimato. I poteri del Presidente scaduto
sono prorogati fino alla elezione di quello nuovo.
L'elezione avviene per scrutinio segreto e con la maggioranza dei 2/3 dell'Assemblea; dopo il terzo
scrutinio è richiesta solo la maggioranza assoluta cioè voto favorevole della metà più uno.
Il Neo Presidente presta giuramento di fedeltà di fronte al Parlamento in seduta comune
accompagnato da un breve discorso per prassi dove illustra quali saranno i principi cui intende
ispirare le proprie funzioni. La carica dura per 7anni; durante tale mandato dispone di un assegno
personale e di una dotazione (beni immobili per la residenza e gli uffici presidenziali con assegno
periodico);alle sue dipendenze vi è una struttura amministrativa che è il Segretariato generale della
Presidenza della Repubblica.
La cessazione della carica avviene:
− conclusione del mandato;
− morte;
− impedimento permanente;
− dimissioni;
− decadenza per effetto della perdita di uno dei requisiti di eleggibilità;
− destituzione, disposta per effetto alla sentenza di condanna pronunciata dalla Corte
Costituzionale per i reati di alto tradimento e di attentato alla Costituzione.
Nei casi di dimissioni, scadenza naturale del mandato, impedimento permanente, il Presidente della
Repubblica diviene il diritto senatore a vita, a meno che non vi rinunci art. 59.1.
La controfirma
La Costituzione stabilisce che nessun atto del Presidente è valido se non è controfirmato dai ministri
proponenti che se ne assumono la responsabilità ed aggiunge che gli atti che hanno valore
legislativo e gli altri indicati dalla legge, sono controfirmati anche dal Presidente del Consiglio
art.89.
La controfirma è la firme apposta da un membro del governo sull'atto adottato e sottoscritto dal
Presidente della Repubblica; è requisito di validità dell'atto.
La controfirma garantisce la irresponsabilità del Capo dello Stato.
Tre diverse categorie di atti emanati formalmente dal Capo dello Stato:
1. Atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi: sono formalmente adottati
dal Capo dello Stato anche se il loro contenuto è deciso sostanzialmente dal Governo; sono:
• emanazione degli atti governativi aventi valore di legge - decreti-legge e
decreti legislativi, nonché dei regolamenti del Governo che assumono la
forma del decreto presidenziali. Il Governo determina il contenuto dell'atto
ma poi è il Presidente ad emanarli. Il Capo dello Stato esercita un controllo di
legittimità e di merito costituzionale sull'atto, analogamente a quanto avviene
in sede di promulgazione.
• L'adozione, con la forma del decreto presidenziale DPR dei più importanti
atti del Governo, ed in particolare della nomina dei funzionari dello Stato, nei
casi previsti dalla legge art. 87. Ora conservano la forma del decreto
presidenziale solo pochi atti governativi, come lo scioglimento dei Consigli
comunali e provinciali, la decisione dei ricorsi straordinari al Presidente della
Repubblica e comunque tutti gli atti per i quali è intervenuta la deliberazione
del Consiglio dei ministri.
• La promulgazione della legge è attribuita al Capo dello Stato. La formula di
promulgazione è: si accerta che la legge sia stata approvata nel medesimo
▪ testo da entrambe le camere.
Manifesta la volontà di promulgare la legge.
▪ Ne ordina la pubblicazione della raccolta ufficiale degli atti
▪ normativi della Repubblica italiana.
Obbliga chiunque ad osservarla e a farla osservare come
▪ legge di Stato.
• La ratifica dei trattati internazionali, l'accreditamento dei rappresentanti
diplomatici esteri e la dichiarazione dello stato di guerra . Al capo dello stato
sono affidati il comando delle forze armate e la presidenza del Consiglio
supremo di difesa. Il capo dello stato non può assumere decisioni aventi
sostanzialmente carattere tecnico militare ne tanto meno disporre delle forze
armate ma ha solamente il potere di essere informato dal Governo sui
contenuti della politica estera e della difesa, ed esercita i poteri connessi alla
presidenza del Consiglio supremo di difesa.
• La concessione della grazia e la commutazione delle pene art. 87: si
riferiscono a persone singole e consistono nel condono totale o nella
commutazione della pena irrogata. Oggi la Corte Costituzionale ha deciso che
la grazia deve essere considerata un atto formalmente e sostanzialmente
presidenziale e la controfirma si dovrebbe limitare ad attestare la completezza
e la regolarità dell'istruttoria e del procedimento ma non implica
un'assunzione di responsabilità politica e giuridica da parte del Ministro della
giustizia.
• La Costituzione affida infine i poteri di art. 87:
• autorizzare la presentazione alle Camere dei disegni di legge
governativi;
• indire le elezioni delle nuove Camere fissandone la prima
riunione e di indire il referendum popolare.
• Conferire le onorificenze della repubblica
• emanare il decreto di scioglimento dei Consigli regionali e la
rimozione del Presidente della Giunta che abbiano compiuto
atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge
art.126.
2. Atti formalmente e sostanzialmente presidenziali: atti che sono formalmente adottati dal
Presidente e anche il contenuto è deciso dal Presidente. Sono:
• Gli atti di nomina, ovvero si nominano:
• Cinque senatori a vita art.592 che può riguardare quei cittadini
che in campo scientifico, letterario, artistico e sociale hanno
illustrato la patria per altissimi meriti.
• Un terzo dei giudici costituzionali art.135.1 (decreto di nomina
controfirmato dal Presidente dei Ministri che certifica la sola
regolarità del procedimento seguito)
• il rinvio delle leggi: il Presidente con un messaggio motivato può rinviare le
leggi alle Camere per una nuova deliberazione.
• I messaggi presidenziali: sono messaggi liberi alle Camere (non vincolato
rispetto al suo contenuto) art.87. È la volontà presidenziale a decidere il
contenuto e non la Costituzione.
• Esternazioni atipiche: sono manifestazioni del pensiero presidenziale i cui
destinatari sono genericamente la pubblica opinione o il popolo. Sono
manifestazioni di opinioni o dichiarazioni del Presidente “messaggi alla
nazione”, che per la loro natura si sottraggono alla controfirma e hanno come
destinatario i cittadini. Rapporto diretto tra Capo di Stato e cittadino.
• Convocazione straordinaria delle Camere art.62 che è diretta a garantire il
funzionamento delle istituzioni contro eventuali prevaricazioni della
maggioranza.
3. Atti complessi eguali: atti formalmente adottati dal Presidente il cui contenuto è deciso da un
accordo tra Presidente e Governo.
Chi controfirma? Nel caso degli atti formalmente presidenziali e sostanzialmente governativi la
controfirma è data dal ministro proponente il contenuto ma negli atti formalmente e sostanzialmente
presidenziali, mancando una proposta da parte di un ministro e sostanzialmente la materia dell'atto è
stata decisa dallo stesso Presidente, si vuole affidare la controfirma al ministro competente per
materia.
Infine negli atti complessi eguali che sono la nomina del Presidente del Consiglio e lo scioglimento
anticipato delle Camere, sono di regola controfirmati dallo stesso Presidente del Consiglio in
rappresentanza del Governo.
La irresponsabilità del Presidente
consiste in un principio costituzionale, ovvero egli non può essere chiamato a rispondere sul erreno
della responsabilità politica. Infatti, la Costituzione non ha previsto nessun meccanismo di
realizzare la rimozione anticipata di tale figura ma ovviamente può essere sottoposto alla critica
politica.
Per quanto riguarda la responsabilità giuridica del Presidente della Repubblica, distinguiamo:
• atti posti in essere nell'esercizio delle sue funzioni; art.90 la Costituzione prevede
esclusivamente una responsabilità penale per i reati di alto tradimento e attentato alla
Costituzione.
• atti posti in essere come cittadino qualsiasi. L'opinione prevalente ritiene che sia
responsabile penalmente per i fatti commessi e qualificabili come reati ed estranei
all'esercizio delle sue funzioni, anche se l'azione penale sarebbe improcedibile per tutta la
durata del mandato onde evitare che il Capo possa essere in balia di un giudice che voglia
agire penalmente contro di lui; mentre sarebbe civilmente responsabile al pari di qualsiasi
altro cittadino.
La soluzione delle crisi di Governo
Per la soluzione delle crisi di Governo, il Capo dispone di due poteri:
• potere di nomina del Presidente del Consiglio art. 92: Il presidente della Repubblica si può
considerare come una figura di intermediazione politica che si basa su due pilastri:
potere dato dalla Costituzione stessa, dal diritto costituzionale; la Costituzione gli
▪ attribuisce la nomina del Presidente del Consiglio ma al contempo precisa che il
Governo entro dieci giorni dalla sua formazione deve presentarsi alle Camere per
ottenere la fiducia.
potere prodotto dal sistema politico. Il sistema politico pluripartitico con
▪ coalizioni post-elettorali faceva sì che il Governo potesse formarsi attraverso
laboriose trattative. In tale contesto, il Presidente poteva utilizzare gli strumenti
che sono serventi rispetto al potere di nomina: le consultazioni, il conferimento
dell'incarico, il mandato esplorativo.
• potere di sciogliere anticipatamente le Camere/il Parlamento art.88: possono essere sciolte
entrambe le camere o solo una di esse, prima dello scioglimento devono essere sentiti i
rispettivi presidenti (parere obbligatorio ma non vincolante) ed infine non può essere
esercitato negli ultimi sei mesi del mandato presidenziale, salvo che essi coincidano in tutto
o in parte con gli ultimi sei mesi della legislatura (si parla di semestre bianco). Nel
parlamentarismo maggioritario però la decisione di sciogliere le camere di fatto e talora
anche di diritto si è spostata nelle mani del Governo.
L'esperienza italiana
Solo se il parlamento non è in grado di esprimere nessuna maggioranza e nessun Governo si
procede allo scioglimento; per questa ragione, la dottrina costituzionale quando ha determinato i
presupposti dello scioglimento li ha individuati nell'impossibilità del Parlamento di funzionare
correttamente in quanto incapace di formare una maggioranza di qualsiasi tipo. Questo tipo di
scioglimento è chiamato scioglimento funzionale. L'atto presidenziale in questo caso certifica la
volontà delle forze politiche di porre fine anticipatamente alla legislatura (una sorta di
autoscioglimento). In Italia, se si escludono gli scioglimenti tecnici, tutti gli altri sono stati a causa
di difficoltà politiche. Unico caso particolare è con Scalfaro nel 1994 che non c'era una crisi del
governo ed il Governo conservava il sostegno parlamentare ma il Capo dello Stato comuqnue
sciolse anticipatamente le camere motivando la scelta con i risultati del referendum del 1993 che
esprimeva l'esigenza del popolo italiano ad avere non solo una riforma elettorale ma anche un
Parlamento nuovo.
