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La provocazione e la dipendenza emotiva

La provocazione ha una componente esibizionista perché chi provoca manifesta la paura di non essere visto, considerato, accettato emotivamente, inserito in sistemi di appartenenza. Dietro la provocazione vi è quindi un sentimento di impotenza. Il provocatore preferisce l'aggressività dell'altro, la sua sopportazione al rischio di poter essere rifiutato.

L'amico diviene per il provocatore un persecutore perché solo un persecutore può garantire una presenza costante e centrata su di lui e quella possibilità di evacuare le proprie emozioni attraverso una continua reazione aggressiva sollevandolo dalla fatica di fondare un pensiero emozionato.

La provocazione nasce dalla dipendenza sentita come intollerabile del provocatore nei confronti di chi è provocato. È una dipendenza intollerabile perché di fondo vi è l'incapacità di costruire rapporti basati sull'estraneità. Il tentativo di.

Negare la dipendenza porta ad un rovesciamento della dinamica della dipendenza attraverso la provocazione, ovvero il tentativo di rendere l'altro dipendente perché sofferente o arrabbiato con chi provoca.

Nella provocazione, la disattesa delle regole vuole istituire l'illusione che le risorse non abbiano limiti, e che l'unico vincolo sia dato dall'esercizio del potere. Lo scopo è quindi quello di evitare di stare ai limiti e sostituirli con l'esercizio di un potere incompetente, ma anche di stabilire rapporti.

Il limite è l'azzeramento dell'estraneità. La provocazione ha una componente esibizionista, chi provoca manifesta la paura di non essere visto, ed offre spesso un buon supporto emozionale ai sistemi di potere incompetenti.

Nell'analisi della domanda, la provocazione può concernere attacchi allo psicologo (famiglia, affetti, competenza in materia, ecc.), al setting (tentando di imporre le proprie regole).

Al rapporto con lo psicologo (che non serve a niente, che le cose non stanno cambiando, ecc.). Nell'analisi della domanda Dal momento che la relazione con lo psicologo è fondata sulla simbolizzazione emozionale della relazione nel qui ed ora in rapporto alla narrazione degli eventi propri del là e dell'allora, è nella relazione qui ed ora che può comparire la provocazione attraverso attentati al setting. La costruzione del setting rappresenta l'unico contatto con limiti e risorse del contesto per la coppia psicologo-cliente quindi il disattenderlo, rispondendo alla provocazione del cliente e assumendo un potere arbitrario rispetto alle regole concordate, significa giungere ad un fallimento perché nega i limiti di realtà. Tra le provocazioni del cliente vi è l'abitudine di parlare di ciò che succede nella vita reale, di raccontare pettegolezzi e soffermarsi a lungo su eventi lontani dal proprio coinvolgimento emozionale.

Si tratta di tentativi di fuga e difesa legato ad uno svuotamento di senso, una banalizzazione della competenza dello psicologo (che diviene come una dama di compagnia con la quale chiacchierare del più e del meno). Un altro tipo di provocazione è costituita dalle proteste del cliente contro la sterilità produttiva del rapporto (es.: vengo da tanto tempo ma le cose non sono cambiate) con lo psicologo il quale delude costantemente l'attesa di ottenere consigli o prendere parte. Si tratta di proteste che non tengono conto del contributo personale a tale sterilità, proteste che hanno il solo fine di perpetuare la sterilità della relazione, quindi la permanenza del delirio e l'assenza della relazione. In alcuni casi, la provocazione può essere costituita da veri e propri attacchi nei confronti dello psicologo: alla sua persona o alla sua famiglia. Tali attacchi sono legati ad un'invidia incontrollabile per una figura idealizzata. Tale

invidia è, a sua volta, legata ad un'incapacità di sopportare la dipendenza (perché non si è istaurata una relazione con un estraneo) e il tentativo di risolverla entro un conflitto di potere.

Come tutte le neoemozioni, anche il provocare come emozione agita all'interno della relazione di domanda. In quanto tale, non è analizzabile. Allo psicologo, quindi, non resta che attendere che il cliente veda la contraddizione tra l'agire un'emozione contro la relazione e, allo stesso tempo, aspettarsi che la relazione funzioni ovvero che possa permettere di comprendere i problemi che hanno motivato la domanda. In questa attesa, lo psicologo, può rileggere il problema portato integrandolo il qui ed ora con la narrazione del là e allora e quindi dell'evento critico e della cultura locale propria dei contesti di riferimento del cliente.

Obbligare: L'obbligo rappresenta un'ulteriore differenziazione della neoemozione.

del controllo. Imposto a sé stessi e agli altri, è difesa sulla domanda relativa al proprio desiderio particolare ed all'impegnarsi per realizzarlo, investendo a tal fine sull'estraneo. Ma attenzione a quando si vuole istituire una relazione fondata sull'obbligo: la strategia funziona solo se l'altro accetta la dipendenza fondata sulla colpevolizzazione che l'obbligo mette in atto.

