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SILE
Supported Intentional Learning Environment) ad opera di Bereiter e Scardamalia. Nella versione più
recente, l’ambiente si chiama Knowledge Forum (KF) per cui si parla di Knowledge Building Community
(KBC). Quadro teorico
2.1
Bereiter critica la concezione della mente e della conoscenza che caratterizza sia le teorie di senso
comune che la teoria della cognizione situata. Punto debole delle prime sta nel ritenere la mente come una
sorta di magazzino in cui vanno a finire le conoscenze che provengono dall’ambiente. Mente individuale e
mondo fisico sono visti come entità separate: l’apprendimento consiste nel progressivo riempimento di quel
magazzino con conoscenze che formano i suoi saperi. Molti contenuti immagazzinati, però, non vengono
più utilizzati per risolvere i problemi quotidiani e favorire l’apprendimento successivo. Il dualismo tra mente
e mondo fisico viene superato nell’approccio della cognizione situata, in quanto la conoscenza è
incorporata nelle pratiche di azione e negli strumenti utilizzati, ma essa è inseparabile dalle attività in
quanto parte integrante delle abilità degli individui che vi prendono parte. Secondo Bereiter sia le teorie di
senso comune che quella della cognizione situata non spiegano l’autonomia di certe forme di conoscenza
che sono svincolate dalle menti dei singoli individui così come dalle loro pratiche, e prive di collocazione
fisica. Egli riprende la distinzione di Popper tra Mondo 2, la conoscenza che esiste nella mente degli
individui, e Mondo 3, la conoscenza come astrazione che esiste al di sopra del livello individuale. Gli
artefatti culturali appartengono al Mondo 3, in quanto prodotti intellettuali astratti. Idee e teorie
appartengono al Mondo 2, in quanto sono forme individuali di conoscenza, prima di appartenere al Mondo
3, quando si staccano dal loro autore e assumono una vita propria.
Alla scuola non è richiesto di agire solo nel Mondo 2, ma anche nel 3, per insegnare agli studenti a
produrre conoscenza. A tal riguardo, Bereiter distingue tra apprendimento e costruzione di conoscenza:
il primo ha lo scopo di migliorare lo stato della mente dei singoli, la seconda è volta al miglioramento della
conoscenza.
2.1 Organizzazione dell’ambiente
Questa premessa teorica ha portato alla costruzione di C un ambiente teorico per la costruzione
SILE,
collaborativa di conoscenza da parte di una comunità, centrato su un database comune a cui gli utenti
possono accedere, che contiene testi e note scritte da tutti gli studenti e modificabili nel tempo. CSILE-
Knowledge Forum mette a disposizione dei supporti alla scrittura per facilitare la discussione (scaffolds),
cioè strutture linguistiche predefinite che un autore può collocare dove vuole all’interno di una nota. Le note
che sono state prodotte possono essere raccolte e organizzate in prospettive (views) sulla base degli
aspetti specifici da cui guardare una questione. Esiste anche una nota speciale chiamata Rise-above
(punto di sintesi superiore) attraverso cui lo studente sintetizza il percorso di sviluppo della conoscenza da
parte della comunità.
Il ruolo dell’insegnante in questo ambiente è quello del partecipante esperto nel campo disciplinare che
coordina un gruppo di ricerca, stimolando la ricerca degli studenti a partire dalle loro domande.
Uno strumento di valutazione importante al quale si fa ricorso è il portfolio, sia individuale che di gruppo, in
quanto strumento che raccoglie i prodotti delle attività svolte, a documentazione dello sviluppo della
competenza nel tempo.
Risultati
2.3
Nella scuola elementare e media è stato documentato che gli ambienti KF fanno acquisire meglio di quelli
tradizionali le abilità misurate dai Canadian Tests of Basic Skills (vocabolario, comprensione della lettura,
calcolo aritmetico…)
Un’esperienza nel nostro paese
2.4
Un’esperienza con KF, che ha coinvolto studenti universitari della facoltà di psicologia di Padova, si è svolta
come seminario nell’ambito del corso di psicologia dell’educazione nell’ a.a 2001-2002. Lo scopo era quello
di fornire supporto alla didattica svolta in aula, mettendo a disposizione un ambiente interattivo on-line: gli
studenti potevano confrontarsi e discutere sugli argomenti trattai a lezione, così come approfondire alter
tematiche. Il conduttore si inseriva nel forum con riflessioni ponendo domande e segnalando nuove
informazioni. Il suo intervento riguardava soprattutto la fase di sintesi, mostrando come produrre un Rise-
above servendosi di nodi tematici in relazione ai vari fili attivati e come far incorporare tutti i rise-above
presenti in un unico documento sintetico, da cui partire per un’ulteriore discussione. Il seminario si è
concluso con una discussione degli studenti centrata su riflessioni metacognitive intorno all’esperienza
svolta, dalla quale emergeva che grazie alle autoriflessioni suscitate dalla pratica di scrittura nel KF,
avevano compreso meglio i concetti esposti a lezione.
3. Ambienti per il transfer
Ambienti finalizzati a promuovere l’uso produttivo di conoscenze e abilità acquisite sono stati ideati dal
centro di psicologia dell’istruzione e tecnologia dell’università di Lovanio per studenti di diverso livello
scolare e per diverso ambito disciplinare.
