Anteprima
Vedrai una selezione di 3 pagine su 6
Riassunto dell'unità d'Italia, sintesi, storia Pag. 1 Riassunto dell'unità d'Italia, sintesi, storia Pag. 2
Anteprima di 3 pagg. su 6.
Scarica il documento per vederlo tutto.
Riassunto dell'unità d'Italia, sintesi, storia Pag. 6
1 su 6
D/illustrazione/soddisfatti o rimborsati
Disdici quando
vuoi
Acquista con carta
o PayPal
Scarica i documenti
tutte le volte che vuoi
Estratto del documento

Tuttavia mentre queste condizioni si andavano delineando, comunque troviamo l’azione delle forze democratiche:

• i mazziniani. Nonostante i fallimenti del 48, Mazzini rimaneva convinto della necessità dell’azione insurrezionale per

coordinare la quale, nel 1850 a Londra, fondò il comitato centrale democratico europeo e il comitato nazionale

italiano. Tuttavia l’azione mazziniana risultò ugualmente inefficiente e i nuovi tentativi insurrezionali furono sventati

(quelli tra 1851-55 nel Lombardo veneto, dove molti patrioti furono fucilati nella fortezza di Belfiore a Mantova, o

quello del 1853 nella Lunigiana.

• in opposizione a Mazzini, troviamo gli esponenti del “socialismo risorgimentale”, che erano più orientati verso un

radicale cambiamento sociale e non solo politico. Fra gli esponenti di questa corrente ricordiamo Giuseppe Ferrari e

Carlo Pisacane. Il primo sosteneva di saldare l’azione rivoluzionaria italiana con quella francese (in opposizione a

Mazzini) e di coinvolgere le masse contadine intorno a un programma di riforma agraria. Il secondo respingeva di

subordinare la rivoluzione italiana all’iniziativa francese, ma si distanziava da Mazzini per il carattere classista della sa

teoria. Egli era per la rivoluzione sociale. Nel 1857 partì una spedizione guidata da Pisacane per sollevare le masse

contadine del sud, che venne fermata al suo sbarco nella piana di Sapri.

Il totale fallimento di queste iniziative rivoluzionarie, avvenute mentre invece la politica moderata otteneva successi e

credibilità, ridusse le adesioni al partito democratico e aumentò i consensi per i moderati. Molti democratici

cambiarono orientamento e insieme agli esponenti del liberalismo moderato diedero vita alla Società nazionale

italiana, nucleo fondatore del partito monarchico-costituzionale che avrebbe diretto il processo unitario.

La seconda guerra di indipendenza (26 aprile-11 luglio 1859).

Immediatamente dopo gli accordi di Plombières (20 luglio 1858), Napoleone III, spinto dalle pressioni delle grandi

potenze (in particolare l’Inghilterra) che temevano uno sconvolgimento degli equilibri internazionali, tentò di defilarsi

dall’alleanza appena contratta mirando ad organizzare un congresso europeo che avrebbe dovuto risolvere

pacificamente il problema italiano. Nel frattempo nel regno sabaudo le concessioni di Nizza e della Savoia avevano

fatto perdere molti consensi a Cavour, soprattutto da parte di quei gruppi ex mazziniani che in nome dell’unità si

erano avvicinati alla monarchia sabauda. Il disegno di Cavour sembrava destinato a fallire, ma proprio l’Austria con un

gesto avventato favorì all’ultimo momento il ministro piemontese.

L’ Austria, intimorita dal rafforzamento dell’esercito piemontese (formato da volontari provenienti da tutta Italia, cui si

aggiungeva il corpo speciale dei Cacciatori delle Alpi guidato da Garibaldi), inviò a Vittorio Emanuele III un

ULTIMATUM che chiedeva il disarmo entro 3 giorni delle forze sabaude ammassate al confine del Ticino e lo

scioglimento dei corpi volontari, ma l’ultimatum fu respinto e il 26 aprile 1859 l’Austria dichiarò guerra al regno

sabaudo. ( a spingere l’Austria verso la via della guerra •la questione italiana poteva essere risolta solo dal ritiro

politico di Cavour, che si poteva ottenere con una sconfitta piemontese; •l’idea che la Prussia fosse intervenuta al suo

fianco in caso di una guerra contro la Francia; •la situazione finanziaria della monarchia non consentiva di sostenere a

lungo un così elevato livello di mobilitazione dell’esercito). Napoleone III costretto a mantenere i suoi impegni inviò a

