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IMPRESE INSOLVENTI.

Premesse: inadempimento e insolvenza. Gli imprenditori spesso, nell’esercizio della

loro impresa, ricorrono largamente al credito e tale credito è connesso ad altre operazioni

poiché i creditori talvolta sono debitori di altri, così qualora si abbia la mancata riscossione

di un credito (congelamento) ciò porta il creditore a rendersi inadempiente verso terzi

creditori. L’imprenditore si trova in “stato d’insolvenza” quando non è più in grado di

adempiere alle proprie obbligazioni, cioè quando il suo patrimonio verte in condizioni tali

da non poter pagare i debiti alle rispettive scadenze senza pregiudicare i debiti che

scadono successivamente.

Esecuzione singolare e concorsuale. Quando si manifesta lo stato d’insolvenza

dell’imprenditore commerciale, il legislatore prevede un procedimento volto a liquidare con

la maggiore celerità possibile tutti i beni dell’attivo patrimoniale del debitore per poter

soddisfare tutti i creditori. Se i creditori non possono essere totalmente soddisfatti per

quanto viene ricavato dalla liquidazione, allora tutti (tranne quelli privilegiati, pignoratizi od

ipotecari) subiranno la medesima falciata (par condicio creditorum). Tale procedimento

giudiziale è chiamato “fallimento” ed è una procedura concorsuale, nel senso che è in

grado di concedere a tutti i creditori del fallito il concorso sul ricavato dell’espropriazione

forzata di tutti i beni. Essa è anche una procedura esecutiva universale, nel senso che è

esecutiva perchè ha come scopo l’alienazione di tutti i beni ed è universale perchè

vengono accertati chi siano tutti i creditori concorsuali e vengono alienati tutti i beni del

fallito. Il fallimento è anche una procedura giudiziale, poiché la sua regolarità è controllata

dall’autorità giudiziaria la quale nomina il comitato dei creditori ed il curatore del fallimento.

L’espropriazione concorsuale si contrappone a quella singolare, ove è il singolo creditore

che soddisfa il proprio credito mediante l’alienazione di determinati beni. Durante la

procedura singolare possono intervenire altri creditori, ma il loro intervento (se sono

chirografari) è garantito solo se hanno un titolo esecutivo o cautelare. Le controversie

circa l’accertamento dei diritti dei creditori sono decise in camere di consiglio (giudizi

camerali) e non in distinti giudizi di cognizione (giudizi contenziosi). La procedura di

fallimento è curata dalla legge fallimentare 267/1942. Altra procedura regolamentata nella

legge fallimentare è la “liquidazione coatta amministrativa”, procedimento esecutivo che si

applica in alternativa o in concorrenza del fallimento nei confronti d’imprese di grande

importanza, che si svolge sotto la vigilanza dell’autorità amministrativa ma in cui spetta

all’autorità giudiziaria accertare lo stato d’insolvenza. E’ stata poi disciplinata una

procedura alternativa al fallimento ovvero l’amministrazione straordinaria delle grandi

imprese in stato d’insolvenza, che si svolge sotto la vigilanza del Ministero dello sviluppo

economico ed è diretta al risanamento dell’impresa in crisi. 114

LA DICHIARAZIONE DEL FALLIMENTO

Presupposti della dichiarazione fallimentare. Per sussistere il fallimento occorrono 2

presupposti:

presupposto soggettivo: il fallito deve essere un imprenditore commerciale che non

1) sia un ente pubblico. Sono esonerati i piccoli imprenditori, agricoli ed artigiani. Sono

considerati piccoli imprenditori coloro che, nel triennio anteriore al deposito

dell’istanza di fallimento o dall’inizio dell’attività d’impresa, non abbiano un attivo

patrimoniale superiore a 300.000 euro e che nel triennio non abbiano realizzato

ricavi lordi per un ammontare annuo superiore a 200.000 euro, e che non hanno

un’esposizione debitoria superiore a 500.000 euro. Se non viene rispettato anche

uno dei seguenti principi, allora saranno soggetti al fallimento. La qualità di

imprenditore commerciale va accertata dal tribunale con un’apposita istruttoria

prefallimentare che si può evincere dall’iscrizione nel registro delle imprese, ma si

tratta solo di una presunzione iuris tantum in quanto per il principio di effettività si

può avere un soggetto iscritto ma che nella realtà non esercita l’attività

commerciale, e viceversa uno non iscritto che la esercita. Può essere dichiarato

fallito l’imprenditore commerciale che abbia cessato l’impresa o morto, purchè il

fallimento sia dichiarato entro un anno dalla morte o dalla cancellazione dal registro

delle imprese (o dalla cessazione dell’impresa). Se l’imprenditore è ancora vivo al

momento della pronuncia della sentenza e muore in seguito, allora la procedura

proseguirà nei confronti dell’erede anche se ha accettato con beneficio d’inventario.

