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L'estetica è infine un analogon rationis, un analogo della ragione
che la tradizione filosofica identifica con l'immaginazione.
La definizione baumgarteniana ha dunque il merito di segnalare
che l'estetica non è una disciplina unitaria, che si sviluppa in
modo finalistico intorno a un solo nucleo tematico, ma ha una
pluralità semantica: teoria della conoscenza, psicologia e
antropologia empiriche, poetica e retorica.
E' proprio con Baumgarten che nasce anche la parola “estetica”,
nel 1735, quando riprende l'aggettivo greco aesthetike e
derivante da aisthesis (sensazione) e lo sostantivizza.
A cosa si appoggia Baumgarten? Alle idee di Leibniz → sullo
sfondo della riflessione baumgarteniana si colloca la teoria
leibniziana della conoscenza e la sistematizzazione data da
Wolff a inizio Settecento. Leibniz propone una classificazione
delle percezioni o conoscenze secondo la loro maggiore o minore
chiarezza e distinzione...[collegare Leibniz]
Al centro della riflessione di Baumgarten c'è un problema di tipo
gnoseologico: distinguere con esattezza le diverse facoltà
conoscitive, i vari livelli della conoscenza e le specifiche forme di
perfezione che ciascun livello può attingere.
1751 - “Encyclopèdie” di Diderot e D'Alambert, che è un progetto
di catalogazione del sapere. Nell'articolo sul bello, che Diderot
scrisse per l'Encyclopèdie, la purificazione e lo svuotamento
dell'idea di bellezza è spinta fino all'estremo: Diderot definisce
infatti il bello come “tutto ciò che contiene di che suscitare nella
mia mente l'idea di rapporti” → Diderot definiva in questo modo il
bello come un significante eccedente (e, implicitamente, il
gusto come il senso della significazione)
1757 - “Inchiesta sul bello e sublime” di Edmund Burke,
teorico del sublime →
1. concetto attribuito al filosofo greco Pseudo Longino; il suo è
un sublime retorico,che ci sovrasta ma nella nostra mente
abbiamo la capacità di contenere l'infinito= manifestazione della
grandezza umana, in cui il soggetto domina l'infinito
2. Nicolas Boileau aveva distinto tra stile sublime ed effetto
sublime: se il primo non è altro che uno dei generi dell'oratoria
individuati dalla retorica antica, il secondo consiste nello
“straordinario” e nel “meraviglioso” che ci colpiscono nel
discorso → Boileau presentava dunque il sublime come un fatto
al tempo stesso stilistico e psicologico.
Sin dal titolo del trattato di Burke si comprendono le linee guida
del suo approccio al tema del sublime: quella proposta è una
ricerca filosofica sull'idea del sublime condotta a partire da una
psicologia empirica delle passioni e da una teoria empirica della
conoscenza di stampo lockiano, secondo cui le idee e i sentimenti
traggono origine dalle sensazioni.
Per Burke è un diletto (delight) e si muove sulla scala del dolore.
Individua 3 stadi, di cui 2 scale distinte associate a 2 valori
entrambi positivi (non come molti che son convinti che il piacere
nasca da una cessazione o diminuzione del dolore):
1. una del piacere, alla cui cima sta l'incontro con il BELLO -no
emozioni ma serenità + l'idea di vita e di salute
2. e una del dolore, alla cui cima c'è l'incontro con il terrificante
(l'uomo si perde dinnanzi all'infinito terrificante) quindi il
SUBLIME/delight -forti emozioni che l'uomo è desideroso di
provare. Emblema del “Sublime” è il quadro Viandante sul mare
di nebbia [all'origine dell'idea del sublime ci sarebbero la
contemplazione di spazi di ampie dimensioni (montagne,
distese oceaniche, vaste pianure) e di una potenza “dove la
nostra immaginazione si perde”, il sentimento dell'infinito, il
grandioso e l'eccessivo, così come determinati colori,sapori e
suoni: la concezione burkiana del sublime non è infatti
caratterizzata da un primato della visione, bensì si apre a
considerazioni sul tatto,udito e gusto.]
3.e lo stadio di indifferenza o “grado zero delle passioni”, la
situazione neutra o condizione di stasi alla base della scala del
dolore.
Distingue quindi 2 tipi di piacere: un Piacere che è
semplicemente tale e non ha relazione con altre emozioni (quello
del Bello) e quel piacere che chiama Delight che non può
esistere senza una relazione col dolore (quello del Sublime)→ le
passioni che riguardano l'autopreservazione infatti si riferiscono
al dolore: malattie e morte( la più grande che nessuno in realtà
vive) riempiono la nostra mente di forti emozioni, a differenza
dell'idea di vita e salute. In parole dell'autore stesso: “le passioni
pertinenti all'autopreservazione riguardano il dolore e il pericolo;
esse sono penose quando le loro cause ci colpiscono
direttamente; sono invece dilettevoli quando abbiamo un'idea del
dolore e del pericolo senza trovarci a contatto con essi; questo
diletto non l'ho chiamato piacere perchè attiene al dolore e
perèch è abbastanza diverso da un'idea di piacere positivo. Tutto
ciò che suscita tale diletto lo chiamo sublime”
Con Kant si completerà poiché il sublime per costui è la perdita di
se stessi, da cui si torna con maggiore consapevolezza. Piacere
negativo [diff. da Addison dove il piacere è positivo].