Il Capo dello Stato però scioglie in accordo con il Governo, della cui controfirma ha bisogno. La
Costituzione prevedendo l'obbligo della controfirma del decreto di scioglimento, ha escluso la
possibilità di uno scioglimento unilateralmente deciso dal Capo dello Stato anche contro la
maggioranza ed il suo Governo.
Dopo lo scioglimento: ordinaria amministrazione; dopo lo scioglimento quale governo deve
rimanere in carica e gestire le elezioni, il governo dimissionario o uno nuovo appositamente
nominato dal Capo dello Stato?
La soluzione ritenuta preferibile è che una volta appurata l'impossibilità di soluzione della crisi, il
decreto di scioglimento sia controfirmato dal Governo dimissionario, che resta in carica per
l'ordinaria amministrazione.
Atti compiuti nella qualità di:
• Presidente del Consiglio supremo di difesa: la competenza del Consiglio di difesa si
estende ai problemi generali, politici e tecnici in tema di difesa ed alla determinazione dei
criteri e delle direttive per l'organizzazione ed il coordinamento delle attività che comunque
la riguardano.
• Presidente del Consiglio superiore della magistratura: l'attività presidenziale si fonda con
quella del collegio con la conseguenza che si hanno atti del Presidente del Consiglio
superiore e non atti del Presidente della Repubblica. Si riconosce al Capo dello Stato un
generico potere di rinvio, ove ravvisi mere irregolarità formali nello svolgimento del
procedimento per il conferimento degli incarichi direttivi.
La supplenza del Presidente della Repubblica: quando il Presidente non può adempiere alle sue
funzioni, queste sono esercitate dal Presidente del Senato art. 86. la supplenza è un istituto che
consente la continuità delle funzioni presidenziali anche nell'ipotesi nella quale il Capo dello Stato
non possa adempierle a causa di un impedimento. La supplenza opera automaticamente e senza
bisogno di giuramento.
• Impedimento temporaneo: il Presidente del Senato è legittimato all'esercizio delle funzioni
presidenziali, assumendo la funzione di supplente; nel momento in cui l'impedimento cessa
il Presidente della Repubblica riprende le sue funzioni e l'incarico.
• impedimento permanenti: come morte o dimissioni, scatta sempre la supplenza del
presidente del Senato, ma in questo caso il Presidente della Camera dei deputati art.86.2
avvia il procedimento per l'elezione del nuovo Presidente della Repubblica.
VI – REGIONI E GOVERNO LOCALE
Le regioni nella storia istituzionale italiana
la Costituzione del 1948 aveva previsto uno Stato regionale e autonomista, basato su Regioni dotate
di: • autonomia politica art.114 (capacità di darsi un proprio indirizzo politico, anche diverso a
quello dello Stato).
• Autonomia legislativa art.117 e amministrativa nelle materie espressamente indicate dalla
Costituzione art.118.
• Autonomia finanziaria art.119 (attribuzione di risorse finanziarie necessarie per esercitare le
loro competenze, anche attraverso a tributi regionali.
Le regioni erano quindici e ad esse si dovevano aggiungere 5 regioni a statuto speciale con un
autonomia più ampia (Sicilia, Sardegna, Friuli, Trentino e Valle d'Aosta). Condizioni di particolare
autonomia sono anche state riconosciute le province autonome di Bolzano e Trento.
Inoltre la Costituzione prevede anche l'autonomia di enti territoriali come le provincie e i comuni,
che a differenza delle Regioni non hanno podestà legislativa, ma solo regolamentare.
Le regioni ordinarie sono state istituite solo nel 1970 e l'esercizio effettivo delle funzioni da parte di
queste richiedeva che lo Stato, con legge o atto equiparato (c.d. Decreti di trasferimento), trasferisse
loro le funzioni amministrative. Il concreto trasferimento è avvenuto prima nel 1972 e poi nel 1977
ma si è trattato di un trasferimento parziale, perchè ancora lo Stato ha conservato alcune
competenze che per Costituzione dovrebbero appartenere alle Regioni.
Nel 2001 il Parlamento ha approvato una legge costituzionale di riforma organica che è entrata in
vigore a seguito dell'esito positivo del referendum costituzionale di cui all'art 138: si è realizzato il
decentramento politico forte; la riforma ha disegnato una Repubblica delle autonomie articolata su
più livelli territoriali di governo (Comuni, città metropolitane, Provincie, Regioni) ciascuno dotato
di autonomia politica costituzionalmente garantita.
La ripartizione delle competenze tra Stato, Regioni ed Enti locali
Il nuovo testo dell'art. 114 pone sullo stesso piano lo Stato e gli altri enti territoriali minori,
garantendo a ciascuno di essi una sfera di autonomia politica nell'ambito di quell'unità complessiva
che è la Repubblica.
In questo sistema dove vi è equi parità tra legge statale e legge regionale, la prima ha perso la
posizione di prevalenza che aveva nel precedente sistema. Lo Stato, pertanto ha perduto la podestà
legislativa generale perchè ora può legiferare solo nelle materie dettate dalla Costituzione ed
espressamente a lui riservate. Stessi limiti tra legge regionale e legge nazionale: rispetto della
Costituzione e rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento europeo e dagli obblighi
internazionali.
Anche sul piano podestà regolamentare la competenza dello Stato è limitata alle materie di
competenza legislativa esclusiva, negli altri casi invece è riservata alla Regioni.
Principio del parallelismo delle funzioni: nelle materie di competenze legislativa delle Regioni,
queste ultime esercitavano anche le funzioni amministrative, mentre in tutte le altre, le funzioni
amministrative erano imputate allo Stato. Si è cercato di superare tale principio con l'attribuzione ai
Comuni della generalità delle funzioni amministrative con la sola eccezione di quelle che, per
assicurare l'esercizio unitario, siano conferite a Provincie, Città metropolitane, Regioni e Stato, sulla
base dei principi di sussidiarietà (il livello di governo superiore interviene solo nel caso in cui
quella più vicina ai cittadini non possa risolvere il compito), differenziazione (enti dello stesso
livello possono avere competenze diverse) e adeguatezza (le funzioni devono essere affidate ad enti
che abbiano requisiti sufficienti di efficienza).
Anche il nuovo testo costituzionale ha mantenuto le cinque Regioni Speciali e le disposizioni
costituzionali si applicano anche a loro insieme alle provincie autonome di Trento e Bolzano.
I raccordi tra i diversi livelli territoriali di governo
Raccordi: strumenti di collegamento e di coordinamento tra i diversi livelli territoriali di governo.
La riforma costituzionale del 2001 non ha previsto un meccanismo di raccordo presente in numerosi
Stati federali, la Camera delle Regioni, la quale, inserendo le Regioni nello stesso procedimento di
formazione della legge statale, fa sì che l'esatta determinazione di ciò che può fare lo Stato e di ciò
che può fare la regione sia di volta in volta negoziato politicamente. Attualmente i raccordi
principali sono:
• la Commissione bicamerale integrata: è un organo bicamerale previsto dalla Costituzione
del '48 per svolgere compiti consultivi, limitati esclusivamente all'ipotesi di scioglimento
anticipato dei Consigli regionali. La nuova disciplina introdotta nel 99 art.126 prevede che
con decreto motivato del Presidente della Repubblica, sentita la commissione bicamerale,
siano disposti lo scioglimento del Consiglio Regionale e la rimozione del Presidente della
Giunta che abbiano compiuto atti contrari alla Costituzione o gravi violazioni di legge. Ma
la commissione è stata valorizzata solo nel 2001, la quale riforma ha dato alla commissione
rilevanti funzioni di raccordo tra Stato e Regioni:
i regolamenti parlamentari possono prevedere la partecipazione di
▪ rappresentanti delle Regioni, delle Provincie autonome e degli enti locali
alla Commissione bicamerale;
quando un progetto di legge riguardante le materie in regime di
▪ competenza legislativa concorrente contenga disposizioni sulle quali la
citata Commissione parlamentare, abbia espresso parere contrario o parere
favorevole condizionato all'introduzione in sede referente non vi sia
adeguata, queste parti del progetto di legge possono essere approvate
solamente se l'assemblea delibera a maggioranza assoluta dei suoi
componenti.
• La conferenza Stato-Regione e le altre Conferenze: il “sistema delle conferenze” creato nel
2001 costituisce ancora oggi il principale strumento con cui si svolge la leale collaborazione
tra Stato, Regioni e autonomie locali. C'è la conferenza permanente per i rapporti tra lo
Stato, le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano (c.d. Conferenza Stato-
Regione), a cui è stata affiancata la Conferenza Stato, città e autonomie locali: per le
materie ed i compiti di interesse comune, le due Conferenze sono riunite insieme nella
Conferenza unificata. Sono presiedute dal Presidente del Consiglio, o da un ministro da lui
delegato, e sono formate da alcuni ministri e dai Presidenti delle Regioni o dai
rappresentanti delle autonomie locali rispettivamente per le due conferenze. Esse sono sede
di confronto tra il Governo e le istituzioni regionali e locali, coinvolte nell'elaborazione del
contenuto di alcuni atti del Governo che incidono sugli interessi e le competenze delle
Regioni. Esiste un parere di tali conferenze che non è giuridicamente vincolante ma è dotato
di grande forza perchè è assai improbabile che il Governo discosti dal parere delle
Conferenze. Tramite lo strumento dell'intesa, si ottiene il consenso delle Regioni, che
partecipano alla codecisione dell'atto.
Il principio di leale collaborazione
“deve governare i rapporti tra lo Stato e le Regioni nelle materie e in relazione alle attività in cui le
rispettive competenze concorrono o si intersechino imponendo un contemperamento dei rispettivi
interessi”.
1. Nel '48 era previsto che le leggi regionali incontrassero un limite politico nell'interesse
nazionale: il Governo poteva bloccarle e provare una decisione dell'organo politico
nazionale di vertice, il Parlamento. Ma oggi, dal 2001, si è eliminato qualsiasi riferimento
all'interesse nazionale e si è giunti ad un rafforzamento delle esigenze di cooperazione.
