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V P D P P P
max min 19
A livello assiale/longitudinale e circonferenziale ho due comportamenti diversi. Nella deformazione
circonferenziale, la protesi è tenuta
molto più rigida. A livello
progettuale la compliance perde
elasticità e il requisito di progetto
non viene rispettato, mentre nel
caso di deformazioni longitudinali i
risultati sono sovrapposti a causa
del fatto che la protesi è corrugata
e può allungarsi in senso
longitudinale al di là delle
proprietà meccaniche del tessuto.
In direzione longitudinale, quindi, il
corrugamento fa avvicinare il comportamento della protesi a quello naturale mentre nel senso
circonferenziale/radiale la deformabilità è dovuta al materiale e il Dacron è molto più rigido del vaso
naturale.
COMPLIANCE MISMATCH
Quando un tratto di arteria, nel caso specifico un tratto sostituito con una protesi vascolare, ha
proprietà elastiche radiali diverse dai tratti adiacenti (in genere maggiore rigidità) si hanno due
principali conseguenze:
Fluidodinamica: discontinuità nella velocità di propagazione delle onde di pressione.
La sezione di interfaccia tra il vaso naturale e quello artificiale è la sezione in cui si verifica
la discontinuità fluidodinamica ed è sede di fenomeni di riflessione d’onda, tipici delle
singolarità geometriche. Le riflessioni d’onda possono provocare sovrapposizioni locali che
possono a loro volta causare la formazione di nuovi aneurismi.
Sollecitazioni sulla sutura delle anastomosi termino-terminali: sono sollecitazioni dovute al
fatto che il vaso naturale si dilata radialmente mentre la protesi mantiene la dimensione
originale.
L’onda di pressione torna indietro a sommarsi a quella successiva creando delle
sovrappressioni che portano a dover subire pressioni maggiori rispetto a quelle per cui era
stata progettata. Il vaso può dare luogo ad aneurismi, non tanto a livello del tessuto ma a
livello del vaso che è collegato al tessuto.
A livello preclinico, per valutare la compliance mismatch si usa il metodo agli elementi finiti con un
modello computazionale, in cui si calcolano tramite programmi le sollecitazioni a livello delle suture.
Viene simulato l’innesto di un vaso artificiale in un bypass aorto - coronarico e viene valutato
l’angolo di innesto di sutura che causa fluidodinamica differente.
In base al tipo di materiale utilizzato come bypass si applica la pressione interna, si valutano i valori
di sforzo e si calcolano gli stati degli sforzi creati sulle pareti del vaso naturale e delle protesi, in
funzione del tipo di materiale e dell’angolo. Tutti questi processi hanno come presupposto la
conoscenza delle caratteristiche meccaniche dei vari tratti e tipi di materiale e di vaso naturale.
Un altro tipo di studio riguarda la misura tramite prove sperimentali dell’aumento del diametro del
vaso dopo l’impianto.
MISURE DI COMPLIANCE
I chirurghi misurano il diametro del vaso del paziente,
prendono una protesi con il diametro adeguato e dopo un
po’ si osserva che la protesi ha aumentato le proprie Iperteso
dimensioni.
Sono state fatte prove di laboratorio per cercare di capire di
quanto la protesi scelta deve essere più piccola e se la
dilatazione è un fenomeno continuo nel tempo che si
stabilizza dopo un certo numero di cicli. Normoteso
All’atto dell’operazione il chirurgo dava i dati della pressione
del vaso del paziente e il diametro di un anellino di protesi
impiantato nel paziente. 20
In laboratorio venivano fatte delle prove cliniche all’anellino della protesi in modo da trovare un
modo per capire il diametro che si deve impiantare.
Vediamo un anellino di protesi montato sul macchinario che applica una forza che replica il carico
sopportato dalla protesi all’interno del paziente.
Si deve muovere la macchina in modo che tutti gli sforzi che si creano sulla struttura siano gli stessi
che si hanno una volta che la protesi è impiantata.
Si devono applicare delle forze o degli sforzi:
F (
t ) f (
t ) L 2 (
t ) sL
• f(t) è la forza per unità di lunghezza che viene
applicata al singolo anellino della protesi
• L è la lunghezza della protesi h
• s è lo spessore
• F(t) è la forza che si impone nella macchina
Quindi: F (
t )
(
t ) 2 sL
In vivo, invece, si ha un tubo in pressione. Quindi, h b
per la legge di Mariotte:
2 F (
t ) P
(
t ) D
(
t ) sono tutti termini che variano con il tempo (ciclo cardiaco)
n
2 (
t ) s P
(
t ) D
(
t )
P (
t ) D (
t ) F (
t ) P (
t ) D (
t )
(
t ) 2 s F (
t ) P
(
t ) D
(
t ) L
2 s 2 s
Si suppone che il perimetro della struttura sia pari al diametro del vaso naturale:
2 R
D (
t ) 2 h (
t ) 2
b 4 , dove h(t) è lo spostamento attuato dalla macchina
4
2
D (
t ) [ h (
t ) b R ]
Si trova h(t) istante per istante e poi D(t). Inserendo questi parametri nell’equazione, insieme alla
forza (che cambia per accompagnare la dilatazione della protesi), si osserva cosa succede alla protesi
nel tempo: La degenerazione può causare ulteriori dilatazioni.
