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2.3 DIALETTI, ITALIANI REGIONALI, MINORANZE LINGUISTICHE

Il dialetto può essere considerato come una lingua che non ha compiuto il percorso di standardizzazione. I parametri che differenziano

sociolinguisticamente i dialetti dalle lingue sono:

1. limitazione territoriale : diffusi solo in ambito locale;

2. modalità di apprendimento: di solito appresi spontaneamente nel contesto familiare

3. assenza di una norma esplicita: non hanno strumenti di esplicitazione della norma

4. limitazione negli ambiti d’uso: principalmente usati nella comunicazione orale, familiare o nella comunicazione delle reti sociali con

fini ludico scherzosi.

5. valore identitario: il prestigio che una comunità attribuisce alla varietà del proprio repertorio è determinato da due dimensioni: potere =

si riferisce ai rapporti gerarchici e di ruolo, ovvero la varietà egemone (lo standard) è dotata di maggiore prestigio ; solidarietà = lega le

scelte linguistiche ai rapporti affettivi e di vicinanza e secondo questa dimensione il dialetto è più prestigioso perché a esso sono attribuite

valenza identitarie più forti.

Gli italiani regionali sono varietà intermedie tra i dialetti e la lingua comune, quando un numero di parlanti dialettofoni si è trovato a

confrontarsi con l’uso orale e scritto dell’italiano, in seguito alla formazione dello Stato unitario.

Dialetti italo-romanzi sono parlati nella penisola italiana. Nel 1928-1940 è stato pubblicato un Atlante italo-svizzero opera degli svizzeri

Jaberg e Jud in 8 volumi che rappresentava con carte molti aspetti della variazione lessicale, morfologica e sintattica dei dialetti italiani.

Nel territorio italiano si individuano aree dialettali di maggiore estensione, rappresentate attraverso isoglosse (linea immaginaria che

separa una porzione di territorio, in alcuni casi le isoglosse formano dei fasci, ovvero addensamenti di differenze a cui corrisponde un

confine tra aree dialettali). I due principali confini dialettali in Italia sono: la linea La Spezia-Rimini che separa i dialetti settentrionali da

quelli centromeridionali; la linea Roma-Ancona che separa quelli mediani da quelli meridionali.

Dialetti alto-italiani tra i confini nazionali e la linea La Spezia-Rimini. Comprende dialetti gallo-italici e veneti. Caratteristiche comuni:

- sonorizzazioni consonanti sorde intervocaliche (es: roda/ruota).

- scempiamento consonanti intervocaliche (es: [ka’vel] ‘capello’).

- tendenza alla caduta delle vocali finali diverse da –a (es: [dyr] ‘duro’).

- pronuncia fricativa dell’affricata prepalatale (es: [‘sento] ‘cento’ in veneziano).

- vocali turbate, tipiche dei gallo-italici ma non veneti.

- espressione obbligatoria del soggetto.

Dialetti toscani compresi tra le due isoglosse La-Spezia-Rimini e Roma-Ancona. Caratteristiche:

- monottongazione. Bono, novo invece che buono nuovo. Entrato nel ‘600 per questo non trasferito in italiano standard

- gorgia, cioè pronuncia fricativa delle occlusive tenui intervocaliche (anche questo acquisizione del ‘500)

- pronuncia fricativa delle affricate prepalatali sorda e sonora intervocaliche. (es. bascio invece che bacio)

- uso obbligatorio pronome personale soggetto e creazione di pronomi clitici soggetto (la canta invece che lei canta).

Dialetti mediani comprende il Lazio (esclusa Roma) l’Abruzzo occidentale, Umbria e parte di

Ascoli. Caratteristiche:

- assimilazione nessi consonantici –nd;-nn (es: [munnu] ‘mondo’)

- metafonesi, ovvero innalzamento vocale tonica [e] [o] per effetto di una –i o –u finali del latino

volgare (es: [kwistu] ‘questo’)

- sonorizzazione delle occlusive seguite da consonante nasale (es: [kambo] ‘campo’)

- affricazione di s dopo n-, l-, r- (es: [bortsa] ‘borsa’)

- la distinzione tra –o e –u finali secondo l’etimologia latina (es.ferru)

I primi 4 fenomeni sono comuni anche ai dialetti meridionali che si distinguono in 3 sottoaree: mediana, meridionale continentale ed

estrema.