2. Per quanto riguarda il potere estero e il suo esercizio, lo Stato conserva la potestà legislativa
esclusiva in ordine a politica estera e rapporti internazionali dello Stato; rapporti dello
Stato con la UE; diritto d'asilo e condizione giuridica dei cittadini di Stati non appartenenti
alla UE. Tuttavia nelle materie di sua competenza la Regione può concludere accordi con
Stati esteri ma può avvenire solo nei casi e con le forme disciplinate da leggi dello Stato
art.117.9: “nel rispetto delle norme di procedura stabilite da legge dello Stato, che disciplina
la modalità di esercizio del potere sostitutivo del Governo in caso di inadempienza art.
117.5.
3. Il Governo può anche esercitare il potere sostitutivo nei confronti degli organi delle Regioni,
delle Città metropolitane, delle Provincie e dei Comuni. In caso di mancato rispetto di
norme e trattati internazionali o della normativa UE, il Governo può surrogarsi emanando
direttamente o attraverso un commissario apposta l'atto necessario.
I rapporti tra le Regioni e gli Enti locali
La Costituzione del 48 con una norma ancora oggi vigente stabilisce che: “ la repubblica riconosce
e promuove le autonomie locali” art. 5 e demandava, con una disposizione oggi abrogata, a leggi
generali il compito di determinare i principi cui si doveva ispirare l'autonomia degli enti locali
art.128.
I problema era che le Regioni evitavano di attribuire ai Comuni le funzioni amministrative nelle
materie di loro competenza e tendevano a tenere una posizione di superiorità e di controllo nei
confronti degli enti locali. Così nel '90 è avvenuto un cambiamento che ha reso gli enti locali più
efficienti ma solo nel 2000, è stato fatto un riordinamento della disciplina che segue questi principi:
• il comune è l'ente locale che rappresenta la propria comunità, ne cura gli interessi e ne
promuove lo sviluppo.
• La provincia è l'ente locale intermedio tra Comune e Regione, il quale rappresenta la propria
comunità, ne cura gli interessi, ne promuove e coordina lo sviluppo.
• I comuni e le Provincie hanno autonomia statuaria, normativa, organizzativa e
amministrativa, nonché autonomia impositiva e finanziaria nell'ambito dei propri statuti e
regolamenti e nell'ambito delle leggi di coordinamento della finanza pubblica.
• La generalità dei compiti e delle funzioni va attribuita ai Comuni e alle Provincie, con
esclusione delle funzione che richiedono l'unitario esercizio a livello regionale.
Nel 2001 hanno introdotto le Città metropolitane: sono istituiti in zone metropolitane dove città e
comuni confinanti sono in stretta collaborazione in ordine di attività economiche, ai servizi
essenziali alla vita sociale, nonché alle relazioni culturali e alle caratteristiche territoriali. Questa
acquisisce le funzioni della Provincia ed assume un ordinamento differenziato determinato con
proprio statuto.
La garanzia di autonomia data agli enti locali, oltre che scritta nella Costituzione, si ritrova nel fatto
che possono darsi autonomamente un proprio statuto, il quale stabilisce le norme fondamentali
dell'organizzazione dell'ente.
L'innovazione più importante del 2001 è stata la previsione costituzionale secondo cui
l'amministrazione pubblica deve essere affidata all'amministrazione locale. L'art. 118 stabilisce che
le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni e sempre lo stesso articolo stabilisce che i
Comuni, le Provincie e le Città metropolitane sono titolati di funzioni proprie, oltre a quella a loro
conferite con legge statale o regionale. Lo stato però mantiene la potestà legislativa esclusiva per la
legislazione elettorale, organi di governo e funzioni fondamentali di Comuni, Province e Città
metropolitane art. 117.2 p). In ogni Regione lo statuto deve disciplinare il Consiglio delle
autonomie locali, in cui siedono i rappresentanti degli enti locali, il quale deve funzionare come
organo consultivo con funzioni consultive art. 123.4.
Finanza regionale e finanza locale
Federalismo fiscale: sistema di finanza pubblica che riconosce tanto l'autonomia degli enti
territoriali quanto l'esistenza di interventi finanziari centrali, sotto forma di trasferimenti con cui
realizzare obiettivi di politica economica e sociale non tutelati dagli enti territoriali. L'art.119
garantisce l'autonomia finanziaria, sia sul versante delle entrate che su quello delle spese a favore
delle Regioni e degli enti locali. Questo significa che:
• hanno entrate proprie e potere di concorrere a determinare la composizione e la quantità;
• devono poter stabilire liberamente come spendere le risorse di cui dispongono.
Ma art.117 si affida allo Stato la podestà legislativa concorrente: ovvero in materia di
armonizzazione dei bilanci pubblici e coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario,
lo stato potrà intervenire ma solo introducendo principi fondamentali, rimettendo tutto il resto alla
disciplina delle Regioni.
Un problema: ogni regione avrà delle entrate differenti in base al reddito medio dei suoi abitanti; al
fine di evitare che tra i diversi enti si creino delle differenze di disponibilità finanziarie eccessive,
mettendo a repentaglio l'unità del Paese, è previsto un Fondo perequativo, a favore dei territori con
minore capacità fiscale per abitante. Si tratta di risorse aggiuntive che lo Stato può destinare per
effettuare interventi speciali in favore di determinati enti per promuovere lo sviluppo economico, la
coesione e la solidarietà sociale ecc.
La forma di governo regionale
Nel '99 con la respettiva legge si sono modificati gli art. da 121 a 126, affidando a ciascuna regione
il potere di scegliersi la propria forma di governo. Ha previsto una forma di governo transitoria
vigente fino a quando la Regione non approverà il proprio e nuovo statuto, caratterizzata
dall'elezione popolare diretta del Presidente della Regione , e ha poi fissato alcuni vincoli alla
forma di governo che deve essere in armonia con la Costituzione.
1. Consiglio regionale: titolare della funzione legislativa; gode della classica prerogativa delle
assemblee elettive, cioè dell'insindacabilità dei suoi membri per le opinione espresse e i voti
dati art.122.4.
2. Presidente della Regione: eletto a suffragio universale e diretto dall'intero corpo elettorale
regionale. Il Presidente eletto rappresenta la regione, dirige la politica della giunta e ne è
responsabile, promulga leggi ed emana i regolamenti regionali.
3. Giunta regionale: è l'organo esecutivo della Regione ma essa è diretta politicamente dal
Presidente eletto, cui la Costituzione affida il potere di nominare i componenti della giunta,
nonché il potere di revocarli.
Questa forma di governo regionale può essere identificata con il modello della forma di governo
neo parlamentare: infatti il Consiglio può esprimere la fiducia/sfiducia nei confronti del Presidente
della Giunta mediante mozione motivata, sottoscritta da almeno 1/5 dei suoi membri e apporvata
per appello nominale a maggioranza assoluta. L'approvazione della mozione di sfiducia determina
le dimissioni della Giunta e lo scioglimento del Consiglio regionale, con la conseguenza che si
andrà a nuove elezioni per il rinnovo di entrambi gli organi.
La nuova disciplina costituzionale affida alla legge regionale il compito di stabilire il sistema di
elezione e i casi di ineleggibilità e incompatibilità del Presidente e degli altri componenti della
Giunta.
In attesa dei nuovi statuti regionali (la maggior parte ha approvato l'elezione diretta del Presidente),
la disciplina transitoria ha previsto che si applichi la vigente legge elettorale con le seguenti
innovazioni:
− sono candidati alla Presidenza della Regione i capilista delle liste regionali;
− è proclamato eletto Presidente della Regione il candidato che ha conseguito il mggior
numero di voti validi in ambito regionale;
− il presidente della regione fa parte del Consiglio regionale;
− entro dieci giorni, il Presidente della Regione nomina i componenti della Giunta;
− se il Consiglio approva una mozione si sfiducia entro tre mesi si procede all'indizione di
nuove elezioni del Consiglio regionale e del Presidente della Regione.
La forma di governo degli enti locali
Questa forma di governo è stata modellata nel '93 con legge, poi modificata nel 99. si basa
sull'elezione popolare diretta del Sindaco e del presidente della provincia (prima scelta popolare
diretta, in Italia, del capo dell'esecutivo). Durano in carica 5 anni e non possono ricoprire più di due
mandati consecutivi.
• Comuni fino a 15.000 abitanti: ogni candidato sindaco deve essere collegato ad una lista.
L'elettore esprime un voto per il candidato e per la lista a esso collegata e può esprimere un
voto di preferenza per uno dei candidati della lista. È eletto sindaco chi ottiene il maggior
numero di voti (maggioranza relativa). In caso di parità, si va al ballottaggio. I seggi sono
ripartiti in modo proporzionale.
• Comuni oltre 15.000 abitanti: il candidato a Sindaco deve essere collegato ad una o più liste.
L'elettore vota contemporaneamente per un candidato a Sindaco e per una delle liste. A
differenza di quanto prima, egli può esprimere il suo voto anche una lista diversa da quelle
collegate al candidato Sindaco che ha votato (possibilità del voto disgiunto). È eletto sindaco
il candidato che ha ottenuto la metà più uno dei voti (maggioranza assoluta). Nel caso di
parità si passa al secondo turno dove si ha il ballottaggio tra i due che hanno preso il
maggior numero di voti. È eletto infine il candidato che ottiene il maggior numero di voti e
la ripartizione dei seggi avviene con formula proporzionale. Previsto un premio di
maggioranza alla lista o alle liste collegate al candidato sindaco. (procedimento molto simile
a quello per il Presidente della Provincia e del Consiglio provinciale).
Per tutte le elezioni degli enti locali è prevista una clausola di sbarramento diretta a scoraggiare il
frazionamento politico: non sono ammesse all'assegnazione dei seggi quelle liste che abbiano
ottenuto al primo turno meno del 3% dei voti validi e che non appartengano a nessun gruppo di liste
che abbia superato tale soglia.
VII – L'AMMINISTRAZIONE DELLA GIUSTIZIA
Giudici ordinari e giudici speciali
Sistema italiano caratterizzato da più giurisdizioni e la loro competenza è stabilita dalla legge,
secondo criteri diversi stabiliti in base alla materia trattata e della posizione giuridica vantata dal
soggetto di diritto. Le giurisdizione sono:
• Giudici ordinari: amministrano la giustizia civile e penale attraverso organi giudicanti e
organi requirenti.
♦ Organi giudicanti civili si dividono in organi di primo grado (giudice di
pace e tribunale) e di secondo grado (corte d'appello); le decisioni del
giudice di pace si possono impugnare in appello dinnanzi al tribunale
mentre le decisioni assunte dal tribunale in primo grado possono essere
impugnate presso la orte d'appello.
