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LA DITTA
La ditta è il segno che contraddistingue l’impresa nel suo complesso, è il nome commerciale
dell’imprenditore.
Funzioni: due sono le funzioni assolte dalla ditta
- Identificare il titolare dell’impresa commerciale (nome commerciale)
- Individuare l’impresa nei rapporti con fornitori, banche , distributori, insomma il Mercato.
La normativa: la normativa in tema di Ditta è formata solo da quattro articoli del Codice Civile: Artt.
2563 – 2566. Essa però è integrata:
- Per quanto riguarda l’aspetto sanzionatorio Artt. 2599 – 2600
- Per quanto riguarda l’aspetto sostanziale dalla disciplina del marchio.
LA FORMAZIONE DELLA DITTA
La ditta può essere liberamente formata dall’imprenditore. Nella scelta della propria ditta, però,
l’imprenditore incontra due limiti specifici, rappresentati dal rispetto di due principi:
1- IL PRINCIPIO DI VERITA’: la ditta, in qualunque modo sia formata, deve contenere almeno il
cognome o la sigla dell’imprenditore, salva l’ipotesi della ditta derivata (2563). La norma vuole
così offrire al pubblico la possibilità di identificare la persona dell’imprenditore (tranne il caso
di ditta derivata).
2- IL PRINCIPIO DELLA NOVITA’: l’art. 2564 esige che la ditta non sia uguale o simile ad altra già
usata da un imprenditore concorrente. È fatto distruttivo della novità l’uso anteriore del segno
altrui come ditta, per attività identica o affine, che si svolga nello stesso ambito territoriale. Il
diritto all’uso esclusivo della ditta e il corrispondente obbligo di differenziazione sussistono
solo se i due imprenditori sono in rapporto di concorrenza tra loro.
Quindi nel momento in cui ci troviamo in presenza di Ditte simili dal punto di vista
professionale e di luogo la legge dice che colui che ha iniziato ad usarla dopo dovrà apportare
delle modifiche per ridurre il rischio di confusione, mantenendo comunque il principio di
verità. Quello che fa testo qui è la data di posteriorità nel registro nelle imprese, no Preuso.
È chiaro che essendo formata su uno standard più tenue di novità e dall’altra inserendo
necessariamente questo principio di novità che può portare anche a parziali coincidenze tra ditte,
siamo su una capacità distintiva molto più bassa rispetto al marchio. questo perché dal punto di vista
funzionale la ditta ha una funzione diversa, essa non si rivolge al consumatore ma agli altri operatori,
quindi serve per distinguere l’impresa nei rapporti e nelle relazioni con altre imprese.
La ditta distingue come produttore e non come operatore, è rivolta ai professionisti.
Il diritto all’uso esclusivo della ditta: Il titolare della ditta ha il diritto all’uso esclusivo del segno e
acquista tale diritto in virtù dell’uso stesso. Per uso della ditta s’intende la spendita del segno nei
rapporti d’affari: la ditta, infatti, compare come intestazione dei vari moduli e fogli di corrispondenza
usati dall’imprenditore nell’esercizio della propria attività. Uso della ditta è anche quello nella
pubblicità. Ai sensi dell’art. 2564 c.c. tale diritto non trova una protezione assoluta. Perché si abbia
contraffazione di ditta non basta l’identità o confondibilità tra segni; è necessario anche che i due
imprenditori siano in rapporto concorrenziale tra loro per l’oggetto dell’impresa o per il luogo in cui
questa è esercitata.
- Si ha concorrenza per l’oggetto non solo quando le attività svolte dalle imprese sono uguali ma
anche quando sono solo simili, complementari o affini.
- Per luogo d’esercizio d’impresa s’intende non solo la zona territoriale attualmente raggiunta
dall’impresa stessa, ma anche quella da essa potenzialmente raggiungibile.
Le sanzioni: A tutela della ditta si applicano comunque le sanzioni dettate in materia di concorrenza
sleale e quindi inibitoria, rimozione degli effetti, risarcimento del danno e pubblicazione delle
sentenze.
IL TRASFERIMENTO DELLA DITTA
L’art. 2565 c.c. consente il trasferimento della ditta purché avvenga congiuntamente il trasferimento
dell’azienda. È la cosiddetta DITTA DERIVATA, ovvero una ditta che appartiene e che viene usata
legittimamente da qualcuno che non è fondatore originario della stessa. A differenza del marchio per la
ditta non esiste il trasferimento libero. La ditta non ha perso il legame con l’azienda perché manca
l’investimento in pubblicità che viene fatto per la clientela, è solo un segno di fantasia.
Diverse sono le condizioni richieste per il trasferimento, a seconda delle cause di esso. Infatti:
- Se il trasferimento avviene “inter vivos”, è necessario il consenso espresso dall’alienante. In
caso di ditta derivata, il consenso si deve presumere analogamente a quanto previsto in tema
di trasferimento di marchio (art. 2573 c.c.); per atto tra vivi quindi la cessione o l’affitto
dell’azienda non comporta di per sé la cessione della ditta, salvo espressamente previsto dal
titolare.
- Se il trasferimento avviene “mortis causa”, invece, la ditta passa al successore, salvo diversa
disposizione del testamento.
