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La disciplina formale degli atti del processo in generale

La dettagliata disciplina delle forme come sostitutivo della disciplina della formazione della volontà e della causa degli atti processuali. La disciplina degli atti del processo è sostanzialmente la disciplina del processo stesso.

La forma dell'atto giuridico è l'estrinsecazione dell'atto, il suo manifestarsi in un comportamento esteriore oggettivamente individuabile ed apprezzabile.

Il contenuto dell'atto giuridico è invece ciò che costituisce oggetto dell'estrinsecazione, cioè l'intrinseco dell'atto, la sua materia.

La validità e l'efficacia degli atti processuali dipende dall'osservanza delle forme e non dal controllo sulla formazione o la manifestazione di volontà, o sulla volontà degli effetti.

Il codice ha disciplinato le forme in modo tale che il loro rispetto abbia necessariamente come obiettivo quello

ampio uso di questo principio, ad esempio stabilendo che la citazione debba essere notificata al convenuto tramite atto di ufficiale giudiziario, al fine di garantire la certezza e la tempestività della comunicazione. Un altro principio fondamentale per le forme degli atti del processo è il principio di libertà delle forme. Questo principio prevede che, in assenza di una specifica disposizione di legge, le parti possano utilizzare le forme che ritengono più idonee per il conseguimento del loro scopo. Tuttavia, è importante sottolineare che la libertà delle forme non può essere assoluta, ma deve essere limitata dal principio della congruità delle forme allo scopo. Ciò significa che le parti possono utilizzare forme diverse da quelle previste dalla legge solo se tali forme sono comunque idonee a raggiungere lo scopo dell'atto. In conclusione, il principio della congruità delle forme allo scopo e il principio di libertà delle forme sono fondamentali per garantire l'efficacia e l'efficienza del processo. Essi permettono di adattare le forme degli atti alle specifiche esigenze del caso, pur mantenendo un'adeguata uniformità e obiettività.richiamo implicito a questo scopo, attraverso il principio della libertà delle forme (art. 121 c.p.c.), secondo cui gli atti del processo, per i quali la legge non richiede forme determinate, possono essere compiuti nelle forme più idonee al raggiungimento dello scopo stesso; e l'art. 131 c.p.c., che riguarda gli atti decisori del giudice. Alcune regole generali: lingua italiana, oralità (le udienze), contenuto di alcuni atti In tutto il processo è prescritto l'uso della lingua italiana (art. 122 c.p.c.). Quando deve essere sentito chi non conosce la lingua italiana, il giudice può nominare un interprete; mentre, quando occorre procedere all'esame di documenti non scritti in italiano, il giudice può nominare un traduttore (art. 123 c.p.c.). L'interprete può essere nominato anche per interrogare un sordo o un sordomuto, e in questo caso le interrogazioni possono anche avvenire per iscritto (art. 124 c.p.c.). Alcuni atti del

I momenti del processo sono necessariamente orali, e cioè gli atti che si svolgono con la presenza fisica delle parti davanti al giudice e il processo verbale (art. 126 c.p.c.) sottoscritto dal cancelliere, il quale comunicherà oralmente altri interventi, senza bisogno di trascrizione.

Una variante dell'atto scritto è il documento informatico, che la legge qualifica come "rappresentazione informatica di atti, fatti o dati giuridicamente rilevanti", che hanno la stessa efficacia delle scritture, previa sottoscrizione digitale.

Per la realizzazione del c.d. processo civile telematico, la legge ha previsto la p.e.c. (posta elettronica certificata) nelle comunicazioni e notificazioni degli atti e dei provvedimenti del processo civile, rafforzando questo strumento anche grazie all'introduzione dell'obbligo di comunicazione e notificazione per via telematica da parte del cancelliere e dell'obbligo di deposito per via telematica degli atti processuali.

del tempo in cui avvengono i contatti tra il giudice e le parti e/o i loro difensori in apposite sale dell'ufficio giudiziario si chiamano udienze. L'udienza è diretta dal giudice, singolo o presidente a seconda dei casi, il quale regola la discussione (art. 127 c.p.c.): quest'ultima può essere pubblica, quando si discute la causa (art. 128 c.p.c.), o privata, quando si tratta di udienze del giudice istruttore. Chi interviene non può portare armi o bastoni, deve restare in silenzio e non può disturbare in alcun modo il regolare svolgimento dell'udienza (art. 129 c.p.c.). Gli atti di parte hanno come forma-contenuto le indicazioni sulle caratteristiche generali degli atti, da integrarsi con la loro disciplina specifica: l'atto, sia originale sia la copia da notificare, deve essere sottoscritto dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che dovrà indicare anche il codice fiscale. I termini. La decadenza e

Le preclusioniI termini sono i periodi di tempo che la legge stabilisce per il validocompimento dei singoli atti del processo.

