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RIVOLUZIONE COMMERCIALE.
La rivoluzione commerciale trasferì la direzione dell’economia dai proprietari terrieri ai
mercanti, fermo restando l’agricoltura attività predominante come mezzo di
sostentamento. I rapporti commerciali presero vita soprattutto ad opera degli Ebrei e
Italiani; le città furono i centri motori per maggiore concentrazione della popolazione. Un
contributo non secondario delle città all’espansione commerciale fu l’introduzione della
fresca, prodotto di prima necessità, ma ciò che diede adito alla rivoluzione fu la
diversificazione dei consumatori e del consumismo. L’asse del commercio
internazionale aveva perno in Italia che univa Europa nordoccidentale con il Levante.
Merci provenienti dal Levante erano spezie, pietre preziose, avorio, seta greggia, Europa
esportava metalli non preziosi e legname ma ben presto si aggiunsero armi, lana, lino,
ferro non lavorato. Carlo Magno conia un’unica moneta d’argento (denaro carolingio) il
quale pesa 2/2,5 g circa soppiantando quella d’oro ritenendo la sua presenza pressoché
inutile. Di fatti egli sostiene che essa sia inutile proprio perché gli scambi prevalenti
avevano per oggetto beni di uso quotidiano, come alimenti e oggetti di valore piuttosto
modesto. Inoltre serve una moneta d’argento poiché l’oro tende a scarseggiare e ad
essere spostato verso le zone bizantine e musulmane in contropartita di prodotti di lusso e
appunto argento. Il nodo più importante dei commerci internazionali per l’Italia in questo
periodo è quello legato alle fiere presenti nella regione francese della champagne (mentre
prima i traffici più importanti erano quelli tra Europa e Oriente che consistevano nel
procurarsi beni di lusso e spezie fondamentali per la cosmesi e conservazione del cibo).
Dalla zona dello champagne si importano soprattutto tessuti di lana di alta qualità prodotti
nelle Fiandre con lana inglese, alla pari con le spezie orientali ampliamento scambi. Si
viene dunque ad attivare un processo per cui i Paesi occidentali non sono più solo
esportatori di materie prime ma anche di manufatti ad opera dell’azione di intermediazione
da parte delle fiere dello champagne. Mercanti di grande spicco in queste fiere sono
sicuramente gli italiani. Nel corso del quattordicesimo secolo ci sono poi dei cambiamenti
delle rotte commerciali: a quelle terrestri della champagne a quelle marittime che toccano
il Mediterraneo, Mare del Nord e Mar Baltico si aggiungono altre rotte che attraverso lo
stretto di Gibilterra mettono in contatto l’area mediterranea con le zone del Nord Europa
per via marittima. Significativa l’impresa dei fratelli Vivaldi che riescono ad oltrepassare le
colonne d’Ercole e ad entrare nell’Oceano forse quasi toccando le coste inglesi e francesi.
Si ha senza dubbio un aumento del volume e della quantità dei beni scambiati e un
incremento delle aree coinvolte nei commerci con maggiore variabilità delle merci
scambiate. Anche il settore manifatturiero prende nuova linfa da queste risorse che
provengono dal settore agricolo (in particolare dal settore tessile e calzaturiero)
differenziazione qualitativa. In particolare i mercanti italiani incominciano ad impiantare
nel proprio territorio manifatture di panni di lana, escludendo dunque volutamente la parte
centro settentrionale dell’Europa dal centro degli scambi, diventandone dominatori e
sostituendo ai panni di fiandra i panni fiorentini (panni di lusso e pregiati, degni di essere
scambiati con le spezie orientali).
Quando si parla di rivoluzione commerciale si parla anche di rivoluzione nelle tecniche e
strumenti commerciali. Nel momento in cui si ampliano gli scambi si innesca un processo
di concorrenza che fa sì che gli operatori economici cerchino i sistemi economici più
veloci. Tra i più semplici vi è un sistema di noli discriminati (noleggio navi per trasporto
merci che prevedeva come corrispettivo un pagamento in proporzione al valore delle merci
imbarcate), l’assicurazione, la moneta scritturale (si aggiunge alla metallica: assegni,
lettere di cambio, giroconti) con cui si davano ordini di pagamento. Anche dal punto di
vista creditizio vi sono profondi cambiamenti con l’estensione del credito anche per la
produzione, dunque si aggiunge al credito a finanziamento quello di funzionamento
dell’impresa (sia essa commerciale o manifatturiera). Ancora un altro elemento
fondamentale è la nascita delle società diverse da quelle di tipo individuale come le S.R.L.
e le S.A.S. e le holding.
ECONOMIA PREINDUSTRIALE
L’aggettivo preindustriale si usa per indicare le economie a partire dal tardo Medioevo.
Con il lavoro si cerca di far fronte alle proprie necessità tra cui quelle di primaria
importanza l’alimentazione, seguita da abbigliamento e abitazione fino a proseguire. Di
conseguenza una crescita della produttività agricola sarà necessaria per dirottare
l’impiego delle energie disponibili verso beni meno essenziali. La crescita dell’industria
dipende dunque dalla crescita dell’agricoltura e non può avvenire senza di essa. Per
osservare il contributo dell’agricoltura alla crescita dell’industria si osserva il contributo dal
lato della domanda e dell’offerta.