Rispetto al marchio, la ditta non ha perso il legame con l’azienda perché manca dell’investimento in
pubblicità che viene fatto per la clientela.
LE DIFFERENZE DAL MARCHIO
In presenza di un marchio registrato uguale al proprio nome civile, il principio di verità deve essere
comunque rispettato il nome civile deve essere usato almeno in parte nella Ditta, a prescindere
→
dell’esistenza di un marchio registrato. L’art 21 del codice della proprietà intellettuale mi dice che il
titolare del diritto al marchio registrato non può vietare i terzi l’uso anche nell’attività economica del
proprio nome civile, purché l’uso sia conforme ai principi della correttezza professionale, quando
corrisponde al mio nome o magari all’indirizzo. Poi si deve tenere conto che nel caso del marchio di
rinomanza si deve stare attenti al fatto che non devo trarre vantaggio indebito da questa coincidenza
con il nome civile che pure io ho diritto comunque di usare.
Altro tema importante riguarda il fatto che la ditta oramai si confonde con il marchio, sono numerose
le imprese che utilizzano lo stesso segno sia per il marchio che per la ditta. Il punto interessante è
capire quando uno stesso segno è adoperato come ditta o come marchio, perché se io lo devo tutelare
le discipline sono diverse. Contro la ditta posso fare un’azione di concorrenza sleale verso qualcuno
che mi copia, mentre con il marchio ho la protezione del codice della proprietà industriale contro le
contraffazioni, che è cosa diversa rispetto alla concorrenza sleale.
RAGIONE E DENOMINAZIONE SOCIALE
Ragione e denominazione sociale sono per le società ciò che il nome civile è per la persona fisica;
costituiscono, cioè, il nome necessario delle società in quanto servono ad individuarle come soggetti di
diritto e non nelle qualità specifiche di esercenti d’impresa. Il codice vigente chiama ragione sociale il
nome delle società di persone (snc, sas); chiama invece denominazione sociale le società di capitali
(srl, spa, sapa).
La ragione sociale e la denominazione sociale sono regolate oltre che dalle norme dettate in sede di
disciplina dei singoli tipi di società, anche dall’art. 2564 c.c., previsto in tema di ditta. La ragione sociale
e la denominazione sociale per poter essere regolarmente formate devono:
1- Rispettare, nel contenuto, i vincoli posti dal legislatore per ciascun tipo di società.
• Snc -> deve contenere nome di almeno un socio e indicare tipo di società;
• Sas e Sap -> contenere il nome di almeno un socio accomandatario e tipo di società;
• Spa e Srl -> indicare il tipo di società
2- Contenere indicazioni non contrarie alla legge, all’ordine pubblico e al buon costume, né
ingannevoli;
3- Presentare il requisito della novità. Il nome della società è oggetto di iscrizione nel registro
delle imprese.
Il diritto comunque si acquista con l’uso e la registrazione serve solo a rendere tale diritto opponibile a
terzi. Per quanto riguarda la tutela, il nome della società usufruisce dei rimedi che l’art. 7 del c.c.
prevede a tutela del nome della persona fisica; inoltre l’art. 2564 consente una protezione della
ragione sociale e della denominazione sociale contro omonimie e nomi confondibili.
In sostanza la cosa importante da sapere è che per le persone giuridiche (società di capitali) la ditta
può corrispondere alla denominazione sociale, anche se non rispetta il principio di verità.
L’INSEGNA
Fonti: L’insegna è un segno distintivo privo di definizione normativa, cui il legislatore ha dedicato l’art.
2568, il quale rinvia all’art. 2564 c.c., dettato per la ditta.
Funzione: L’insegna contraddistingue un locale per il fatto che lì si svolge un’iniziativa economica
tramite quella determinata azienda. In realtà il locale non ha bisogno di distinguersi, ma ne ha bisogno
l’azienda in quanto svolge la sua attività in quel locale.
Requisiti: L’insegna è un segno distintivo facoltativo e l’unico requisito richiesto è quello della novità -
> art 2564: L’insegna, quindi, non potrà essere uguale o simile a quella già utilizzata da altri
imprenditori concorrenti. Per l’insegna vale solo l’uso, non ha alcuna rilevanza la registrazione. Inoltre
i criteri di luogo e oggetto che valgono per la ditta non vanno applicati meccanicamente ma devono
essere in qualche modo adattati.
Trasferibilità: sulla circolazione si applicano per analogia le disposizioni sulla circolazione della ditta,
anche se in realtà dipende dai casi, non necessariamente si trasferisce con l’azienda.
Un esempio sono le catene alberghiere, le quale sono dotate di un’unica di ditta ma di diverse insegne
per ogni struttura. In questo caso l’insegna potrebbe essere ceduta singolarmente.
I SEGNI DISTINTIVI ATIPICI
Ci sono altri segni distintivi, nati nel tempo, che hanno una loro capacità distintiva, e sono ATIPICI,
questo vuol dire che la legge non li prevede e non li disciplina. I segni atipici possono essere:
- L’emblema, il fregio, il modo di disporre i caratteri di stampa.
- Lo slogan
- Le particolari divise usate dal personale di certe imprese
- Le testate giornalistiche
- I gruppi su Facebook
In mancanza di una nomina speciale, tali figure atipic