♦ Organi giudicanti penali vi sono organi di primo grado (il giudice di
pace, il tribunale, la corte d'assise) e organi di secondo grado (la corte
d'appello, la corte d'assise d'appello,il tribunale della libertà).
♦ Organi requirenti sono i Pubblici ministeri che esercitano l'azione penale
e agiscono nel processo a cura degli interessi pubblici. Perciò, il Pubblico
Ministero (PM) attiva, attraverso l'esercizio dell'azione penale, la
giurisdizione penale per l'accertamento di eventuali reati e la condanna
dei loro autori. Agisce anche le processo civile, nei casi stabiliti dalla
legge a tutela degli interessi pubblici. La differenza tra questi due campi
d'azione è notevole, perchè mentre il ruolo del PM nel processo civile è
interamente rimesso alla legge, nel campo penale nessuna legge può
cancellare o modificare l'obbligo per il PM di esercitare l'azione penale, in
quanto tale obbligo è previsto dalla Costituzione art.112. Obbligo
dell'azione penale significa che il PM non può scegliere
discrezionalmente se avviare o meno l'azione in relazione al tipo di reato,
ma è tenuto a intraprendere la sua azione sempre e comunque in presenza
di una notizia criminis dotata di un certo fondamento. In tal modo la
Costituzione vuole evitare che l'attivazione della giurisdizione penale sia
condizionata da scelte a favore di qualcuno o contro qualcun altro, e
quindi sia caratterizzata dall'imparzialità. Ecco perchè la Costituzione
garantisce l'indipendenza del pubblico ministero art.108.2 e dispone che il
Pubblico ministero gode delle garanzie stabilite nei suoi riguardi dalle
norme sull'ordinamento giudiziario art. 107.4.
• Giudici amministrative: sono i tribunali amministrativi regionali istituiti da ciascuna
Regione e il Consiglio di Stato. È affidata la tutela giurisdizione degli interessi legittimi, che
prevede la possibilità che siano annullati gli atti della pubblica amministrazione art.113. Al
giudice ordinario spettano le controversie in materia di diritti soggettivi, al giudice
amministrativo quelle in materia di interessi legittimi. La distinzione tra diritti soggettivi ed
interessi legittimi art. 24 e 113 sopratutto al fine di garantire la tutela giurisdizionale, quale
che sia la situazione soggettiva presa in considerazione. Giurisdizione esclusiva: in alcune
materie anche se comprendono problemi di tutela di diritti soggettivi, sebbene di solito il
campo delle sanzioni amministrative siano affidati alla giurisdizione del giudice civile, sono
affidate alla cognizione del giudice amministrativo.
• Giudici contabili;
• Giudici tributari: esercitano la giurisdizione nelle controversie fra i cittadini e
l'amministrazione finanziaria dello Stato.
• Giudici militari: in tempo di guerra, esercitano la giurisdizione secondo quanto stabilito
dalla legge; in tempo di pace, esercitano la giurisdizione solo sui reati commessi dagli
appartenenti alle forze armate art.103.3.
Pubblico ministero: gli uffici del PM ( chiamati Procure della Repubblica) si rinvengono presso
i tribunali, presso la Corte d'Appello e presso la Corte di Cassazione. Presso quest'ultima, c'è
anche la Direzione nazionale antimafia, composta dal Procuratore nazionale antimafia e dai suoi
istituti con compiti di coordinamento delle indagini sulla criminalità organizzata. Non va
confusa con la Direzione investigativa antimafia istituita presso il ministero dell'interno con il
compito di assicurare lo svolgimento delle investigazioni preventive relative alle criminalità
organizzata ed effettuar indagini di polizia giudiziaria.
Tribunale per i minorenni: organo collegiale formato da due magistrati professionali e da due
esperti. In sede penale esso si configura come giudice unico di prima istanza nei confronti di
tutti i soggetti che al momento della commissione del reato non avevano ancora raggiunto i
diciotto anni. In sede civile, invece, il tribunale per i minorenni è competente a giudicare in una
serie di casi di tassativamente indicati dalla legge in cui il giudice interviene nell'interesse del
minore es. adozione nazionale e adozione internazionale.
Il Consiglio di Stato: assume a sé oltre a poteri giurisdizionali anche poteri consultivi che
possono essere attivati dal Governo dal momento che si tratta di un organo ausiliario del
Governo stesso.
La Corte dei conti: opera attraverso sezioni regionali e sezione centrali. In generale, in tema di
responsabilità dei pubblici amministratori qualora abbiano recato un danno economico ai
soggetti pubblici dai quali dipendono.
Principi costituzionali in tema di giurisdizione
Principio di precostituzione del giudice: (principio del giudice naturale) “nessuno può essere
distolto dal giudice naturale precostituito per legge” art. 25. è una fondamentale garanzia per i
cittadini perchè nessuno può trovarsi ad essere giudicato da n giudice appositamente costituito
dopo la commissione di un determinato fatto. È pure posto il divieto di istituire giudici speciali,
organi che sono formati fuori dall'ordinamento giudiziario; mentre è possibile istituire sezioni
specializzate presso i tribunali ordinari art.102. (vi sono alcune giurisdizioni speciali previste
dalla Costituzione es. giudici amministrativi, tribunali militari, corte dei conti ecc).
Principi generali:
1. la giustizia deve essere amministrata in nome del popolo art.101;
2. s'immagina una partecipazione popolare alla stessa giurisdizione art. 102.3.
3. s'impone al giudice la sola soggezione alla legge art.101.1.
4. Si stabilisce che la disciplina dell'ordinamento giudiziario sia rimessa alla competenza
della legge e che sempre la legge assicuri l'indipendenza delle giurisdizioni speciali e del
pubblico ministero art.108.
5. I provvedimenti giurisdizionali devono essere motivati e che contro le decisioni dei
giudici ordinari, è ammesso ricorso alla Corte di cassazione che rappresenta il più alto
grado di giudizio.
La Corte di Cassazione: si configura come giudice di legittimità cioè competenze a conoscere le
sole violazioni di legge compiute dagli organi giurisdizionali di grado inferiore. Risolve i conflitti di
competenza insorti fra i giudici ordinari e i conflitti di giurisdizione fra giudice ordinario e giudice
speciale. In questo senso la Corte si configura come organo di chiusura del sistema giudiziario a cui
le disposizioni dell'ordinamento giudiziario affidano la funzione di nomofilachia cioè la soluzione
delle questione interpretative più controverse, al fine di indirizzare l'attività giurisdizionale degli
organi giudicanti e requirenti.
Diritto di difesa e giusto processo: La Costituzione garantisce il diritto di agire in giudizio per la
tutela dei propri diritti e interessi legittimi e afferma che la difesa è un diritto inviolabile in ogni
stato e grado di procedimento art.24. La tutela giurisdizionale di diritti ed interessi è azionabile
contro i privati ma anche contro enti pubblici art.113.
La garanzia del diritto di difesa, unitamente al principio del giudice naturale precostituito per legge
dovrebbero fondare la necessità che il processo si caratterizzi:
1. per il contraddittorio fra le parti, il quale esige che vi sia un confronto dialettico paritario tra
le parti processuali lungo lo svolgimento di tutte le fasi processuali.
2. Per la imparzialità e la terzietà del giudice, la cui decisione può essere accertata dalle parti e
dalla società in quanto provenga da un soggetto competente ad applicare e interpretare il
diritto in modo imparziale e quindi autonomo rispetto agli opposti interessi delle parti, che
affrontano la contesa giudiziaria.
Il giusto processo è stabilito dal nuovo testo art.111 dove si stabilisce che:
1. la giurisdizione si attua mediante il giusto processo regolato dalla legge;
2. ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, in condizioni di parità, davanti ad un
giudice terzo ed imparziale.
3. Ragionevole durata del processo.
Lo status dei magistrati ordinari
L'accesso alla magistratura: la nomina a magistrato deve avvenire per concorso art. 106.1.
i requisiti per l'accesso al concorso sono indicati dalla legge 111/2007. al concorso sono ammessi:
• i magistrati amministrativi e contabili;
• i procuratori dello Stato;
• i dirigenti della P.A. con almeno cinque anni di anzianità, in possesso della laurea di
giurisprudenza.
• Gli appartenenti al personale universitario di ruolo docente di materie giuridiche in possesso
della laurea di giurisprudenza.
• Gli avvocati
• coloro i quali hanno svolto le funzioni di magistrato onorario per almeno sei anni.
• I laureati in possesso della laurea di giurisprudenza e del diploma conseguito presso le
scuole di specializzazioni per la professioni legali o che hanno conseguito il dottorato di
ricerca in materie giuridiche.
La commissione giudicatrice è ora presieduta da un magistrato che abbia conseguito la sesta
valutazione di professionalità e formata da:
• Venti magistrati che abbiano conseguito almeno la terza professionalità;
• Cinque professori universitari di ruolo di materie in oggetto in esame;
• Tre avvocati inscritti all'albo speciale dei patrocinanti dinanzi alle magistrature superiori.
Vinto il concorso si è nominati uditore giudiziario e inizia il tirocinio.
Art. 104 afferma “la magistratura costituisce un ordine autonomo indipendente da ogni altro
potere”. Prima veniva esercitata una forza dal Governo, in particolare dal ministro della giustizia
ma l'Assemblea costituente ha concluso affidando alla magistratura e al sistema giudiziario piena
autonomia.
Autonomia dell'ordine giudiziario: è una garanzia destinata ad esplicare i suoi effetti all'interno
dell'ordine giudiziario stesso e fa sì che ciascun magistrato possa determinarsi autonomamente
senza ricevere alcun condizionamento.
Indipendenza dell'ordine giudiziario: è riferita al potere giudiziario nel suo complesso, ma si tratta
di una garanzia destinata ad esplicare i suoi effetti in riferimento all'esercizio concreto della
funzione giurisdizionale, in quanto tutela ogni singolo magistrato da tutti quei condizionamenti che
possono provenire da poteri diversi dal potere giudiziario.
Inamovibilità della magistratura: art.107.1 “i magistrati sono inamovibili” cioè senza il loro
consenso i magistrati non possono essere trasferiti ad una sede diversa da quella che occupano. Solo
con un provvedimento del Consiglio superiore della Magistratura CSM nei casi di incompatibilità
previsti dall'ordinamento giuridico è possibile.