Il fenomeno, comunque si stabilizza dopo 3 – 4 giorni.
Si avrà quindi una protesi deformata ma stabile.
Anche nei primi cicli della knitted abbiamo valori di
dilatazione importanti. Nel grafico sono riportati i
risultati ottenuti confrontando diverse protesi sui
pazienti. Woven mostra un fenomeno a regime e di
entità più moderata rispetto alla knitted dove i dati
ottenuti in laboratorio sono stati confrontati con dati
clinici. Conoscendo la pressione del paziente e il tipo di
protesi, sono in grado in tempo breve (1ciclo/sec) di
valutare la dilatazione del diametro della protesi: così
posso dire al chirurgo che protesi (con che diametro)
impiantare. A regime, con fenomeno stabilizzato, ho
una protesi coerente con il diametro del vaso del
paziente. Tutta questa procedura è stata validata dai
dati clinici e i dati in laboratorio sono stati confrontati
con i dati ottenuti sul paziente monitorato nel periodo
in cui si raggiunge il transitorio di dilatazione della
protesi. 21
STENT ENDOVASCOLARI
PATOLOGIA
Ostruzione dei vasi nel sistema circolatorio, che comporta restrizione dei vasi.
La patologia può essere trattata con protesi vascolari bypassando il vaso occluso, ma l’uso di stent endovascolare è
meno invasivo. Si tratta, infatti, di una struttura metallica che permette l’apertura e il suo mantenimento nel tempo.
Gli stent sono protesi permanenti.
ANGIOPLASTICA CON PALLONCINO
Il ripristino dell’apertura o della pervietà del vaso è lo scopo
dell’angioplastica. Si introduce un catetere nell’arteria brachiale che
risale il letto sanguigno fino al raggiungimento della zona occlusa
dalla placca. Il catetere finisce con un palloncino sgonfio, che viene
in seguito gonfiato con l’utilizzo di liquido in pressione (8 atm), in
modo da rompere la placca e ripristinare la pervietà del vaso.
Rimuovendo palloncino e catetere, vengono rimossi anche i residui
della placca evitando la formazione di trombi.
E’ una procedura molto usata in quanto è quasi priva di rischio, poco
invasiva e altamente risolutiva. Il problema di questa procedura è
legato al fatto che il vaso reso pervio ha alte probabilità di occludersi
nuovamente per due ragioni:
• se c’è placca, così come si è formata questa, se ne formerà altra
• risposta meccanica: il vaso è stato deformato e tende per recupero elastico ad ostruirsi.
Per evitare il problema di formazione di nuova placca, è stato introdotto lo stent.
STENT
Lo stent è una struttura metallica (99.9%) che viene inserito in un vaso per ripristinare una circolazione sanguigna
corretta in un vaso che non è più in grado di svolgere la sua funzione.
Si usa una tecnica percutanea, dato che si inserisce lo stent dall’esterno fino alla zona stenotica.
La tecnologia dello stent è relativamente recente: il primo impianto risale agli anni ’60 – ‘70. Il primo stent funzionale
è stato introdotto nel 1987 e presentava una maglia fatta da fili di metallo di piccola sezione (aut espandibili). Per
poter essere inserito, lo stent deve essere montato sul catetere per poi aprirsi una volta arrivato nella zona stenotica.
Si possono quindi individuare due conformazioni: crimpato (chiuso) ed espanso (aperto). Viene ancora usato. Il
secondo tentativo è più recente ed è costituito da una sorta di molla, piuttosto che avere dei fili intrecciati.
Il Palmaz - Schatz, nel 1994, fu il primo modello di stent approvato dalla
FDA (Food and Drug Administration, organismo che approva
l’immissione di dispositivi biomedici negli USA) e impiantato negli USA.
Aveva una maglia metallica fatta da tante sottomaglie.
Gonfiando il palloncino, si espande la struttura dello stent che giace sul
palloncino e, grazie alla pressione, lo stent rompe la placca e si ancora
sulle pareti contro il ritorno elastico del palloncino. Lo stent rimane nel
vaso fondamentalmente per attrito. Nasce, quindi, come evoluzione
della procedura dell’angioplastica. Da un diametro iniziale lo stent
viene gonfiato (deformazione plastica) fino ad una forma definitiva, con
un nuovo diametro. Si tratta quindi di un dispositivo che lavora nel
campo plastico. Sebbene solitamente si eviti di lavorare in questo
campo, in questo caso questa proprietà viene sfruttata perché è necessario deformarlo in maniera importante, dove
ε ε ε
< < . Esiste anche una diversa tipologia di stent che invece lavora in campo elastico.
snervamento finale
RISTENOSI
La tecnologia dello stent endovascolare risolve alcuni dei problemi dell’angioplastica ma ne mostra altri: si ripresenta
la patologia stenotica, che può rendere lo stent inefficace. Il fenomeno stenotico è un fenomeno adattativo del
tessuto che viene offeso dall’apertura dello stent e che, a sua volta, provoca il fenomeno infiammatorio. Questo
determina la deposizione di nuovo tessuto che va ad occludere nuovamente il lume del vaso: non si tratta più di placca
sclerotica ma di tessuto del vaso. Si ripresenta quindi una nuova stenosi ma per cause differenti da quelle che avevano
22
scatenato la prima. Per rimediare si può inserire un secondo stent (stent in stent) o