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COMUNICAZIONE INDIRETTA: LE COVER DEL PERIODO BEAT
(THIS!)
La base generica di interrelazione unica e compatta delle sue
componenti, in particolare nel periodo-spartiacque del beat, spiega la
comunicazione indiretta della musica anglosassone: i ragazzi italiani
del periodo percepivano il messaggio della nuova canzone anche senza
compendere il testo, in un'Italia in cui la conoscenza dell'inglese era
a lvl minimi.
D'altro lato, proprio questa circostanza ha aperto la via agli adattamenti
in italiano dei brani originali, da noi dette cover. Queste tuttavia
nascono da un duplice impulso: il primo è l'intenzione di rendere la
canzone immediatamente accessibile anche nel testo (seppur a costo
della fedeltà all'originale)/ il secondo la destinazione al mercato: il fine
di fondo per cui la maggioranza delle canzoni di successo in Italia, a
partire dagli anni Cinquanta ma con un picco negli anni Sessanta, erano
versioni in italiano di brani statunitensi ed inglesi e anche francesi
era vendere facile. Ma a rendere praticabile l'operazione concorrevano
fattori ben precisi quali il ritardo biblico con cui arrivavano in Italia i brani
di successo in USA e UK → di qui la necessità di far conoscere i brani di
grande riscontro senza aspettare secoli. E l'accaparramento dei diritti si
rivelò quasi subito un affare coi fiocchi. Primeggia statisticamente la
“cover filologica”, ossia la ricerca di riproduzione puntuale degli
elementi originari, vocalità dell'interprete inclusa (cover maggiormente
scelta per l'impatto immediato dato all riproduzione identica soprattutto
della sonorità). Ma questo non ha impedito l'esistenza di un altro tipo di
cover, in cui la canzone originale viene rielaborata (sulla base dello
stile nuovo interprete), la “COVER CREATIVA” (i cui maggiori
esponenti erano Maurizio Vandelli dell'Equipe 84 e Shel Shapiro dei
Rokes).
Shel Shapiro è stato uno straordinario maestro dell'essenzialità,non
tendeva ad arricchire la cover, tutt'altro: era un genialoide proprio perchè
impoveriva il brano originale così capace di cogliere gli elementi
vincenti di un brano che all'epoca venne apprezzato universalmente. Es.
“ C'è una strana espressione nei tuoi occhi” da “When you walk in the
room” di Jackie DeShannon, totem intoccabile in USA→ nella cover dei
The Rokes essenzialità del riff, taglio dell'inciso (o ponte) [presente
invece sia nell'originale che nella versione dei The Searchers, band
inglese che fece un primo tentativo di rendere adatta a un pubblico beat
questa canzone]
Maurizio Vandelli al contrario arricchiva
Per quanto dal punto di vista musicale sia una cover filologica (stessa
progressione armonica di Bach e stesso impasto di organo Hammond
[strumento da quel momento diventato d'obbligo in Italia, prima si
usavano i Farfisa: pure i Pink Floyd usavano i Farfisa anche dopo
l'esplosione dell'Hammond]), un caso paradigmatico è sicuramente A
Whiter Shade of Pale, successo europeo e statunitense dei Procol
Harum (il nome di Procol Harum deriva da una storpiatura del nome del gatto
di un amico di Cordell, "Procul Harum", che peraltro in latino significa qualcosa
uscito in 45 giri lo stesso anno dell'album-
come "lontano da queste")
successo dei Beatles “Sgt Pepper” e nata come canzone di massa ma,
a causa delle sue contaminazioni, con non troppe speranze di facile
ricezione. Al compositore, pianista e cantante di estrazione classica
Gary Brooker infatti, si deve l'ideazione della formidabile
contaminazione con la musica colta (percorritrice del rock
progressive di fine anni Sessanta, inizio Settanta che si fonda da un lato
proprio sulla commistione con cadenze ritmiche e stilemi della musica
classica 7-800esca e dall'altro con il jazz), costruito sulla progressione
armonica della Aria sulla quarta corda dalla Suite nr.3 in Sol maggiore
di Bach, ma la suggestione fortissima era dovuta all'impatto della
commistione tra melodia e armonia classicheggiante con il lavoro di
un maestro del surreale, il songwriter e giovane intellettuale Keith
Reid. Insomma l'intento era di nobilitare letterariamente la canzone
L'intenzione di Reid era puramente evocativa, mirata alla
comunicazione non di una storia ma dell'atmosfera di questa,
attraverso immagini di sapore onirico prodotte da una percezione
distorta della realtà del protagonista-narratore, un uomo in stato di
alterazione alcolica e di sconquasso emotivo (la sua donna lo sta
lasciando) all'interno di un pub chiamato Fandango; l'intento era di
guardare all'inconscio → psichedelia, divagante di lì in poi
I diritti della canzone furono acquistati dalla Ricordi e l'adattatore della
cover italiana, l'onnipresente Mogol, figlio di un lavoratore della Ricordi,
fa l'esatto contrario: racconta anziché evocare; niente psichedelia e
ricerca di riferimenti letterari. Mogol dell'originale ha ripreso il light
nell'incipit (We skipped the light Fandango) per un riferimento alla luce,
poi ha trovato interessante l'idea del mal di mare (I was feeling kind of
seasick) e infine ha notato che c'erano due versi stranamente non
surreali, in cui si parlava di una richiesta di drink e del cameriere che
porta un vassoio. Non essendoci più nulla di “raccontabile” nell'originale,
Mogol ha proseguito con la storia banalizzante – ma evidentemente
sentita come più accettabile per il pubblico medio italiano –
dell'innamorato deluso e sbronzo che esce a prendere un po' d'aria
fresca in compagnia della prostituta reclutata solo a scopo di conforto.
