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“MICROCOLONIA”.
A questo punto si ha la fase della COLONIZZAZIONE, in cui si ha un differenziamento cellulare
poiché la cellula non è più flagellata ma vengono prodotti tutta una serie di fattori di adesione, tra
cui la capsula, le fimbrie e i pili (strutture extracellulari) parimenti si ha crescita cellulare e
produzione di polisaccaride.
Con la formazione della microcolonia i batteri hanno già intrapreso una strada irreversibile, in
quanto da questo momento in poi comincia la formazione del BIOFILM MATURO, con una
caratteristica forma a fungo (tante cellule, anche di specie diverse, immerse in questo slime,
matrice di natura esopolisaccaridica, con canali all’interno), in una fase successiva a quella della
colonizzazione si ha ulteriore sviluppo che porta all’irrobustimento e alla maturazione del biofilm
che diviene impenetrabile.
Le strutture motorie dei batteri nuotatori, i flagelli, sono necessarie per stabilire inizialmente lo
stato del biofilm mentre strutture sottili simili a peli, i pili di IV tipo, che assomigliano ai flagelli ma
non ruotano, sono cruciali per la maturazione del biofilm. Alla fine, attraverso la crescita e il
reclutamento, intere comunità microbiche si sviluppano all’interno della matrice polisaccaridica
mucosa e viscosa. 76
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Paragrafo 4.2: Formazione, regolazione dei Biofilm e annessi cellulari
I biofilm batterici sono in grado di influenzare notevolmente gli esseri umani: ad esempio, le
infezioni batteriche sono spesso legate a patogeni che si sviluppano nei biofilm durante il processo
della malattia. La malattia genetica fibrosi cistica (CF) è caratterizzata dallo sviluppo di un biofilm
contenente Pseudomonas aeruginosa e altri batteri nei polmoni dei pazienti CF (vedi figura qui di
seguito). In foto sono mostrate cellule estratte da un
campione di espettorato di un paziente con
fibrosi cistica. L’area marcata in rosso è
costituita da cellule di P. aeruginosa e
il materiale bianco è l’alginato, un materiale
simile a un polisaccaride prodotto dalle cellule
del batterio. La matrice del biofilm, che
contiene alginato e altri polisaccaridi e DNA
batterico, riduce notevolmente la capacità degli
agenti antimicro-biliari, come gli antibiotici, di
penetrare, e quindi i batteri all’interno del
biofilm sono poco influenzati dai farmaci. I
biofilm batterici sono stati anche implicati nelle
infezioni difficili da trattare dei dispositivi
medici impiantati, come le valvole cardiache
sostitutive e le articolazioni artificiali.
Numerosi segnali, inclusa la comunicazione da cellula
a cellula, nei batteri sono coinvolti nella transizione
tra la crescita liberamente natante (crescita planctonica) alla crescita nella matrice semisolida del
biofilm. Lo Pseudomonas aeruginosa in particolare forma un biofilm producendo specifici
polisaccaridi che successivamente producono un aumento della sua patogenicità e prevengono la
penetrazione di antibiotici.
La formazione di un qualsiasi biofilm è strettamente collegata al Quorum sensing: questo
meccanismo infatti innesca l’espressione di un sottoinsieme dei geni necessari per la formazione
di biofilm. Il Quorum sensing un meccanismo di comunicazione intercellulare (tra cellule)
attraverso la produzione e lo scambio di specifiche molecole; è proprio dei microrganismi, e grazie
a questo essi valutano la densità della popolazione. Molti batteri infatti usano questo sistema per
assicurarsi che un numero sufficiente di cellule siano presenti prima di dare avvio alle attività che
richiedono una certa densità cellulare per funzionare efficacemente. Ad esempio, un batterio
patogeno (agente eziologico di una certa malattia) che secerne una tossina non avrà alcun effetto
come una singola cellula, infatti la produzione della tossina da parte di una sola cellula è solo uno
spreco di risorse. Tuttavia, se è presente una popolazione sufficientemente grande di cellule, la
produzione coordinata della tossina da parte di ciascuna cellula può causare la malattia e
strappare risorse all’ospite utilizzate dal patogeno. Il rilevamento del quorum sensing è molto
diffuso tra i batteri gram-negativi ma si trova anche nei batteri gram-positivi: ogni specie che
impiega il quorum sensing sintetizza una specifica molecola del segnale, un autoinduttore (queste
molecole chiaramente non sono uguali per tutte le cellule, ma sono diverse tra GRAM- e GRAM+),
il suo nome non è casuale: difatti, all’aumentare della densità cellulare, aumenta la sua
concentrazione extracellulare. Tale molecola di solito diffonde liberamente attraverso
l’involucro cellulare in entrambe le direzioni; alla luce di ciò, l’autoinduttore raggiunge alte
concentrazioni all’interno della cellula ma solo se ci sono molte cellule vicine, ognuna con identico
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autoinduttore. All’interno della cellula, questa molecola si lega ad un attivatore della trascrizione
specifico o ad una chinasi sensore di un SISTEMA A DUE COMPONENTI (verrà discusso più
approfonditamente a proposito della chemiotassi, a pagine 89-91), innescando, in definitiva, la
trascrizione di specifici geni. Esistono diverse classi di
autoinduttori ma, la
prima ad essere
identificata fu la classe
degli acil-omoserina-
lattoni (AHL) tipici dei
- : numerose classi
Gram
di AHL diverse, con
gruppi acilici di svariate
lunghezze, sono state
riscontrate infatti nelle
specie di batteri gram-
negativi, molti dei quali
producono inoltre
l’autoinduttore 2 (AI-2;
un derivato ciclico del
furano). I batteri Gram-
positivi in genere
utilizzano alcuni peptidi
con catena corta in
qualità di autoinduttori.
