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Nel mondo moderno si pensa che l’arte debba provocare sensazioni piacevoli e che le opere siano

un mero abbellimento o una semplice decorazione da possedere per aumentare il prestigio sociale.

Nell’arte contemporanea oggetti ed opere prive di valore vengono elevati ad opere d’arte.

In ambito letterario già negli anni Trenta si può constatare una consapevolezza in anticipo sui tempi.

Musil considerò una manifestazione abbreviata del sentire in ambito letterario e culturale; Sontag,

riferendosi alla sensibilità “camp” (sinonimo di ostentato ed effeminato), la collega all’amore per il

teatrale e l’esagerato, quel gusto aristocratico e un po’ snob.

L’arte contemporanea è consapevole di sfruttare elementi kitsch. Già Duchamp e la Pop-Art usano

elementi “bassi” o presi direttamente dalla cultura popolare.

Così gli artisti valorizzano consapevolmente questo concetto. Ad esempio Feldmann ha impostato

le sue opere artistiche appropriandosi della volgarità e dell’insensatezza del quotidiano; propone un

mondo al capovolto, appende quadri al contrario e dissacra icone e simboli leggendari. Ha applicato

un naso da pagliaccio sul volto di George Washington stampato sulla banconota da un dollaro o ha

ricoperto con una spugna il pube di un falso nudo di Modigliani.

Tuttavia anche nell’arte contemporanea persiste un uso insignificante del kitsch, come messa in

scena che l’artista fa di se stesso e del suo eclettismo. In questo senso il kitsch è esibizione di un

effetto estetico che lascerà al disorientato fruitore la possibilità di interpretare e trovare

personalmente un qualche senso in qualcosa che non lo ha. Ad esempio in Butter di Jeff Koons, ex

marito della pornostar Cicciolina, un pezzo di burro è accostato a un seno provocante sullo sfondo

della spiaggia, incorniciato da un perizoma bianco. L’arte si appropria della banalità.

Lo sviluppo del kitsch è conseguente alla richiesta di un pubblico che ricerca nell’arte puro

divertimento.

Possiamo intendere il kitsch anche come un’arte trash. Spesso, nel XX secolo, gli artisti hanno

sfruttato il riciclaggio per creare nuove opere. Questo avviene perché la produzione aumenta e

aumentano di conseguenza anche gli scarti. Così un pezzo da costruzione senza più scpo veniva

elevato ad opera d’arte.

Nei Trash people, esposti in tutto il mondo, Ha Schult, ha realizzato degli accumuli di rifiuti dalla

forma antropomorfa, composti di lattine di bibite, tastiere di computer e fili per consentire di

meditare sul consumismo e sul degrado ambientale che si ripercuote sui suoi stessi artefici.

Il kitsch scivola nel trash, quel prodotto culturale di bassa qualità e di poche pretese, che si

allontana da un tipo di arte “alta” e si contrappone, spesso ironicamente, ad essa.

L’orrore

In un mondo dilaniato dalla dissonanza, l’orrore non poteva che consentire una migliore e più

profonda comprensione di una società tormentata e dei suoi aspetti più irrappresentabili.

Il termine “orrore” deriva dal latino “horréo” che allude ai peli che si drizzano, alla sensazione della

pelle d’oca, una sorta di paralisi che impietrisce chi prova lo spavento dell’orrore.

In ogni epoca ha segnato in modo brutale l’esistenza privata e pubblica delle comunità sociali e

politiche dell’intero globo ed ha ripetutamente trovato un posto nell’arte.

La testa della medusa dalla capigliatura composta da minacciosi serpenti che immobilizza chi la

guarda fino a pietrificarlo è l’emblema paradigmatico dell’orrore, contro il quale può servire solo

l’astuzia e non la forza.

Perseo, per uccidere la medusa, ha riflesso sul suo elmo la figura mostruosa che è rimasta

pietrificata dal contemplare se stessa.

La storia della medusa fu analizzata da numerosi intellettuali come Freud e Paul Celan. A partire

dal V secolo a.C. fu proposta artisticamente fino alle celebri raffigurazioni di Caravaggio e Rubens.

In molte opere d’arte degli ultimi decenni trionfa l’orrore, tanto che si può parlare di un’estetica

dell’orrore. Come per Cindy Sherman o le performance sanguinolente e orgiastiche degli anni

Sessanta.

L’espressione artistica dell’orrore sembra non avere limiti.

L’uomo cerca parole, note musicali o immagini per esprimere l’orrore che gli si presenta di fronte

agli occhi quotidianamente. Nel XX secolo l’orrore è diventato un fenomeno reiterato ed ha

coinvolto un grande numero di uomini come nella tragedia di Hiroshima e Nagasaki e nello

sterminio degli ebrei, che sono considerati esempi dell’apice della disumanizzazione.

Anders riteneva che solo il silenzio potesse dar voce all’orrore, ma il silenzio porta alla

dimenticanza mentre le parole e le immagini fanno riflettere e generano una consapevolezza

profonda negli occhi di chi guarda.

Egli riteneva che la realtà della guerra mondiale era stata talmente dura ed inquietante che qualsiasi

opera d’arte non sarebbe mai arrivata fino al punto di cogliere ed esprimere tale drammaticità.

Inoltre tentare solamente di creare una sinfonia dedicata ad Auschwitz cela in sé una natura

pretenziosa e arrogante.

L’arte tiene in vita l’orrore.

Camminando per Amburgo o per Auschwitz si lo si può percepire amaramente. Le distruzioni della

guerra sono lasciate intatte nel centro di città moderne e pulsanti di vita. L’architettura diviene così

un prezioso scrigno della memoria. Questa sfida contro l’oblio è necessaria affinché ogni individuo

abbia la consapevolezza del proprio passato.