Genova 100.000 uomini. L’esercito franco-piemontese riportò decisive vittori sugli austriaci in violente battaglie

campali, a Palestro, Montebello e Magenta, aprendosi la strada verso Milano dove entrarono in giugno. Nel

frattempo, il Corpo dei Cacciatori delle Alpi guidato da Garibaldi, sferrava un’offensiva nelle Prealpi lombarde e, dopo l

vittoria di San Fermo, liberava Como, Varese, Bergamo e Brescia. Gli austriaci tentarono un’estrema difesa sul Mincio

ma, dopo un lunga e sanguinosa battaglia, il 24 giugno 1859 gli austriaci furono sconfitti a San Martino e Solferino. Di

fronte a questi successi, nel granducato di Toscana, nei ducati di Parma e Piacenza e di Modena, le popolazioni

insorsero ai loro sovrani e diedero vita a governi provvisori guidati da gruppi liberali filo-piemontesi, che chiesero

l’annessione al Regno di Sardegna. Queste richieste di annessione allarmarono Napoleone III.

Avvenne però un fatto nuovo e di grande importanza: 11 luglio 1859 Napoleone III stipulò a Villafranca un armistizio in

gran segreto con l’imperatore d’Austria (armistizio di Villafranca 11 luglio 1859). (perché questa mossa da parte del re

di Francia? Perché le continue manifestazioni popolari in favore del regno sabaudo rendeva impossibile la creazione

nelle zone liberate di regni filo-francesi che garantissero la supremazia della Francia in Italia e l’aumento del suo

potere in Europa, mentre si acuiva il rischio di ostilità con il papato. Inoltre la Prussia minacciava di allearsi con

l’Austria in funzione antifrancese aprendo un fronte sul Reno). Secondo questo armistizio • l’Austria cedeva la

Lombardia alla Francia, perché la consegnasse al Piemonte; •in Italia centrale venivano restaurati i legittimi sovrani; •il

Veneto, con le fortezze di Mantova e Peschiera, rimanevano agli Asburgo.

La delusione fu enorme e Cavour diede le sue dimissioni e fu sostituito da Rattazzi e La Marmora. Vittorio Emanuele

ratifico a Zurigo le decisioni di Villafranca.

La partita però non era ancora chiusa perché restavano irrisolte due questioni:

1) il rientro dei sovrani negli stati centrali era osteggiato dalle popolazioni, che chiedevano l’annessione al

Regno di Sardegna e che si erano date governi provvisori (guidati di patrioti Bettino Ricasoli a Firenze e Luigi

Carlo Farini nelle province emiliane)

2) Napoleone III era in difficoltà perché a causa dell’interruzione della guerra non poteva richiedere l’annessione

di Nizza e della Savoia, né giustificare all’opinione pubblica la partecipazione al conflitto.

Cavour richiamato al governo sfruttò questa situazione offrendo a Napoleone III i territori di Nizza e della Savoia

in cambio degli stati dell’Italia centrale (annessi con plebiscito del marzo 1860).

L’Italia dopo la seconda guerra di indipendenza era divisa in 3 realtà politiche:

- Il Regno di Sardegna composto da Piemonte Liguria Sardegna Lombardia Emilia-Romagna e Toscana

- Lo stato Pontificio esteso su Lazio Marche e Umbria

- Il Regno delle 2 Sicilie (prossimo all’invasione garibaldina)

L’iniziativa popolare: la spedizione dei Mille.

La seconda guerra di indipendenza aveva avviato un processo inarrestabile e così nei territori ancora soggetti alla

dominazione straniera si svilupparono fermenti per accelerare i tempi dell’unificazione. A questo si opponeva la

prudenza di Cavour e della monarchia sabauda, attenti a non forzare la delicata situazione internazionale.