Dal lato della domanda: si distingue un contributo di mercato (aumento della domanda
che l’agricoltura in crescita determina: maggiori redditi agricoli sotto forma di maggiori
salari e profitti che permettono l’acquisto di maggiori quantità di beni secondari) suddiviso
a sua volta in un effetto diretto (maggiori consumi per maggior reddito a disposizione) e
uno indiretto (aumento demografico per maggiori consumi).
Dal lato dell’offerta: si rileva un contributo di fattori che genera un aumento di offerta di
capitali all’industria (aumento risparmi in agricoltura), aumento offerta di materie prime
come fibre tessili, beni alimentari, aumento offerta di lavoro.
Per crescita si intende aumento di beni e servizi a disposizione con espansione
dell’industria crescita si trasforma in sviluppo.
Per espansione si intende la crescita del reddito unita alla modifica della struttura
economica diminuisce il peso dell’agricoltura e aumenta quello dell’industria.
Vi sono tre tipi fondamentali di struttura industriale:
INDUSTRIA DOMESTICA: Attività industriale svolta dai membri della famiglia per far
fronte al proprio fabbisogno di prodotti non agricoli (prevalente nelle case contadine), la
più diffusa e rivolta alla produzione per i membri della casa stessa. Caratteristica
fondamentale data dall’identità di produzione e consumo nelle stesse persone, produttore
della materia prima è anche proprietario del capitale che impiega (attrezzi, lavoro, edificio
dove avviene la lavorazione) è anche consumatore. Attività svolte sono semplici. La cellula
organizzativa è costituita dalla famiglia e il lavoro dedicato si integra bene con quello
agricolo, si dedica il tempo residuale dall’attività agricola svolta. Tra le principali industrie
domestiche si rileva la lavorazione dei tessili (lino e canapa in Europa, lana in Irlanda e
Fiandre ma anche in Puglia, Sicilia e Toscana, cotone in Russia). Nell’industria domestica
non mancava quella alimentare: con l’invenzione del mulino e del frantoio ci si dedicava
alla produzione di farina, pane, olio, burro, formaggio. In declino era invece la produzione
in campo edile riguardo a utensili e attrezzi agricoli. Industria domestica più diffusa nelle
campagne mentre le città erano il luogo per eccellenza degli scambi per la presenza di
mercati e botteghe. Essa veniva praticata maggiormente dai poveri e dai monasteri in
quanto presso quest’ultimi era previsto lo svolgimento di attività per provvedere al
fabbisogno della comunità ma successivamente anch’essi iniziarono a rivolgersi ai mercati
per le loro necessità.
ARTIGIANATO: Modalità più diffusa nei secoli del tardo Medioevo e età moderna; si
intende la piccola produzione di manufatti svolta in bottega da un lavoratore specializzato
anche con la collaborazione di pochi aiutanti, produzione destinata al mercato; vi è
separazione tra produttore e consumatore. I prodotti finiti erano trasportati anche a km dal
luogo di produzione (panni e tele fabbricati da artigiani Europa del Nord trasportati per
secoli nel Mediterraneo). L’artigiano svolge una sola attività, cooperano alcuni aiutanti
(individui esterni alla famiglia). Il capitale dell’artigiano è di gran lunga maggiore di quello
impiegato nell’industria domestica, così come lo sono le materie prime, capitale fisso sotto
forma di attrezzi (tra gli strumenti un filatoio e un telaio fino ad arrivare a un mulino, una
fornace). Nei casi più semplice l’artigiano svolge la sua attività entro le mura domestiche
ma in qualche caso affitta / acquista un officina, la cellula di base diventa la bottega dove
occorre assumere lavoratori. Localizzazione viene preferita la città per il contatto diretto
con il mercato, maggiore domanda e più facile reclutamento di manodopera anche se non
mancano nelle campagne. Organizzazione del lavoro si distingue in vari gradi con
crescente complessità. Al liv più basso sarto, fabbro, mugnaio, carpentiere; qui
l’artigianato appare come la combinazione in uno stesso operatore della figura di
imprenditore e mercante. Inoltre egli era anche datore di lavoro, assumeva apprendisti
(garzoni) o lavoranti con i primi che corrispondevano all’artigiano una somma fissa in
denaro per imparare l’arte e i segreti del mestieri; i lavoranti lavoravano per l’artigiano
dietro un compenso o salario, si instaurava un rapporto di lavoro. Alla figura di artigiano si
affiancavano le corporazioni: risultato di patti associativi tra individui che esercitavano lo
stesso mestiere e avevano analoghi interessi lavorativi da tutelare. Le fondamenta di esse
erano il principio della tutela dell’uguaglianza (evitare che un socio diventasse più forte
di un altro) e monopolio della produzione (si cercava di fare in modo che i membri
controllassero la maggior parte possibile dell’attività produttiva). Figura significativa
dell’artigianato è senza dubbio l’industria domestica; la funzione mercantile si separa da
quella lavorativa imprenditoriale dell’artigiano, il piccolo produttore non lavora più solo per
la clientela locale che gli commissiona certe prodotti bensì la sua produzione è venduta a
più mercanti che provvedono a collocare il prodotto finito sul mercato (solo fase produttiva
sotto controllo dell’artigiano). Questo sistema viene chiamato Kaufsystem. Altro modello è
quello del Verlagssystem (industria a domicilio o decentr