Il consiglio superiore della magistratura
Tutti i provvedimenti riguardanti la carriera e lo status dei magistrati ordinari (es. art.105 le
assegnazioni i trasferimenti, le promozioni e i provvedimenti disciplinari) devono essere adottati da
un organo che è staccato dal Governo, ovvero il Consiglio superiore della magistratura CSM. I
magistrati sono funzionari pubblici: se non si fossero affidati questi compiti al CSM, non si sarebbe
potuto impedire che, come avveniva nell'ordinamento precedente, il Governo usasse i poteri
amministrativi relativi alla carriera ed allo Status di tali funzionari per condizionare l'autonomia del
singolo magistrato. Il CSM è composto art.104.2:
• Tre membri di diritto, il Presidente della Repubblica, il primo Presidente della cassazione, il
Procuratore generale della Corte di Cassazione.
• Di membri eletti dai magistrati ordinari che devono rappresentare i 2/3 del Collegio (membri
togati).
• Di membri eletti dal Parlamento in seduta comune tra professori ordinai di Università in
materie giuridiche e avvocati che esercitano la professione da almeno quindici anni e
costituiscono il restante 1/3 (membri laici). Con la presenza di questi i costituenti vollero
impedire che l'autonomia e l'indipendenza della magistratura si trasformasse nella creazione
di una specie di casta separata da tutti i poteri dello Stato e gelosa dei suoi privilegi.
I magistrati ordinari sono sottoposti dal CSM alla responsabilità disciplinare opera in caso dei
doveri connessi al corretto esercizio della funzione giurisdizionale e i magistrati ordinari rispondo
di ogni comportamento in violazione dei propri doveri, in modo da compromettere il prestigio
dell'ordine giudiziario, ossia la credibilità dello stesso agli occhi dei cittadini. Nel 2005 si è
incominciato ad avviare un progetto di tipizzazione dei comportamenti che possono dar luogo
all'illecito come iscrizione o partecipazione a partiti politici.
Oltre a tale responsabilità, sono sottoposti a quella penale ed a quella civile. La prima opera in caso
di reati commessi nell'esercizio delle funzioni mentre la seconda ha previsto un regime speciale per
i magistrati ordinari, speciali, contabili e militari. Esso riguarda i danno subiti dal cittadino per
effetto di privazione della libertà personale conseguente a diniego di giustizia ovvero ad atti e
comportamenti assunti con dolo. Il danneggiato può chiedere risarcimento allo Stato per una somma
che non può superare 1/3 dell'annualità dello stipendio percepito al momento dell'apertura del
procedimento.
Tutti i provvedimenti del CSM assumono la veste di decreti del Presidente della Repubblica e sono
sottoposti al sindacato del giudice amministrativo.
Il giudice competente è il Tar del Lazio e in appello, il Consiglio di Stato.
Fanno eccezione le sentenze disciplinari che sono impugnate davanti alle sezioni unite della Corte
di cassazione.
Il Ministro della Giustizia
prima del '48 e quindi della Costituzione, aveva potere in materia di ordinamento giudiziario, ma
con la Costituzione la maggior parte dei suoi ex poteri sono svolti dal CSM.
Oramai, i poteri di tale ministro sono:
• curare l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia art.110.
• Promuovere l'azione disciplinare davanti all'apposita sezione disciplinare del CSM.
• Partecipare al procedimento di conferimento degli uffici direttivi (incarichi di maggior
rilievo nell'ordinamento). Principio di leale collaborazione tra CSM e Ministro della
Giustizia (stabilito da Corte Costituzionale).
• Esercitare poteri di sorveglianza ed eventuali attività ispettive nei confronti degli uffici
giudiziari.
VIII – FONTI : NOZIONI GENERALI
Fonti di produzione
La parola fonte indica gli strumenti di produzione del diritto; fonte del diritto: è l'atto o il fatto
abilitato dall'ordinamento giuridico a produrre norme giuridiche, cioè ad innovare all'ordinamento
giuridico stesso. È una definizione circolare: l'ordinamento giuridico è colui che indica i modi in ci
si forma e si rinnova.
Ma ci si pone il problema di come è stato istituito inizialmente l'ordinamento giuridico:
• Ordinamenti primitivi: si sono formati attraverso una lenta evoluzione dalle tradizioni e
dagli usi (diritto consuetudinario) a un diritto basato sulla volontà di un determinato
soggetto o organo a cui la comunità ha riconosciuto poteri normativi. Evoluzione da fonti-
fatto a fonti-atto.
• Ordinamenti moderni: si sono costituiti attraverso un processo costituente, ovvero è la stessa
Costituzione a indicare gli atti che possono produrre il diritto, cioè le fonti; oppure basta che
la Costituzione indichi le fonti ad essa immediatamente inferiori (fonti primarie) che
saranno poi quelle che andranno a regolare le fonti ancora inferiori (fonti secondarie).
Quindi è considerato come compito tipico e necessario ad ogni Costituzione regolare le fonti
primarie art.70-81 della Costituzione italiana.
Le norme che indicano le fonti abilitate a innovare il nostro ordinamento si chiamano norme di
riconoscimento oppure fonti sulla produzione delle norme.
Fonti di cognizione: pubblicazione e ricerca degli atti normativi
Le fonti di cognizione sono gli strumenti attraverso i quali si viene a conoscere le fonti di
produzione. In Italia ci sono fonti di cognizione sia ufficiali sia private.
• Fonti di cognizione ufficiali (Gazzetta ufficiale G.U. - Gazzette ufficiali delle Regioni –
Gazzetta ufficiale della Unione Europea): il testo di tali fonti è quello che entra in vigore,
ovvero diventa obbligatorio per tutti. Tutti gli atti normativi devono essere pubblicati su una
fonte ufficiale e non entrano in vigore immediatamente al momento della pubblicazione, ma
dopo un periodo di regola di 15 giorni in cui gli effetti del nuovo atto sono sospesi (vacatio
legis). Passato questo periodo il nuovo atto è pienamente obbligatorio: vige la presunzione
di conoscenza della legge e l'obbligo al giudice di applicarla.
• Fonti di cognizione non ufficiali: possono essere fornite da soggetti pubblici (le Regioni o
Ministeri o privati (le case editrici o riviste specializzate). Al contrario di quelle ufficiali,
non hanno valore legale perchè sono solo strumenti utili alla conoscenza delle norme in
vigore ma la loro pubblicazione non incide sull'efficacia della norma.
Fonti – fatto e Fonti – atto
Le fonti di produzione si dividono in due categorie:
• Fonti-atto, dette anche atti normativi. Queste fonti fanno parte degli atti giuridici che sono i
comportamenti consapevoli e volontari che danno luogo a effetti giuridici, ma rispetto a
questa categoria generale degli atti giuridici, le fonti-atto/atti normativi hanno due
caratteristiche specifiche:
♦ Gli atti normativi hanno capacità di porre norme vincolanti per tutti (“fonti del
diritto”).
♦ Gli atti normativi possono essere imputati solo a soggetti a cui lo stesso
ordinamento ne riconosce il potere di porre in essere gli atti.
Quindi, le fonti-atto implicano un agire volontario di un organo a ciò abilitato
dall'ordinamento giuridico. È la norma di riconoscimento/fonte di produzione
che attribuisce ad un organo il potere di emanare un determinato atto normativo:
la fonte atto/atto normativo è l'espressione di volontà normativa di un soggetto in
cui l'ordinamento attribuisce l'idoneità di porre in essere norme giuridiche.
• Fonti-fatto, dette anche fatti normativi. Appartengono alla categoria generale dei fatti
giuridici, cioè quegli eventi naturali (la nascita) o sociale (un pugno sferrato a qualcuno) che
producono conseguenze rilevanti per l'ordinamento. Sono una categoria residuale, sono cioè
tutte le altre fonti che l'ordinamento riconosce e di cui ordina o consente l'applicazione non
per volontà di un determinato soggetto ma per il semplice fatto di esistere. La differenza
sostanziale tra le fonti-fatto/fatti normativi dalla categoria generale dei fatti giuridici è che
da essi l'ordinamento fa dipendere il sorgere di norme vincolanti per tutti.
Tipicità delle fonti-atto: ogni tipo di fonte ha una sua forma essenziale, che i singoli atti devono
rispettare per essere riconoscibili come appartenenti a quella fonte. La forma tipica dell'atto è data
da una serie di elementi quali l'intestazione all'autorità emanante, il nome proprio dell'atto, il
procedimento di formazione dell'atto stesso. Per procedimento s'intende quella sequenza di atti
preordinata al risultato finale: per le fonti-atto, il risultato finale del procedimento è appunto
l'emanazione dell'atto normativo. L'atto è poi suddiviso in articoli e questi in commi; gli articoli,
spesso corredati da una rubrica che ne indica l'argomento, possono essere raggruppati in capi e
questi in titoli e parti.
Le fonti-fatto
1) Le consuetudini: una volta la fonte-fatto per eccellenza era la consuetudine che nasce da un
comportamento sociale ripetuto nel tempo (elemento oggettivo) e successivamente una volta
dimenticata la sua origine, viene sentito come obbligatorio (elemento soggettivo). Oggi non
è più, almeno nel nostro ordinamento, la fonte-fatto più importante. Si tratta del Diritto
Comune, la legge immemorabile che poteva anche rappresentare la più alta delle fonti del
diritto, quella che nessun atto di volontà avrebbe potuto legittimamente mutare. Oggi però è
scomparsa dagli ordinamenti moderni ed è stata sostituita da sistemi della codificazione,
anche se alcune tracce di consuetudini sono rimaste:
♦ Nelle “Disposizioni preliminari al codice civile” (dette anche Preleggi) già all'art.
1 viene esposta la gerarchia delle fonti, dove dopo la legge, si trovano i
regolamenti, le norme corporative (poste da organi statali nazionali istituiti dal
fascismo per riunire le rappresentanze sindacali dei lavoratori e dei datori di
lavoro. Caduto il fascismo furono soppressi gli organi corporativi, e le norme
corporative rimasero in vigore per il periodo transitorio) ed infine anche gli usi:
gli usi sono proprio le consuetudini che nel nostro ordinamento sono poste
all'ultimo posto della gerarchia; questo significa che sono ammesse soltanto dove
non vi sia una norma di grado superiore. Infatti art.8 delle Preleggi dice: “nelle
materie regolate dalle leggi e dai regolamenti gli sui hanno efficacia solo in
quanto sono da essi richiamati. La consuetudini quindi può operare in materie
non regolate da fonti-atto (consuetudine praeter legem o introduttiva) oppure per
richiamo esplicito della legge (consuetudine secundum legem); non può esistere
invece la consuetudine contra legem cioè quella che dispone contro la legge che
sono semplicemente consuetudini illegittime.