A questo punto riprese l’iniziativa dei democratici, guidati da Mazzini, che tentarono di organizzare le aspettative

popolari per portare in breve tempo a compimento l’Unità del paese ed aprire la strada a un governo repubblicano.

Senza questa spinta capace di suscitare l’iniziativa e la partecipazione popolare difficilmente si sarebbe usciti dalla

situazione di immobilismo che l’armistizio di Villafranca aveva creato. La rivolta di Palermo nell’aprile 1860 (Rivolta

della Gancia) organizzata dai democratici Francesco Crispi e Rosolino Pilo, concentrò l’interesse dei democratici verso

il sud, che avviarono i preparativi di una spedizione militare per liberare il Meridione. Soprattutto Garibaldi cominciò

ad arruolare volontari senza che il governo sabaudo intervenisse a bloccare l’iniziativa, sia perché Vittorio Emanuele

aveva dato il suo tacito consenso, sia perché il regno sabaudo non aveva la forza per impedire l’azione di Garibaldi e

dei democratici. Cavour invece era contrario, preoccupato dalla ripresa democratica e dalla possibile reazione della

Francia nel caso in cui Garibaldi avesse attaccato Roma (l’imperatore dei francesi per ragioni di politica interna era

obbligato a difendere il papa) (tuttavia Cavour aveva perso consensi dopo la cessione di Nizza e della Savoia, perciò

non si sentiva abbastanza forte per manifestare il suo dissenso. Solo quando le possibilità di un esito positivo della

spedizione appariranno considerevoli, Cavour appoggerà apertamente l’iniziativa).

(

il 3 maggio a Modena venne sigillato un primo accordo attraverso il quale lo stato sabaudo rese disponibili ai garibaldini 2 vascelli

con i quali avrebbero raggiunto la Sicilia; un altro accordo il 4 maggio a Torino. Come da accordi la spedizione salpò simulando il

furto delle 2 navi).

Tra il 5-6 maggio 1860 un migliaio di garibaldini salparono dal porto di Quarto alla volta dell’isola, e dopo aver fatto

rifornimenti di armi e munizioni a Talamone, sbarcarono l’11 maggio Marsala (il porto della città non era protetto da

vascelli borbonici). (ricordiamo che durante la sosta sulle coste toscane il colonnello Zambianchi e 64 volontari sii distaccarono per tentare

un’insurrezione nello stato pontificio; ma le truppe pontificie sconfissero a Orvieto i garibaldini che batterono ritirata ,e Cavour preoccupato inviò

una nave nelle acque della toscana e ordinò l’arresto di Zambianchi; allora Zambianchi rivelò il suo vero obiettivo: l’Abruzzo, al fine di distrarre le

. Subito i garibaldini si

truppe borboniche facendogli credere che Garibaldi volesse attraversare il territorio papale per attaccare l’Abruzzo)

scontrarono e sconfissero le truppe borboniche a Calatafimi (15 maggio 1860). Il 27 maggio i garibaldini giunsero a

Palermo e, aiutati dall’insurrezione di Palermo, tra il 28-30 maggio, conquistarono la città, nonostante il

bombardamento indiscriminato attuato dalle navi borboniche e dalle postazioni presenti presso il piano antistante

Palazzo dei Normanni e il Castello del Mare. Garibaldi aprì agli occhi dei siciliani come colui che li avrebbe potuti

liberare dall’oppressione secolare dei Borbone e dei latifondisti, perciò ci furono continui arruolamenti di giovani

siciliani

. (Nel frattempo il 25 giugno Francesco II concesse la costituzione, assieme ad altre riforme e cambiò la bandiera del regno a tricolore,

. Dopo aver sconfitto

conservando al centro il giglio borbonico; a spingerlo a ciò aveva contribuito il consiglio contenuto in una lettera di Pio IX)

le truppe borboniche a Milazzo (20 luglio 1860) e dopo la caduta di Messina (27 luglio), caddero anche le fortezze di

Siracusa ed Augusta e la conquista dell’isola ve

Dettagli
A.A. 2018-2019
6 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-STO/04 Storia contemporanea

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher francesca.olivieri510 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Storia contemporanea e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli studi della Basilicata o del prof Attorre Lucio.