Nella canzone di massa del '67 i 3 elementi della canzone dovevano
essere ben bilanciati: la musica qui ci sta che è uguale (se non per il
talento artistico dei musicisti inglesi), l'interpretazione è qui affidata a
uno dei gruppi più in voga del momento, i Dik Dik, con un vocalist che
riesce più o meno a porsi al lvl di Gary Brooker, e il testo che è un
adattamento mirato ad essere concepibile dal pubblico italiano; il
significato testuale originale non sarebbe stato percepito e forse
addirittura disprezzato, avrebbe compromesso la ricezione della musica.
Sebbene insomma la versione italiana non abbia nulla a che fare con i
versi straordinariamente evocativi e onirici con cui Keith Reid aveva
dato corpo narrativo alle melodie colte del grande Gary Brooker, la
Senza Luce dei Dik Dik (secondi insieme ai Camaleonti per
ammirazione del pubblico agli “Dei dell'Olimpo” Equipe 84 e The Rokes)
ha scalato le classifiche così come la versione originale dei Procol
Harum: è stata una canzone di grande successo che è entrata nella
memoria collettiva favorita da una sorta di lasciapassare per fare breccia
nella ricezione di massa conferito dall'originale. Canzone di massa di
riconoscibile valore artistico nella versione originale, canzone di
massa ben confezionata nella trasposizione italiana.
Va infine ricordato il fenomeno della cover non dichiarata → si
potrebbe parlare di utilizzo abusivo → si pensi al modo disinvolto di
operare coi diritti d'autore del Clan Celentano, scrivendo “Pregherò” e
“Tu vedrai” senza citare Ben. King, autore dell'originale Stand by me, né
gli altri autori.
Su questa lunghezza d'onda v'è poi il plagio creativo, nel caso ad es. di
Facciamo l'amore non la guerra interpretata dal duo Davide e Sara,
dove si ha un tentativo di riproduzione le battute iniziali di Good
vibrations dei Beach boys, cercando di amalgamarle con lo sviluppo
centrale del brano, la parte “creata”, che però è la parte più “farlocca”
LE COVER (facoltativo: l'ho preso da internet per parlare di DE ANDRE'
E LA COVER).
Vent’anni di Fascismo avevano impedito che in Italia la canzone,
genere destinato anche a un largo pubblico, potesse occuparsi di
argomenti seri e scomodi, e trasmettere dubbi e pessimismo
(‘disfattismo’ secondo l’ideologia e il linguaggio di regime). L’Italia del
dopoguerra, stretta fra il sogno/ ossessione di un boom che e solo
̀
economico e un moralismo di matrice cattolico-fascista, e fortemente
̀
arretrata anche in questo campo: se negli Stati Uniti c’era gia stata
̀
l’esperienza del blues e dagli anni Trenta era attivo Woody Guthrie, che
puo considerarsi il precursore dei cantautori; e se in Francia si era
̀
sviluppata la scuola degli chansonnier, e gia nella prima meta degli
̀ ̀
anni Cinquanta era emerso un grande cantautore quale George
Brassens; in Italia, escludendo il pionieristico episodio dei
Cantacronache (notevole per l’impegno sociale e politico, nonche per
́
la collaborazioni di Italo Calvino e di Franco Fortini, che scrissero
appositamente alcuni testi per il gruppo, ma artisticamente meno
interessante), il fenomeno della canzone d’autore restera sconosciuto
̀
fino agli anni Sessanta.
E dunque naturale che i primi cantautori italiani, per colmare
̀
questo gap, guardino ai loro corrispettivi d’oltralpe come modelli,
imitandone i temi e lo stile, e talvolta traducendone i brani come fa ad
esempio 1) Fabrizio De Andre con George Brassens , contribuendo
́
cosi a farlo conoscere in Italia tramite le sue versioni, fedeli sia nel testo
̀
sia nella musica.
Anche se l’influsso dei Beatles sui cantautori italiani riguarda piu l’aspetto
̀
musicale che non quello dei testi (ed e probabilmente almeno in parte filtrato
̀
in qualche modo da cantautori quali Bob Dylan e Leonard Cohen), va pero ̀
ricordato che senza Sgt. Pepper forse non avremmo mai avuto i concept
album di Fabrizio De Andre, e la canzone d’autore sarebbe rimasta legata a
́
forme musicali piu semplici e del tutto subordinate al testo (sullo stile di
̀
Georges Brassens o della prima Scuola Genovese).
2) Con Bob Dylan le canzoni diventano strumento e simbolo mondiale di
protesta in una societa ormai globalizzata, e trattano spesso anche argomenti
̀
di attualita quali la guerra, con riferimenti piu o meno espliciti alla guerra del
̀ ̀
Vietnam. Alcune sue canzoni vengono proposte in lingua italiana,
mantenendo la musica originale, da Fabrizio De Andre: Desolation
́
Row (Via della povertà
) , libera traduzione a quattro mani con Francesco De
Gregori, il quale contribuisce alla cripticita del testo e introduce riferimenti a
̀
Hitler e ai campi di sterminio, incubi ricorrenti anche in altre sue canzoni
(1940, Cercando un altro Egitto, Rumore di niente)5; Romance in
Durango (Avventura