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DALLA TRADUZIONE ALLA FORMAZIONE DELLE PROTEINE
Una volta che queste catene polipeptidiche sono state prodotte dalla sintesi proteica, iniziano ad associarsi
assieme formando una serie di proteine con certe tridimensionalità. Sulla base della tridimensionalità assunta,
queste determinate proteine saranno successivamente in grado di avere una certa determinata funzione.
Guardiamo come funziona questo processo nelle varie fasi:
inizialmente dalla traduzione della sintesi proteica vengono formate una serie di catene polipeptidiche di
– varia lunghezza. Tali catene polipeptidiche rappresentano la struttura primaria di una proteina, ovvero
una struttura lineare. Ogni catena polipeptidica è caratterizzata da tanti amminoacidi legati fra loro
attraverso legami peptidici. Ogni catena polipeptidica per convenzione è descritta da un estremità
C-terminale (per convenzione rappresenta l'estremità di sinistra), e da un estremità N-terminale
(per convenzione rappresenta l'estremità di destra)
tali catene polipeptidiche iniziano ad organizzarsi nello spazio e interagiscono fra loro attraverso forze
– elettrostatiche e legami a idrogeno, acquisendo pian piano una struttura secondaria. Alcune sono ad
esempio l'α-elica o i β-foglietti paralleli o antiparalleli
le strutture secondarie interagiscono e si legano fra di loro formando le strutture terziarie. Questi legami
– sono resi possibili attraverso i cosiddetti “Motivi strutturali”, che sono dei tratti ben precisi di una
struttura secondaria che tendono spontaneamente a legarsi fra loro, dando vita al legame fra le strutture
secondarie
una volta formate le strutture terziarie, quest'ultime interagiscono fra loro formando una struttura
– ancora più complessa definita come struttura quaternaria. Ogni struttura quaternaria è caratterizzata
in poche parole da più strutture terziare che fungono da “Subunità”. Ogni subunità svolge una
determinata funzione che può uguale alle altre o meno, ma con la finalità di cooperare per lo stesso
obbiettivo che sarà la funzione svolta dalla proteina quaternaria stessa
Shaperoni: Una volta formate, le proteine non è detto che sono del tutto funzionali, magari alle volte necessitano
di un aiuto esterno per raggiungere la piena funzionalità. Infatti ci sono due tipi di proteine:
1 ] ci sono proteine che presentano le proprie sequenze idrofobiche all'interno della propria struttura. Questo ci
fa notare che non possono più reagire con l'esterno, e la proteina per tanto è già stabile. Se una proteina è stabile,
significa che ha già raggiunto da sola il corretto grado di complessità per svolgere la propria funzione al meglio
2 ] ci sono delle proteine che invece presentano le proprie sequenze idrofobiche all'esterno della propria
struttura. Questo ci fa notare come esse siano predisposte a reagire con l'ambiente esterno, e la proteina per
tanto non è stabile. Se una proteina non è stabile significa che non ha raggiunto il giusto grado di complessità da
sola e deve in qualche maniera essere aiutata dal nostro organismo. Il nostro organismo allora inizia a produrre
delle piccole proteine chiamate “Shaperoni”. Gli shaperoni riconoscono queste proteine instabili e crea, con
l'ausilio di ATP, determinati legami necessari a stabilizzare la proteina, facendoli assumere la corretta struttura
tridimensionale. Gli shaperoni possono appartenere a due famiglie differenti:
la famiglia delle HSP70. Questi shaperoni sono proteine tridimensionali che utilizzano ATP per formare
– legami covalenti fra le varie catene polipeptidiche, in modo tale da stabilizzare la proteina. Se la proteina
presenta più parti instabili contemporaneamente, gli shaperoni agiscano su una parte e la stabilizzano,
poi si staccano e di riattaccano in altri punti instabili e stabilizzano via via la proteina. Al momento in
cui in cui tutta la proteina si è stabilizzata gli shaperoni si staccano e vanno a stabilizzare altre proteine
la famiglia delle HSP60. Questi shaperoni sono più complessi, infatti sono proteine quaternarie
– caratterizzate da più subunità proteiche. Tali shaperoni sono molti grandi e al centro presentano una
struttura cava dentro cui viene fatta entrare la proteina instabile. A questo punto con l'ausilio di ATP
vengono formati legami covalenti fra le varie catene polipeptidiche, in modo tale da stabilizzare la
proteina e indurre il corretto ripiegamento. Una volta che la proteine è diventata stabile, viene liberata
dalla struttura cava dello shaperone HSP60. A questo lo shaperone HSP60 può ospitare altre proteine
instabili, mentre la proteina stabilizzata potrà attuare la propria funzione liberamente
Complesso del Proteosoma: ci sono alcune proteine che non riescono ad assumere la correte struttura
tridimensionale, anche se sono intervenuti gli shaperoni. Queste proteine sono potenzialmente dannose per la
cellula e devono il prima possibile essere eliminate. L'eliminazione delle proteine presenti all'interno di una
cellula è a carico di un complesso proteico chiamato “Proteosoma”.