Il museo ebraico di Berlino, allo stesso modo, ha fornito un monito perenne della catastrofe che si è

abbattuta sul popolo ebraico e sull’intera umanità. Ampio spazio nel museo viene lasciato al vuoto,

affinché sia evocata la perdita di milioni di vite, la mancanza dell’umanità e il silenzio di Dio.

Fondamentale testimonianza è quella de I sommersi e i salvati di Primo Levi, in cui descrisse le

tragiche vicende avvenute nei lager durante la Seconda Guerra Mondiale. Egli scrisse che molti

sopravvissero soltanto grazie alla musica, alla letteratura o alla poesia e altri invece sfruttarono

l’arte come cura per superare i traumi subiti come vittime.

Jospeh Beuys, che partecipò al conflitto mondiale, una volta terminata, visse una profonda crisi

interiore che riuscì a superare soltanto attraverso la pratica artistica. Anche altri artisti intrapresero

la strada dell’arte per purificarsi dalle drammatiche esperienze del conflitto.

L’arte è una fonte di speranza ed una difesa dall’orrore del reale.

Ad esempio, in un atipico ghetto-lagher nella Repubblica Ceca, furono permesse rappresentazioni

artistiche e culturali come mezzo di speranza purché non fossero divulgati contenuti ostili verso il

nazionalsocialismo.

La storia del XX e XXI secolo è piena di orrore ed anche oggi sono alla portata di tutti le tracce

della guerra e della distruzione. Come nelle fotografie di Nina Berman che rappresentano la

disperazione e l’orrore della guerra.

Susan Sontag elaborò un’importante riflessione sulla presenza dell’orrore nell’arte.

Ella osserva che il primo incontro visivo con fotografie che rappresentano massacri e violenza sarà

traumatico e scioccante, ma con il tempo ci abitueremo e le fotografie dell’orrore ci stancheranno,a

al punto da non suscitare in noi più alcune emozione. Per la Sontag soltanto la “novità”

dell’immagine esercita su di noi un effetto disorientante, ma tanto più diventerà familiare, quanto

meno ci impressioneranno le immagini.

Altri intellettuali, invece, non ritengono necessaria l’esibizione spasmodica e a scopo prettamente

commerciale dell’orrore. Come nel caso del reportage sulla vicenda di Abu Ghraib sugli abusi degli

iracheni. Le foto mandate in onda erano oscene, spesso inguardabili. Anche le tragiche immagini

sull’attentato alle Torri Gemelli ritraggono scene orribili, ma trasmesse per catturare l’attenzione

del pubblico. Quanto la nostra sensibilità può sopportare ciò?

L’ horror è anche un genere letterario e cinematografico. Paradossalmente si è allo stesso modo

attratti e terrorizzati nei confronti di film come Il silenzio degli innocenti, Psycho, Shining e lo

Squalo.

Esiste anche una parte del cinema italiano che si è occupata della produzione dei disastri bellici,

come la Trilogia della Guerra, Roma città aperta e Germania anno zero di Rossellini. Attraverso

questi film riviviamo l’orrore della guerra in maniera profondamente realistica.

Quindi l’arte contemporanea riflette il dolore e la morte che vive ogni giorno nella realtà.

Chapman esibisce l’orrore dello sfruttamento e della violenza divampata durante il periodo della

schiavitù e della guerra, come nelle opere Disaster of war III o Rivers f Blood e allo stesso modo

Kara Walker mostra attraverso gigantesche scenografie la sottomissione degli schiavi da parte dei

loro padroni. Così l’arte serve a rendere coscienti i propri fruitori e ammonirli sui crimini della

guerra. Il terrore

Il mondo odierno è oscurato da guerre e dispotismi, da esseri umani torturati e crudeltà del governo

locale, donne martoriate e lapidate, bambini soldato arruolati e giustiziati senza scrupolo. Ma di

queste tragedie, l’Occidente globalizzato, sembra non farci caso. Le dissonanze del contemporaneo

si riflettono nell’arte, ma solo superficialmente. Il terrore puro presente ancora nel nostro tempo,

viene la maggior parte delle volte tralasciato.

Infatti nei Paesi in cui divampa la guerra o sono presenti regimi dittatoriali gli artisti sono costretti a

tacere; e così fuggono o si esprimono solo in segreto e con estrema difficoltà tra carcere e censure.

Così sembra che il terrore abbia una realtà molto attenuata, dal momento che non gli viene data una

rappresentazione adeguata nell’arte. In realtà l’Occidente tende ossessivamente a rimuoverlo,

mentre tanti altri paesi, in cui i diritti umani non sono praticamente presenti, lo sperimentano

quotidianamente.

Contrariamente all’orrore, il terrore è quella paura che fa tremare il corpo e lo spinge a fuggire.

Pochi artisti hanno tentato di ricreare una semplificazione emozionale, che si è rivelata tutt’altro che

veritiera; invece la fotografia detiene il primato di testimonianza del terrore.

Peter Leibing immortalò l’attimo lucido ed incosciente in cui Schumann, primo disertore della

Repubblica Democratica Tedesca, saltò al di là del filo spinato e oltrepassò con un balzo la linea di

confine tra est e

Dettagli
A.A. 2016-2017
23 pagine
2 download
SSD Scienze storiche, filosofiche, pedagogiche e psicologiche M-FIL/04 Estetica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher marta.vannelli di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Estetica e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi Roma Tre o del prof Iannelli Francesca.