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DEROGA UNILATERALE PER ESERCIZIO DELLO JUS VARIANDI DEL DATORE DI LAVORO (COMMA 2)

Il lavoratore può essere assegnato, a prescindere dal suo consenso, a mansioni inferiori, ma soltanto in presenza di un certo presupposto in caso di modifica degli assetti organizzativi formulato in modo generico: aziendali, che abbiano effetti che incidano sulla posizione del lavoratore. L'onere della prova del giustificato motivo di demansionamento grava sul datore di lavoro.

DEROGA PER ACCORDI COLLETTIVI NEL CASO DI ULTERIORI IPOTESI SEMPRE (COMMA 4)

DEROGA PER ACCORDI INDIVIDUALI (PATTO DI DEMANSIONAMENTO) COMMA 6: in questo caso il lavoratore può essere adibito a più di un livello inferiore, superando la categoria legale, senza la conservazione del precedente livello di inquadramento, della categoria legale e della relativa retribuzione, senza la necessità di una ragione organizzativa ovvero senza l'intervento.

della contrattazione collettiva. Al fine di evitare la sopraffazione del datore di lavoro il legislatore ha previsto una doppia cautela:

  1. Individuazione di manifestazione del consenso del lavoratore, al fine di verificare che questo sia genuino;
  2. Selezione di precisi interessi (qualificati) del lavoratore:

a. Conservazione dell'occupazione;

  • Acquisizione di una diversa professionalità spendibile sul mercato;
  • Tendenzialmente questo patto ha una condizione temporale;

b. Miglioramento delle condizioni di vita.

Il giudice può tuttavia sindacare quando c'è un interesse effettivo, a patto che non sia illecito.

Nei casi 1 e 2, l'adibizione a mansioni inferiori è ammissibile se rispettato il vincolo di inquadramento: soltanto al livello immediatamente inferiore (uno solo) e deve rientrare nella medesima categoria legale.

Il lavoratore demansionato ha diritto alla conservazione del superiore livello di inquadramento e del trattamento.

economico retributivo in godimento (esclusi elementi retributivi collegati a particolari modalità di svolgimento della precedente prestazione lavorativa, indennità per il lavoro notturno o per le trasferte). Sempre il quinto comma sancisce che il mutamento di mansioni deve essere comunicato per iscritto, a pena di nullità. In base al principio generale di correttezza si può ritenere che la comunicazione vada effettuata prima o contestualmente alla concreta adibizione a mansioni superiori.

Lo 'svuotamento di mansioni' è un fenomeno diverso rispetto al demansionamento in quanto il lavoratore non viene attribuito a mansioni inferiori, ma gli vengono solamente sottratte delle mansioni che prima svolgeva. Se lo svuotamento è assoluto si ritiene che sia un comportamento illegittimo in quanto, ai sensi dell'art. 3, Cost. il lavoratore ha un dovere ed un diritto a lavorare.

Inoltre l'art. 2087, cc ('Tutela delle condizioni di

Il lavoro’) stabilisce che: <L'imprenditore è tenuto ad adottare nell'esercizio dell'impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro, l'esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare l'integrità fisica e la personalità morale dei prestatori di lavoro.>

CAPITOLO SETTIMO

Lezioni 7, 8, 9, 10

18/19/25/26 Marzo 2019

DOVERI DEL LAVORATORE

A. DOVERE DI DILIGENZA

art. 2104, c.1, cc

La diligenza, cui si riferisce l’articolo, rappresenta il criterio di misura della prestazione dovuta dal lavoratore e l’indice dell’adempimento della stessa.

Il rispetto della diligenza si fonda su 3 parametri:

Natura della prestazione dovuta:

1. impone il riferimento alla qualità del lavoro prestato, risultante dalle mansioni, dalle qualifiche, o dai profili professionali che la definiscono; motivo per cui la retribuzione è legata alla qualità e quantità della prestazione; motivo per cui più scalo di livello

più la diligenza richiesta è alta;

Interesse della società: 2. il parametro della diligenza richiesta deve essere correlato ad una concreta organizzazione e quindi all'interesse della società. È frequente il collegamento tra diligenza e principi generali di correttezza e buona fede (es. custodia, conservazione, non danneggiamento degli strumenti di lavoro). È una diligenza che si lega alla puntualità del lavoro e coordinamento con l'attività degli altri.

Interesse superiore della produzione nazionale: 3. si tratta di un concetto corporativo e pertanto abrogato con la caduta del regime corporativo. Si ritiene tuttavia che sia un concetto in parte sostituibile con quello previsto all'art. 41, Cost: 'utilità sociale'.

B. DOVERE DI OBBIEDENZA

L'obbedienza, art. 2104, c.2, cc ai sensi dell', implica l'osservanza delle disposizioni impartite dall'imprenditore e dai collaboratori di questo dai

quali il lavoratore dipendeper l'esecuzione e la disciplina del lavoro.L'articolo si lega alle 'Condizioni per l'esercizio dell'impresa' (art. 2084, cc).L'adempimento del lavoratore è diligente solo se ha ad oggetto una prestazione cheoltre ad essere tecnicamente corretta è anche osservante delle disposizione impartitedal datore di lavoro.Il lavoratore è legittimamente autorizzato a rifiutarsi dal svolgere ciò che gli è statoimpartito quando:Reato;o Lede l'integrità psico-fisicaoIn altri casi il lavoratore non può autonomamente astenersi se il datore di lavorocontinua a pagargli la giusta retribuzione (e pertanto non siamo in presenza di undemansionamento), in quanto rischierebbe di incorrere all'assoggettamento ad unasanzione disciplinare per violazione del 2106, cc.Questo in quanto c'è un tema di interesse complessivo (es. se l'impresa rimanebloccata 20 giorni

Perché un lavoratore si astiene). Il tema dell'obbedienza di lega anche al tema dell'indipendenza: più sono autonomo meno sono sottoposto a questa obbedienza.