Infatti il sacrificio di chi si obbliga ha senso solo se viene reciprocato, se è contenuto dalla colpa dell'altro. Nel caso opposto diviene un sacrificio non voluto, ove l'ipocrisia viene apertamente smascherata. Quindi l'obbligo sacrificale si pone in relazione all'avidità, poiché l'obbligo tiene a bada l'avidità, e l'avidità prospera in un contesto obbligante. Inoltre l'obbligo ha l'obiettivo di colpevolizzare l'altro, imbrigliandolo in norme mortificanti, volte alla

negazione del desiderio. Farei compiti è un'altra versione dell'obbligo, che sostituisce la realtà del costruire e del produrre, con la fantasia dell'impossessarsi; ma ogni attività umana può essere deteriorata dalla fantasia di fare un compito. Piuttosto si potrebbe fare di un'esperienza conoscitiva qualcosa di arricchente, e aperta a nuove visioni della realtà. Una variante dell'obbligo è l'oblatività, ovvero la generosità assoluta, sacrificale, vissuta in nome dell'altro, e nell'amore che si porta nei suoi confronti. L'oblatività caratterizza colui che si obbliga per obbligare. Altra forma di oblatività, quale forma di obbligo doveroso si consuma in silenzio, ma non per questo tale forma d'obbligo, obbligante l'altro, appare meno minacciante. L'obbligo nell'analisi della domanda: l'obbligo, nella relazione con lo psicologo, si ponequale alternativa al pensare alle emozioni; alternativa di tutto, tranne che di un uso professionale delle emozioni, di una loro valorizzazione quale strumento per capire quanto succede tra cliente e psicologo. Si tratta di persone abituate ad agire le proprie fantasie emozionali, privandosene, in nome della propria sacrificalità, e la relazione con lo psicologo è vista quale luogo per agire fantasie di possesso, o per vincolare questo agito tramite fantasie d'obbligo. L'agito emozionale può riguardare la sessualità, il sentimento d'essere il paziente più amato, la condivisione di momenti di intimità con lo psicologo. Analizzare le domande fondate sull'obbligo e la loro implicita sacrificalità significa analizzare quella forte spinta al possesso che l'obbligo maschera con la reazione che lo caratterizza. E quando si riesce a dare senso all'emozionalità costretta entro la dinamica dell'obbligatorietà,si scopre una profonda e intensissima fantasia di possesso. Una peculiarità dell'obbligo può essere la segretezza: essa valorizza il possesso esclusivo, ma esprime anche la vergogna per la distruttività insita nella possessività a colui che è costretto. Lamentarsi: il lamentarsi consiste nel chiamare in causa un terzo, al fine di ripristinare la relazione fantasmatica con la persona di cui ci si lamenta, e ciò dovrebbe succedere grazie all'intervento di questa terza figura, cui il lamento è rivolto (per fantasmatica si intende in rapporto con la fantasia, senza un riscontro di realtà). Chi si lamenta comunica il proprio disappunto, l'amara delusione che l'altro esista con una sua identità. Infatti il lamentarsi è la componente passiva di una pretesa fondata su attese che si era abituati a vedere corrisposte, oggi deluse. È importante fare una precisazione: la costruzione del desiderio, nellarelazione con la realtà, comporta la competenza a stare nelle cose, a valorizzarle, a interpretarne i limiti, quindi a conoscerne le risorse cui è possibile fruire. E questa situazione è completamente diversa rispetto a quando ci si trova di fronte una persona che trasforma il desiderio in lamento. Infatti chi trasforma il desiderio in lamento lascia indefinito, e quindi irrealizzabile, il desiderio stesso. Il possesso alla base del lamentarsi, come di ogni altra neoemozione, annulla il desiderio, insieme alle opportunità di realizzarlo. Inoltre parlando ad un terzo, non si corre il rischio di un confronto con l'oggetto del proprio desiderio. Di conseguenza il lamentarsi risulta un atto di denuncia unilaterale, e può assumere le connotazioni di una vera e propria invasione emozionale dilagante, insopportabile per il terzo coinvolto. Lamentarsi nell'analisi della domanda: spesso chi va dallo psicologo lo fa per lamentarsi con lui di qualcosa che non

Va nelle sue relazioni familiari, amicali o lavorative. Lo psicologo viene investito di una emozionalità invadente che ineluttabilmente indica l'impotenza a fare alcunché. Ma chi si lamenta non vuole veder risolta la ragione del lamentarsi, poiché non esiste una soluzione possibile al desiderio di possesso totale dell'altro. Quindi come può comportarsi in maniera competente lo psicologo? Innanzitutto non colludendo con l'emozionalità problematica del lamentoso, accettando di contenerne il lamento, ma proponendo nuove collusioni; ad esempio sul senso della relazione con lui, sull'accettazione della paura di una relazione, in chi si lamenta, e successivamente sul senso di tale paura.

Preoccuparsi: il preoccupato tenta di incentivare la coesione difensiva di un gruppo o organizzazione sulla base del sospetto e del dubbio, sollecitando quindi risposte passive e propensione alla critica, nei confronti di chi si adopera per il

gruppo/organizzazione stesso. Il preoccupato ama lo status quo, vede con forte sospetto ogni possibile cambiamento nell'assetto sociale. Sulla base della preoccupazione si mettono in moto altre neoemozioni: infatti il preoccuparsi è u
Dettagli
Publisher
A.A. 2019-2020
31 pagine
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-PSI/08 Psicologia clinica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher Stella011212 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Counseling psicologico clinico e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Firenze o del prof Giangrasso Barbara.