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CRISI ESTETICA DELLA CIVILTA'
L'età contemporanea non è caratterizzata dalla crisi dell'estetica,
ma dalla “crisi estetica” della società → una volta morta l'idea di
civiltà, l'individuo può dare libero sfogo alle pulsioni, con la
conseguenza di sentirsi autorizzato a rinunciare al valore sociale
delle sue azioni ma non alla società, per divenire il cinico promotore
di se stesso. Le crisi possono avere diversa natura: quelle normali
hanno il carattere della continuità, poiché la visione del mondo resta
la stessa; quelle storiche,invece, hanno il senso di un mutamento
radicale perchè le convinzioni non sono più le stesse e l'uomo si
trova “senza mondo”. E' il sentirsi senza sicurezze a costringere
l'individuo a creare per sé un mondo consapevolmente
falso,fittizio.
Paul Valery ha visto nell'idea di progresso il tentativo di “unire i
benefici della vita con i vantaggi della morte”. L'uomo civilizzato
“è una sorta di mostro”, perchè manifesta delle ambizioni
stravaganti e un'illimitata avidità di sapere e di ricchezze.
INDIVIDUALISMO ESTETICO DEL NEOCINICO
Intimismo e intimità
Per comprendere la direzione socialmente antisociale dell'intimismo
è necessario metterlo a confronto con la nozione di intimità.
- L'intimità si muove verso l'esteriorità, è all'affannata ricerca di un
soggetto altro, ha una vocazione sociale/ L'intimismo si muove
verso l'interiorità, la dimensione sociale dell'esistenza è importante
solo in quanto strumento per la crescita del sé, perchè tendente
esclusivamente a valorizzare il privato con oggetti simbolici
prelevati dalla società.
- L'intimità intensifica il sentimento estetico dell'esperienza erotica
perchè la fonda sul rapporto reciproco di cui fa un motivo di
bellezza etica oltre che di godimento/ L'intimismo manifesta
anch'esso un significativo rapporto con il sentire, la cui intensità
è pari, ma contraria, a quella dell'intimità, perchè integralmente
interiorizzata.Nel tempo l'intimismo ha generato in tutti gli ambiti
culturali l'idea che la sfera privata conti più di quella pubblica
Per tutti questi motivi l'intimismo può essere considerato il
pensiero portante di un vasto processo di decivilizzazione
sociale, estetica ed erotica dell'esistenza, cui ha dato vita il tipo
umano del narcisista neo-cinico.
Societa' del rischio e societa' liquida
La fine dell'idea di civiltà ha generato l'impressione di vivere in una
società avvolta in un magma fluido → Zygmunt Bauman, autore di
Modernità liquida (2000), ha sottolineato questa condizione
dell'individuo dicendo che “il nostro è un tipo di modernità
individualizzato, privatizzato”. Nella “modernità pesante” veniva
pensata conforme alla ragione; la modernità liquida apre
inimmaginabili spazi di creatività, proietta il sentire estetico
nella direzione di nuove e imprevedibili collocazioni sociali.
Essere introdotti in un mondo liquido vuol dire poter accedere a una
“gamma infinita di possibilità”: l'eccitazione di fronte a nuove
sfide in una infinita avventura del tutto individuale sotto il segno
dell'eccesso. Il lato oscuro della “modernità liquida” è la sparizione
di quel principium individuationis, celebrato dalla “modernità
pesante” quale fonte del processo di civilizzazione. I concetti di
rischio e di vita liquida, evocati da Beck e Bauman, sono tra loro
connessi dal riferimento costante alla situazione di smarrimento
dell'età contemporanea.
Il narcisismo – dice Sennett – è arrivato da una cultura che non
crede più nella sfera pubblica, e in cui l'intimismo domina come
criterio per stabilire la significatività del reale.
IL PRAGMATISMO ESTETICO DEL NEO-CINICO
L'indifferenza ammiccante del neo-cinico
Tra cinismo antico e neo-cinismo vi è un singolare rapporto, in
quanto ambedue sono guidati da una volontà eccessiva, tesa
ad alimentare una convinta opposizione alla società; la diversità
sta negli obiettivi antitetici. L'atteggiamento neo-cinico - nato dalla
tragica consapevolezza della minaccia inscritta nell'insensatezza
del destino – non ha nulla a che fare con la protesta degli
antichi cinici, non ingaggia nessuna battaglia contro il destino,
perchè si abbandona alla rassegnazione. Questa rinuncia è
classificata da tre linee direttrici: il fanatismo, l'indifferenza,
l'autotradimento. L'indifferenza è tradotta “nella perenne
disponibilità a farsi complice di qualunque cosa ed a qualunque
prezzo”.
Il Neocinismo → è complice del potere (riesca a scalare le
gerarchie sociali), usufruisce di tutte le sue possibilità. Il neocinico
riesce a controllare la sua depressione, non disdegna di avere a
che fare con il potere. Il Neocinico rispetta le regole etiche del
tempo perchè è funzionale alla società che egli stesso critica.
