La filosofia politica
Sul pensiero politico di Fichte hanno influenza le vicende storiche contemporanee dalla rivoluzione francese alle guerre napoleoniche, che stimolano lo sviluppo della filosofi in senso nazionalistico. Fichte ha una visione contrattualistica e antidispotica dello Stato: lo scopo del contratto sociale è l'educazione alla libertà e il diritto alla rivoluzione. Se lo Stato non permette la libertà, chiunque ha il diritto di rompere il contratto sociale e di promuoverne un'altro. Lo Stato deve favorire lo sviluppo di una società di persone libere e responsabili: è quindi un mezzo di formazione per la società perfetta. Nei Fondamenti del diritto naturale secondo i principi della dottrina della scienza lo Stato è garante del diritto: la persona non può agire nel mondo se non è libera. I diritti originari dell'uomo sono tre: libertà, proprietà e conservazione e possono essere garantiti solo.
da una forza superiore, quindi dallo Stato. Altro compito dello Stato è quello di rendere impossibile la povertà, garantendo a tutti i cittadini lavoro e benessere. In conclusione Fichte propone uno statalismo socialistico, perché basato su un regolamento sociale della vita pubblica; e autarchico, perché autosufficiente sul piano economico. Non implica il comunismo: il diritto alla proprietà nasce dal diritto al lavoro. Lo Stato deve sorvegliare la produzione e la distribuzione del benessere e non deve avere contatti con l'esterno, perché problemi commerciali ed economici possono portare a guerre. LO STATO NAZIONE E LA CELEBRAZIONE DELLA MISSIONE CIVILIZZATRICE DELLA GERMANIA L'occupazione napoleonica della Germania ha avuto su Fichte un effetto di aumento del nazionalismo e del patriottismo. È questa la fase dei Discorsi alla nazione tedesca. Il tema di quest'opera è l'educazione: nel mondo serve una nuova azionepedagogica che permetta dimettersi al servizio del popolo e non di un élite. Secondo Fichte solo il popolo tedesco risulta essere in grado di promuovere la nuova educazione. Punto fondamentale è la lingua: i tedeschi sono gli unici ad aver mantenuto la loro lingua originaria e pertanto sono l'incarnazione dell'Urvolk, cioè il popolo primitivo rimasto integro. Per questo motivo sono gli unici a considerarsi un popolo, il popolo per eccellenza. Di conseguenza sono gli unici ad avere una patria e a costituire un'unità organica che si identifica con la realtà profonda della nazione. La Germania è dunque, per Fichte, la nazione eletta che deve realizzare l'umanità fra gli uomini. Occorre sottolineare che il primato del popolo tedesco è di tipo spirituale e culturale e che il fine dell'umanità è nei valori etici della ragione e della libertà.
Nel Sistema della dottrina del diritto, Fichte tenta di
Ricondurre il diritto alla moralità: il diritto è la condizione preparatoria della moralità e bisogna assicurare a ogni persona la realizzazione della moralità tramite una disciplina, che è il diritto.
Cenni alla seconda fase della filosofia di Fichte. Inizialmente si pensava che con l'affrontare il problema religioso, per Fichte si aprisse una seconda fase della filosofia. Dopo che si è assistito alla pubblicazione integrale delle opere di Fichte si è però giunti a conclusione che tra le fasi c'è continuità e non si può riconoscere due fasi distinte in modo netto.
La filosofia della storia. Fichte dichiara che lo scopo della vita dell'umanità è quello di conformarsi con la ragione in tutte le sue relazioni. In base a questo si distinguono due stadi:
Età dell'innocenza: La ragione è incosciente, istintiva.
Età della giustificazione e della santificazione: La ragione
Sipossiede.Tra questi due stadi sono racchiuse le varie epoche della storia. La prima è quelladell'ISTINTO dove la ragione non ha partecipazione con la volontà; la seconda è quelladell'AUTORITÀ, dove la ragione si esprime in personalità potenti; la terza è quella dellaRIVOLTA CONTRO LE AUTORITÀ ed è la liberazione dall'istinto. Nella terza epoca sisveglia nell'uomo il libero arbitrio. La quarta epoca è quella della MORALITÀ; la quinta èquella in cui la legge della RAGIONE cessa di essere ideale per diventare reale. In questoprocesso in cui la ragione si realizza, la storia è lo sviluppo della coscienza o del sapere. Ilsapere è l'espressione della potenza divina e non ha altro oggetto che Dio.
SchopenhauerVitaSchopenhauer, Arthur (Danzica 1788-Francoforte sul Meno 1860), filosofo tedesco, noto perla sua filosofia pessimistica. Schopenhauer studiò presso le
Università di Gottinga, Berlino e Jena. Si stabilì quindi a Francoforte sul Meno, dove condusse una vita solitaria, studiando approfonditamente le filosofie buddhista e induista e il misticismo. Venne anche influenzato dalle concezioni del teologo domenicano, mistico e filosofo eclettico Meister Eckhart, del mistico Jakob Böhme e dagli eruditi del Rinascimento e dell'Illuminismo. Nella sua opera principale, Il mondo come volontà e rappresentazione (1819), considerò fondamentali per la sua filosofia atea e pessimista elementi etici e metafisici. La sua metafisica fu marcatamente influenzata dal buddhismo, che egli unì felicemente alle idee cristiane nelle sue dottrine etiche. Si può riscontrare l'influenza della filosofia di Schopenhauer nelle prime opere del filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, nei drammi musicali del compositore tedesco Richard Wagner e in molte opere filosofiche e artistiche del XX secolo.
