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CAP. 6 (KEYNES E L’INTERVENTO PUBBLICO NELL’ECONOMIA)
Monetaristi: sostengono che la velocità di circolazione della moneta nel breve periodo diminuisce nei periodi
di depressione e aumenta nei periodi di espansione, mentre resta stabile nel lungo periodo.
Mentre i keynesiani propongono di usare la politica monetaria in funzione anticongiunturale, i monetaristi
sostengono che gli effetti di tale politica si avranno in netto ritardo rispetto al necessario.
FRIEDMAN sosteneva che politiche monetarie finalizzate al pieno impiego sono controproducenti poiché
brusche variazioni dell’offerta di moneta destabilizzano il sistema.
Neo-keynesiani: essi consigliavano la riduzione delle imposte e l’aumento della spesa pubblica finanziata in
deficit.
Spiazzamento: l’aumento della spesa pubblica finanziata in disavanzo determina l’aumento dei tassi
d’interesse e riduce gli investimenti.
Vi sono due teorie secondo cui la causa dell’inflazione è il livello di spesa pubblica.
Inflazione da conflitto sociale: l’aumento della spesa pubblica costringe ad aumentare tributi e i soggetti
colpiti trasferiscono l’onere su altri soggetti. Questa traslazione provocherà inflazione.
Economia dell’offerta: per accelerare lo sviluppo bisogna suscitare investimenti privati (che creano offerta),
riducendo la spesa pubblica, le imposte e la regolamentazione.
Alcuni economisti sostengono che gli operatori economici utilizzano la razionalità servendosi delle
informazioni disponibili, dunque l’unica politica economica utile è la diffusione più rapida possibile delle
informazioni.
INFLAZIONE: aumento generalizzato dei prezzi dei beni. Può essere strisciante o galoppante. Per i
monetaristi essa dipende dalla quantità di moneta. Per Keynes essa dipende dalla domanda globale.
Inflazione da domanda: se l’eccesso di domanda determina l’aumento dei prezzi.
Inflazione da costi: se aumentano fortemente i costi di produzione le imprese sono costrette ad aumentare i
prezzi.
Inflazione settoriale: la produttività di alcuni settori cresce meno rapidamente dei salari e ciò ricade sugli altri
settori.
PHILIPS riteneva che le cause dell’inflazione risiedono nel mercato del lavoro. La curva di Philips mostra che
al crescere del tasso di disoccupazione diminuisce il tasso di crescita dei salari. Può però accadere che
coesistano inflazione e stagnazione di occupazione e investimenti: tale fenomeno è detto STAGFLAZIONE.
Effetti dell’inflazione: induce a non detenere moneta, spinge ad acquistare immobili e merci, le imprese
anticipano acquisti e fanno errati calcoli economici.
Politiche antinflazionistiche: tassi di interesse alti offerti dalle banche; obbligazioni statali a tassi elevati;
ridurre l’espansione di moneta e la spesa pubblica.
Inoltre sono possibili politiche dei redditi (controllo dell’evoluzione dei salari) e dei prezzi (controllo dei
prezzi).
CAPITOLO 7 (SCELTE SOCIALI E TEORIA DELLA POLITICA ECONOMICA)
L’obiettivo della politica economica è la realizzazione di una distribuzione del reddito meno sperequata.
Tale decisione rientra tra le scelte sociali, le quali possono essere decise all’unanimità (con il limite della
conservazione dello status quo) oppure sulla base di una maggioranza.
La funzione del benessere sociale con il metodo della votazione riflette le preferenze della maggioranza.
Gli studi di politica economica si basano su modelli econometrici, costituiti da equazioni strutturali, contenenti
variabili esogene (dati e strumenti) ed endogene (obiettivi). I dati non sono influenzabili mentre gli strumenti
sono controllati dalle autorità. Uno stesso obiettivo può essere raggiunto con diversi strumenti, perciò è
opportuno destinare ogni strumento all’obiettivo più idoneo. Vi sono però limiti nella rappresentazione dei
comportamenti sociali, nel numero e nell’efficacia degli strumenti.
Nella costruzione della funzione del benessere occorre valutare considerazioni etiche oltre alle preferenze
individuali. Lo Stato deve intervenire nei casi in cui gli individui non agiscono per il proprio bene (criterio
paternalistico), ma secondo altri qualsiasi forma di paternalismo limita la libertà individuale.
RAWLS afferma che il benessere sociale dipende dall’utilità dell’individuo più povero.
Secondi i teorici dello Stato minimale la redistribuzione di beni già posseduti viola i diritti del proprietario.
Altri pensano che lo Stato debba erogare sussidi ai poveri (in natura o in moneta).
Si discute se siano più efficienti le imprese pubbliche o private: le imprese pubbliche registrano costi più
elevati e più bassa produttività ma possono ottenere facilmente grandi risorse finanziarie a differenza dei
privati.
Infatti le imprese pubbliche hanno due importanti caratteristiche che le private non hanno:
- non possono fallire;
- spesso agiscono in situazione di monopolio.
I settori in cui è necessario l’intervento dello Stato sono l’istruzione (pubblica e privata) e la sanità, la quale
deve essere garantita a tutti i cittadini.
CAPITOLO 8 (SVILUPPO ECONOMICO)
Lo sviluppo di un Paese è l’aumento del reddito nazionale. Molti indicano come grandezza da considerare il
reddito pro capite (reddito nazionale/numero di abitanti), seppure esso abbia ricevuto critiche, poiché non
considera la distribuzione del reddito e le condizioni di lavoro. Altri autori ritengono quindi opportuno usare il
consumo pro capite.