Il Cinismo antico → non è complice del potere, ed è in conflitto
con esso, viene valorizzata una vita quasi primitiva [atteggiamento
distaccato dal potere e contro l'etica del tempo]. Basti pensare al
libretto “Il nipote di Rameau” di Diderot, del 1805, uomo dalle mille
maschere che è espressione del cinismo più sfrenato, riesce ad
ottenere tutto ciò che vuole grazie a questo cinismo; è un parassita
che vive di bassezze e vizi, consapevole che solo recitando la parte
del giullare si può strappare alla società piacere&godimento.
LA MELANCONIA ESTETICA DEL NEO-CINICO
Il processo di decivilizzazione ha anche un suo versante oscuro,
messo in ombra dall’eccitazione connessa alla ricerca del piacere.
Quando il neo-cinico sente su di sé il peso dell’insoddisfazione, la
tensione verso l’appagamento rivela il suo lato depressivo (Julia
Kristeva: “La depressione è il volto nascosto di Narciso”). Il neo-
cinico melanconico ha un vantaggio rispetto agli altri soggetti afflitti
dallo stesso malessere, ha una risorsa nascosta consistente nel
saper controllare la depressione e trasformarla nel fare e
sentire ad oltranza. Il passo decisivo verso la melanconia appare
decisivo quando l’inclinazione recessiva prende il sopravvento su
quella eccessiva, cioè sulla necessità di mantenere un rapporto
positivo con la società. Se la direzione delle pulsioni fosse
esclusivamente recessiva la malinconia neo-cinica avrebbe solo un
senso mortifero.
Questa disposizione psicologica (la melanconia) è stata
storicamente classificata in 2 modi fondamentali:
1. Nel melanconico artista: come una forma di sensibilità artistico-
culturale ricevuta in dono dai nati sotto l’influenza di Saturno, fonte
di un’esperienza estetica e creativa dai toni alti e magici/ è
indirizzata a rafforzare l’identità del soggetto quale presupposto
dell’espressione artistica,
2. Nel melanconico recessivo: come un disturbo psichico
associato al riflusso estetico, una forma patologica di anestesia, di
“perdita della libido” trasformatasi in impotenza ad agire / l’io vaga
alla ricerca del suo sé, cammino intimista che lo rende inespressivo
e oscuro. Il suo bersaglio è esclusivamente l’homo faber ed è
contro l’illuministica idea di progresso e civilizzazione.
In ambedue le forme di melanconia è presente uno stesso pathos
emozionale da cui ha origine la volontà di desiderare
l’impossibile
Se la melanconia dell’artista ha un senso espressivo e creativo e
quella del melanconico recessivo ha un senso inespressivo ed è in
conflitto con l’homo faber,
3. la melanconia del neo-cinico è espressiva ed inespressiva allo
stesso tempo, è depressivo-maniacale. La sua espressività sta
nella volontà di esserci, mentre l’inespressività sta nel fatto di
ricondurre questo suo fare ad una dimensione individualistica. Il
neo-cinico sconvolge la tradizionale idea di melanconia: è un
melanconico inespressivo per quanto riguarda le sue aspirazioni
continuamente rinviate e frustrate ed è un melanconico del fare
per quanto riguarda la sua volontà narcisistica di essere un
protagonista sociale. E’ un neo-melanconico dal momento che la
sua psiche si è sottratta al giogo del lutto, ma non è nemmeno
un’anima totalmente appagata giacché è alla continua ricerca del
piacere.
L’INAFFERRABILE SPETTRO DEL PIACERE
La rinuncia all’oggetto del piacere oggi non sembra avere più
corso, essa ha ora assunto la forma di un’ingiunzione a godere che
troverebbe la sua giustificazione, secondo Lacan, nel riferimento
alla perversione di Sade e nell’etica di Kant. Essi
rappresenterebbero le due facce di una medesima inclinazione
filosofica la cui peculiarità è di sovvertire l’idea di etica. Kant e Sade
opererebbero sotto il segno dell’eccesso, come “godimento della
privazione” il primo e come “godimento dell’eccitazione senza limiti”
il secondo. Il “Devi!” e il “Godi!” sono uniti dalla “stessa logica:
il soggetto risulta subordinato a una volontà di godimento” -> ecco
qual è il ragionamento che motiva il comportamento del neo-cinico:
se non è possibile che io mi impossessi del piacere, posso
comunque puntare al godimento. Il neo-cinico diventa il convinto
interprete contemporaneo dell’imperativo kantiano e del diritto
saziano al godimento del corpo altrui.
L’ANEDONIA ESTETICA DEL NEO-CINICO
L’intimismo estetico e la dipendenza dal piacere provocano nel
neo-cinico la sorda incapacità ad apprezzare il gusto dell’attesa, il
sostare affinché si manifesti in tutta la sua grandezza l’àgalma,
quel bene prezioso dietro cui si è ritirato il godimento. L’estetica
intimistica assunta a guida della propria vita e la ricerca esasperata
del piacere, diversamente dal principio di piacere e di realtà i quali
puntano a tenere bassa la tensione pulsione, tendono a causare
eccitazione ed inquietudine, fino ad ottenere il risultato contrario,
cioè l’insorgere di un deficit nel sentire, l’insensibilità alle cose del
mondo. Un piacere senza grandezza: il niente