♦ Nel Codice Civile sono esplicitamente richiamati gli usi sopratutto in materia
contrattuale: gli usi locali o quelli invalsi nelle singole categorie di operatori
costituiscono elementi integrativi del contratto o possono indicare per es. modi,
luoghi, tempo dell'adempimento delle obbligazioni in generale. Ma come
conoscere questi usi? La loro conoscenza è facilitata dalle raccolte generali tenute
dal Ministero dell'industria e dalle Camere di commercio. Ma queste raccolte
possono essere considerate solo come fonti di cognizione come dice l'art.9 delle
Preleggi, gli usi in essi pubblicati si presumono esistenti sino a prova contraria.
♦ Nella Dottrina spesso si fanno riferimenti alle consuetudini, specie nel diritto
costituzionale. Ma non è grazie ai comportamenti sociali a cui la stessa comunità
attribuisce forza vincolante che la consuetudine entra nella dottrina e nel diritto
costituzionale ma si tratta di una consuetudine diversa chiamata consuetudini
interpretative: si tratta della costanti interpretazione di una legge da parte degli
interpreti, che rende quindi questa una consuetudine. È però da non confondere
con il fenomeno del “diritto vivente” applicato dalla Corte Costituzionale: da una
determinata disposizione gli interpreti derivano costantemente la stessa unica
norma, nonostante il testo della disposizione potrebbe lasciare spazio ad altre
interpretazioni. È quindi un fatto di interpretazione delle fonti-atto, non una
fonte-fatto.
♦ Nella Costituzione l'art.10.1 dice che “l'ordinamento italiano si conforma alle
norme del diritto internazionale generalmente riconosciute”; si tratta delle
consuetudini internazionali che però non hanno origine nei trattati ma in regole
non scritte ne poste da alcun soggetto determinato, e tuttavia considerate
obbligatorie dalla generalità degli Stati. L'adeguamento dell'ordinamento interno
alle consuetudini internazionali è automatico e deve essere immediatamente
applicato come se fosse una norma interna. Questo meccanismo di rinvio
automatico dell'ordinamento italiano alle norme prodotte da altri ordinamenti si
chiama rinvio mobile.
2) Le norme prodotte dalla UE: nonostante la loro importanza, sono considerate fonti-fatto er
il nostro ordinamento, ma è ovvio che invece per l'ordinamento europeo sono considerate
fonti-atto. Tuttavia siccome esse sono prodotte da organi che non rappresentano e
appartengono al nostro ordinamento, per questo motivo esse sono considerate dal nostro
ordinamento (e non da quello europeo, sia ben chiaro) come meri “fatti” normativi.
3) Diritto internazionale privato: vale lo stesso discorso delle norme dell'UE; sono le norme
che regolano l'applicazione della legge quando i soggetti o i beni coinvolti nel caso
sottoposto al giudice sono collegati a ordinamenti giuridici diversi. Il giudice italiano in certi
casi si può trovare ad applicare le leggi di un altro paese, per es. il codice austriaco. Anche
questi fonti nel rispettivo ordinamento di appartenenza, sono fonti-atto, mentre per il nostro
ordinamento sono fonti-fatto (dipende dal punto di vista del giudice).
Il principio jura novit curia: il giudice ha il potere e il dovere di individuare e interpretare le fonti
normative da applicare al giudizio con i propri mezzi, senza cioè gravare sulle parti o dipendere dal
loro apporto; questo principio vale per tutte le fonti, siano esse atti o fatti. Questo principio
comporta: conoscenza dell'esistenza della fonte;
▪ potere-dovere del giudice di interpretare le disposizioni al fine di individuare la norma
▪ da applicare al caso. Questo è ovvio per le fonti-atto mentre per le fonti-fatto bisogna
dividere tra: 1. Consuetudine: il problema non si pone affatto, perchè sono norme
prive di disposizioni, non vi è nulla da interpretare (anche perchè le
norme non sono scritte).
2. Diritto internazionale privato, si dice che la legge straniera è applicata
secondo i propri criteri di interpretazione e di applicazione nel
tempo: il nostro giudice quindi dovrebbe comportarsi come se fosse
un giudice dell'altro ordinamento. Se una delle parti non è convinta
del lavoro interpretativo svolto dal giudice ha tutto il diritto di
chiedere ad un giudice italiano d'appello se è stata un'interpretazione
corretta rispetto all'ordinamento straniero, quindi chiedere un
opinione dei criteri interpretativi utilizzati dal collega di primo
grado.
3. Diritto UE,situazione completamente diversa in quanto c'è una riserva
di interpretazione a favore del giudice comunitario, cioè della Corte
di giustizia della UE: riserva che riguarda tanto le disposizioni del
Trattato così come le fonti derivate. In questo caso vi è la
sospensione del giudizio e bisogna sottoporre la questione
interpretativa alla Corte.
Il giudice deve valutare non solo che una certa norma esista, ma anche che sia valida,
▪ ovvero posta in conformità con le norme di rango superiore. Per le fonti-atto è evidente:
se esse presuppongono una norma di riconoscimento (fonte della produzione) che
attribuisca a un determinato organo la competenza a produrre un certo tipo di norme,
queste norme saranno valide solo se conformi alla norma di riconoscimento; se non sono
valide, il giudice può provocarne la rimozione dall'ordinamento. Per le fonti-fatto:
1. Consuetudine: pone pochi problemi: o essa si sviluppa praeter legem o
secundum legem; se il comportamento sociale considerato fosse
invece contram non avremmo nemmeno infatti una fonte del diritto,
ma un comportamento illegittimo.
2. Diritto internazionale privato: può valutare se la legge straniera è
ancora in vigore, ma non ha gli strumenti per rilevarne eventuali vizi,
cioè il contrasto con le fonti superiori dell'ordinamento cui essa
appartiene.
3. Diritto UE: quando bisogna applicare il diritto comunitario invece, se
rileva un vizio, il giudice deve sospendere il proprio giudizio e
investire della questione la Corte di Giustizia, cui è riservata la
competenza a giudicare della validità delle norme emanate dalla UE.
Le tecniche di rinvio ad altri ordinamenti
Principio di esclusività: espressione della sovranità dello Stato; ad esso viene attribuito il potere di
riconoscere le proprie fonti, cioè indicare i fatti e gli atti che possono produrre norme
dell’ordinamento. Le norme degli altri ordinamenti possono valere all’interno del nostro, solo se le
disposizione dello Stato lo consentono, e questo vale per qualsiasi ordinamento, da quello di altri
Stati a quello della UE. Per consentire a tali norme di altri ordinamenti l’essere applicate nel nostro,
è necessario usare lo strumento del rinvio, con cui lo Stato rende applicabile al proprio interno
norme di altri ordinamenti.
Vi sono due tipi:
Rinvio fisso: una disposizione dell’ordinamento statale richiama un determinato atto in vigore
o in un altro ordinamento, atto che di solito viene allegato. Si dice fisso perché recepisce uno
specifico e singolo atto, ordinando i giudici e l’amministrazione pubblica ad applicare le norme
ricavabili da questo atto come norme interne. Le eventuali variazioni apportate all’atto cui si
rinvia, cioè all’atto recepito, sono di regola, indifferenti per il nostro ordinamento: quindi se
l’atto recepito subisce modifiche, queste non produrranno effetti nel nostro ordinamento a
meno che non sia nuovamente fatto un rinvio.
Rinvio mobile: una disposizione dell’ordinamento statale richiama una fonte di uno specifico
o atto. Per questo motivo, con il rinvio mobile l’ordinamento statale si adegua automaticamente a
tutte le modifiche che nell’altro ordinamento si producono nella normativa posta dalla fonte
richiamata es. diritto internazionale privato. Quindi oltre al compito di interpretare il testo
normativo richiamato come se fosse un atto interno, bisogna anche ricercare le disposizioni in
vigore nell’ordinamento straniero, dovendo tener conto di tutti i mutamenti che in esso sono
prodotti.
La funzione dell’interpretazione
L’atto normativo è un documento scritto e attraverso questo il legislatore esprime la sua volontà
normativa: è articolato da enunciati e questi enunciati degli atti normativi si chiamano disposizioni,
caratterizzati da un carattere imperativo.
Sillogismo giudiziale: premessa maggiore (la norma); premessa minore (il fatto); conclusione
(applicazione della norma al fatto).
Distinzione tra interpretazione e applicazione:
con applicazione del diritto ci si riferisce all’applicazione di una norma generale e astratta a un caso
particolare e concreto.
Dato che in natura non esistono né le norme né i fatti, la norma è il frutto dell’ interpretazione delle
disposizioni, il loro significato, quelle che esse ci possono dire in relazione al caso specifico; e
anche il fatto è frutto di interpretazione, va costruito qualificando i singoli eventi e comportamenti
secondo le categorie normative.
Infatti, per quanto una disposizione possa essere scritta bene e con precisione, il suo significato non
è mai scontato. Tramite l’interpretazione autentica si aggiungere una disposizione che precisa il
significato di una già esistente, la determina in modo migliore, ma non si tratta di un’opera di
interpretazione ma di legislazione.
In ogni caso chi applica la legge (giudici o organi amministrativi) ha bisogno di norme non
contraddittorie in assoluto: la coerenza delle norme è la prima regola, quindi bisogna ridurre il
sistema ad uno esclusivamente di norme coerenti,e per svolgere questo compito bisogna usare lo
strumento dell’interpretazione.
Quindi il primo obiettivo dell’interprete è interpretare le disposizioni in modo da ricavarne una
unica norma, un’unica premessa maggiore del suo sillogismo.
Antinomie sono i contrasti tra le norme, quindi due disposizioni o esprimono significati tra loro
incompatibili, o norme che qualificano lo stesso comportamento in modi contrastanti (lo permettono
e lo vietano, è facoltativo o obbligatorio). Ma cosa fa l’interprete davanti a disposizioni che
esprimono significanti contrastanti per renderle compatibili e coerenti?