Dialetti meridionali continentali tra linea Roma-Ancona e la parte settentrionale della Calabria e Puglia. Caratteristiche:

- metafonesi da –i, -u finali, l’assimilazione dei nessi consonantici –nd;-nn, sonorizzazione delle occlusive seguite da consonante nasale,

affricazione di s dopo n,l,r.

- dittongamento metafonetico, ovvero trasformazione di [3] [o aperta] toniche per effetto di una –i o –u finali del latino volgare (es:

[fjerro] ‘ferro’).

- riduzione delle vocali finali nella schwa (pronunciare tutte le vocali tonica con un'unica vocale indistinta). La distinzione tra masch e

femm è affidata a metafonesi: isse-esse (lui, lei)

- uso del possessivo enclitico con i nomi di parentela (pateme)

- accusativo preposizionale, ovvero complemento oggetto retto dalla preposizione a (es: salutami a Marco)

Dialetti meridionali estremi Salento, parte meridionale della Calabria, Sicilia. Caratteristiche:

- neutralizzazione dell’opposizione tra vocali aperte e chiuse (ovvero presenti solo vocali aperte)

- vocalismo atono finale a tre vocali ([a, i, u]).

- pronuncia retroflessa di –ll e anche di –tr- (es: bello, o strada)

La dialettologia moderna è nata al finire del XIX secolo, i dialetti mutano nel tempo.

Vitalità dei dialetti

Maggioranza di italianofonia nella comunicazione con gli estranei e la dialettofonia la cui percentuale coincide con gli analfabeti (1,8%).

Maggiore dialettofonia nel meridione e nell’italia nord-orientale con dialettofonia pura, tassi più bassi in italia nord-occidentale.

Gli ita regionali attuali si configurano come varietà parlate le cui tracce sono percepibili nella pronuncia, nell’intonazione e nel lessico

quotidiano. Le varietà geografiche mostrano un’evoluzione diretta verso la diminuzione dell’impronta diatopica, nel senso che gli italiani

regionali si sono avvicinati nel tempo alla lingua comune e i dialetti si sono italianizzati. Gli ita regionali si differenziano soprattutto sul

piano del lessico, sintassi, morfologia.

Lo sforzo di cancellazione dei tratti locali più marcati può portare a ipercorrettismo, per esempio nel parlante campano che per la

tendenza a pronunciare cambo anziché campo. MINORANZE LINGUISTICHE

Dette comunità alloglotte. Lungo il tratto alpino sono presenti alcune varietà di confine divenute di minoranza in seguito al processo di

formazione dello stato nazionale: francese, provenzale e franco-provenzale in Valle d’Aosta e piemonte, tedesco in alto adige, sloveno in

friuli venezia giulia. Che sono delle minoranze nazionali perché zone di confine con le nazioni in cui tali lingue si parlano. Benché al di la

del confine si parla una varietà simile e non uguale. Il francese in Valle d’Aosta è tutelato in quanto lingua diffusa tra la popolazione e

considerata co-ufficiale.

In una 50 di comuni nel Trentino e Veneto si parla il ladino affine con fruliano e romancio (parlato in Svizzera). Walser varietà di tedesco

parlato in alcuni comuni della Valle d’Aosta. Nella Italia meridionale si parla di isole linguistiche. Minoranze albanesi che risalgono alla

loro arrivo in italia nel XV sec in seguito alla conquista dell’Albania dall’Impero ottomano. Lingua Araberesh (parlato da 80000) varietà

di albanese parlato in abruzzo e sicilia. Le comunità croate giunsero in molise nello stesso periodo, il croato (slavo-molisano) è parlato da

2000 persone. Poco più di 10000 persone parlano il dialetti greci in alcuni comuni di reggio calabria e salento.

