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L H
rischiosi per la compagnia. Invece, θ e (1-θ) rappresentano le quote di individui,
rispettivamente, ad alto e basso rischio che, potenzialmente, chiedono di stipulare la
polizza. Il segno meno sta proprio ad indicare l’incidenza della popolazione ad alto rischio
sulla restante. Tale contratto(che quindi è unico) non sarebbe però ottimale se alcuni dei
soggetti a basso rischio decidessero di non stipulare la polizza non ritenendola conveniente
rispetto alle proprie caratteristiche di rischio.
Se questo accadesse, la compagnia si troverebbe con una quota più elevata di soggetti ad
alto rischio. In questa situazione, qualsiasi tentativo di aumento del premio da parte della
compagnia (per fronteggiare l’aumento del rischio medio) avrebbe come effetto un ulteriore
allontanamento dei migliori potenziali clienti.
Il tentativo da parte dell’impresa di identificare i “cattivi” clienti produce come effetto
paradossale quello di non riuscire più ad assicurare tutti i potenziali soggetti a bassa
rischiosità; in ciò consiste il problema di selezione avversa. Una parziale soluzione del
problema consiste nel fatto che, qualora siano in gioco valori di natura collettiva, lo Stato
renda obbligatorio assicurarsi per quel particolare rischio in modo da garantire che nel
mercato rimangano sia i soggetti ad alto rischio che quelli a basso rischio. Es.
assicurazione danni civili dell’auto è obbligatoria, mentre non lo è quella sui furti o sugli
incendi. Questa rappresenta una forma di intervento pubblico di regolamentazione che
limita l’inefficienza dei mercati assicurativi che, in assenza del provvedimento,
risulterebbero incompleti e dunque non in grado di coprire tutti i potenziali rischi per cui
esiste una domanda da parte dei consumatori. In questo modo si ricostruisce la domanda
e l’offerta ma non si risolve alla fonte il problema; inoltre si introduce un’esternalità nel
sistema: i soggetti a basso rischio “pagano” per gli altri.
Il rischio morale si manifesta per il fatto che l’acquirente del contratto assicurativo possa
modificare attraverso le proprie azioni (non osservabili) la probabilità dell’evento stocastico oppure
la dimensione della perdita. La teoria richiede infatti che la probabilità e la perdita siano esogene
per il potenziale assicurato oppure che, qualora siano endogene, possano essere modificate con
costi molto elevati rispetto agli eventuali benefici. Se ciò non accadesse, saremmo di fronte a
contratti che non prevedono un corretto sistema di incentivi.
Supponiamo che un individuo possa intraprendere - tenendo un particolare stile di vita - un’attività
di prevenzione, che costa z, e che con essa possa ridurre la rischiosità (quindi la probabilità p ) di
i
un evento per il quale si vuole assicurare. Il mercato, se lasciato a se stesso, non offrirebbe i
necessari incentivi perché le attività di prevenzione siano realizzate, a meno che non ci possa
essere un effettivo controllo da parte delle imprese assicuratrici,cosa però difficile da
immaginare.Esempio, non mettere il sale nella pasta per ridurre il rischio di infarto. La presenza di
moral hazard lo rende impossibile e le imprese, di norma, si tutelano non consentendo la copertura
per l’intera dimensione della perdita oppure calcolando i premi sulla base di rischi più elevati della
media.
Un altro esempio di problema di rischio morale che ha particolare rilevanza per le politiche sociali è
quello definito di “pagamento per conto terzi”. Si tratta di un’applicazione di un modello noto
come teoria del principale-agente in cui l’agente più informato (medico) opera per conto del
principale meno informato (paziente) rispetto al fornitore di servizi sanitari. (rapporto di agenzia)
Se fossero previsti, ad esempio, servizi sanitari di tipo assicurativo in cui si possa chiedere il
rimborso totale di qualsiasi spesa, si otterrebbe un risultato inefficiente per il sistema in quanto né il
paziente né il medico curante avrebbero incentivi a minimizzare i costi. Dato che per l’impresa
assicuratrice (pubblica o privata) sarebbe impossibile avere perfette informazioni sui
comportamenti individuali, si avrebbe un sovra-utilizzo del servizio sanitario e livelli di premi più
elevati di quelli ottimali. Il sovra-consumo rispetto alla quantità efficiente manifesta, in molti
contesti reali, la presenza di moral hazard. Si creerebbe di fatto una divergenza tra costi privati
della sanità (di fatto nulli) e costi sociali (che sono invece positivi) e, come molti casi di esternalità
negativa, si avrebbe una produzione eccessiva del bene che la crea. Infatti, tanto maggiore è la
copertura assicurativa tanto minori sono i costi individuali nel non tenere un comportamento
“prudente”; se sono minori le conseguenze personali dell’incertezza vengono meno gli incentivi a
minimizzare le perdite.
Proprio per questo nei sistemi sanitari di tipo assicurativo i medici sono incentivati a farsi carico
delle conseguenze delle proprie scelte in quanto partecipano (in varie forme) al risultato
economico del fornitore del servizio. (es. USA prima della riforma Obama)
In generale, è possibile correggere almeno parzialmente il fallimento informativo creato dal moral
hazard attraverso:
1. La regolamentazione pubblica può produrre effetti diretti (ad esempio, impone la
prevenzione) oppure indiretti (consente alle compagnie di pagare solo i danni che superano
i controlli previsti dal contratto).