Si distingue tra:

  • termini acceleratori: sono detti anche finali e indicano il momento entro ilquale un atto deve essere compiuto. Si distinguono anche con riguardo alleconseguenze della loro eventuale inosservanza e, in base a questa distinzione,si individuano:
    • i termini perentori, che sono quelli la cui decorrenza dà luogoautomaticamente alla decadenza dal potere di compiere l'atto e che nonpossono in alcun modo essere abbreviati o prorogati, tranne nel caso in cui laparte che dimostra di essere incorsa in decadenza per causa ad essa non39imputabile può chiedere al giudice di essere rimessa in termini (c.d. rimessionein termini);
    • i termini ordinatori, che sono quelli la cui inosservanza non producedecadenza se non a seguito di una valutazione discrezionale del giudice.
  • termini dilatori: indicano un momento prima del quale un atto non

può essere compiuto. Per quel che riguarda il computo dei termini, se si tratta di mesi o anni va osservato il calendario comune (art. 155 c.p.c.), se si tratta di giorni od ore vigela regola del dies a quo non computator in termino, mentre si computa il dies aquem. Non si tiene conto del fatto che uno o più giorni compresi nel termine siano festivi, salvo che sia festivo il giorno di scadenza, nel qual caso la scadenza è prorogata di diritto al primo giorno seguente non festivo. Occorre tenere presente, inoltre, che tutti i termini processuali subiscono una sospensione di diritto dal 1 al 31 agosto di ogni anno.

Quando la decadenza deriva non dal non aver compiuto un atto entro dei termini precisi, ma dal non aver seguito la preordinata sequenza degli atti, si parla di preclusione, definita come "perdita, estinzione o consumazione di una facoltà processuale". La decadenza generalmente è irreversibile, e il solo strumento idoneo a superarla è

La restituzione o rimessione in termini (art. 153 c.p.c.).

Sezione seconda. Provvedimenti del giudice, comunicazioni e notificazioni

I provvedimenti del giudice in generale

Gli atti giuridici processuali con i quali il giudice assolve alla sua funzione decisoria giurisdizionale si chiamano provvedimenti.

Sono previsti tre tipi di provvedimenti: la sentenza, l'ordinanza e il decreto (art. 131 c.p.c.).

La sentenza viene usata per assolvere alla funzione decisoria sul merito del giudizio, mentre l'ordinanza e il decreto hanno funzione ordinatoria: l'ordinanza riguarda un provvedimento sullo svolgimento del contraddittorio tra le parti, invece il decreto nel caso opposto. Tutti i provvedimenti, indipendentemente dal tipo, devono essere motivati.

La sentenza

La sentenza è il provvedimento con cui il giudice assolve alla sua funzione giurisdizionale decisoria. Può essere:

  • di mero accertamento, quando accerta il diritto assolvendo a un'esigenza di certezza determinata
dalla contestazione;- di condanna, quando accerta il diritto e anche l'esigenza della sua ulteriore tutela tramite esecuzione forzata;- costitutiva, quando accerta un diritto a una modificazione giuridica e assolve all'esigenza di tutela tramite la modificazione stessa.Quando la sentenza è definitiva, e cioè quando assolve interamente alla sua funzione decisoria, essa conclude o definisce il giudizio (art. 277 c.p.c.) solo nel caso in cui il giudice si arresta alla pronuncia sul merito, poiché riscontra il difetto di presupposti processuali o di condizioni dell'azione, o quando il giudizio sul merito è cominciato e sia necessario risolvere questioni preliminari di merito in senso impeditivo all'accoglimento della domanda.40Quando la sentenza non è definitiva, essa non definisce il giudizio perché il giudice risolve una questione pregiudiziale di rito o preliminare di merito, in modo tale da consentire la prosecuzione del giudizio.

oppure perché decide sul merito solo parzialmente. Il codice indica i requisiti di contenuto (o di forma-contenuto) propri della sentenza e precisa l'iter con cui la sentenza viene giuridicamente in essere. Con riguardo alla forma-contenuto, i requisiti della sentenza devono essere (art. 132 c.p.c.):

  • la pronuncia in nome del popolo italiano;
  • l'indicazione del giudice che l'ha pronunciata;
  • l'indicazione delle parti e dei suoi difensori;
  • le conclusioni del Pubblico Ministero e quelle delle parti;
  • la concisa esposizione dei motivi di fatto e di diritto della decisione (la c.d. motivazione o parte motivata);
  • il dispositivo, la data della deliberazione e la sottoscrizione del giudice, la cui mancanza rende la sentenza inesistente; infatti, il dispositivo rappresenta l'essenza volitiva della sentenza, collegata alla motivazione.

La sentenza è sottoscritta dal presidente e dal giudice estensore; la mancanza di queste sottoscrizioni dà luogo a

Nullità assoluta e insanabile. Se il presidente non può sottoscrivere per morte o altro impedimento, la sentenza viene sottoscritta dal componente più anziano del collegio, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento; se l'estensore non può sottoscrivere per morte o per altro impedimento, è sufficiente la sottoscrizione del solo presidente, purché prima della sottoscrizione sia menzionato l'impedimento.

La sentenza, stesa e sottoscritta, viene depositata nella cancelleria del giudice che l'ha pronunciata; questo deposito deve essere trascritto in calce dal cancelliere apponendolo alla sentenza con firma e data (art. 133 c.p.c.). Questo procedimento è detto pubblicazione della sentenza, cioè l'atto attraverso il quale la sentenza acquista efficacia autoritativa e può divenire immutabile se

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SSD Scienze giuridiche IUS/15 Diritto processuale civile

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher bradnill di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Procedura civile e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi di Catanzaro - Magna Grecia o del prof Corea Ulisse.