Quadro teorico
3.1
Secondo De Corte,un ambiente di apprendimento che vuole stimolare e sostenere il transfer deve:
- Dar vita a processi di apprendimento attivi e costruttivi negli studenti;
- Rafforzare la loro autoregolazione cognitiva e volitiva;
- Fornire supporto socioculturale tramite la collaborazione;
- Presentare situazioni e problemi significativi e realistici.
Partendo da questo assunto teorico, sono stati concepiti e realizzati tre ambienti di apprendimento: per la
soluzione di problemi matematici, comprensione della lettura, apprendimento concettuale nell’ambito
dell’economia aziendale. (di seguito illustrato solo il primo ambiente)
Ambiente di apprendimento per il problem-solving matematico
3.2
Quattro classi di quinta elementare sono state coinvolte in un primo progetto di verifica dell’efficacia di un
ambiente di apprendimento ideato per migliorare le abilità di ragionamento matematico che si è articolato in
20 lezioni. Questo ambiente da quelli tradizionali per alcuni aspetti:
era focalizzato sull’acquisizione di una strategia generale di autoregolazione cognitiva da
parte degli alunni per la risoluzione di problemi aritmetici applicativi che includeva 5 fasi:
1) costruirsi una rappresentazione mentale del problema
2) decidere come risolverlo
3) eseguire i calcoli necessari
4) interpretare il risultato e formulare una risposta
5) valutare la soluzione.
Per arrivare a rappresentarsi correttamente il problema nella prima fase, agli studenti venivano
insegnate 4 strategie euristiche: fare un disegno, preparare una lista o una tabella, distinguere i dati
rilevanti dai non rilevanti, fare riferimento alla conoscenza del mondo reale.
Per giungere alla presa di decisione dei passi da compiere in vista del raggiungimento della
soluzione al problema, venivano insegnate altre 4 strategie euristiche: preparare un diagramma di flusso,
indovinare controllare, cercare un modello a cui riferirsi, semplificare i numeri.
Veniva impiegata una serie di problemi realistici, complessi e aperti che apparivano diversi dai
consueti problemi presentati nei libri di testo.
Non mancava il supporto dato dal lavoro di gruppo e dalle discussioni di classe. Il ruolo
dell’insegnante era quello di incoraggiare e sostenere gli allievi a coinvolgersi nelle attività
cognitive e metacognitive, supporto che via via veniva sottratto.
Una nuova cultura si creava nella classe, stabilendo nuove norme sociomatematiche.
Risultati
3.3
Gli effetti di questo ambiente di apprendimento sono stati valutati tramite il confronto tra dati relativi a varie
prove del pre-test, post-test e re-test. Sia delle classi sperimentali sia di quelle di controllo che avevano
fatto matematica in un ambiente tradizionale. I suoi effetti positivi nel tempo emergevano chiaramente in
quanto si manifestava un buon apprendimento iniziale. Le classi sperimentali ottenevano un punteggio
superiore a quello delle classi tradizionali nel test standardizzato di apprendimento che comprendeva
anche aree della matematica che non erano state considerate nelle lezioni, dato che rileva come il nuovo
intervento educativo aveva prodotto un transfer delle conoscenze e abilità matematiche apprese dagli
studenti nel nuovo ambiente.
Capitolo 11 Studiare l’apprendimento nel cervello
La proposta: neuroscienze nell’educazione?
1.
Qualche hanno fa è apparso sulla rivista “Educational Psychology Review” un articolo di Byrnes e Fox,
nella quale argomentavano a favore della rilevanza della ricerca nelle neuroscienze cognitive, portando
giustificazioni alla tesi che queste ultime sono necessarie alla psicologia dell’ educazione sia dal punto di
vista della sua completezza che della sua plausibilità. La psicologia dell’educazione risulta otre che
incompleta, anche meno efficace in quanto carente di idee e ipotesi rilevanti per la comprensione delle basi
delle abilità richieste nell’esecuzione di compiti scolastici. Byrnes e Fox argomentavano che i processi
cognitivi (software) dipendono dal cervello (hardware), dato che la cognizione deriva dall’attività dei
neuroni. Le giustificazioni empiriche dei due studiosi a favore della loro tesi, elenca quattro arre di ricerca
importanti per la psicologia dell’educazione: attenzione, memoria, lettura e calcolo aritmetico.
Byrnes e Fox, sostenevano anche l’importanza di testare con metodi delle neuroscienze i modelli che
ispirano la ricerca attuale in psicologia dell’educazione.
Inoltre, sempre per i due studiosi, i termini utilizzati dalla psicologia e quelli usati dalla neurologia possono
avere lo stesso referente. La paura circa l’incompatibilità dei termini utilizzati dalle due discipline vanno
‘’allontanati’’ perché sono dovuti al fatto che gli studiosi non hanno ancora scoperto come tradurre i termini
psicologici in neurologici e viceversa (esempio: le espressioni “recupero conoscenze matematiche di tipo
dichiarativo” e “attivazione simultanea della regione X del lobo frontale e della regione Y del lobo
temporale” possono riferirsi allo stesso fenomeno).
Tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale
1.1
Per comprendere i termini in cui è sorto il dibattito attorno alla necessità di infondere l’approccio delle
neuroscienze nella psicologia dell’educazione, dobbiamo conoscere le nuove tecniche utilizzate. Si tratta di
tecniche di visualizzazione dell’attività cerebrale (brain imaging) basate sull’assunzi