Poi ricordiamo le isole linguistiche franco-provenzali nei comuni di Celle e Faeto in provincia di Foggia, provenzale Guardia Piemontese

(Cosenza), varietà settentrionali parlate in alcuni comuni della Campania, Basilicata, Calabria e Sicilia. In Sardegna troviamo il catalano

parlato ad Alghero, e tabarchino dialetto di tipo ligure a Carloforte e a Sant’Antioco. Si tratta di discendenti di comunità commercianti e

pescatori liguri insediate a Tabarca (tunisia) nel 500 e poi trasferitesi in Sardegna.

Legge 482/99 tutela le minoranze linguistiche in Italia, garantendone l’uso anche in contesti formali come scuola e uffici pubblici.

3.1 L’ITALIANO NEL MONDO

Con il Rinascimento si stabilisce il nesso tra la nostra lingua e la categoria del bello nella letteratura, arte, musica, teatro . Per la letteratura

il veicolo di diffusione fu la stampa, inventata nel Cinquecento. I nostri autori venivano letti in italiano dagli intellettuali. Nel 1548 videro

la luce la prima grammatica per francesi e quella per inglesi che volevano imparare italiano. A partire dal Seicento la fortuna dell’ita si

affievolisce a causa del passaggio francese nella supremazia culturale. In questa epoca, di italiano nella musica e nella commedia, diventa

condizione necessaria per intraprendere il Grand Tour, viaggio di formazione anche in Italia. L’ita si diffonde anche nei territori

dell’Impero ottomano, in cui dal XVI al XIX ha costituito un campo neutro in cui potevano sentirsi a loro agio testi del polo orientale e

occidentale. Importanti trattati di pace sono affidati a dragomanni (parola di origine araba che vuol dire interpreti) i quali però non

svolgevano un semplice ruolo di traduttori ma anche di mediazione tra le culture europeo-cristiana e arabo-turca.

La fortuna dell’ita fuori dai confini si deve a:

1. si è diffuso insieme ai manufatti sia della cultura alta, sia di quella materiale.

2. risultato di un primato conquistato grazie all’attività culturale e non imposta dall’alto.

Stereotipi sull’italiano

Aneddoto secondo cui l’imperatore Carlo V avrebbe usato il tedesco per comandare, l’italiano per amare, il francese per affari e lo

spagnolo per parlare con Dio. Secondo lo stereotipo l’italiano è una lingua cantabile. Rousseau sosteneva non ci fosse lingua più adatta al

canto dell’italiano. Chapman invece sostiene la maggior ritmicità dell’inglese che ha parole brevi e terminanti in consonante. Secondo

Francois Guedan l’apprendimento dell’ita era un antidepressivo naturale. Dal XVII sec quando il prestigio dell’ita è in declino, queste

argomentazioni si rovesciano nel luogo comune dell’ita come lingua effemminata, poco seria adatto solo ai teatranti e buffoni.

Gli inserti occasionali in italiano in opere scritte in altre lingue rientrano nella categoria del plurilinguismo letteraio: la scelta di autori

stranieri di utilizzare la nostra lingua come veicolo di comunicazione artistica prendi il nome di eteroglossia. Plurilinguismo letterario

inserti occasionali in italiano in opere scritte in altre lingue. Solo nella fase postrinascimentale si usa l’italiano per scrivere un intera

opera. Tra il XVI e XIX sec l’italiano veniva utilizzato come lingua neutra nel Levante per dialogare con i governi del mondo cristiano

occidentale. I redattori di queste opere erano greci

Dettagli
A.A. 2017-2018
29 pagine
SSD Scienze antichità, filologico-letterarie e storico-artistiche L-LIN/01 Glottologia e linguistica

I contenuti di questa pagina costituiscono rielaborazioni personali del Publisher saradeluca1993 di informazioni apprese con la frequenza delle lezioni di Linguistica 1 e studio autonomo di eventuali libri di riferimento in preparazione dell'esame finale o della tesi. Non devono intendersi come materiale ufficiale dell'università Università degli Studi di Modena e Reggio Emilia o del prof Favilla Maria Elena.