La piena occupazione non può essere raggiunta senza interventi dello stato attraverso politiche fiscali e
monetarie.
I neoclassici sostengono che lo sviluppo del reddito nazionale dipende dalla crescita del capitale, della forza
lavoro e del progresso tecnico. Un fattore di sviluppo economico è rappresentato dall’offerta di lavoro
(alimentato dall’incremento demografico). Alcuni paesi hanno cercato di risolvere il problema della
manodopera favorendo l’immigrazione, altri paesi pongono un freno a tale fenomeno perché c’è il timore di
una diminuzione dei salari e della creazione di una tensione sociale. La percentuale di popolazione occupata
nell’industria diminuisce, mentre aumenta la quota occupata nel terziario: ciò dipende dal progresso tecnico
industriale. La teoria del commercio internazionale insegna che il libero scambio tra Stati favorisce la
specializzazione produttiva e l’aumento del reddito nazionale.
Interventi a favore dello sviluppo possono essere o congiunturali fiscali e monetari oppure strutturali, che
cioè incidono sull’offerta. Tra i fattori di offerta consideriamo la forza lavoro, dipendente dalla crescita
naturale della popolazione e dall’immigrazione. Il primo valore può essere migliorato intervenendo nella
sanità, allungando la vita media della popolazione e la sua produttività. L’immigrazione ha giocato un ruolo
fondamentale per lo sviluppo dei Paesi che necessitavano di manodopera.
Lo Stato interviene anche nelle seguenti attività:
- istruzione: essa forma il “capitale umano”;
- territorio: l’espansione urbana avviene secondo un piano regolatore;
- trasporti urbani, affinché siano rapidi ed efficienti;
- politica ambientale: evitare che l’industrializzazione danneggi le risorse ambientali.
In molti Paesi lo Stato promuove l’attività industriale attraverso politiche industriali. Il progresso tecnologico
distrugge posti di lavoro nelle vecchie industrie e ne crea nelle nuove: lo Stato riaddestra la manodopera al
nuovo tipo di lavoro.
Poiché l’industrializzazione tende a concentrarsi in poche zone, lo Stato suscita lo sviluppo anche in zone
depresse mediante politiche regionali. Esse consistono nella creazione di infrastrutture e nell’incentivo
finanziario alle imprese. Lo Stato, inoltre, sussidia ed incentiva il settore agricolo, la ricerca e lo sviluppo
tecnologico, attraverso incentivi alle imprese e finanziamenti alle Università.
CAPITOLO 9 (RAPPORTI ECONOMICI INTERNAZIONALI E POLITICHE COMMERCIALI)
RICARDO elaborò la teoria dei costi comparati. Considerando due merci e due Paesi: ciascuna nazione può
specializzarsi nella produzione del bene relativamente meno costosa. Ricardo sottolinea però che l’aspetto
fondamentale è il vantaggio comparato: ad esempio un Paese può avere vantaggio assoluto nella
produzione di entrambi i beni, ma maggiore in uno dei due (PARADOSSO RICARDIANO).
Costo opportunità: produzione alternativa a cui si deve rinunciare per ottenere un’unità aggiuntiva di un dato
bene.
Teoria di Heckscher-Ohlin: ogni Paese tende ad esportare quei beni la cui produzione richiede un uso più
intenso del fattore che nello stesso Paese è abbondante. Ad esempio l’India dovrebbe specializzarsi nella
produzione di merci che incorporano lavoro e gli Stati Uniti nella produzione di merci che richiedono uso
intenso di capitali. Analisi empiriche non sempre confermano tale teoria (Paradosso di Leontief).
Teoria del ciclo del prodotto
FASE 1: Un prodotto nuovo richiede ricerca, dunque costi i produzione elevati e prezzi alti;
FASE 2: Il bene viene prodotto in serie, vi sono costi più bassi e il prezzo diminuisce.
FASE 3: Il volume di vendite raggiunge un limite, il bene è standardizzato e la manodopera poco qualificata.
Protezionismo e libero scambio
Una politica ispirata al libero scambio non pone restrizioni agli scambi internazionali e consente la
specializzazione. Spesso però i Paesi hanno adottato politiche protezionistiche volte a ridurre le
importazioni, servendosi di:
- Dazi doganali: tributi che colpiscono le merci straniere che entrano nel territorio nazionale;
- Contingenti (o contingentamenti): determinazione della quantità massima importabile di un prodotto estero;
- Sussidi all’industria nazionale: erogazione di contributi o concessione di sgravi tributari a imprese
esportatrici.
Argomentazioni a favore delle politiche protezionistiche:
- L’eccessiva specializzazione può danneggiare l’indipendenza politica di un Paese;
- Nel caso di un’industria giovane, bisogna proteggerla dalla concorrenza estera per consentirle di
sopravvivere;
- Aumenta la produzione nazionale e dunque l’occupazione.
Altri strumenti di protezionismo sono le cosiddette “barriere non tariffarie”:
- Restrizione volontaria all’esportazione di un altro Paese debole attraverso l’uso della propria forza politica;
- Regolamenti sanitari: non vengono importati beni esteri non prodotti secondo regole sanitarie del Paese
d’arrivo.
Con l’obiettivo di ridurre sempre più i dazi, nel 1947 nacque il GATT, sostituito nel 1995 dal WTO.
La Comunità Economica Europea, attualmente chiamata Unione Europea, è un mercato com