Il proteosoma è costituito da tre regioni distinte:
una porzione anellare, in cui vengono inserite le proteine da degradare
– una porzione centrale in cui vi sono un sacco di enzimi che catalizzano la rottura dei legami peptidici. La
– rottura dei legami peptidici continua fino a che da una proteina non si è ottenuto tutti singoli
amminoacidi
una porzione terminale dove vengono rilasciati i singoli amminoacidi riottenuti
–
In poche parole, arriva la proteina instabile e dev'essere innanzitutto riconosciuta dal proteosoma.
La cellula produce una serie di corte catene polipeptidiche chiamate “Ubiquitine” che attraverso delle ligasi (E1,
E2 e E3) vengono legate ai residui di cisteine e lisina delle proteina instabili. In questo modo le proteine instabili
sono state marcate e possono essere riconosciute dal proteosoma. Tale processo prende il nome di
ubiquitinazione. Successivamente il proteosoma una volta che ha riconosciuto la proteina instabile, interagisce
con essa e la degrada in tanti amminoacidi. Gli amminoacidi verranno successivamente rilasciati dal proteosoma.
IL DESTINO POST-TRADUZIONALE DELLE PROTEINE FORMATE
Generalità ] Una volta sintetizzate, le proteine possono essere trasportate attraverso due modalità:
1 ] La “VIA CITOPLASMATICA”
La via citoplasmatica viene definita anche come “Via transmembrana”. Tale via viene intrapresa da determinate
proteine che devono:
restare all'interno del citoplasma
– essere trasportate nel nucleo
– essere trasportate nei mitocondri
–
Il meccanismo di trasporto di queste proteine è post-traduzionale, per cui prima si ha la traduzione delle catene
polipeptidiche, che si associano a formare le proteine, che vengono successivamente trasportate
2 ] La “VIA SECRETORIA”
La via secretoria viene definita anche come “Trasporto Vescicolare”. Tale via consiste nella formazione di
vescicole di trasporto che incorporano le proteine e le trasportano nei vari compartimenti cellulari.
Ogni vescicola nasce nel compartimento cellulare donatore, va incontro a gemmazione, ingloba la proteina da
trasportare e infine si fonde con la membrana del compartimento cellulare accettore riversando la proteina
trasportata. Generalmente vi è sempre un ordine in cui le proteine vengono trasportate. Inizialmente le proteine
vengono trasportate al RE (reticolo endoplasmatico). Successivamente le proteine passano dal RE all'apparato
del Golgi. Dall'apparato del Golgi le proteine possono:
essere veicolate a livello della membrana cellulare
– essere veicolate a livello dei lisosomi
– essere veicolate a livello dei perossisomi
– essere incorporate all'interno di vescicole di secrezione per essere poi riversate nell'ambiente
– extracellulare (questo succede soprattutto nel caso di proteine che compongono ormoni peptidici)
Il meccanismo di trasporto di queste proteine è cotraduzionale, per cui il trasporto di queste proteine avviene
contemporaneamente alla loro traduzione.
La cellula per capire se indirizzare le proteine nella via citoplasmatica o nella via secretoria, riconosce una
piccola porzione della proteina chiamata “Peptide-segnale”, una corta catena di 7-8 amminoacidi. Infatti:
se il peptide-segnale si trova nella regione N-terminale della proteina, significa che quest'ultima
– dev'essere trasportata nel RE o nei mitocondri. Una volta avvenuto il trasporto il peptide-segnale viene
infine tagliato attraverso delle proteasi
se il peptide-segnale si trova nella regione C-terminale della proteina, significa che quest'ultima
– dev'essere trasportata nei perossisomi. Una volta avvenuto il trasporto il peptide-segnale non viene
tagliato
se il peptide-segnale si trova nella porzione mediana della proteina, significa che quest'ultima dev'essere
– trasportata nel nucleo. Una volta avvenuto il trasporto il peptide-segnale non viene tagliato
se non vi è nessun peptide-segnale all'interno della proteina, significa che quest'ultima non dovrà essere
– trasportata, bensì dovrà rimanere nel citoplasma della cellula
VIA CITOPLSMATICA
La via citoplasmatica è definita anche come “Via transmembrana”. Tale via viene intrapresa da determinate
proteine che devono:
restare all'interno del citoplasma (perché non viene riconosciuto nessun peptide-segnale)
– essere trasportate nel nucleo (perché il peptide-segnale si trova nella porzione mediana della proteina)
– essere trasportate nei mitocondri (perché il peptide-segnale si trova nella regione N-terminale della
– proteina)
Trasporto delle proteine nel nucleo ] Il trasporto nucleare è mediato da un complesso proteico localizzato sulla
superficie della membrana nucleare. Tale complesso prende il nome di “Complesso del poro nucleare” (NPC).
L'NPC è formato fondamentalmente dal poro nucleare, che a sua volta è costituito da vari tipi di proteine:
Abbiamo le “Proteine di struttura”, che si trovano nella struttura interna del poro nucleare e si
– associano fra loro a formare una fitta rete proteica in grado di far passare liberamente solo determinate
sostanze di ridotte dimensioni. Tale rete prende il nome di “Barriera di diffusione”. Generalmente infatti
le proteine che presentano un peso molecolare molto ridotto (inferiore ai 60 Kdalton), per le loro ridotte
dimensioni possono liberamente transitare attraverso la membrana nucleare verso il nucleo o viceversa,
attraverso trasporto passivo (senza dispendio di ATP). Invece le proteine che presentano un peso
molecolare molto elevato (maggiore ai 60 Kdalton)