La volontàSchopenhauer
non condivideva le posizioni dell'idealismo e si oppose alle idee del filosofo tedesco G.W.F. Hegel, che identificava realtà e razionalità. Schopenhauer accettava invece, pur con alcune differenze, la concezione del filosofo tedesco Immanuel Kant secondo la quale i fenomeni esistono solo in quanto oggetti della percezione, dissentendo invece da Kant sul fatto che la "cosa-in-sé" fosse un limite irraggiungibile, posto oltre l'esperienza; egli la identificò invece con la volontà. Secondo Schopenhauer, tuttavia, la volontà non si limita all'azione consapevole; l'esperienza del sé, comprese le inconsapevoli funzioni fisiologiche, è volontà. Partendo dal principio che la volontà è l'intima natura del proprio corpo, che è "rappresentazione", apparenza fenomenica nel tempo e nello spazio, Schopenhauer concluse che l'essenza del mondo materiale è un'unicavolontà universale.
Il velo di Maya
Schopenhauer afferma che l'uomo può solamente percepire i fenomeni nel mondo e non la "cosa in sé", ovvero come il mondo realmente è (differenza fra essere e essere percepito), a causa del velo di Maya, il velo dell'illusione che ottenebra le pupille dei mortali a far vedere loro un mondo di cui non si può dire che esista né che non esista.
Sofferenza universale
Sollevato il velo di Maya dei sensi ingannatori, ciò che si rivela allo sguardo, dietro l'apparenza razionale del fenomeno, cioè del mondo come rappresentazione, è lo spettacolo di una volontà cieca e irrazionale, che non si propone altro scopo che la propria autoaffermazione. La volontà vuole se stessa: è una volontà di vivere cieca e astuta, che sfrutta ogni occasione per affermarsi, senza avere di mira uno scopo razionale. È questo per Schopenhauer il volto vero e demoniaco del mondo.
il mondo come volontà. Noluntas Per Schopenhauer il tragico dell'esistenza scaturisce dalla caratteristica della volontà di vita di spingere l'individuo al raggiungimento di mete successive, senza potersi mai placare, poiché la volontà è infinita. Essa conduce pertanto l'individuo al dolore, alla sofferenza e alla morte e in un ciclo infinito di nascita, morte e rinascita; l'attività della volontà può solo essere portata alla cessazione mediante un atteggiamento rassegnato, nel quale la ragione governa la volontà cercando di placare la lotta (ascesi). Questo atteggiamento viene definito termine che sta proprio ad indicare la condizione della volontà liberata, non più noluntas, cieca volontà di vivere, ma sua catarsi definitiva, non più propriamente "volontà", ma "non volontà" e proprio questo atteggiamento si deve avere per rispondere alla domanda.Se affermare o negare il mondo. Soren Kierkegaard
Kierkeegard nacque nel 1813 in Danimarca, dove si formò, ricevendo un'educazione molto rigida e religiosa; per tale motivo, egli crebbe con l'incubo del peccato. Si laureò all'età di ventotto anni con una tesi intitolata "Sul concetto di ironia", in cui criticava l'ironia dei romantici intesa come gioco e illusione; a questa ironia egli contrapponeva quella di Socrate, considerandola come un mezzo per condurre i suoi interlocutori alla serietà della vita.
L'ammirazione e la stima nei confronti di Socrate era grande; Socrate, infatti, condannato ingiustamente dal tribunale ateniese, rifiutò la fuga e accettò con dignità la morte. Questo era uno dei temi principali della filosofia di Kierkegaard, ovvero la necessità della scelta. Nel 1841 egli partecipò alle lezioni di Schelling a Berlino, rimanendo sconcertato dal fatto che l'idealismo si
sforzasse di dare una risposta ad ogni possibile questione. Questo perché l'idealismo era interessato solo alla verità oggettiva che prende in considerazione l'idea di umanità e non alle verità importanti per il singolo. Per Kierkegaard quello che conta è la persona nella sua singolarità e unicità. I cardini fondamentali del suo pensiero erano il concetto di singolo, la libertà e la possibilità. Per quanto concerne la singolarità, egli affermava che bisognava prendere in considerazione il singolo, perché ogni uomo rappresenta una creatura forgiata ad immagine e somiglianza di Dio; per questo motivo l'uomo manteneva un rapporto individuale con il suo creatore. In più egli sosteneva che l'uomo fosse libertà e possibilità: libertà di decidere e possibilità di scegliere. La libertà però non è soltanto qualcosa di positivo; la libertà haAnche un volto terribile, in quanto essere liberi significa scegliere tra due termini contrapposti, il male e il bene. Questo genera angoscia e disperazione.
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