Differenza BELLEZZA e SUBLIME
1) La bellezza è un sentimento d'amore, di tenerezza e affetto / il
sublime un sentimento di stupore e terrore
2) La bellezza è il prodotto della qualità dei corpi, vedere il bello
significa amare una forma/ il sublime è prodotto dalla natura, in
particolare di fronte a qualcosa di molto grande e minaccioso
3) - Gli oggetti belli sono piccoli / gli oggetti sublimi sono vasti
- la bellezza è liscia e levigata / la grandiosità è ruvida e
trascurata
- la bellezza dev'essere leggera e delicata / la grandiosità
dev'essere tetra e tenebrosa, solida e massiccia
1757 - “The Standard of Taste”, di David Hume, (scettico
antimetafisico: il rapporto causa-effetto non è smepre lo stesso)
padre dell'empirismo inglese (con cui si inizia a parlare di
Gusto)è una raccolta di tipo saggistico di scritti che predilige il
metodo induttivo volta a trovare quel valore estratto da
un'esperienza soggettiva ma valido universalmente per
renderlo giudizio (il giudizio logico è unico, quello di gusto è
molteplice). [Hume vuole evitare il relativismo, ci devono essere
cose universalmente belle] Hume parla di una Fabbrica Interiore
comune a tutti, sia al raffinato critico che al pastore, che possono
godere del bello. Fabbrica interiore = capacità di percepire
esperienze soggettive, che va “educata”. Per Hume il problema è
il gusto → teme che il soggettivismo porti al relativismo e con
quest'ultimo la società si disgregherebbe in mille pezzi → bisogna
dare una Regola del gusto , perchè la società sia coesa e per
accordare i vari sentimenti dell'uomo: ogni uomo dovrebbe
considerare solo il gusto del bambino. Serve poi un forte buon
senso, unito ad un sentimento squisito della pratica (cita il Don
Chisciotte per definire la Squisitezza, senza la quale, il giudizio di
un critico è grossolano) ed arricchito dall'abitudine del
confronto.
1781 - “Critica della ragion pura” (capacità di conoscere):
tentativo di legiferare il mondo rigido della natura/scienza,
attraverso l'intelletto che la scompone → natura – fenomeno –
sintesi a priori – conoscenza legata alle cose – giudizio logico &
scientifico
1788 - “Critica della ragion pratica” (capacità di esperire):
tentativo di legiferare il mondo fluttuante della morale → libertà –
morale – autonomia – mondo delle scelte libere, noumenon –
imperativo categorico [il “Tu devi” è il limite massimo entro cui
la mia libertà può andare. La capacità che ci permette di
prendere decisioni morali è chiamata ragione pratica pura che è
in contrasto con la ragione pura (la capacità di conoscere) e la
semplice ragion pratica (che ci permette di interagire con il mondo
dell'esperienza).]. Per Kant in realtà esiste una ragione pura
pratica, che opera indipendentemente dall'esperienza, e una
ragione empirica pratica, che opera sulla base dell'esperienza,
scegliendo di concentrarsi sulla seconda perchè la parte pura
obbedisce a una legge universale e legittimata, mentre quella
empirica può darsi delle massime dipendenti dall'esperienza e
quindi non legittime.
“Due cose riempiono l'animo di ammirazione e venerazione sempre
nuova e crescente, quanto più spesso e più a lungo la riflessione si
occupa di esse: il cielo stellato sopra di me, e la legge morale
- Critica della ragion pratica
dentro di me. »
1790 - “Critica della facoltà di giudizio” non deve essere
considerata solo come la 3a critica kantiana, bensì come una
riformulazione e un approfondimento dell'intera filosofia critica e
trascendentale,a partire da un asse teorico che lega il sentimento
di piacere e dispiacere con la facoltà del giudizio e con il principio
a priori della finalità. Kant approfondisce la propria concezione
dell'esperienza in generale, ossia del rapporto tra le facoltà
dell'animo umano e gli oggetti cui esse si applicano.
In due parole, questa critica è un tentativo di conciliare i 2 mondi
(rigido fisico-matematico e fluttuante della libertà) attraverso il
sentimento.
Compito dell'introduzione alla Critica è infatti chiarire in che modo
possa essere raggiunta una mediazione tra questi due ordini, tra
il determinismo del mondo naturale/fenomenico e la libertà
delle azioni umane, tra la dimensione del conoscere e quella
dell'agire: appunto attraverso un esame dei sentimenti che
sorgono nel rapporto tra l'animo umano e gli oggetti, i diversi
momenti della conoscenza e dell'agire dovrebbero trovare un
momento di mediazione nel sentimento e nel giudizio.
Il famoso paragrafo 51 vede infatti la ripresa della distinzione di
Batteux fra il mondo dominato dall'intelletto e quello dominato dal
gusto. Kant pensa che il giudizio estetico – capacità di inserire il
particolare dentro l'universale – sia il mezzo di congiunzione
fra i 2 mondi. Prima del giudizio ci si era basati o sul gusto o sul
senso comune per legittimare