I criteri elaborati per scegliere la norma da applicare in caso di antinomie sono stati spesso
codificati nelle leggi: “le Preleggi” ne indicano alcuni per esempio, ma possiamo dire che i criteri
sono impliciti nell’ordinamento e sono quattro:
1. il criterio cronologico e l’abrogazione
2. il criterio gerarchico e l’annullamento
3. il criterio della specialità
4. il criterio della competenza
Il criterio cronologico e l’abrogazione
In caso di contrasto tra due norme, si deve preferire quella più recente a quella più antica. La
prevalenza della norma nuova su quella vecchia si esprime tramite l’abrogazione ovvero
l’abrogazione è l’effetto che la norma più recente produce nei confronti di quella più vecchia e
l’effetto consiste nella cessazione dell’efficacia della norma giuridica precedente. Vige il principio
di irretroattività degli atti normativi: dispongono solo per il futuro e non hanno effetto nel passato,
anche se tale principio può essere derogato dalle singole leggi che possono disporre la propria
retroattività. Questo principio vale anche per l’abrogazione, ovvero la vecchia norma perde efficacia
dal giorno dell’entrata in vigore della nuova (ex nunc) ma tutti i rapporti precedenti restano in piedi
e rimangono regolati dalla norma vecchia. La vecchia norma benché abrogata sarà quindi pur
sempre la norma che il giudice dovrà applicare ai vecchi rapporti. Tipi di abrogazione (art.15 delle
Preleggi):
- per dichiarazione espressa del legislatore (abrogazione espressa): è espressa in una
disposizione, di solito in uno degli articoli finali della legge si scrive “sono abrogate le
seguenti disposizioni” e segue l’elenco degli atti, articoli, commi ecc. e dato che è
disposta dal legislatore è erga omnes e opera ex nunc.
- Per incompatibilità tra le nuove disposizioni e le precedenti (abrogazione tacita): non è
il contenuto di una disposizione ma è il giudice (o l’interprete generico) a dover far
pulizia quando si trova davanti ad un antinomia e ritiene che prevale la norma successiva
perché conseguenza di un sistema rappresentativo, quale il Parlamento. Ma il giudice
non può annullare la disposizione e può quindi operare solo con gli strumenti
dell’interpretazione. Opera anch’essa ex nunc ma non erga omnes, infatti
l’interpretazione data vale solo inter partes, e non vincola gli altri giudici.
- Perché la nuova legge regola l’intera materia già regolata dalla legge anteriore
(abrogazione implicita): non c’è una disposizione ma è l’interprete che trae dalla
modifica un argomento per sostenere che la vecchia legge debba ritenersi abrogata e le
sue norme non debbano più essere applicate. L’abrogazione opera sul piano
dell’interpretazione, non su quello della legislazione. La differenza con quella tacita è
che qui si considerano abrogate una o più leggi, dato che si guarda alla riforma della
materia, mentre in quella tacita si tratta di una o più disposizioni.
[ La deroga: nasce da un contrasto tra norme ma la norma derogata è di tipo generale mentre
la norma derogante è una norma particolare: è semplicemente un’eccezione alla regola. In
questo caso, la norma derogata non perde la sua efficacia a differenza dell’abrogazione, ma
viene solo limitato il campo di applicazione.
La sospensione: limitata ad un certo periodo e spesso a singole categorie o zone. Sospensione della
legge generale, che passato il termine, riprende tutta la sua applicabilità.]
Il criterio gerarchico e l’annullamento
In caso di contrasto tra due norme si deve preferire quella che nella gerarchie delle fonti occupa il
posto più elevato. La prevalenza della norma superiore a quella inferiore si esprime tramite
l’annullamento della norma che è effetto di una dichiarazione di illegittimità che un giudice
pronuncia nei confronti di un atto, di una disposizione o di una norma. L’atto invalido/illegittimo è
un atto viziato: i vizi di legittimità possono essere di due tipi: vizi formali o sostanziali (forma
dell’atto il primo, quindi sarà l’intero atto ad essere viziato, mentre i contenuti normativi nel
secondo, cioè la disposizione sarà viziata perché produce un’antinomia, un contrasto con norme
tratte da disposizioni di rango superiore.). L’annullamento ha effetti generale erga omnes: in
seguito ad essa, l’atto annullato non può essere più applicato a nessun rapporto giuridico, ed opera
anche per il passato quindi ex tunc. Ma gli effetti dell’annullamento si avvertono solo per quei
rapporti ancora aperti o pendenti, non per quelli già chiusi; cioè quei rapporti chiusi a causa o del
tempo (prescrizione) o per volontà dell’interessato (acquiescenza) o per la perdita di possibilità di
esercitare il diritto (decadenza) o ancora perché il rapporto è stato definito con una sentenza oramai
non più impugnabile (giudicato).
Rapporti tra criterio cronologico e criterio gerarchico:
- se una norma posteriore di grado inferiore contraddice una norma precedente di grado
superiore, non ci potrà essere abrogazione della norma superiore da parte della norma
inferiore, ma l’annullamento di quest’ultima. Il criterio gerarchico prevale dunque su
quello cronologico.
- Se una norma posteriore di grado superiore contraddice una norma precedente di grado
inferiore dipende dal fatto che le due norme siano omogenee o meno. Due norme sono
considerate omogenee quando entrambe sono o “di principio” o “di dettaglio”: se sono
omogenee prevale il cronologico, se invece sono disomogenee: c’è abrogazione
nell’ipotesi in cui la norma successiva superiore sia di dettaglio, mentre se la norma
superiore successiva sia di principio, non si ha abrogazione ma dovrà intervenire il
giudice dichiarando l’illegittimità della norma precedente, inferiore e di dettaglio,
prevale di nuovo il criterio gerarchico su quello cronologico.
Il criterio della specialità
In caso di contrasto tra due norme si deve preferire la norma speciale a quella generale, anche se
questa è successiva. Criterio non ben codificato (solo accennato nel codice penale) perché non è
facile distinguere tra genere e specie, non sono chiari gli effetti della applicazione di questo criterio
e perché è complesso il rapporto tra il criterio di specialità e gli altri criteri.
Effetti dell’applicazione del criterio di specialità: le norme in conflitto rimangono entrambe efficaci
e valide; l’interprete opera solamente una scelta circa quale norma deve essere applicata; l’altra
norma semplicemente non è applicata. La prevalenza della norma speciale non è distinguibile
affatto dalla deroga. Si può anzi dire che proprio la deroga sia l’effetto tipico della prevalenza della
norma speciale su quella generale.
Rapporti tra il criterio di specialità e gli altri:
- se la norma generale è successiva e la norma generale e la norma particolare hanno
parità gerarchica: è preferita la norma speciale (deroga).
- Se la norma generale è successiva e la norma generale è superiore alla norma speciale: è
preferita la norma generale superiore (illegittimità della norma speciale).
- Se la norma generale è successiva e la norma generale è inferiore alla norma speciale: è
preferita la norma speciale superiore (illegittimità della norma generale).
- Se la norma speciale è successiva e la norma generale e la norma particolare hanno
parità gerarchica: è preferita la norma speciale (deroga).
- Se la norma speciale è successiva e la norma generale è superiore alla norma speciale: è
preferita la norma generale superiore (illegittimità della norma speciale).
- Se la norma speciale è successiva e la norma generale è inferiore alla norma speciale: è
preferita la norma speciale superiore (abrogazione o deroga della norma generale).
Il criterio della specialità appartiene alla tecniche di interpretazione (è l’interprete che deve
risolvere l’antinomia e scioglie il conflitto tra le norme), e opera quindi inter partes.
Questo non significa che il legislatore non possa applicare con una disposizione specifica una
eccezione (salvo il caso..): in questo caso però non si tratta di criterio di specialità ma
semplicemente di una tecnica di redazione dei testi normativi, un modo con cui il legislatore
delimita – con effetti erga omnes – l’ambito di applicazione delle sue stesse disposizioni.
Le eccezioni non possono essere considerate in senso estensivo, ovvero non si procede per casi
analoghi.
Il criterio della competenza
Non è un criterio prescrittivo ma esplicativo: serve cioè a spiegare come è organizzato attualmente
il sistema delle fonti, e non a indicare all’interprete come risolvere le antinomie. Questo criterio
nasce dall’introduzione della Costituzione rigida, la quale assegna competenza particolari. Cosa ci
spiega il criterio della competenza: la gerarchia delle fonti non basta a darci il quadro esatto del
sistema perché all’interno dello stesso grado gerarchico, cioè tra atti che hanno la stessa posizione
gerarchica, la stessa forza, vi sono suddivisioni non spiegabili in termini di forza ma di competenza.
È un criterio che però non ha una sua autonomia, una propria consistenza (dato che si potrebbe sia
applicare un criterio di gerarchia o di specialità) ma tuttavia la Corte Costituzionale lo assume come
criterio che deve guidare i giudici in alcune situazioni, come nei rapporti tra atti normativi statali e
atti regionali o quando si trovano di fronte al contrasto tra una norma dell’ordinamento italiano e
una dell’ordinamento della Unione Europea.
Riserve di legge e principio di legalità
La riserva di legge è lo strumento con cui la Costituzione regola il concorso delle fonti nella
disciplina di una determinata materia. Essa è una regola circa l’esercizio della funzione legislativa:
impone al legislatore di disciplinare una determinata materia, impedendogli di lasciare che essa
venga disciplinata, in tutto o in parte, da atti che stanno ad un livello gerarchico più basso della
legge (nasce con la Costituzione rigida).
Il principio di legalità preesisteva già prima delle moderne costituzioni rigide e prescrive che
l’esercizio di qualsiasi potere pubblico si fondi su una previa norma attributiva della competenza: la
sua ratio è di assicurare un uso regolato, non arbitrario, controllabile, giustiziabile del potere.
L’introduzione della Costituzione rigida ha comportato l’estensione del principio di legalità anche a
quelle attività in cui più direttamente si esprime la sovranità. La funzione legislativa è sottoposta
oggi al principio di legalità: essa è attribuita regolata e limitata dalla Costituzione.
Tipologie • ad altri atti
Riserve di legge ▪Riserve
Riserve alla legge formale ordinaria Riserve alle fonti primarie, tipologie:
• Assolute
• Relative
•
Rinforzate per procedimento
per contenuto
a. Riserve a favore di atti diversi dalla legge sono rare:
Riserve a favore della legge costituzionale art.138 (revisione costituzionale
▪ particolare procedimento).
Riserve a favore dei regolamenti parlamentari.
▪ Riserve a favore dei decreti di attuazione degli Statuti Speciali.