C. OBBLIGO DI FEDELTÀ art. 2105, cc, L'obbligo di fedeltà, così rubricato all' discorda parecchio con il suo (obbligo di non concorrenza obbligo di riservatezza aziendale). contenuto e L'art. 2105 non impone al lavoratore un obbligo di fedeltà in senso proprio, bensì configura specifici comportamenti omissivi, che vanno ad integrare l'obbligo di prestazione.

I due obblighi di non fare, due specificazioni delle generali direttive della correttezza e della buona fede, sono finalizzati alla tutela di un interesse del datore: interesse alla capacità di concorrenza dell'impresa e alla sua posizione di mercato.

Gli obblighi previsti all'art. 2105, cc vanno a configurare gli obblighi accessori rispetto alla prestazione che sono peraltro ascrivibili alla

Categoria dei cd. 'obblighi di protezione', ossia obblighi che si affiancano al rapporto obbligatorio principale ed il loro adempimento può essere preteso automaticamente rispetto a quello dell'obbligazione principale. Il rispetto dell'obbligo di non concorrenza e riservatezza può essere richiesto anche in assenza di prestazione lavorativa (malattia, maternità, etc).

Secondo la dottrina prevale il contenuto; mentre secondo la giurisprudenza la rubrica.

L'obbligo di non concorrenza implica l'astensione del lavoratore da ogni attività in concorrenza che possa essere esercitata tanto per 'conto proprio', con l'esercizio di un'attività in concorrenza imprenditoriale o anche solo in forma di prestazione d'opera; quanto per 'conto di terzi', svolta alle dipendenze o comunque in collaborazione (parasubordinata o autonoma) di un'impresa concorrente a quella del proprio datore.

Il seguente obbligo è molto più ampio rispetto a quello generale dell'art. 2598, cc (concorrenza sleale: concorrenza recata mediante denigrazione dei prodotti del concorrente) in quanto rientra anche le condotte concorrenziali perfettamente leali del lavoratore che sarebbero da considerarsi lecite.

L'obbligo permane fino alla durata del contratto di lavoro, ma può comunque essere una responsabilità extracontrattuale. È tuttavia possibile estendere il divieto ad un periodo successivo alla cessazione del rapporto, stipulando il cd. patto di non concorrenza (art. 2125, cc).

Il patto di non concorrenza deve essere redatto, a pena di nullità, in forma scritta (ab substantiam). Può essere redatto:

  • Momento di assunzione (di regola avviene in questa);
  • Durante il rapporto (es. in caso di promozione - è legittimo subordinarla alla sottoscrizione del patto di non concorrenza);
  • Al termine del rapporto.

Il patto deve prevedere un

corrispettivo a compenso (è buona cosa sia indicato così inbusta paga e non come super-minimo che costa meno all’impresa). Se questo corrispettivo è incongruo (sacrificio del lavoratore > somma corrisposta), la giurisprudenza ritiene che il patto debba considerarsi nullo. Il patto deve essere contenuto entro certi limiti: 3 anni in generale o 5 anni per i dirigenti. Il patto deve prevedere una delimitazione dell’ambito territoriale della sua validità e dell’oggetto dello stesso (ossia delle attività di concorrenza ancora vietate). Il patto di non concorrenza è una clausola di fidelizzazione. Altre clausole sono: politiche retributive e clausola di durata minima (entrambi le parti si impegnano a non cedere prima di un certo periodo, salvo per giusta causa. Es. per evitare che il lavoratore si dimetta dopo essersi formato). L’obbligo di riservatezza. Il secondo obbligo è al fine di tutela il cd. Segreto aziendale, nel quale

Vengono ricomprese tutte le notizie di carattere organizzativo e produttivo, da intendersi in senso ampio, con riferimento non solo alle informazioni di carattere tecnico, ma anche a quelle di contenuto commerciale, amministrativo, economico-finanziario. Anche in questo caso l'obbligo può declinarsi in un 'patto di riservatezza'.

Escluso dal divieto è da ritenersi l'utilizzo o la divulgazione di notizie non pregiudichevoli per l'impresa. Sebbene ci sia un diritto alla critica personale da contemperare con quello dell'impresa, è buona cosa che le critiche vengano divulgate dal sindacato in quanto rientra nell'attività sindacale (art. 39, c.1).

Questione a parte è quella delle aziende di tendenza, organizzazioni caratterizzate dal perseguimento di un obiettivo religioso, politico o comunque implican

Dettagli
A.A. 2019-2020
69 pagine
SSD Scienze giuridiche IUS/07 Diritto del lavoro

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher laura.piranese di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Diritto del lavoro e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Milano o del prof Boscati Alessandro.