2. I meccanismi di incentivo si basano su schemi di ripartizione del rischio tra impresa e
assicurato che prevedono l’introduzione di franchigie, di forme di co-assicurazione e di
premi differenziati (bonus-malus).
L’ esistenza di un mercato assicurativo privato richiede che si verifichino tre condizioni sulle
caratteristiche della domanda e dell’offerta.
1. La domanda deve essere positiva; è pertanto richiesto che vi siano individui avversi al
rischio per cui valga la relazione: V = Y – Y* > 0
M
2. Deve essere tecnicamente possibile fornire assicurazioni dal punto di vista attuariale; è
necessario che: le probabilità individuali sia tra loro indipendenti, che ciascuna probabilità
individuale sia inferiore all’unità e che le probabilità siano note o calcolabili.
3. Deve essere possibile offrire contratti ad un prezzo che il consumatore è disponibile a
pagare; questo si realizza quando il valore soggettivo V eguaglia il prezzo equo del rischio
V = Y – Y* = Φ = π – p L
Φ ovvero: M
Tale condizione cambia dopo che l’impresa applica un caricamento ovvero un mark-up(unica
Φ = Π – p L =(1 + α)pL – pL = α pL
variabile modificabile dalla compagnia assicurativa): V = Y – Y* = Φ = α pL
Ne consegue che il mercato assicurativo esiste solo se M
cioè se la disponibilità a pagare del cliente uguaglia (o supera) il caricamento applicato
dall’impresa sulla perdita attesa.
N.B. Tipicamente si assiste a una convergenza dei rischi. Le imprese assicurative di minori
dimensioni si assicurano a loro volta con imprese più grandi e più efficienti fino a che il processo
non converge a una (o pochissime) compagnie.
Il fatto che il mercato assicurativo esista non implica necessariamente che abbia anche le
caratteristiche di perfetta informazione che sono indispensabili per il perseguimento dell’efficienza.
Il fallimento informativo di norma rende imperfetta anche la struttura concorrenziale dei mercati e
dunque potrebbe causare inefficienza. Dobbiamo prendere in considerazione quattro contesti di
possibile inefficienza.
1. Se i consumatori non sono sufficientemente informati e non sono in grado di valutare la
propria convenienza a domandare copertura assicurativa, si formerà una disponibilità a
pagare inferiore a quella desiderabile sulla base del grado di avversione al rischio (mercati
sottili).
2. Se le imprese sono informate in modo imperfetto abbiamo i due tipi di problemi (selezione
avversa e rischio morale) tipici delle asimmetrie informative; si creano mercati incompleti
(con carenze di copertura assicurative in presenza di una disponibilità a pagare) e
meccanismi di incentivo non corretti (che producono equilibri inefficienti).
3. Se le imprese esercitano potere di mercato (mercati non concorrenziali) nella
determinazione dei margini di caricamento α, si potrebbero avere premi troppo alti che
non rendono convenienti le polizze per alcuni livelli di avversione al rischio( si necessitano
quindi manovre anti-trust). Se invece i costi di caricamento α fossero elevati per ragioni
amministrative potrebbe essere conveniente avere imprese assicuratici di grande
dimensione per garantire l’efficienza; questa sarebbe una ragione per giustificare la
fornitura di quei servizi in una prospettiva di assicurazione sociale nell’ambito del Welfare
state. Attraverso una stardardizzazione dei contratti si avrebbero delle economie di scala
che renderebbero conveniente l’intervento pubblico (diretto oppure indiretto) nella fornitura
dei servizi interessati, in alternativa ad una struttura di mercati assicurativi privati (di
monopolio).
4. In una prospettiva di efficienza, i mercati assicurativi privati dovrebbero applicare premi
differenziati alle differenti categorie di rischi; dovrebbero dunque introdurre forme di
differenziazione del prodotto offerto. In presenza di selezione negativa ciò non è più
possibile e pertanto si rende indispensabile l’assicurazione obbligatoria per garantirne la
fornitura. L’applicazione di un premio medio, calcolato su di un rischio medio, introduce di
fatto fattori di tipo ri-allocativo. I soggetti meno rischiosi trasferiscono risorse a quelli più
rischiosi, attraverso il pagamento del premio medio.
MODULO 5
Lezione 1
Una economia di solo Mercato (economia di first-best), se il coordinamento funziona, è
caratterizzata dall’efficienza e da un minimo di equità. Non è difficile immaginare che l’efficienza
possa essere frutto di una scelta unanime della collettività (nessuno perde) ma lo stesso non vale
per l’equità, siccome la redistribuzione delle risorse porta inevitabilmente a conflitti. Vi è quindi un
problema di coordinamento delle scelte collettive. Per esempio, a favore di quali individui bisogna
redistribuire le risorse? Quale livello minimo vitale vogliamo garantire? Quale livello di intervento
statale (tipicamente distorsivo e non neutro) siamo disposti ad accettare? Non c’è modello
economico in grado di rispondere; tutto dipende dall’idea generale che la società ha di “bene
comune” e di “giustizia”: quali che siano, per coordinare le decisioni individuali, abbiamo