Il fenomeno del quorum sensing è stato scoperto come il meccanismo che sta alla base
dell’emissione di luce nei batteri bioluminescenti: diverse specie batteriche infatti possono
emettere luce, compreso il batterio marino
Aliivibrio fischeri: La figura mostra colonie bioluminescenti di A.
fischeri: la luce è generata dall’enzima luciferasi. Gli
operoni lux codificano per le proteine necessarie per
la bioluminescenza e presentano quei geni che
servono per la produzione dell’enzima luciferasi: luxI
codifica per la sintesi dell’N-oxoesanoil omoserina
lattone (peptide autoinduttore), luxa e luxb che
codificano rispettivamente per le ƐƵďƵŶŝƚăɲĞɴ
della luciferasi, e poi luxC, luxD e luxE (codificati
dagli omonimi geni) rientrano nel complesso
multienzimatico coinvolto nella sintesi dell’aldeide,
substrato della luciferasi, ed anche luxG vi rientra in
quanto codifica per l’FMN reduttasi, che genera
FMN ridotto, cofattore della luciferasi. 78
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Tali operoni sono sotto il controllo della proteina attivatrice LuxR e sono indotti quando la
concentrazione esterna dello specifico autoinduttore (sintetizzato dall’enzima codificato dal gene
luxl), l’N-3-oxoesanoil omoserina lattone prodotto dagli altri batteri nella colonia diventa
abbastanza alta; in questo caso l’AHL si lega a LuxR regolatore della risposta il quale agisce
andando a consentire la trascrizione dei geni dell’operone lux. Il quorum sensing si verifica anche
negli eucarioti microbici: ad esempio, nel lievito Saccharomyces cerevisiae, vengono sintetizzati
alcoli aromatici specifici usati come autoinduttori che controllano la fase di transizione della
crescita di S. cerevisiae a vita libera e come filamenti allungati (colonie).
Detto ciò, tornando all’esempio precedente, sul batterio Pseudomonas aeruginosa è proprio il
meccanismo del quorum sensing ad innescare l’espressione di un sottoinsieme dei geni necessari
per la formazione di biofilm. Le cellule di P. aeruginosa possiedono due sistemi distinti di
rilevamento del quorum, Las e Rhl, che rispondono a specifici (e distinti) AHL (autoinduttori) e,
all’aumentare del numero di cellule, attivano la trascrizione della codifica dei geni per la sintesi
degli esopolisaccaridi. Anche la segnalazione intracellulare (il quorum sensing è infatti un
meccanismo di segnalazione intercellulare ossia tra cellule), gioca un ruolo nella formazione del
biofilm di P. aeruginosa. Uno dei messaggi emessi secondariamente ma che risultano ugualmente
importanti nell’architettura del biofilm è veicolato dal regolatore del nucleotide di-guanosina
monofosfato ciclico (c-di-GMP): diversamente dagli altri nucleotidi regolatori che giocano un ruolo
importante in tutti i domini della vita, il di-GMP ciclico è prodotto solo dai procarioti. In effetti, i
genomi procariotici codificano per varie proteine che sintetizzano e catabolizzano il di-GMP ciclico:
la sua sintesi o degradazione dipende contemporaneamente sia dai segnali ambientali
(extracellulari) che intracellulari, e la sua sintesi porta a numerosi cambiamenti fisiologici,
parimenti anche all’espressione dei geni della virulenza. Specifiche proteine effettrici che legano il
di-GMP ciclico partecipano a svariate attività quali la produzione di esopolisaccaridi, la motilità, la
regolazione trascrizionale e la localizzazione delle proteine (sia quelle destinate alla secrezione che
quelle destinate alla superficie cellulare). Il di-GMP ciclico lega anche piccole molecole di RNA a
funzione regolativa, i cosidetti riboswitches: corti filamenti di RNA, parte di una molecola di
mRNA, in grado di legare direttamente una piccola molecola bersaglio, e come effetto di questo
legame, sono in grado di modulare l’espressione (a livello post-trascrizionale) di un determinato
gene. Un mRNA che contiene un riboswitch è pertanto direttamente coinvolto nella regolazione
della propria attività, in risposta alla concentrazione delle sue molecole bersaglio. [La scoperta
che i moderni organismi usino RNA per legare piccole molecole, discriminando molecole analoghe
strettamente correlate, ha ampliato le abilità naturali note dell’RNA al di là della sua capacità di
codificare per proteine, catalizzare reazioni e legare altro RNA o macromolecole. La definizione
originale di "riboswitch" sottolinea come essi siano sensibili direttamente alle concentrazioni di
piccole molecole di metaboliti; sebbene questa definizione sia rimasta nell’uso comune, alcuni
biologi hanno concepito una definizione più ampia, che include altri RNA regolatori in cis.] La
maggior parte dei riboswitch conosciuti si trova nei batteri, ma un tipo funzionale (il riboswitch
TPP) è stato scoperto nelle piante ed in certi funghi. Si pensa che il riboswitch TPP sia presente
anche negli archibatteri, ma non è ancora stata ottenuta