▪
R
b. iserve di legge formale ordinaria impone che sulla materia intervenga il solo atto
legislativo prodotto attraverso il procedimento parlamentare con esclusione quindi di atti
equiparati alla legge formale stessa. (legge formale: l’atto normativo prodotto dalla
deliberazione delle Camere e promulgato dal Presidente della Repubblica). Ratio: sono
riservate alla approvazione parlamentare tutte quelle leggi che rappresentano strumenti
attraverso i quali il parlamento controlla l’operato del Governo. è il governo a stipulare
trattati internazionali e a chiedere al Parlamento di autorizzarne la ratifica da parte del
Presidente della Repubblica art.80. L’oggetto quindi della riforma formale non è tanto una
materia ma alcuni specifici atti per i quali il Parlamento esprime con la legge la sua
partecipazione ad un procedimento decisionale che ha il Governo come protagonista:
siccome gli atti equiparati alla legge formale, i c.d. atti con forza legge, sono tutti atti con
un suo atto il suo stesso operato.
c. Riserve alle fonte primarie: prescrivono che la materia da esse considerata sia disciplinata
dalla legge ordinaria (includendo anche gli atti con forza di legge quindi), escludendo o
limitando l’intervento di atti di livello gerarchico inferiore alla legge, cioè dei regolamenti
amministrativi. Ratio: assicurare che la disciplina di materie particolarmente delicate venga
decisa con la garanzia tipica insita nel procedimento parlamentare. A seconda dei rapporti
tra legge e regolamento si distinguono in riserva di legge assoluta, relativa e rinforzata.
d. Riserva assoluta: esclude qualsiasi intervento di fonti sub-legislative dalla disciplina della
materia che dovrà essere integralmente regolata dalla legge formale ordinaria o da atti ad
essa equiparata. Riserve nella parte delle libertà fondamentali della Costituzione: art.13.2
che consente che la libertà personale sia limitata “nei soli casi e modi previsti dalla legge”.
Le libertà fondamentali sono rivendicate contro il potere contro lo Stato e il suo potere
coercitivo, che è detenuto dal Governo e dalle strutture dei pubblici poteri che dipendono da
esso. Riserva di giurisdizione: serve a vincolare ulteriormente l’attività dei potere pubblici
in materia di libertà fondamentali. Ogni atto dei poteri pubblici che incida sulla libertà, in
questo modo non solo deve essere previsto in astratto dalla legge, ma deve essere
autorizzato in concreto dal giudice.
e. Riserva relativa: non esclude che alla disciplina della materia concorra anche il regolamento
amministrativo, ma richiede che la legge disciplini preventivamente almeno i principi a cui
il regolamento deve attenersi. Tipico esempio: art.97.1 “i pubblici uffici sono organizzati
secondo disposizioni di legge”. Sta alla legge decidere quanto strette debbano essere le
maglie della sua disciplina. La Costituzione pone contemporaneamente un vincolo al
legislatore e al potere esecutivo, ponendo la riserva relativa.
f. Le riserve rinforzate: sono un meccanismo con cui la Costituzione non si limita a riservare
la disciplina di una materia alla legge, ma pone ulteriori vincoli al legislatore. Si distinguono
in: Rinforzate per contenuto: la Cost. prevede che una determinata regolazione possa
▪ essere fatta dalla legge ordinaria soltanto con contenuti particolari: art..14.3 regole
speciali per le ispezioni domiciliari ma soltanto per motivi di sanità e di incolumità
pubblica o per fini economici e fiscali. Ratio: limitare il potere del legislatore.
Rinforzate per procedimento: prevedono invece che la disciplina di una determinata
▪ materia debba seguire un procedimento aggravato rispetto al normale procedimento
legislativo: es. art.7 prevede che i rapporti stato e chiesa cattolica già regolait dal
Concordato possano essere modificati solo previo accordo tra le due parti. Ratio:
limitare il potere della maggioranza politica nei confronti delle minoranze, siano esse
comunità religiose o locali.
IX – LE FONTI DELL’ORDINAMENTO ITALIANO : STATO
Costituzione e leggi costituzionali
La Costituzione italiano del 1948 rappresenta il vertice delle fonti dell’ordinamento italiano. È
fondamento di validità delle fonti primarie. È una Cost. rigida il cui mutamento o revisione
costituzionale è soggetto ad un procedimento particolare; con lo stesso procedimento sono
approvate anche le altre leggi costituzionali che la Costituzione stessa prevede per la sua
integrazione.
Leggi costituzionali: il procedimento
La Cost. predispone di un procedimento di formazione della legge costituzionale: disciplinato
dall’art 138 prevede due deliberazioni successive da parte di ciascuna camera. In tutto vi saranno
dunque quattro deliberazioni, sul medesimo testo: due in ogni ramo del Parlamento.
La prima deliberazione è a maggioranza relativa: in questa fase le camere possono apportare al
progetto di legge qualsiasi emendamento e quindi il progetto è destinato a viaggiare tra una camera
e l’altra tante volte quante sono necessarie affinchè si ottenga il voto favorevole di entrambe
(navette).
La seconda votazione può essere fatta solo dopo 3 mesi dalla prima; qua di aprono due strade
alternative:
- se il consenso sulla riforma è ampio (maggioranza qualificata dei 2/3 dei membri in
ciascuna camera) la legge è fata e viene promulgata al Presidente della Repubblica.
- Se ciò non avviene, basta che la legge sia approvata con la maggioranza assoluta. Ma in
questo caso non è una approvazione definitiva: viene pubblicata sulla Gazzetta ufficiale
in modo da darne la pubblicità necessaria ed entro tre mesi dalla pubblicazione può
essere chiesto un referendum costituzionale, in modo da sottoporre il testo ad
approvazione popolare. Se nel referendum (dove non è richiesto un quorum minimo di
votanti a differenza di quello abrogativo), i consensi superano i voti sfavorevoli, la legge
viene promulgata (stessa cosa se non viene richiesto il referendum); altrimenti la volontà
della maggioranza parlamentare è vanificata.
Anche per le più piccole modifiche, bisognerebbe seguire il procedimento ordinario ma per ovviare
questo procedimento lungo che porta ad inconvenienti, ben due volte negli ultimi anni si sono
varate leggi costituzionali di deroga alle procedure stabilite dall’art. 138, in vista di un ambizioso
progetto di revisione della intera parte II della Costituzione, ma il tentativo è fallito (a causa delle
divisioni politiche). È stato invece superato questo tentativo di riforma nel 2005 dal Parlamento, ma
poi il referendum del 2006 è stato bocciato con il 61,3% di no.
I limiti della revisione costituzionale
Non tutta la Costituzione è revisionabile art. 139: “la forma repubblicana non può essere oggetto di
revisione costituzionale”. Ma tale articolo deve essere connesso all’art.1 “la forma repubblica è
considerata inscindibile dal carattere democratico della Repubblica e dall’appartenenza della
sovranità al popolo. In questo modo, molti principi vengono tutelati dalla revisione come la libertà
di voto, l’eguaglianza, la libertà di espressione ecc tutti fattori che caratterizzano e costituiscono la
democrazia. Art.2 dichiara inviolabili i diritti dell’uomo, porre quindi a riparo tutte quelle libertà
che sono elencate dagli art.13 e successivi (e che la stessa Costituzione dichiara inviolabili). L’art.5
dichiarando la Repubblica una e indivisibile, escluderebbe invece ogni ipotesi di scissione o
divisione del paese. Distinzione quindi tra norme costituzionali e principi supremi che
resisterebbero alla revisione costituzionale.
I principi supremi
Le norme che entrano nel nostro ordinamento (che siano quelle Europee, Cattoliche, Internazionali)
non possono violare i principi supremi dell’ordinamento italiano costituzionale. Inoltre non è
accettata la derogabilità dei principi supremi, che porta a due conseguenze:
- la prevalenza dei principi supremi sulle norme dell’UE deve comportare la non
applicabilità in Italia delle norme europee con essi contrastanti
- nell’ambito delle norme costituzionali si può tracciare una gerarchia materiale. Sotto i
principi supremi, inderogabili, vi sono norme costituzionali di dettaglio che si devono
ritenere derogabili, cedevoli nei confronti delle norme europee contrastanti (norme di
dettaglio derogabili es. quelle che regolano i rapporti tra le competenze delle Regioni e
dello Stato).
Inoltre i principi supremi, sono sottratti anche a revisione costituzionale: quindi non sono solo
inderogabili da parte delle norme provenienti da ordinamenti esterni, ma anche non abrogabili con
legge costituzionale.
Legge formale ordinaria e atti con forza di legge
La legge formale è l’atto normativo prodotto dalla deliberazione delle Camere e promulgato dal
Presidente della Repubblica. Particolare procedimento prescritto dalla Costituzione per la sua
formazione, attraverso il quale sono formate sia le leggi ordinarie che le leggi costituzionali (con
espressione legge formale si indica quindi sia la legge che occupa nella gerarchia delle fonti lo
stesso gradino della Costituzione – legge costituzionale –, sia la legge che occupa il gradino
immediatamente inferiore – legge formale ordinaria –.
Gli atti con forza di legge sono atti normativi che non hanno la forma della legge (non sono prodotti
dalla deliberazione delle camere e promulgati al Presidente), ma sono equiparati alla legge formale
ordinaria (perché il Parlamento comunque partecipa alla loro formazione). Occupano la stessa
posizione sulla scala gerarchica della legge ordinaria e possono essere validamente abrogate (stessa
forza attiva della legge ordinaria) ed essere da essa e solo da essa abrogati (hanno la stessa forza
passiva).
Le leggi formali ordinarie e atti con forza di legge costituiscono insieme le fonti primarie (o
ordinarie: lo stesso termine legge ordinaria). Alle categorie delle fonti ordinarie si contrappone
quella delle fonti secondarie, poste un gradino sotto nella gerarchia delle fonti e costituite dai
regolamenti amministrativi.
Tipicità e tassatività delle fonti primarie
La funzione legislativa è esercitata collettivamente dalle due Camere art.70 ( da71-74 disciplina).
Gli atti con forza di legge rappresentano un eccezione: rappresentano i casi in cui la funzione
legislativa non è svolta in forma legislativa. Come deroga alla regola costituzionale, essi non
possono essere previsti da fonti che non abbiano rango costituzionale. Infatti, sono gli stessi articoli
successivi della Costituzione a indicare le eccezioni, cioè gli atti con forza di legge:
- art.75: referendum abrogativo delle leggi;
- art.76: il decreto legislativo delegato;
- art.77: il decreto-legge;
- art.78: i decreti del Governo in caso di guerra.
Eventuali integrazioni nell’elenco possono avvenire solo tramite legge costituzionale: divieto alla
legge ordinaria di creare fonti con essa concorrenziali (il legislatore ordinario non può introdurre
nuovi tipi di atti con forza di legge perché sarebbe illegittimo per violazione dell’art.70).
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