Se gli eredi sono più di uno, dovranno nominare tra loro un rappresentante e se ciò

non è fatto entro 15 giorni dalla morte, tale designazione viene fatta dal giudice;

presupposto oggettivo: l’imprenditore deve ritrovarsi in stato d’insolvenza, che in

2) caso di morte o cancellazione dal registro delle imprese deve essersi manifestata

anteriormente ad esse o entro un anno da esse. Lo stato d’insolvenza ricorre anche

quando l’attivo supera il passivo, ma per mancanza di liquidi l’imprenditore non può

pagare i debiti. Viceversa, quando il passivo supera l’attivo ma il debitore gode

della fiducia dei creditori, ottiene credito dalle banche e può pagare con mezzi

normali i debiti che scadono, allora non si ha insolvenza. L’insolvenza può

manifestarsi anche con inadempimenti od altri fatti esteriori come la fuga o la

latitanza, ovvero con altri comportamenti fraudolenti dell’imprenditore. Il fallimento

non può essere dichiarato se l’ammontare complessivo dei debiti scaduti è inferiore

a 30.000 euro.

L’istruttoria prefallimentare. Il fallimento può essere dichiarato:

• su istanza dello stesso debitore: da presentarsi mediante ricorso al tribunale e deve

essere corredata delle scritture contabili obbligatorie degli ultimi 3 esercizi

precedenti, uno stato particolareggiato ed estimativo delle proprie attività, un elenco

nominativo dei creditori e dei rispettivi crediti, indicazione dei ricavi lordi per

ciascuno degli ultimi 3 esercizi e l’elenco di coloro che sono titolari di diritti reali e

personali sulle cose in suo possesso con annessa indicazione della cosa e del

titolo da cui sorge il diritto;

• su domanda di due o più creditori: deve essere presentata con ricorso alla

cancelleria del tribunale; 115

• su richiesta del pubblico ministero: il procuratore della repubblica deve presentare

l’istanza di fallimento al tribunale quando l’insolvenza risulti in sede penale o da

comportamenti fraudolenti dell’imprenditore, o quando l’insolvenza sia segnalate da

un giudice che l’abbia rilevata nel corso di un distinto giudizio civile.

La competenza alla dichiarazione di fallimento spetta al tribunale in cui ha sede principale

l’impresa, che rimane competente anche quando l’imprenditore abbia spostato l’azienda in

un’altra circoscrizione nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Chi ha la sede

principale all’estero, può essere condannato in Italia dal tribunale ove si trovi la seconda

sede fondamentale dell’impresa. Il tribunale che si dichiara incompetente, dispone

l’immediata trasmissione degli atti a quello ritenuto competente. Il procedimento per

l’esame dell’istanza di fallimento (istruttoria prefallimentare) si svolge davanti al tribunale

in composizione collegiale con le modalità del rito camerale a seguito della presentazione

e del deposito in cancelleria dell’istanza di fallimento, in cui con un decreto steso in calce

al ricorso si convocano il debitore ed il creditore istante in camera di consiglio fissandone

un’apposita udienza per la loro comparizione. Il creditore istante deve notificare ricorso e

decreto di presentazione all’imprenditore di cui ha chiesto il fallimento. Tra la notificazione

e l’udienza deve intercorrere un periodo di 15 giorni (abbreviabili in caso d’urgenza). Nel

decreto di convocazione va notificato che il procedimento è volto ad accertare i

presupposti della dichiarazione del fallimento, e si deve fissare un termine di 7 giorni

(abbreviabili) per poter presentare memorie e depositare documenti e relazioni tecniche. Il

tribunale ordina il deposito in cancelleria dei bilanci degli ultimi 3 anni ed una situazione

patrimoniale, economica e finanziaria aggiornata. Il tribunale procede così all’istruttoria

prefallimentare, attuando tutti gli accertamenti e provvedendo all’espletamento dei mezzi

istruttori richiesti dalle parti. Per garantire l’integrità del patrimonio, possono essere

emessi determinati provvedimenti cautelari come i sequestri conservativi (la cui efficacia è

limitata alla durata del procedimento).

La sentenza dichiarativa, gravami e revoca del fallimento. La sentenza dichiarativa del

fallimento è pronunciata dal tribunale in camera di consiglio e depositata in cancelleria.

Dalla data del deposito ricorrono gli effetti della sentenza ed il cancelliere redige il

fascicolo fallimentare con tutti gli atti relativi alla procedura. Di tale fascicolo oltre al

curatore, al comitato dei creditori ed al fallito, possono prendere visione anche gli altri

creditori ed i terzi interessati. Nel fascicolo vengono nominati gli organi del fallimento

(giudice delegato e curatore), viene ordinato al fallito di depositare bilanci e scritture

contabili e fiscali obbligatorie, viene stabilito il giorno dell’adunanza dei creditori entro 120

giorni (180 se la procedura è complessa) dal deposito della sentenza in cancelleria nel

quale il giudice procederà all’esame del passivo (verifica dei crediti insinuati), viene

assegnato ai creditori e a coloro che vantano diritti reali o personali su cose possedute dal

fallito il termine di 30 giorni anteriori all’adunanza entro cui presentare in cancelleria le

domande di insinuazione dei crediti o di restituzione delle cose mobili possedute dal fallito.

La pronuncia non deve essere notificata solo ai diretti interessati ma anche ai terzi tramite

la pubblicazione nel registro delle imprese a seguito della comunicazione da parte del

cancelliere. Da tale iscrizione decorrono gli effetti della sentenza nei confronti di terzi. Il

reclamo della corte d’appello è il mezzo di gravame previsto contro la sentenza

dichiarativa. L’appello può essere proposto dal fallito o da qua

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A.A. 2016-2017
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SSD Scienze giuridiche IUS/04 Diritto commerciale

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher GC93 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto commerciale e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Catania o del prof Costa Concetto.